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Uruguay: L’ombra di Monsanto nel business della marijuana libera

Monsanto-marijuana-José-Mujica

L’immagine del presidente uruguayano Pepe Mujica in Italia si divide tra due opposte e monolitiche narrazioni. Viene attaccato, da destra, con il tipico argomento riservato per anni a Chavez: populista, utopista romantico, rottame di una sinistra ormai tramontata. Fino al killeraggio mediatico dallo scarso spessore analitico e dal molto livore ideologico . Per la sinistra e’ invece una specie di santo socialista.  Ex-guerrigliero Tupamaro, lider pacato di un piccolo paese di 3 milioni scarsi di abitanti, la democrazia piu’  resistente del sudamerica, candidato al nobel per la pace dal quotidiano inglese “The Guardian”. A prima vista il meno attaccabile dei presidenti “progressisti” del continente, oltretutto dedito al pauperismo e quindi facile sponda di varie argomentazioni “anti-casta”. Entrambe le mujica“fazioni” si esercitano spesso nel gioco della spettacolarizzazione dei suoi atti, in un senso o nell’altro (a proposito, la contraffazione di notizie non e’ prerogativa unica del “nemiko imperialista”, come dimostra il falso  diventato virale su internet qualche settimana fa di Mujica che faceva la coda in un ospedale pubblico).

E’ forse piu’ interessante percio’ prendere in considerazione (stando a nostra volta attenti a “non prendere una parte per il tutto”, “buttare il bambino con l’acqua sporca” ecc ecc) le critiche al suo operato che ci vengono dal continente sudamericano, tendenzialmente piu’ imparziali e documentate. E che in questo caso prendono di mira la recente liberalizzazione del consumo e autoproduzione di marijuana in Uruguay.

Un aspetto importantissimo dell’attivita’ dei movimenti sociali sudamericani e infatti il lavoro di ricerca e di opposizione alle attivita’ nel continente della tristemente nota  multinazionale statunitense Monsanto. Mentre in Argentina, dove dal 1996 e’ permessa la coltivazione di soia transgenica, di cui e’ prima esportatrice mondiale, e’ in discussione la nuova “Ley de semillas” che garantirebbe a diverse multinazionali un maggior controllo sulle licenze di semi a discapito dei piccoli coltivatori, l’ombra minacciosa di Monsanto si allunga anche sulla recente legge sulla marijuana approvata in Uruguay. A fine 2013 il paese sudamericano era stato infatti il primo al mondo a legalizzare la produzione e consumo di marijuana, con l’intento dichiarato di mettere fine al narcotraffico e al consumo di erba di pessima qualita’ proveniente dal Paraguay. Oltre a potersi costituire in cooperative di consumo e coltivare fino a 6 piante per persona, gli Uruguyani iscritti ad uno speciale registro potranno da fine 2014 comprare in farmacia marjuana prodotta da aziende private e commecializzata dallo Stato , ad un prezzo del 30% inferiore al mercato illegale, meno di un dollaro a grammo.

Il problema verterebbe pero’ proprio sui soggetti che verranno autorizzati alla produzione destinata alle farmacie. I primi clamori erano stati suscitati da un inconto fra Mujica, Rockefeller e Soros a New York lo scorso settembre , proprio per parlare del processo di approvazione della legge, la cui campagna promozionale e’ stata finanziata al 60% dalla “Open Society Foundation” di Soros . Il multimilionario statunitense, additatto dalle sinistre di mezzo mondo come appendice della strategia della “destabilizzazione” dei governi invisi a Washington attraverso le sue innumerevoli associazioni, ha dichiarato che “l’Uruguay e’ un’esperimento” nell’ambito della sua pluriennale campagna contro il narcotraffico nel continente . Il fatto e’ che Soros e’ anche un importante azionista di Monsanto  e non pochi hanno collegato la presenza della multinazionale nella produzione nazionale di soia e mais, noche’ il suo ingresso nel paese nel 2013 con una nuova tipologia di soia transgenica, al nuovo business della marijuana.

Il timore, insomma, e’ che l’Uruguay sia un pilot-test su larga scala per una sperimentazione sui semi di marijuana che Monsanto starebbe conduncendo da anni, seppur indirettamente, via Olanda e Colombia. Oltretutto Mujica intenderebbe svilupare un codice genetico unico per la qualita’ di marijuana venduta dallo Stato, con lo scopo di di differenziarla da quella proveniente dal narcotraffico.  Un brevetto quindi, che potrebbe facilmente essere una varieta’ sviluppata da Monsanto, non nuova a distribuire semi gratis per poi in seguito rivendicarne la proprieta’, e che potrebbe garantire una pianta “resistente” e adatta a coltivazioni estensive.

Sia il governo Uruguayano che Monsanto negano questo scenario. Anzi, la corporation statunitense arriva ad escludere completamente sia un suo interesse allo sviluppo di marijuana o.g.m. nel mondo sia un qualsiasi collegamento con Soros. Il quale sarebbe invece implicato nella vicenda anche come azionista della azienda di produzione di bocombustibile “America del Sur Adecoagro”.

E non e’ finita qui perche’ l’interesse nordamericano alla sperimentazione uruguayana potrebbe estendersi ad altri imprenditori, intenzionati ad una  commercializzazione della sua marijuana negli Stati Uniti (Colorado e Washington) e Canada. L’Uruguay sarebbe infatti ormai piu’ “affidabile” per l’approvvigionamento di altri paesi ( come il Messico ad esempio), anche se Mujica ha finora escluso che vi sara’ una produzione per l’esportazoione.

La produzione di Marijuana o.g.m. su larga scala aprirebbe inevitabilmente a tutte le problematiche connesse alle coltivazioni transgeniche presenti nel continente: monopolio dei brevetti da parte delle grandi multinazionali, abuso di pesticidi altamente intossicanti per la popolazione,  distruzione della biodiversita’ e della produzione contadina, nonche’ ovviamente delle implicazioni rispetto alla qualita’ del prodotto. Un ulteriore penetrazione di Monsanto renderebbe inoltre il paese ancora piu’ dipendente dagli interessi del capitale “sojero” nazionale e straniero, avezzo a tentativi di destabilizzazione politico-militari come dimostra il non lontano caso di colpo di stato in Paraguay nel 2012.


AGGIORNAMENTO

Nel frattempo la legge sta subendo un ritardo nella applicazione dovuto alla scarsa legislazione in materia presente a livello internazionale. L’erba destinata alle farmacie non e’ ancora stata piantata cosi’ come l’appalto per scegliere le aziende fornitrici non e’ stato ancora svolto.Infobae America riporta un sondaggio per cui il 64% degli uruguayani sarebbe contrario all’applicazione della legge e il 62% favorevole a una sua derogazione parziale. Di sicuro c’e’ che se la coalizione oficialista di Mujica non risultera’ vincente alle elezioni di ottobre (per ora si assesta sul 40% dei consensi) l’opposizione procedera’ a derogarla, almeno nella parte che avoca la coltivazione allo stato, lasciando in piedi solo la possibilita’ di autoprodurla.

(Fonte tanamericana)

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Se il Mondo non girasse più alla Rovescia


Il miglior augurio per il 2013 è sintetizzato dal discorso di Josè Alberto Mujica Cordano, ovvero Pepe Mujica. “Pepe” ha 77 anni, è Presidente dell’Uruguay vive nella sua casa modesta e devolve il 90% del suo stipendio, 12.500$ dollari al mese, in beneficenza. È “il Presidente più povero del mondo”. La sua automobile è una modesta “Maggiolino” degli anni 70. Un passato da guerrigliero ai tempi della dittatura, è stato il leader della corrente del Movimento di Partecipazione Popolare. La dichiarazione dei redditi di Mujica di quest’anno ha raggiunto quota 215 mila dollari solo perché ha acquisito il terreno e le macchine agricole della fattoria che prima appartenevano alla moglie, la senatrice leader storico del MPP Lucia Topolansky. “Dicono che sia il presidente più povero, ma non mi sento povero. I poveri sono coloro che lavorano solo per cercare di mantenere uno stile di vita costoso, e vogliono sempre di più e di più”, ha dichiarato Mujica, È una questione di libertà. Se non si dispone di molti beni allora non c’è bisogno di lavorare tutta la vita come uno schiavo per mantenerli e quindi si ha più tempo per se stessi”. E questo è il discorso più bello del Mondo, un Mondo che non ha intenzione di smettere di girare alla rovescia. Felice 2013 a tutti!!

Un grazie particolare al popolo del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff.
Grazie anche alla sincerità con la quale, sicuramente, si sono espressi tutti gli oratori che mi hanno preceduto.
Come governanti, tutti manifestiamo la profonda volontà di favorire gli accordi che questa nostra povera umanità sia capace di sottoscrivere.
Permettetemi, però, di pormi alcune domande a voce alta.

Per tutto il giorno si è parlato di sviluppo sostenibile e di affrancare, dalla povertà in cui vivono, immense masse di esseri umani.Ma cosa ci frulla per la testa ?
Pensiamo all’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche?
Mi domando: che cosa succederebbe al nostro pianeta se anche gli indù avessero lo stesso numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno ci resterebbe per respirare ?

Più francamente: il mondo ha le risorse materiali, oggi, per rendere possibile che 7 od 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso livello di consumo e di sperpero che hanno le opulente società occidentali ?
Sarebbe possibile tutto ciò ?
Oppure, un giorno, dovremmo affrontare un altro tipo di dibattito ?
Perché siamo stati noi a creare la civiltà nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della competizione, che ha portato uno sviluppo materiale portentoso ed esplosivo.
Ma l’economia di mercato ha creato la società di mercato che ci ha rifilata questa globalizzazione.
Stiamo governando noi la globalizzazione oppure è la globalizzazione che governa noi ?
E’ possibile parlare di fratellanza e dello stare tutti insieme, in un’economia basata su una competizione così spietata ?

Fino a dove arriva veramente la nostra solidarietà ?
Non dico queste cose per negare l’importanza di quest’evento, al contrario.
La sfida che abbiamo davanti è di una portata colossale, e la grande crisi non è ecologica, ma è politica!

L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma sono queste forze che governano l’uomo … ed anche la nostra vita !
Perché noi non siamo nati solo per svilupparci.
Siamo nati per essere felici.
Perché la nostra vita è breve e passa in fretta.
E nessun bene vale come la vita, questo è elementare.

Ma se la vita ci scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più, il vero motore del vivere è la società consumistica, perché, di fatto, se si arresta il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, spunta il fantasma del ristagno per tutti noi.
E’ il consumismo che sta aggredendo il pianeta.
Per alimentare questo consumismo, si producono cose che durano poco, perché bisogna vendere tanto.
Una lampadina elettrica non deve durare più di 1000 ore, però esistono lampadine che possono durare anche 100 mila o 200 mila ore!
Ma questo non lo si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere la civiltà dell’usa e getta, e così restiamo imprigionati in un circolo vizioso.
Questi sono i veri problemi politici che ci esortano ad incominciare a lottare per un’altra cultura.
Non si tratta di immaginare il ritorno all’uomo delle caverne, né di erigere un monumento all’arretratezza.
Però non possiamo continuare, indefinitamente, a lasciarci governare dal mercato, dobbiamo cominciare ad essere noi a governare il mercato.
Per questo dico, con il mio modesto pensiero, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico.
I vecchi pensatori, Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara, dicevano: “povero non è colui che ha poco, ma colui che necessita tanto e desidera sempre di più e di più”.
Questa è una chiave di carattere culturale.
Per questo saluterò di buon grado gli sforzi e gli accordi che si faranno, e come governante li sosterrò.
So che alcune cose che sto dicendo, possono urtare.
Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e del clima non è la causa.
La causa è il modello di civiltà che abbiamo messo in piedi.
Quello che dobbiamo cambiare è il nostro modo di vivere!
Appartengo a un piccolo paese, dotato di molte risorse naturali.
Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, tra le migliori al mondo, e circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore.
Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne.
E’ una pianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile.
I miei compagni lavoratori, hanno lottato molto per ottenere le 8 ore di lavoro.
Ora hanno conseguite le 6 ore lavorative.

Ma quello che lavora 6 ore, poi cerca il secondo lavoro, per cui lavora più di prima.
Perché? Ma perché deve pagare una quantità enorme di rate: la moto, l’auto, e paga una rata ed un’altra e un’altra ancora, e quando decide di riposare … è oramai un vecchio reumatico, come me, e la vita gli è volata via.
E allora uno si deve porre una domanda: è questo lo scopo della vita umana?
Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità.
Lo sviluppo deve favorire la felicità umana, l’amore per la terra, le relazioni umane, la cura dei figli, l’avere amici, l’avere il giusto, l’elementare.
Perché il tesoro più importante che abbiamo è la felicità!
Quando lottiamo per migliorare la condizione sociale, dobbiamo ricordare che il primo fattore della condizione sociale si chiama felicità umana!
Grazie !


Azione popolare. Cittadini per il bene comune. Indignarsi non basta. Contro l’indifferenza che uccide la democrazia, contro la tirannia antipolitica dei mercati dobbiamo rilanciare l’etica della cittadinanza. Puntare su mete necessarie: giustizia sociale, tutela dell’ambiente, priorità del bene comune sul profitto del singolo. Far leva sui beni comuni come garanzia delle libertà pubbliche e dei diritti civili.

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