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Napolitano, il discorso di fine anno che non farà mai

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Sono uno speechwriter, un professionista della comunicazione che scrive discorsi per politici. Questo è il discorso di fine anno che ho scritto per il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

 “Care italiane, cari italiani.

Non dovrei pronunciare questo discorso. Lo scorso 31 dicembre credevo di aver dato alla nazione il mio ultimo messaggio di fine anno e che questo lo avrei ascoltato come molti di voi a tavola, con la mia famiglia.
Non è stato così: gli eventi mi vogliono ancora da quest’altra parte, ma sappiate che mi sento ugualmente accanto a voi. Data l’eccezionalità dell’occasione, visto che dovrei essere un cittadino comune, è da cittadino comune che voglio parlarvi.
Il ruolo del Presidente della Repubblica è quello di interpretare i sentimenti condivisi da tutti. Non rinuncio a questo nobile ruolo pur nella mia veste da cittadino. Rinuncio piuttosto alla forma istituzionale imposta a un presidente. Non chiuderò quindi i miei occhi e le mie labbra sui sentimenti degli italiani che non mi reputano più loro rappresentante, di coloro che hanno deciso di non ascoltare il mio messaggio, di quei leader, politici e giornalisti che mi attaccano quotidianamente.
Le loro coscienze sanno se a muoverli è l’amore per l’Italia. Se così fosse, sappiate che quell’amore è la stessa forza che muove le mie azioni, seppur in direzioni talvolta diverse dalle vostre. Che sia dunque alla meta e non sul percorso, il nostro punto d’incontro.
E così, non dovrei pronunciare questo discorso, eppure lo faccio. E non potrebbe esserci in realtà discorso più rappresentativo del momento storico che vive l’Italia, di un discorso che non dovrebbe esserci, ma c’è. Infatti troppe cose in Italia oggi non dovrebbero, ma sono.
Come la crisi economica. Da almeno due anni sentiamo parlare di ripresa, eppure le famiglie sono sempre più povere.
Come la disoccupazione. In quanto garante della Costituzione italiana non avrei dovuto essere indulgente verso la perdita di posti di lavoro in Italia. Non è un caso che la Costituzione Italiana, la più bella del mondo, nel suo primo articolo dica ‘L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro’. Se manca il lavoro, manca il fondamento su cui la nazione è stata costruita. Se manca il fondamento, la nazione affonda. Come una casa costruita sulla sabbia.
Ci impegniamo tanto affinché la Costituzione non venga cambiata, ma non vediamo che il primo articolo, il più importante, è stato modificato de facto. Col venir meno del fondamento, il lavoro in Italia, l’articolo 1 della Costituzione è diventato: ‘L’Italia è una Repubblica democratica, affondata sul lavoro’.
Questa è la più grave colpa che non potrò mai perdonarmi: aver permesso di modificare la Costituzione.
L’energia e il tempo che mi restano, a partire da questo nuovo anno, li dedicherò quindi soprattutto ai lavoratori. Desidero che il 2014 passi alla storia come ‘l’anno dei lavoratori italiani’.
A tutti voi, lavoratori, che nonostante tutto non vi siete arresi. Che lavorate ogni giorno in condizioni precarie per sostenere la vostra famiglia e la nostra patria; a voi imprenditori che avete rinunciato al vostro guadagno pur di non licenziare i vostri dipendenti. A tutti voi dico, grazie!
A voi disoccupati. Padri di famiglia che avete perso il lavoro,  giovani laureati che volete ancora credere nel vostro paese natale; a tutti voi che ogni giorno bussate a mille porte che restano chiuse, eppure continuate ad alzarvi presto al mattino perché sapete che se doveste fermarvi lo sconforto potrebbe raggiungervi. A tutti voi dico, coraggio!
Ai più fortunati. Tutti voi che al riparo di ciò che avete meritevolmente costruito nella vostra vita godete della ricompensa dei vostri sforzi anche in questo momento di crisi. A voi dico, non dimenticate. Non dimenticatevi di ciò che questa nazione, che è l’insieme dei suoi cittadini, ha donato a voi. Ora è giunto il momento di ricambiare: concedete opportunità ai vostri compatrioti e alle famiglie in difficoltà. Tendere la mano in questo momento è doveroso. Far finta di non vedere rende colpevoli.
Avrete sentito negli ultimi mesi me, il Presidente del Consiglio e altri uomini di Stato, italiani ed esteri, pronunciare più spesso del solito una parola: Europa.
Ho detto che rinuncio alla forma istituzionale e che voglio interpretare il sentimento di tutti. Non vi chiedo pertanto di credere nell’Europa come soluzione ai problemi dell’Italia. Vi chiedo invece di restare uniti in quanto italiani. Siamo cittadini europei è vero, ma prima di tutto cittadini italiani!
Unite collaborino anche tutte le forze politiche, europeisti e non, per soddisfare prima di tutto i bisogni dei cittadini italiani e dell’Italia.
L’Europa deve saper aspettare una sorella rimasta indietro. L’Europa non dimentichi che l’Italia è tra i paesi che l’hanno fondata e costituita. Abbiamo crediti morali, non solo debiti. È ora di riscattarli, è ora di riscattarci.
Come vedete, cari italiani, gli auguri li ho lasciati alla fine. Quest’anno vorrei che non fossero auguri di circostanza. Quest’anno i miei auguri sono sentiti più che mai. Auguri che non riguardano solo le festività del periodo. La mia speranza è che sia veramente un felice anno nuovo.

Auguri per un nuovo buon anno. Auguri per una nuova, buona, Italia!”

P.S. Sono uno speechwriter. Ma non sono lo speechwriter di Napolitano. Sono un freelance, chiunque può chiedermi di scrivere un discorso per se stesso. Giorgio Napolitano non lo ha fatto. Questo è il discorso non richiesto che ho scritto per Napolitano e che lui non leggerà mai.
Sono comunque convinto che questo sia il tipo di discorso sincero che ogni italiano che ha bisogno di onestàsperanza e coraggio, in un momento così difficile, vorrebbe ascoltare domani dal suo Presidente. E magari, tornerebbe ad esserne orgoglioso.

(Fonte ilfattoquotidiano)

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Berlusconi e il suo Mondo alla rovescia

Berlusconi

Come nelle epoche maledette, quando la politica diventa impostura, stiamo assistendo a un rovesciamento clamoroso del senso, a un sovvertimento della realtà. Il reato commesso da Berlusconi e sanzionato da tre gradi di giudizio è scomparso, nessuno chiede conto all’ex Premier del tesoro illegale di 270 milioni di euro costruito a danno della sua azienda e dei piccoli azionisti per giocare sporco nel campo della giustizia, della politica, dell’economia, alterando regole, concorrenza e mercato. Nel mondo alla rovescia in cui viviamo si chiede invece ad un soggetto politico, il Pd, e a due soggetti istituzionali (il Presidente del Consiglio e il Capo dello Stato) di compromettersi con la tragedia della destra, costretta a condividere in pubblico i crimini privati del suo leader. Compromettersi trovando un’uscita di sicurezza dalla condanna definitiva del Cavaliere, piegando il diritto, la separazione dei poteri e la Costituzione, cioè l’uguaglianza dei cittadini. E tutto questo con una minaccia quotidiana che dice così: la politica e le istituzioni sono talmente deboli che la disperazione conclusiva di Berlusconi può tenerle prigioniere, piegandole per poi farle sopravvivere deformi per sempre. Napolitano ha già risposto che le sentenze si eseguono. Ma le pressioni non si fermano, puntano alla creazione di un nuovo senso comune, urlano al sacrilegio politico, invocano l’eccezione definitiva che faccia di Berlusconi il “fuorilegge istituzionale”, il primo cittadino di uno Stato nuovo, fondato sulla trasgressione elevata a norma, sulla forza che prevale infine sul diritto. Bisogna essere consapevoli che questa è la vera posta in gioco oggi. Si può rispondere se si è capaci di mantenere autonomia politica e culturale. E soprattutto se si sa conservare la coscienza di vivere in uno Stato di diritto e in una democrazia occidentale, che non vuole diventare una satrapia dove la nomenklatura è al di sopra della legge e un uomo solo tiene in pugno il Paese.

(Fonte Ezio Mauro – La Repubblica)

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Se tutto va bene siamo rovinati

Italia-crisi

Mentre gli italiani sono in vacanza, o meglio quei pochi che possono permetterselo, Re Giorgio (ricordiamolo il figlio naturale di Re Umberto II) blinda il governo e nasconde i conti sotto il tappeto. Per la prima volta nel suo mandato, il presidente della Repubblica Napolitano ha incontrato Daniele Franco il ragioniere generale dello Stato. Perché? Lo svela il gruppo parlamentare del M5S della Camera sulla loro pagina ufficiale. Mettetevi comodi sotto l’ombrellone, possibilmente seduti e leggete attentamente:

  • Debito pubblico: record a 2.074 miliardi, veleggiamo verso il 130% del Pil;
  • Debito aggregato di Stato, famiglie, imprese e banche: 400% del Pil, circa 6mila miliardi;
  • Pil: atteso un altro -2% quest’anno. Si aggiunge al -2,4 del 2012;
  • Rapporto deficit/Pil: 2,9% nel 2013. Peggioramento ciclo economico Imu, Iva, Tares, Cassa integrazione in deroga lo portano ben oltre la soglia del 3%;
  • Prestiti delle banche alle imprese: -5% su base annua nei mesi da marzo a maggio. In fumo 60 miliardi di prestiti solo nel 2012;
  • Sofferenze bancarie: a maggio sono salite del 22,4% annuo a 135,5 miliardi;
  • Base produttiva: eroso circa il 20% dall’inizio della crisi;
  • Ricchezza: bruciati circa 12 punti di Pil dall’inizio della crisi. 200 miliardi circa;
  • Entrate tributarie: a maggio -0,7 miliardi rispetto allo stesso mese di un anno fa (a 30,1 miliardi, -2,2%). Nei primi 5 mesi del 2013 il calo è dello 0,4% rispetto ai primi 5 mesi del 2012;
  • Gettito Iva: -6,8% nei primi 5 mesi del 2013, un vero disastro;
  • Potere d’acquisto delle famiglie: -94 miliardi dall’inizio della crisi, circa 4mila euro in meno per nucleo;
  • Disoccupazione: sfondata quota 12,2%, dato peggiore dal 1977;
  • Disoccupazione giovanile: oltre il 38%;
  • Neet: 2,2 milioni nella fascia fino agli under 30, ragazzi che non studiano, non lavorano, non imparano un mestiere, totalmente inattivi;
  • Precariato: contratti atipici per il 53% dei giovani (dato Ocse);
  • Ammortizzatori: 80 miliardi erogati dall’Inps dall’inizio della crisi tra cassa integrazione e indennità di disoccupazione.

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Ma quale festa

Napolitano-festa-2-Giugno

Il 2 giugno celebra la nascita della Repubblica italiana, in ricordo del referendum istituzionale del 1946, che stabilì, a suffragio universale, la forma repubblicana per l’Italia. La celebrazione si articola nella parata militare che, a Roma, la mattina del 2 giugno, attraversa via dei Fori imperiali e nel ricevimento offerto dal Presidente della Repubblica al Corpo diplomatico accreditato in Italia. In passato, più volte, si è deciso di sospendere questa parata, a volte in occasione di una civile solidarietà offerta al Paese o ad alcune comunità per gravi eventi naturali. In altri casi, come durante il settennato del Presidente Scalfaro, per ragioni di sobrietà complessiva, si pensò che fosse utile tagliare queste spese e dare segno di sobrietà e di umiltà al Paese. In quel caso, il Presidente Scalfaro volle spiegare che preferiva aprire i giardini del Quirinale per tutta la giornata del 2 giugno a tutte le famiglie ed alle persone normali, perché questa è la Festa degli Italiani. Negli ultimi anni i costi sono saliti: 3,5 milioni di euro nel 2010, 4,4 milioni di euro nel 2011, un contenimento dei costi nel 2012, che ha portato a ridurre la cifra a due milioni di euro, pur avendo 2.500 persone che hanno sfilato tra civili e militari.

È opportuno mantenere in vita questa parata in un Paese che soffre di un disagio sociale ed economico così forte e così marcato in questo tempo? Scalfaro per sette anni sospese questa parata: nessun pregiudizio antimilitarista, ma forse la serena valutazione che in quei tempi il Paese doveva dare anche un segno di contenimento nelle proprie spese. Lo chiede un Paese che ha più di 6 milioni di italiani che vivono ai margini del mercato del lavoro (sono le cifre dell’ISTAT) e che ha raccolto 100 milioni di ore di cassa integrazione nel mese di marzo (sono statistiche, cifre della CGIL), un Paese che (ci dice sempre l’ISTAT) ha 20 milioni di cittadini vulnerabili. La vulnerabilità è un concetto assai grave perché riguarda non la condizione di povertà, ma il rischio alla povertà e rende un Paese affaticato dentro e fuori perché lo rende comunque ostile di fronte a questo rischio e di fronte a questa evenienza. Un Paese insicuro, l’urgenza più importante è quella della messa in sicurezza del territorio: l’82 per cento dei nostri comuni vive in condizioni di rischio quotidiano idrogeologico. Naturalmente so qual è l’obiezione che si fa in questi casi: due milioni di euro sono poca cosa rispetto ai 18 miliardi di euro che si prevede di spendere nel programma di costruzione degli F-35, sono poca cosa rispetto ai 60 miliardi di euro che continuiamo a spendere come pedaggio obbligato ai corrotti e corruttori in questo Paese, sono poca cosa rispetto ai 140 miliardi di euro di evasione fiscale. Tuttavia anche i simboli, in questo momento, lasciano una traccia. Non è un caso che la prima decisione del Consiglio dei ministri di questo Governo sia stata quella di ridursi i propri stipendi. È chiaro che la riduzione degli stipendi dei sottosegretari e dei Ministri non servirà a mettere in sicurezza il territorio né a restituire lavoro ai 6 milioni di italiani che vivono al di sotto della soglia della precarietà, però gesti di umiltà e gesti di sobrietà sono anche gesti che riescono a costruire un clima di condivisione al quale la festa della Repubblica si richiama.

Il Presidente Napolitano ricorda che il 2 giugno: “è la festa di tutti gli italiani che in quel giorno ricordano e riaffermano i valori democratici della convivenza civile che trovano espressione nelle varie forme della loro partecipazione alla vita sociale del Paese“. Il Presidente Napolitano parla di tutti gli italiani e ci fa capire che non esistono italiani con la “i” maiuscola e italiani con la “i” minuscola. In genere sarebbe bene non utilizzare le maiuscole e le minuscole per attribuire maggiore o minore dignità ai cittadini di questo Paese. Se proprio questa parata si deve svolgere, perché non invitare a questa parata gli insegnanti, i precari e i ricercatori dell’università, decine di migliaia di donne e di uomini che danno un contributo economicamente faticoso, dal loro punto di vista, alla qualità del sapere e alla civiltà complessiva di questo Paese. Perché non invitare le badanti straniere che sono più di un milione. Un milione di badanti straniere, oggi, rappresentano una funzione di supplenza che lo Stato mette sulle loro spalle e permettono di risparmiare 45 miliardi di euro di welfare non elargito, sono dati che ci offre la Caritas. Perché non invitare gli Italiani?

P.S. I tagli? 2585 soldati rispetto ai 4774 del 2010, 698 rappresentanti dei corpi non armati (4 anni fa erano 1156), un lieve risparmio (598 mila e 934 euro, rispetto ai 601 mila 169 spesi l’anno scorso) anche per allestire le 23 tribune lungo il percorso, per un totale di 3.380 posti in piedi e 3.196 seduti (in tutto 6.576 rispetto agli 11.648 del 2010). Il tutto ci costerà 1.500.000 euro (appena 400 mila euro in meno rispetto al 2012), per una festa che, forse, si dovrebbe evitare.

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Napolitano il figlio naturale di Re Umberto II di Savoia?

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Il Presidente delle Repubblica Napolitano potrebbe essere figlio di Umberto II di Savoia. Per questo viene soprannominato Re Giorgio. Sarà vero, sarà falso, o come diceva Ezio Greggio Sarà Ferguson? Ma intanto gira questa storiella del giornalista Cristiano Lovatelli Ravarino…. 

Pochi lo sanno, anzi in Italia sono in molti ma tacciono, ma quando la gente scherzando allude al fatto che il Presidente Napolitano sembra il figlio di Re Umberto II tanto ne è il sosia, sbaglia.Nel senso che Napolitano non sembra, E’ il figlio naturale del nostro ultimo Re. Sua madre contessa di Napoli (titolo che da buon comunista ha sempre accuratamente nascosto come Berlinguer faceva con il suo titolo di marchese ) era una delle dame di compagnia della regina Maria Josè che a volte, esasperata dalla folla di amanti del Re (in genere donne ) gli piazzava rappresaglie gigantesche e se ne andava (notoriamente innamorandosi forse una sola volta: di Indro Montanelli che da grandissimo signore si è sempre rifiutato anche solo di discutere l’argomento ). In una di queste prolungatissime assenze la dama di compagnia di Maria Josè lo divenne anche del Re, al punto che ne nacque il prestigioso pargolo. Questo accadimento, confermatomi in una intervista registrata che ancora conservo da uno dei comunisti più informati e anche per bene che abbia mai consciuto Ciro Soglia (grande giornalista,grande partigiano ) costò l’elezione a segretario del PCI al nostro attuale Presidente. Quando Betlinguer morì all’improvviso anche un focomelico avrebbe capito che il PCI disponeva di due sofisticati colti rassicuranti fuoriclasse per scalare fin da allora le paure della borghesia: l’ex sindaco di Bologna Renato Zangheri e il nostro attuale primo cittadino. Invece si suicidarono eleggendo l’ultima raffica di Stalin all’interno del PCI: Natta, pedante, tardoleninista, gufaceo, impresentabile. Come fu possibile? E’ molto semplice. L’ex sindaco di Bologna aveva da tempo una incredibile storia segreta (preberlusconiana osiamo dire ) con la nobile moglie di uno dei più rampanti industriali italiani, Napolitano era il figlio genetico del Re. Due giganteschi scheletri nell’armadio che il partito temeva sarebbero saltati fuori se la stampa internazionale avesse iniziato a scavare a fondo nelle loro vite come scontato se eletti segretario. Quindi elessero la continuità perbenista , una continuità ideologicamente già incartapecorita, quasi commoventemente grottesca, come nel caso di Natta. Un errore di valutazione che ritardò forse di vent’anni la loro trasformazione in forza governativa.

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