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Il piromane è un terrorista criminale

piromane, terrorista criminale

L’Italia brucia. La gran parte degli incendi italiani sono dolosi (quando si vuole deliberatamente provocare un danno, spesso spinti da motivazioni economiche o dalla ricerca di profitto), o colposi (ovvero attribuibili all’incuria e alla leggerezza, come quando si gettano sigarette da un’auto in marcia o si da’ fuoco a terreni per ripulirli ed eliminare residui vegetali). L’incendio raramente è un fatto naturale, nasce pertanto dalla volontà efferata di distruzione e di speculazione. Il piromane non è pazzo, è un criminale terrorista.

A bruciare l’Italia sono pensionati, operai, disoccupati, imprenditori, impiegati, artigiani, agricoltori, pastori, lavoratori per ditte boschive e per i fuochi pirotecnici. Persone “normali” e perfettamente integrate nella società ma che spesso, dietro il gesto criminale nascondono ben altri interessi: ritorsioni contro la repressione per reati di abusivismo edilizio, bracconaggio, disputa dei territori di caccia o rivolti contro la presenza di un’area protetta. Oppure semplicemente per atto vandalico. A bruciare l’Italia sono i criminali piromani. Una razza di merda figlia della politica, del business e del clientelismo.

Quando si arresta un piromane deve rimanere in carcere. Deve marcire in carcere ed essere colpito anche sul piano più economico: risarcimento dei danni, sequestro dei conti correnti e confisca dei beni. Questi criminali stanno distruggendo il patrimonio naturale di centinaia di anni: la nostra bellezza.

Cominciamo a non chiamarli più “piromani”, ma criminali delle fiamme, incendiari, terroristi.

Quanto tempo occorrerà per rimboscare, per ripristinare l’ habitat naturale, per tentare di ricostituire un patrimonio di per sé irriproducibile?

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Non chiamiamoli piromani

Come ogni estate, l’Italia brucia e ci si ritrova quindi ad interrogarci sul perché del piromane, su quale sia la sua spinta interiore, la sua motivazione, la molla psicologica che lo induce ad appiccare un incendio. Proviamo, grazie ad uno studio del Dottor Marco Canavicci psichiatra-criminologo, ad offrire una chiave interpretativa del fenomeno e a valutare quali strategie preventive è possibile adottare. Nel gesto di appiccare un incendio, quando non è possibile riscontrare un chiaro movente economico, un vantaggio secondario di tipo materiale (tipo estorsione o frode assicurativa), si può parlare di un esclusivo movente di tipo psicopatologico. Negli Stati Uniti il bisogno compulsivo di appiccare incendi è una condizione psicologica ben conosciuta e studiata anche dagli esperti dell’FBI. Per gli agenti federali la piromania viene associata, come importanza, alla violenza contro gli animali. Entrambi rappresentano infatti tipologie di comportamento particolarmente a rischio negli adolescenti e da tenere sotto controllo per le possibili evoluzioni verso altre forme di delitto (come ad esempio gli omicidi seriali). La piromania infatti precede nel tempo atti più gravi e spesso si associa ad aperti comportamenti antisociali e criminali. Quasi tutti i serial killer, ad esempio, hanno avuto un passato da piromani ed alcuni mantengono questo comportamento nel tempo, ripetendolo spesso ed intervallandolo con altri delitti, anch’essi seriali. L’FBI definisce i piromani seriali dei “serial arson” e attribuisce loro la stessa importanza criminologica che viene conferita ai serial killer. I delitti sessuali e la piromania sono le due condizioni per cui esistono, presso gli uffici dell’FBI, esperti profiler in grado di effettuare la ricostruzione della personalità dell’autore. Psicologicamente il bisogno di appiccare incendi, di vedere il fuoco divampare e bruciare tutto, si associa a forte disagio emotivo, con marcati stati di frustrazione ed aggressività repressa. Inoltre la piromania si associa quasi sempre con gravi problematiche di natura sessuale. L’azione dell’appiccare incendi trasferisce sull’ambiente esterno una condizione psicologica di forte passionalità vissuta interiormente ed il piacere che i piromani provano nell’assistere al divampare delle fiamme è assimilabile al piacere di un orgasmo. Per loro è possibile affermare che l’atto piromane sia un sostituto dell’atto sessuale, nei confronti del quale si sentono inadeguati ed impotenti. Inoltre, l’appagamento psicologico non siesaurisce con l’innesco dell’incendio; spesso egli si assicura la visione ravvicinata partecipando attivamente, con gli altri soccorritori, alle operazioni di spegnimento.

Esistono anche molti casi in cui si appicca un fuoco non per un atto di piromania ma per ottenere vantaggi economici (come ad esempio, per riscuotere un’assicurazione), per occultare un’attività illecita (coprire un crimine bruciando tutto), o per il desiderio di vendetta. La piromania si basa esclusivamente sul ricorrente bisogno di provocare un incendio per il piacere, o per il solo sollievo che derivano dall’atto stesso. La facilità e la brevità dell’innesco, come ad esempio lo sfregamento di un cerino antivento, oppure il lancio di un mozzicone di sigaretta, contribuisce a rendere il gesto impulsivo, occasionale, privo di un senso di responsabilità o di colpa: nessun piromane si è mai pentito o si è autodenunciato. L’atto di appiccare un incendio, per un piromane, è un gesto veloce, impulsivo, non premeditato, un gesto spesso frutto dell’occasione del momento e della facilità con cui d’estate il legno, la sterpaglia, la vegetazione seccata dal sole prende immediatamente fuoco. La risonanza dei mass-media al fenomeno degli incendi contribuisce poi ad accrescere nel piromane il sentimento di compenso delle frustrazioni emotive e passionali collegate con il fuoco, in quanto ne prolunga gli effetti psicologici anche nei giorni successivi. Inoltre la stampa favorisce il diffondersi del desiderio anche ad altre persone, magari con fantasie legate al fuoco e che si dibattono nelle medesime problematiche personali, soprattutto sessuali, e che sono condizionate ad agire dal contagio, all’impulso piromanico trasmesso dai media. I soggetti affetti da piromania sono osservatori usuali di incendi nel loro quartiere, lanciano falsi allarmi e mostrano grande interesse per le istituzioni, l’ equipaggiamento ed il personale associato al fuoco. Quasi sempre cercano di diventare operatori antincendio e fanno domanda di arruolamento. Sarà la selezione psicoattitudinale a scartare questi aspiranti vigili-piromani.

Se la risonanza dei media pone il fenomeno degli incendi boschivi all’attenzione delle cronache estive c’è da dire che il piromane non agisce solo d’estate, appiccando il fuoco a macchie e boschi. In questo periodo il fenomeno acquista maggiore risalto per l’importanza che viene attribuita all’oggetto perduto con il fuoco: un bosco, una pineta, una macchia di grande valore paesaggistico ed ambientale. In effetti il piromane è attivo tutto l’anno con bersagli sicuramente minori; egli attacca le auto, i cassonetti, i mucchi dei rifiuti abbandonati, le bancarelle vuote, trova sempre un oggetto o una scusa per appiccare il fuoco, obbligando gli altri ad intervenire, a chiamare i vigili del fuoco e a provocare una qualche forma di allarme sociale.

Un identikit del piromane, secondo gli studi effettuati negli USA dall’FBI, lo descrive come un soggetto giovane, di circa 20-30 anni, maschio, affettivamente solo, introverso ma passionale, spesso alcolista, con pochi amici, di scarsa intelligenza, di ceto sociale medio-alto, che abita nei pressi del luogo in cui ha appiccato il fuoco. Psicologicamente soffre di distrurbi sessuali e di tipo ossessivo-compulsivo che lo obbligano a ripetere atti di cui riconosce l’antisocialità, ma di cui non riesce a fare a meno. I piromani non possono essere considerati dei malati mentali nel vero senso della parola, per quanto la piromania sia citata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il D.S.M.-IV), pubblicato dall’Associazione americana degli Psichiatri. La tipologia del piromane esprime disagio, malessere, difficoltà interpersonale, conflitti con l’ambiente esterno che si risolvono commettendo uno degli atti che più spesso i genitori proibiscono ai figli quando vengono sorpresi con accendini o fiammiferi: “non giocare con il fuoco”. E loro, per vendetta, scelgono di giocare con il fuoco combinando guai sempre più grossi.

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