Saprete tutti che le strutture dei supermercati sono studiate nei minimi dettagli. Oggi vogliamo darvi notizia sugli ultimi ritrovati di quella scienza economica nota come marketing applicato alla disposizione delle merci nei supermercati.
Già negli anni Settanta, i primi studi dimostravano che mensole più ampie e il giusto posizionamento dei prodotti sono fattori chiave per determinare il giusto incremento delle vendite. Ora ne scopriamo di più: una ricerca più recente ha analizzato la strategia promozionale per la vendita di bevande gassate. Pare basti posizionarle a fine corsia per aumentarne le vendite del 51,7%. Una mossa che ottiene lo stesso risultato di abbassarne il prezzo del 22%.
Il posizionamento strategico è una modalità di vendita ormai collaudata, che però non ha ricadute solo sul consumatore finale, ma anche su chi produce. Infatti, per conquistarsi un posto in prima fila bisogna accettare condizioni che non tutti possono permettersi. E quindi anche qui vale la regola del “c’è chi può”, mentre i produttori e gli artigiani più deboli si devono accontentare di posizioni meno vantaggiose. A discapito quindi di chi è più debole e forse anche del consumatore finale che ha più difficoltà a individuare produzioni che non si avvalgono di economie di scala e logiche industriali.
E quindi la domanda è: queste manipolazioni, oltre a guidare il consumatore verso percorsi ben studiati, non sono forse anche uno strumento di concorrenza sleale nei confronti dei produttori che non possono permettersi di pagare lo spazio migliore?
Le conseguenze? Grazie anche al posizionamento negli scafali, tra il 1980 e il 2000 l’industria alimentare è diventata quella che ben conosciamo oggi: «E questo è molto probabilmente uno dei fattori che hanno contribuito al raddoppio del tasso di obesità negli Stati Uniti nello stesso periodo» ci dice Deborah Cohen studiosa di scienze naturali e autrice di Big Fat Crisis: The Hidden Influences Behind the Obesity Epidemic — and How We Can End It (Le influenze nascoste dietro l’epidemia dell’obesità).
Potrà sembrarvi incredibile, ma il trucchetto di posizionare junk food, bibite gasate e cibarie varie alla fine delle corsie in scafali espositivi (avete presente? Si stanno moltiplicando anche in Italia, con le offerte imprendibili del giorno vedi in foto) funziona eccome: si stima che il 30% delle vendite nei super mercati statunitensi sono da attribuirsi a questi espositori vetrina che campeggiano alla fine delle varie corsie. Sarà capitato anche a voi di aggiungere quella cassa di bibite in offerta che prima di metter piede nel supermarket non avevate assolutamente considerato di comprare.
Insomma, ci può cascare anche il compratore più attento. E sapete perché? Alla fine della spesa si registra un certo “affaticamento decisionale”: dopo aver passato in rassegna lunghe file di scaffali, selezionando cosa comprare e cosa no, le nostre capacità cognitive diminuiscono e le scelte finali vengono fatte di pancia, senza considerare le conseguenze a lungo termine.
Il problema è che se si esagera riempendo il carrello con cibo raffinato, ad alto contenuto di zucchero e grassi, i rischi di andare incontro a guai e problemi di salute crescono. E non tutti sono in grado di difendersi da questi attacchi. Bisognerebbe che qualcuno ci mettesse lo zampino con regole diverse: se è noto che questa disposizione è collegata all’aumento di obesità e diabete, perché non intervenire? Negli Stati Uniti l’obesità è un’epidemia che coinvolge due terzi degli adulti e un terzo dei bambini. Due terzi. Spaventoso.
Soluzioni? Un buon inizio sarebbe quello di allontanare bibite gasate e mega zuccherate, patatine, dolciumi non meglio identificati dalle casse. Per poi magari decidere di mettere in bella mostra i cibi più salutari, e sistemare quelli con basso valore nutritivo e ricchi di componenti poco salubri in posizioni meno favorevoli. In questo modo non se ne impedirebbe il consumo, ma almeno non sarebbe dettato da un acquisto impulsivo.
(Fonte slowfood)