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La Lituania è il diciannovesimo Stato della zona euro

Il design delle monete euro lituane

Il design delle monete euro lituane

Il Parlamento europeo si è dichiarato favorevole all’adesione della Lituania alla zona euro dal 1° gennaio 2015. In precedenza, avevano dato la propria approvazione la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea, il Consiglio dei Ministri dell’Economia e delle Finanze della UE, i rappresentanti dei Paesi della UE. La moneta del paese è legata all’euro dal 2002 ma la valuta utilizzata in Lituania è il litas. La raccomandazione del Parlamento è stata approvata con 545 voti in favore, 116 voti contrari e 34 astensioni.

Nonostante una fetta importante della popolazione del piccolo paese continui ad avere sentimenti contrastanti nei confronti della moneta unica, il ministro delle Finanze lituano, Rimantas Sadzius, ha spiegato che “Non possiamo permetterci di rimanere fuori dalla zona euro. L’Estonia è membro dal 2011, la Lettonia lo diventerà nel 2014. Gli investitori guardano alla regione baltica come a un solo paese. Rimanendo fuori dall’unione monetaria rischiamo di essere penalizzati da un punto di vista degli investimenti stranieri”. Il ministro lituano è convinto che i benefici di lungo termine dell’adesione all’euro supereranno di gran lunga gli svantaggi di breve periodo.

Attualmente il debito della Lituania è al 39,4% del prodotto interno lordo nel 2012 (tra i sei più bassi dell’intera Unione europea). L’economia dopo la recessione del 2009 che ha ridotto il Pil del 14,8% ha subito una drammatica cura dimagrante. Nel 2012 la crescita è stata del 3,7%. Negli ultimi 12 mesi l’inflazione del paese è stata in media di 0,6% e il suo rapporto tra deficit e Pil è al 2,1%. Bruxelles ha quindi valutato soddisfacenti tutti i requisiti richiesti dall’esecutivo Ue come previsto dai trattati. Un debito pubblico inferiore a 60% del Pil, un deficit entro la soglia di 3%, inflazione e tassi di interessi moderati e un cambio stabile contro euro.

L’approvazione definitiva per la Lituania dovrebbe avvenire il 23 luglio dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea per gli Affari Generali. Dal 1 gennaio 2015, quindi, il numero di paesi che condividono la moneta unica salirà a 19: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna (1999), Grecia (2001), Slovenia (2007), Cipro e Malta (2008), Slovacchia (2009), Estonia (2011), Lettonia (1 gennaio 2014) e dal prossimo anno Lituania. Al di fuori della zona euro restano ancora: Danimarca, Regno Unito, Bulgaria, Croazia, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Svezia e Ungheria.

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Troika sempre più fuorilegge

Troika-Party

Il caso monta tra Germania e Austria, e potrebbe essere decisivo nella corsa a due, Ppe-Pse, per la maggioranza dei seggi nel prossimo Parlamento europeo e di conseguenza per un possibile cambiamento dirotta politica della Commissione per il quinquennio 2014-2019. Sul voto del 25 maggio piomba il dossier firmato Andreas Fischer Lescano, docente allo Zerp (Centre of european law and politics) dell’Università di Brema, autore di uno studio commissionato da Ces, Etui, Ogb (sindacato austriaco) e Camera federale austriaca del lavoro.

Secondo Fischer Lescano, la partecipazione della Commissione e della Bce alla troika insieme al Fondo monetario internazionale che ha scritto e imposto le misure di austerità a Paesi come Irlanda, Cipro, Portogallo e Grecia, rappresenta una violazione fondamentale del diritto primario dell’Unione europea. Con il Trattato di Lisbona, osserva il docente tedesco, il diritto primario include la Carta dei diritti fondamentali, che sono stati sistematicamente violati nel momento in cui gli Stati membri hanno approvato il protocollo d’accordo del Consiglio Ue sul cosiddetto Meccanismo europeo di stabilità (Esm). Non c’è alcuno stato di urgenza, spiega la consulenza legale di Fischer Lescano (“Human rights in times of austerity policy”, Diritti umani nelle politiche di austerità), che possa giustificare la sospensione del diritto comunitario, come invece è puntualmente avvenuto con le misure volute da Bce, Fmi e Commissione europea, e questo è particolarmente vero per Commissione e Bce, tenute all’obbligo del rispetto delle leggi Ue.

E’ la loro partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità, rileva il dossier, “all’origine delle misure che hanno pesantemente indebolito le leggi nazionali sul lavoro e i sistemi sociali, che comprendono il diritto fondamentale alla contrattazione collettiva, il diritto al lavoro, all’alloggio e alla sicurezza sociale, alla sanità e alla proprietà”. Anche le convenzioni Onu relative ai diritti dell’infanzia e ai diritti dei portatori di handicap, si nota, sono stati ignorati o disattesi. Il punto fondamentale sottolineato da Fischer Lescano è sul vero e proprio diktat sull’Esm imposto ai quattro Paesi sotto programma, che non ha di fatto lasciato alternative ai governi nazionali, chiamati a ridurre i salari minimi, tagliare la spesa sanitaria e gli alloggi pubblici, spostare la contrattazione dal livello collettivo a quello aziendale: interventi, guarda caso, che non sono coperti dalla legislazione Ue. In parallelo, il dossier registra il “cortocircuito” del Parlamento europeo, tenuto praticamente a margine della partita Ue-Stati Membri sull’Esm. Cosa fare, allora?

Si può contestare la violazione dei diritti umani menzionati presso la Corte europea di giustizia, ma esistono altre possibilità, spiega Fischer Lescano. Il ricorso alla Corte di giustizia Ue può essere presentato sia contro la violazione dei diritti umani ma anche per il mancato rispetto delle competenze fondamentali dell’Unione europea. L’Ue, come tale, invece non può essere perseguita dalla Corte europea dei diritti umani (Cedh), ma possono essere invece denunciati i singoli Paesi per aver violato i diritti umani per l’adesione all’Esm. Stesso discorso per l’Ilo o l’Onu: impossibile procedere contro l’Ue presso le due organizzazioni, che possono essere chiamate in causa per denunciare singolarmente uno Stato membro, mentre la Corte internazionale di giustizia può essere avocata per le questioni legate al rispetto dei diritti umani.

“L’articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è sistematicamente violata quando istituzioni dell’Ue interferiscono nell’ambito del diritto alla salute e alle cure mediche, e in particolare quando impediscono l’accesso alle infrastrutture sanitarie fornite dagli Stati membri”, afferma Fischer Lescano al termine di un incontro organizzato dall’Ogb. “Il dovere di protezione – continua – costituisce un elemento significativo e sistematico dei diritti fondamentali, ed è quindi una responsabilità che impone il dovere da parte delle istituzioni europee di impedire la violazione dei diritti fondamentali quando esse collaborano con istituzioni terze, com’è avvenuto nel caso del Fondo monetario internazionale“. Sono quindi le stesse istituzioni europee, scandisce Fischer Lescano, “da considerarsi responsabili per non aver creato il quadro legale entro cui il Fmi, insieme a Bce e Commissione, avrebbe potuto e dovuto agire senza danneggiare i diritti fondamentali”.

(Fonte conquistedellavoro)

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Malta vende la cittadinanza Ue a 650.000 euro. Accattatevilla!

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Il Governo di Malta sta pensando di vendere la propria cittadinanza a stranieri disposti a pagare “una tantum” di 650.000 euro, senza l’obbligo di residenza, come strumento per iniettare denaro nell’economia della piccola isola-stato mediterranea. L’analisi, dell’insolita proposta maltese, dell’economista Eugenio Benetazzo.

Devo dire che vedere improvvisamente sul news ticker della CNN la scritta “Malta approves selling citizenship for € 650.000 to non-EU applicants” mi ha trasmesso una gradevole sensazione di importanza e magnificenza: sei lì che ascolti le notizie da tutto il mondo e di colpo ti appare questa dicitura evidenziata in rosso che sembra illuminare tutto l’ufficio. In queste due settimane, nonostante il preclima natalizio, ho ricevuto più di una richiesta di intervista da parte di testate giornalistiche italiane sulla vicenda in questione, senza contare le email inviate dai lettori che commentavano o volevano comprendere l’essenza di questa opportunità. Diciamo subito che la stampa italiana ha trattato l’argomento con un modesto e banale taglio giornalistico senza più di tanto fornire approfondimenti, non parliamo poi di quei siti che dicono di fare informazione controcorrente i quali per voce delle loro redazioni si sono adesso proclamati difensori e protettori di quella Europa che tanto hanno denigrato in questi ultimi anni. Andiamo per gradi e forniamo alcuni dettagli più tecnici: quello di cui si sta parlando è stato denominato IIP ovvero Individual Investors Programme.

Il Governo di Malta sta valutando di rendere possibile l’acquisto della cittadinanza maltese attraverso un one-time fee ovvero il pagamento una tantum di un importo a forfait stabilito in Euro 650.000. Questo tipo di opportunità consentirebbe al soggetto che ne fa richiesta di poter avere tutti i diritti che spettano ad ogni cittadino maltese, quindi il diritto di voto, l’educazione scolastica gratuita per i propri figli, la copertura sanitaria nazionale oltre a tutti gli altri servizi sociali gratuiti. Lo schema comunque prevede un due diligence process basato sulla presenza di determinati requisiti di merito per poter diventare un applicant: in questo modo si evita di concedere la cittadinanza a persone con il portafoglio pesante ma di dubbia onorabilità (pensiamo in questo ad esponenti legati ad organizzazioni criminali provenienti da varie parti del mondo come Colombia, Russia o China). Il Governo ha nominato il prestigioso studio legale Henley & Partners in qualità di Public Services Concessions che significa concessionario esclusivo per il percorso di elegibilità allo schema IIP.

Inutile sottolineare come a Malta questa iniziativa stia suscitando molte contestazioni non solo sul piano politico ma anche su quello mediatico dell’opinione pubblica: la proposta infatti viene ritenuta da molte parti sociali come offensiva e umiliante per chi è un cittadino maltese D.O.C. e ha ricevuto questo prestigioso status per jus sanguinis (right of blood) o jure matrimonii (marryng a maltese citizen). In particolar modo si ritiene troppo riduttivo l’imposizione del solo onere economico, quanto piuttosto sarebbe opportuno affiancare un insieme di ulteriori obblighi ad ogni applicant come l’acquisto di un immobile per un importo predefinito, la sottoscrizione di titoli di stato maltesi, la costituzione ed il mantenimento di una attività imprenditoriale con un minimo di risvolto occupazionale (cinque o dieci dipendenti e cosi via). Al momento lo stesso Parlamento Europeo si è espresso sollevando alcune preoccupazioni e perplessità, che tuttavia non sono vincolanti in quanto ogni stato sull’argomento può legiferare come meglio crede. Ricordate a tal proposito che per quanto siamo diffidenti e maldicenti verso questa Europa, ogni cittadino europeo possiede quello che 6 miliardi e 700 milioni di persone sogna di avere nelle proprie mani: il passaporto europeo, il più prestigioso al mondo.

Lo scopo del IIP è pertanto quello di attirare  high worth individuals (persone con elevato benessere economico) che contribuiscano alla crescita dell’economia maltese a seguito del loro insediamento nel paese, oltre a quanto già il Governo confida di poter incassare dallo schema attraverso le application fees, circa 150 milioni di euro all’anno. Non mi stupirei se nei prossimi anni altri paesi europei intraprenderanno la stessa strada, magari abbassando l’onere di acquisto della cittadinanza (490.000 o 390.000 Euro) ed iniziando una gara al ribasso tra le varie nazioni fino a quando non potrà regolamentare l’argomento il Parlamento Europeo. Sul piano personale mi sentirei di proporre qualcosa di simile e più attraente anche per il nostro paese clonando il programma di rilascio della cittadinanza italiana a soggetti che contribuiscono in misura rilevante alla nostra economia apportando risorse finanziarie o magari diventando mecenati di patrimonio storico decadente ed abbandonato. Pensare invece che l’attuale Governo Letta vuole regalare senza alcuna due diligence la rinomata cittadinanza italiana per jus solis ai figli di qualche disperato morto di fame che è arrivato da clandestino senza passaporto su un barcone dalle coste libiche. Abbiamo ancora tanto da imparare da Malta.

Il Financial Times critica duramente la decisione di Malta:

“Il comportamento di Malta dovrebbe preoccupare il resto dell’Ue. […] Bruxelles non dovrebbe avere alcun potere legale per determinare i criteri della concessione della cittadinanza nei diversi stati, ma i 28 paesi Ue dovrebbero stabilire standard comuni per l’assegnazione del passaporto agli extracomunitari, in particolare fissando una durata minima di residenza. Se nessuno agirà, i governi europei cominceranno a competere in una corsa a chi offre i termini più allettanti per la concessione della cittadinanza a ricchi investitori. Un meccanismo di questo tipo finirebbe inevitabilmente per rafforzare la posizione di tutti quelli che in Europa vorrebbero revocare la libertà di circolazione.”

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Scopriamo a cosa serve il Parlamento Europeo

A cosa serve il Parlamento Europeo? In questo video viene illustrato tutto sul Parlamento europeo e sul lavoro dei suoi 754 deputati provenienti da tutta l’Unione Europea.

 

 

Al Parlamento europeo siedono 754 eurodeputati che rappresentano i 500 milioni di cittadini europei. Ma cosa fanno i deputati? Blink ha seguito per un mese un giovane deputato per capire come lavora un parlamentare europeo. I deputati italiani sono 73. Così divisi: Pd sono 22, Idv 6, 35 del Pdl, 10 della Lega Nord.

 

 

 

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