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Le spese pazze dei manager di Ferrovie Nord Milano (FNM)

Maroni

L’inchiesta del Fatto Quotidiano sulle Ferrovie Nord Milano continua. Secondo quanto riportato da Marco Lillo, non bastavano i 170 mila euro sperperati in multe con le auto aziendali, le migliaia di euro per scarpe Hogan, elettrodomestici e vestiti di marca. Non bastavano le tre tele da 17 mila euro in cerca di destinatario. Alle spese pazze del fondo cassa si aggiungono le carte di credito del presidente di Fnm Norberto Achille: 70 mila euro in cinque anni, pagati con la carta aziendale del presidente di una società per azioni pubblica nella sostanza perché partecipata per il 57% dalla Regione Lombardia e per il 14% da Fs, cioè dal ministero dell’Economia, più un 3% in mano a Aurelia (gruppo Gavio) e il resto flottante in borsa dove la società è quotata.

Questo manager, tra il ’97 e il ’98 assessore ai Trasporti del comune di Milano guidato da Albertini, è da 17 anni presidente di Fnm grazie a Forza Italia e Lega Nord. Né Salvini né Maroni gli hanno chiesto di dimettersi, resta al suo posto.

Al Fatto risulta che le due carte del presidente di Fnm Achille hanno speso circa 70 mila euro dal 2011 al 2015. In un mese, scrive il giornalista Lillo, per esempio, la carta aziendale ha pagato 300 euro a un paio di siti di gioco on line, Bwin e pokervenice. Inoltre risultano spese anomale per circa 10 mila euro tra abbigliamento, cinema e tv (Sky e altro), informatica e carburante. Spesa anomala perché per l’auto aziendale Achille dispone già della carta carburante. Ci sono nella lista i migliori ristoranti di Milano, da Chatulle a La Pobbia, da Bice a I 4 mori. Frequenti i viaggi in Calabria (dove Achille aveva avuto un incarico dall’Anas per il collaudo della statale Ionica, finito nel mirino della Procura della Corte dei Conti); qualche strisciata a Mosca dove ha sede la banca Kmb nel cui board troviamo Achille. Abbondano le spese a Forte dei Marmi dove Achille ha una villa. C’è anche una puntata a Venezia, Harry’s Bar e Hotel Grand Canal.

Achille dovrà spiegare molte cose. In quattro anni, secondo gli accertamenti interni, ha speso 30 mila euro per il telefonino. Risultano centinaia di euro in benzina ma le auto aziendali sono diesel e ci sono 100 mila euro di multe riferibili alle auto della presidenza, anche se non necessariamente usate dal presidente. Inoltre su circa 10 mila euro spese nei migliori ristoranti meno di tremila erano riferibili a giorni feriali; la domenica Achille diveniva uno Stakanov dei pranzi di lavoro.

L’anomalia è che a parte l’attenzione sul tema dei consiglieri M5S e in particolare di Stefano Buffagni, nessuno ha mosso un dito. Il presidente Roberto Maroni non ha chiesto verifiche sulle spese folli.

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Governo e partiti sono i responsabili della tragedia dell’immigrazione

immigrazione

Mare Nostrum doveva chiudere, lo voleva la Lega di Salvini “Ci costa 300 mila euro al giorno, così si finanziano gli scafisti e l’invasione delle nostre case”, Maroni “bisogna bloccarla subito”, Gasparri “La Marina è stata trasformata in un traghetto per clandestini”. Ora tutti si appellano all’Europa, ma nessuno ha imposto all’Italia di chiudere Mare Nostrum. I responsabili di Frontex avevano chiarito che Triton “risponde solo parzialmente alle reali e attuali esigenze di soccorso in mare per salvare vite umane”.

Governo e partiti sono stati indifferenti ai richiami delle organizzazioni internazionali e alle sollecitazioni dell’ammiraglio Giuseppe Di Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina Militare. Davanti ai senatori della Commissione diritti umani, il 9 Dicembre 2014 l’ammiraglio disse che Triton era un’altra cosa, che il tratto di mare controllato si era ridotto del 65%, che i compiti della Marina erano stati depotenziati e questo non era un bene. Inoltre con Triton vengono meno tutti i dispositivi predisposti dalla Marina e si pone un evidente problema di sicurezza, soprattutto a livello sanitario: i mezzi intervengono in seguito agli SOS lanciati dai barconi in alto mare, ma si limitano a caricare a bordo le persone soccorse e a trasportarle sulle coste italiane. Viene meno così il sistema di controllo, svolto con Mare Nostrum dalle forze di polizia in alto mare, e vi è un maggior rischio di infiltrazioni sul territorio nazionale di cellule terroristiche occultate tra i migranti.

Mare Nostrum si basava su tre azioni principali: contrasto delle azioni illegali connesse al traffico di esseri umani (navi madre e scafisti); potenziamento della capacità di salvare vite umane attraverso la presenza di un dispositivo aeronavale di assistenza e soccorso; filtro sanitario avanzato. In un anno di attività sono stati 439 gli interventi di salvataggio, 156.362 i migranti assistiti,  366 gli scafisti fermati e consegnati all’autorità giudiziaria nazionale, 9 le navi madre catturate. Il 99% dei migranti è stato intercettato prima dell’arrivo sul territorio nazionale e questo ha permesso l’attuazione di un filtro sanitario e di controlli di polizia prima dello sbarco. Solo a gennaio con Triton sono 3.528 gli immigrati arrivati in Italia, rispetto ai 2.171 rilevati nel gennaio del 2014.

I 300 morti di Lampedusa, donne, bambini, uomini che fuggivano da guerre e fame, annegati nelle gelide acque del Canale di Sicilia, li portano sulla coscienza i politici arruffoni e indegni che hanno trasformato la tragedia dell’immigrazione in un marketing elettorale, e i governanti senza idee che hanno piegato la testa spaventati dalle varie ondate leghiste e neofascistoidi. Ha ragione Gino Strada quando dice che si “vergogna di essere italiano e di far parte di questa Europa indifferente alle sofferenze e complice delle stragi, questi Paesi ogni anni spendono miliardi dei cittadini per fare la guerra high-tech ad altri cittadini e sono poi incapaci di portare soccorso a un evento già noto, e che si ripeterà di nuovo, presto”. Ma la vergogna non siede in Parlamento.

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Il business dell’immigrazione

Il-mercato-dell’immigrazione

Attorno alle vicende del Nord Africa e, conseguentemente anche dei flussi migratori girano fiumi di denaro.

A livello di Unione Europea, le cifre vengono riassunte in una comunicazione della Commissione Europea relativa al Piano “Partnership per la democrazia e una prosperità condivisa con il Sud del Mediterraneo”. La Commissione ha già stanziato quattro miliardi di euro di aiuti per i Paesi partner del Nord Africa e Medio Oriente; somma che comprende 240 milioni di euro per la Tunisia e 445 milioni di euro per l’Egitto. Alla Tunisia sono stati offerti 17 milioni di euro per organizzare le elezioni. Dalla Banca europea d’investimenti, dopo l’approvazione da parte del Consiglio Europeo, potrebbero arrivare finanziamenti per progetti nella regione per un totale di sei miliardi di euro nei prossimi tre anni. Rispetto alla situazione contingente, l’Unione ha poi stanziato 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari ai confini della Libia con Tunisia ed Egitto, integrabili con fondi ad hoc per le emergenze rifugiati e ai confini esterni, pari a 25 milioni di euro. Sono decisamente cospicui anche gli stanziamenti europei per il Fondo comunitario per i rifugiati, per i rimpatri e a quello per l’integrazione. Il primo ammonta a 628 milioni di euro, per il periodo 2008-2013, suddivisi in 566 milioni di euro ripartiti tra gli Stati membri in base al numero di richiedenti asilo e 62 milioni di euro per azioni comunitarie a sostegno della cooperazione. Riguardo l’Italia sono stati assegnati o previsti per il 2008-2013 oltre 30 milioni di euro, cui si aggiungono, per lo stesso periodo, circa 68 milioni di euro relativi al Fondo europeo per i rimpatri, che a livello europeo prevede 676 milioni di euro (2008- 2013). Lo stanziamento complessivo per il Fondo europeo per l’integrazione 2007-2013 è invece pari a 825 milioni di euro, di cui 768 milioni distribuiti fra gli Stati membri sulla base del numero di cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti nello Stato membro e 57 milioni per le azioni comunitarie. Le risorse stanziate per l’Italia per quel periodo ammontano a circa 103 milioni di euro. Infine, vi è un quarto Fondo, quello per la  sicurezza delle frontiere interne che, per il periodo in questione, ha stanziato 1.820 milioni di euro.

In totale, quasi quattro miliardi di euro su sette anni, di cui almeno 200 milioni destinati all’Italia. Fondi che, peraltro, come ha ricordato la Commissaria dell’Unione Europea Cecilia Malmstrom – di fronte alle insistenti richieste del ministro Maroni all’Unione di uno stanziamento straordinario di 100 milioni di euro per l’emergenza Lampedusa –, l’Italia non ha ancora speso interamente. Peraltro, a settembre 2011, il Parlamento Europeo ha approvato lo stanziamento di fondi aggiuntivi per 43,9 milioni di euro destinati ai Paesi più esposti ai flussi migratori: buona parte della somma (24 milioni), andrà a beneficio di Frontex per rafforzare il pattugliamento marittimo, mentre 12,2 milioni di euro sono indirizzati al Fondo europeo per i rifugiati, 4,9 milioni al Fondo per le frontiere esterne e 2,8 milioni al Fondo europeo per i rimpatri.

Attorno al migrante che rischiando la propria vita e investendo i propri risparmi o indebitandosi si avventura nel Mediterraneo c’è una catena di scambi economici. Legali o meno. Diretti o indiretti. In denaro o sotto forma di beni e servizi. Come le quattro motovedette da 15 metri consegnate dall’Italia alla Tunisia per bloccare i viaggi di migranti verso Lampedusa, nel quadro dell’accordo sottoscritto il 5 aprile 2011: 4,4 milioni di euro il costo complessivo. Cui vanno sommati i costi di 60 personal computer, 10 scanner, 20 stampanti, 20 metaldetector portatili, 28 fuoristrada appositamente modificati, 10 motori fuoribordo e 10 quadricicli. Piccoli cadeaux forniti dall’Italia, che vanno ad aggiungersi al pacchetto di misure per la cooperazione tra i due Paesi. Pacchetto «che include linee di credito supplementari fino a 150 milioni di euro, in aggiunta a quelle già in corso pari a quasi a 100 milioni per il sostegno al bilancio dei pagamenti», come dichiarato dal ex ministro Frattini (25 marzo). Un rivolo decisamente consistente delle risorse che, da varie fonti e istituzioni, vengono stanziate per la questione dell’immigrazione, finisce, com’è ovvio, a Lampedusa. Così, già il 3 marzo 2011, la Regione siciliana ha deliberato la concessione di un contributo straordinario di 800.000 euro a favore del comune di Lampedusa e Linosa a motivo delle «emergenze connesse alla pressione migratoria». Successivamente, il 22 aprile, la stessa Regione ha deliberato l’erogazione di 12 milioni di euro per rilanciare il turismo nelle Pelagie e favorire le imprese turistico-alberghiere dell’arcipelago, dopo le ondate di immigrati. Somme non indifferenti, tenuto anche conto che i costi della cosiddetta accoglienza, relativi ai Centri, alle tendopoli e all’apparato di controllo, sono affrontati a livello centrale dal ministero dell’Interno. Ma l’amministrazione che governa Lampedusa, sindaco in testa, non si accontenta, batte il ferro finché è caldo e, per voce dell’assessore alla Programmazione e allo sviluppo economico, Pietro Busetta, richiama il premier alle sue promesse: «Invitiamo Berlusconi a mantenere la parola data e a superare gli ostacoli che si potranno presentare in modo da far uscire allo scoperto in Parlamento chi non è d’accordo. Lampedusa si aspetta un decreto legge in cui siano inseriti gli interventi economici, quelli fiscali e l’autorizzazione per una casa da gioco. Sarebbe un segnale doveroso e importante dell’attenzione del Paese, pur sapendo che non sarà certo la panacea di tutti i mali» (8 aprile). Degli interventi di defiscalizzazione, in effetti, non sembrerebbe esservi bisogno, se è vero quanto denuncia Legambiente, ma che è tranquillamente ammesso anche dalle autorità locali: «Lampedusa d’estate ospita almeno 30.000 persone. Ufficialmente l’isola ha una ricettività di circa 2.000 posti. Tutto il resto è palesemente in nero» (Sanfilippo e Scialoja, 2010). Naturalmente, si può immaginare che i diversi stanziamenti ricevuti siano stati ben utilizzati, a fronte degli innegabili disagi e difficoltà vissute dai residenti e dalle attività economiche dell’isola. Maggiori perplessità può però suscitare lo stanziamento disposto in maggio, con ordinanza del presidente del Consiglio, della somma di un milione di euro al fine di rimuovere e smaltire i barconi con cui i migranti sono arrivati a Lampedusa, a quella data circa 350. Per l’assegnazione del lavoro è prevista una gara, però secondo la procedura di somma urgenza. Sempre Legambiente, nel libro di Sanfilippo e Scialoja, spiega cosa è successo al riguardo negli anni scorsi. Racconta Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia: «La gestione dell’immigrazione a Lampedusa è un enorme business. L’affare non riguarda solo l’isola e, in questo senso, la vicenda delle barche è veramente emblematica. Perché spesso si tratta di ottime imbarcazioni che potrebbero tranquillamente essere messe sul mercato, potrebbe prenderle e venderle anche il demanio, avrebbero un valore; e invece a spese dello Stato vengono triturate e poi smaltite».
*Dossier “Lampedusa non è un’isola”

-——Leggi la seconda parte I Centri per immigrati ———

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1.200 Euro per l’anello della Lega Nord. Accattatevillo!

Si può ordinare di tutto. Dai teli mare in pieno tempismo stagionale, alle t-shirt, le felpe, i termometri da parete e oggetti preziosissimi. Sul sito del Carroccio, alla sezione gadget, compare tutto un settore dedicato ai “gioielli della Lega Nord” dove, oltre a preziosi ciondoli e ad anelli in oro dal costo di 1,200 euro, spicca un portachiavi da oltre mille e seicento euro. In tempi di crisi un gadget senza dubbio oneroso. Sorvolando sul costo degli oggetti proposti, che ognuno è libero di acquistare o meno, l’attenzione si focalizza -ancora una volta- sui conti che non tornano.

Maroni ha depositato sul tavolo dei magistrati, impegnati nelle indagini su Belsito, il resoconto che la Price Waterhouse & Coopers, commissionata dallo stesso Maroni, ha effettuato sui passaggi di soldi nella Lega. La PwC, il network distribuito in 158 Paesi con oltre 169.000 professionisti, che fornisce servizi professionali di revisione di bilancio, advisory e consulenza legale e fiscale, ha rilevato qualche stranezza.

Così riporta il Corriere della Sera: In magazzino la Lega conta giacenze per 395 mila euro. Sono gadget di propaganda, ma la cosa buffa è che 410 biciclette, del valore di 82 mila euro, sono ancora depositate presso il produttore: ed è curioso che la fabbrica le abbia vendute per 145 euro l’una a «La Bicicletta Padana» (società della finanziaria di partito Fin Group), e che essa l’abbia poi rivenduta alla Lega per 165 euro. Ulteriori rispetto a queste giacenze esisterebbero altri 36 mila gadget nella sede federale per una stima di 90 mila euro, ma anche qui il caos era totale: è bastata una mini verifica a campione per trovare 3.447 orologi invece dei 15 sul tabulato, o 250 teli mare invece dei 13 annotati.

Ma il movimento poco chiaro di denaro riguarda anche spese a titolo del tutto personale, dai conti esosi di alcune gioiellerie a momenti di relax vissuti nelle Spa.

Maroni: ”Ho proposto al Consiglio federale di fare una sorta di spending review nella Lega, incaricando Giorgetti di fare una revisione completa della struttura organizzativa delle attività non politiche da qui al 30 settembre. L’obiettivo è di dimezzare i costi di gestione. Abbiamo anche stabilito l’impossibilità di ricoprire contemporaneamente più di una carica elettiva o incarico nel movimento”.

(Fonte ibtimes)

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