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Paralimpiade storie di vita e di sport

Tutto è pronto a Londra per dare inizio ai Giochi Paralimpici che si svolgeranno dal 29 agosto al 9 settembre. Quelle di Londra sono le Paralimpiadi estive numero 14, e vedranno gareggiare 4.200 atleti provenienti da 160 paesi, che si sfideranno in 20 discipline sportive: pallacanestro in carrozzina, nuoto, ciclismo, tiro a segno, canottaggio, tiro con l’arco, vela, atletica leggera, scherma in carrozzina, equitazione, tennis in carrozzina e tennistavolo, rugby in carrozzina, pallavolo sitting, sollevamento pesi, calcio a 5, calcio a 7, goalball, boccia e judo.

Lo sport paralimpico cresce in visibilità e attenzione, anche grazie alla presenza di atleti immagine come Oscar Pistorius che ha aiutato la causa del movimento paralimpico, cambiando la mentalità del pubblico, che ora capisce quali traguardi sia in grado di raggiungere una persona disabile. Inoltre, il movimento, pur non essendo immune da fenomeni negativi come il doping, riveste un importante ruolo di integrazione sociale anche in paesi sconvolti da recenti guerre. Grazie a SuperAbile Magazine e a Disabili.com, facciamo una panoramica sulla manifestazione che negli ultimi anni  sta vivendo un’evidente crescita di visibilità. Storie incredibili di vita e di sport.

Il quotidiano britannico “The Guardian”, nei giorni scorsi, ha pubblicato una lista di dieci fra i migliori atleti paralimpici. Nella lista dei dieci selezionati dal “The Guardian” c’è in testa Pierre Mainville, Canada (scherma in carrozzina). Nel 2001, si trovava in un’auto a Montreal quando venne colpito da un colpo di pistola dall’ex fidanzato dell’autista. Paralizzato dalla vita in giù, ha in seguito intrapreso la scherma in carrozzina per tenersi in forma. Al numero due c’è Tatyana McFadden, Stati Uniti (corsa in carrozzina)McFadden è una campionessa sia sui 100m sia sulla maratona. Nata in Russia con un foro nella colonna vertebrale, ha trascorso i primi sei anni di vita in un orfanotrofio, prima di essere adottata da un funzionario di stato statunitense. Accanto alla sua carriera piena di successi, la sorprendente ventitreenne – spiega il quotidiano britannico – conduce campagne per il miglioramento dei servizi sportivi per i giovani disabili. Al numero tre, immancabile, ecco Oscar Pistorius, Sudafrica (corsa). Nato con gli arti inferiori gravemente malformati, le gambe di Pistorius furono amputate sotto il ginocchio prima che compiesse un anno. Soprannominato “Blade Runner” o anche “The fastest thing on no legs”, corre con il supporto di due protesi che ricordano delle lame, ed è il detentore dei record sui 100m, 200m e 400m nella sua categoria. Compete anche con i normodotati: oltre alla partecipazione alle appena concluse Olimpiadi, nel 2011 è stato il primo amputato a vincere una medaglia ai campionati mondiali per normodotati (argento sulla staffetta 4x400m). Continue Reading

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Le origini delle Paralimpiadi

I giochi nacquero proprio in Gran Bretagna, 62 anni fa, grazie all’attività del neurologo Ludwig Guttman, convinto dell’importanza dello sport nei processi di riabilitazione dei disabili. Ma fu un medico dell’INAIL, Antonio Maglio, a dare all’evento una caratura di livello mondiale.

Per molti aspetti l’edizione delle Paralimpiadi di Londra 2012 rappresenta un felice ritorno agli albori per questa manifestazione. Si deve infatti, al medico britannico Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo e direttore del centro di riabilitazione motoria dell’ospedale di Stoke Mandeville, una cittadina del Buckinghamshire, l’idea di organizzare – 62 anni fa – una competizione sportiva che interessasse i veterani della seconda guerra mondiale che, nel corso del conflitto, avevano riportato danni alla colonna vertebrale. Guttmann aveva aperto il suo centro il 1° febbraio del 1944, ma la prima edizione dei “Giochi di Stoke Mandeville” venne disputata solo il 28 luglio di quattro anni dopo.

La grande intuizione del “De Coubertin dei disabili”. Guttmann – ormai riconosciuto nella sua grande statura di luminare (basti pensare che papa Giovanni XXIII lo definì “il De Coubertin dei disabili”) aveva posto al centro del suo approccio terapeutico la convinzione dell’importanza della collaborazione attiva del malato (unitamente alle cure mediche) nei processi di riabilitazione. Una convinzione che lo spinse a studiare e a realizzare con grande impegno dei programmi di allenamento ai quali partecipavano tutti i pazienti di ambo i sessi che arrivavano presso il suo centro. I risultati non si fecero attendere: chi si sottoponeva alle cure di Sir Ludwig  sviluppava, infatti, una solida muscolatura delle braccia e delle spalle, con progressi di recupero macroscopicamente superiori a quelli raggiunti attraverso la normale chinesiterapia. La pratica sportiva, inoltre – consentendo di acquisire equilibrio e abilità motorie nell’uso della sedia a rotelle – gli permetteva di spostarsi più agevolmente e, dunque, di godere di una vita di relazione più intensa e gratificante.

I Giochi di Stoke Mandeville assumono un respiro europeo. Ai primi Giochi di Stoke Mandeville parteciparono diversi ex membri delle Forze Armate britanniche. L’iniziativa riscontrò un grande successo, anche mass-mediatico, e furono molti i medici e i tecnici di tutto il mondo che, in seguito, vennero in visita al centro britannico per apprendere il “segreto” di queste metodologie riabilitative. Nel 1952 parteciparono alle gare anche degli atleti olandesi: una novità, questa, che permise alla manifestazione di assumere un carattere internazionale.

La sfida di un medico dell’INAIL. Ma l’avere dato ai giochi una autentica dimensione planetaria è merito principale di un medico italiano, Antonio Maglio, direttore del Centro paraplegici dell’INAIL di Villa Marina, a Ostia: il “padre” della sport terapia e del paralimpismo. Amico di Guttmann, Maglio gli propose, infatti, di disputare a Roma l’edizione del 1960 dei giochi di Stoke Mandeville, immediatamente a ridosso della XVII Olimpiade che si sarebbe svolta nella capitale. Maglio garantì al collega britannico che avrebbe persuaso le maggiori autorità politiche e sportive del Paese a ospitare le competizioni negli stessi impianti e alloggi che, poco prima, avrebbero dovuto ospitare le sfide olimpiche.

Da Roma a Tokyo: le gare assumono una dimensione planetaria. Grazie alla sua rete di contatti e al ruolo svolto all’interno dell’INAIL, Maglio riuscì pienamente nel suo intento e, da quel momento, tutto il mondo ebbe la consapevolezza di quanto lo sport e l’agonismo potessero essere una risorsa determinante per tante persone disabili. Nel corso della manifestazione, poi, Guttmann e Maglio strinsero un forte rapporto di collaborazione con la delegazione giapponese, facendo sì che i giochi si potesse svolgere, nel 1964, a Tokyo in occasione della successiva olimpiade di Tokyo, la prima della storia in territorio orientale.

Anno dopo anno, sempre più grandi. Col passare del tempo i giochi paralimpici hanno assunto sempre più spessore e rilievo. Se a Tokio, per esempio, i partecipanti furono 390, quattro anni dopo – in occasione dello stesso evento a Tel Aviv – gli atleti in gara era già 750, acclamati da pubblico di 25mila persone. Ancora, nel 1972 i Giochi si svolsero ad Heidelberg (Germania), con oltre mille disabili impegnati nelle prove, mentre furono 1.500 quelli a Montreal nel 1976 (occasione dove esordirono anche atleti non vedenti o amputati) e 3.200 a Seul, nel 1988, con una importante manifestazione con 65 nazioni partecipanti, al cospetto di un pubblico di 100mila persone. Per rendersi conto di questa escalation numerica: nell’ultima edizione di Pechino, nel 2008, hanno gareggiato più di 4mila atleti, in rappresentanza di 150 nazioni.

E li chiamano disabili. Storie di vite difficili coraggiose stupende . Sedici storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio della non-rassegnazione. Un viaggio in un territorio di confine che spesso viene ignorato o addirittura cancellato. Eppure questo territorio esiste. Ed è abitato da persone straordinarie, piene di coraggio, di voglia di vivere, di tenacia, di passione e tenerezza. Cannavò li presenta con grandissima intensità e con uno stile magistrale. Uomini e donne che vivono, sognano, lavorano, si emozionano, anche se sono senza braccia o costretti sulla sedia a rotelle o ciechi dalla nascita.

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I pasti degli atleti olimpici

La dieta per gli atleti delle Olimpiadi di Londra 2012 Sarah Parker

Guardando gli atleti che gareggiano alle Olimpiadi di Londra 2012, viene spontaneo chiedersi quale dieta alimentare seguano per avere fisici così scolpiti e potenti, capaci di prestazioni al limite dell’umano.

La designer Sarah Parker e il fotografo Micheal Bodiam oltre a chiederselo hanno risposto, impiattando a seconda della categoria olimpica una mensa di design ispirata ai dettami del nutrizionista Dan Benardot, specializzato in regimi alimentari per atleti di alto livello .

 

La dieta per gli atleti delle Olimpiadi di Londra 2012 Sarah Parker

 

Ciascun “atletico” ricorda le miniature per le Doll’s House e mette sul piatto l’indubbia varietà degli alimenti presenti in cucina, allargando notevolmente la base della piramide alimentare. Ecco che per chi consuma in media oltre 2000 calorie a pasto il panino a ciambella (bagel) il burro di noccioline ed altre leccornie solitamente bandite dalle diete al di fuori dei 5 cerchi, vengono sdoganate in un corretto regime dietetico.

 

La dieta per gli atleti delle Olimpiadi di Londra 2012 Sarah Parker

 

C’è il piatto per il lanciatore del peso, leggermente iperproteico, quello per la corsa, così come quello per i ginnasti e gli atleti del triathlon, ciascuno con 15-20 porzioni disposte in modo ordinato come in una composizione floreale.

 

La dieta per gli atleti delle Olimpiadi di Londra 2012 Sarah Parker

 

Mi chiedo se l’idea di Sarah Parker e Micheal Bodiam si potrebbe applicare anche al pasto olimpico di Michael Phelps  e le sue 10.000 calorie. Forse in quel caso il piatto è riduttivo, meglio allestire un tavolo da 4.

(Fonte atcasa)

 

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Londra 2012: Scende in pista l’atletica

Domani scende in pista la regina dei Giochi Olimpici. L’atletica. Pronti a gustarci ciascuna gara per quanto saprà offrire, cerchiamo di ipotizzare quali saranno i grandi duelli di Londra 2012, sicuri comunque che la realtà saprà essere ben più concreta e affascinante delle ipotesi.

L’INCERTEZZA DELLO SPRINT – Se qualche dubbio sull’imbattibilità di Usain Bolt era germogliato ai Mondiali dello scorso anno, questa stagione non ha fatto che accrescerlo. E poiché le prove negative intaccano le sicurezze, il primatista del mondo non appare più spavaldo come ci aveva abituati. Yohan Blake, ai trials jamaicani di Kingston, non soltanto lo ha battuto nettamente in entrambe le gare dello sprint, ma gli ha tolto anche il primo posto nelle liste mondiali stagionali dei 100. Non soltanto, Tyson Gay e Justin Gatlin, che paiono comunque un gradino sotto ai rivali caraibici, hanno scelto di misurarsi soltanto sulla distanza più breve, concentrando i loro sforzi per sovvertire il pronostico che non li vede favoriti. Le selezioni statunitensi hanno mostrato un Gay in ripresa dopo i problemi fisici che lo avevano condizionato e un Gatlin che – mistero dei misteri – va più forte di quando si dopava. Insomma, una sfida da record del mondo anche se può sembrare pazzesco pensare ad un tempo inferiore al 9”58 ottenuto da Bolt tre anni fa a Berlino.

IL SOGNO DI KENENISA – Nella storia olimpica dei 10.000 mai nessuno ha vinto il titolo per tre volte. Due successi li hanno conquistati Paavo Nurmi (1920-28), Emil Zatopek (1948-52), Lasse Viren (1972-76), Haile Gebrselassie (1996- 2000) e Kenenisa Bekele (2004-08) che, campione in carica, è tornato quest’anno dopo il matrimonio e i guai fisici che lo hanno tolto di scena nelle ultime stagioni. Una ripresa che pareva impossibile e che invece, nella seconda metà di giugno sull’anello di Birmingham, ha riproposto il trentenne campione ai massimi livelli. Anche se mancano conferme, Bekele senior (che potrà avvalersi dell’aiuto del fratello Tariku) appare comunque per tutti come l’avversario di riferimento in un panorama che non sembra proporgli un avversario in particolare, ma tante insidie.

LA RIVINCITA DI LIU – Tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini di Pechino e di quello che doveva essere l’eroe dei Giochi costretto ad allontanarsi zoppicante dalla finale: per Liu Xiang prendersi la rivincita di quattro anni fa non sarà comunque facile, la concorrenza è terribile (Aries Merritt, Jason Richardson, Dayron Robles) e anche nei 110 hs non è azzardato pensare ad un possibile record del mondo per imporsi, anche se i trials statunitensi hanno fatto una vittima inattesa, togliendo di scena David Oliver.

L’ASSENZA DI TAMGHO – L’infortunio che ha messo fuori gioco il francese Teddy Tamgho e le precarie condizioni del britannico Phullips Idowu aprono scenari particolarmente interessanti anche per l‘Italia vista la qualità di Fabrizio Donato in questa stagione. Il salto triplo è specialità a rischio, quanto mai logorante e spesso ha riservato sorprese. Tanto più potrebbe offrirne questa volta, a corollario di quello che speriamo sia un duello a tre, tra Fabrizio Donato e gli statunitensi Christian Taylor e Will Claye, i più regolari in questo 2012. E visto che ad alimentare un sogno c’è un italiano, perché non sperare di vedere tra i finalisti anche la promessa azzurra Daniele Greco?

SFIDA INTORNO AI SEI METRI – Se l’asta non fosse specialità sempre a rischio, Renaud Lavillenie meriterebbe di essere un posto tra i favoritissimi, specie dopo aver visto come – nonostante qualche problema tecnico – ha conquistato il titolo europeo ad Helsinki. Oltre i sei metri, difficile indicare qualcuno che lo possa battere, al di sotto di questa quota il terzetto di tedeschi (Mohr, Otto, Holzdeppe) non va sottovalutato: comunque ci sono concrete possibilità di riportare in Europa un ti- tolo che dal 1996 – allora fu con Jean Galfione – non propone un vincitore del Vecchio Continente. Il transalpino ripetiamo si fa preferire per la costanza mostrata nei grandi appuntamenti, ma ripensando alle difficoltà a suo tempo incontrate da Sergei Bubka (che di titolo olimpico nella sua fantastica carriera ne ha vinto uno solo) meglio non sbilanciarsi troppo.

UNA FINALE TUTTA DA SCRIVERE – Passando alle donne, è davvero difficile ipotizzare chi sarà la regina dello sprint anche se ai trials jamaicani Shelly Ann Fraser ha avvertito tutte sulle sue intenzioni, dominando 100 e 200 (ma su questa distanza Allyson Felix è stata ancora più super nelle selezioni Usa). La concorrenza è tanta, in casa e fuori, al punto che è persino difficile indicare le possibili finaliste dei 100 senza rischiare grosse topiche. Certo è che, come per gli uomini, la finale delle gara più breve si preannuncia davvero esaltante, anche se il fantascientifico record di Florence Griffith Joyner (10”49) resta di un altro mondo.

ETIOPI CONTRO KENIANE – Se in campo maschile, sulle lunghe distanze, potrebbe anche esserci qualche “estraneo”, al femminile si rinnoverà il duello ormai tradizionale tra l’Etiopia e il Kenia, capace nelle ultime stagioni di riguadagnare parecchie posizioni. D’altronde una Tirunesh Dibaba o una Meseret Defar, che pure continua ad esserci ma è sempre meno vincente, non si rimpiazza facilmente: pronostico incertissimo, dunque, con gare tutte da gustare.

IL RITORNO DI YELENA – Pechino, quattro anni fa, ha rappresentato l’ultimo momento davvero esaltante per Yelena Isimbaeva. Poi soprattutto delusioni, il cambio dell’allenatore, il promettente ritorno ai Mondiali indoor di marzo a Istanbul. Ma non è certo quest’ultimo risultato a bastare per farne la favorita, perché nel frattempo altre sono cresciute e trovarsi di fronte al “mostro sacro” probabilmente suscita molti meno tremori di un tempo. Dunque, gara dell’asta apertissima, con tante pretendenti a far meglio della “gabbianella” e con l‘obbiettivo di affiancarla oltre i 5 metri.

SETTE GARE DA SOGNO – In palio c’è un solo titolo, quello dell’eptathlon, ma le premesse sono di sette sfide fantastiche tra Jessica Ennis, che gareggia in casa e vuol dimostrare con i fatti di poter essere lei l’erede di Carolina Kluft, e la campionessa uscente Nataliya Dobrinska, l’ucraina che nell’inverno è stata eccezionale protagonista nel pentathlon a Istanbul ed ora vuol confermarsi anche sulle sette prove. Una due giorni tutta da gustare, anche perché oggi la tecnologia offre aggiornamenti costanti sui punteggi e rende facile seguire il dipanarsi della gara anche ai meno portati alla cultura delle cifre.

LE ALTRE GRANDI SFIDE – La storia insegna come non basti essere favoriti per vincere e mostra un lungo elenco di campioni che, pur grandissimi, hanno fallito l’appuntamento con l’Olimpiade dove ogni duello può riservare delle sorprese. Per questo chiudiamo con l’elenco di chi, favorissimo nella propria gara, ha tutto da perdere. In campo maschile, tenendo conto anche dell’andamento di quest’anno, indichiamo LaShaw Merritt sui 400, David Rudisha sugli 800, Paul Kipsiele Koech nei 3000 siepi, Robert Harting nel disco, Ashton Eaton del decathlon. Tra le donne Sanya Richards Ross sui 400, Sally Pearson sui 100 hs e Valerie Adams nel peso.

(Fonte fidal)

 Questo sono io . La storia dell’uomo più veloce del mondo raccontata dalla sua viva voce. Dalle partite a calcio e cricket sotto il caldo sole giamaicano alla scoperta che quel ragazzino smilzo poteva correre veloce, molto veloce. Dalla doppietta olimpica (100 e 200 metri) di Pechino 2008 agli incredibili, e apparentemente imbattibili, record del mondo nelle due specialità. Ma quella di Usain Bolt, l’uomo più atteso delle Olimpiadi di Londra 2012, non è solo una storia sportiva: ci sono anche la sua famiglia e i suoi amici, le feste, il cibo-spazzatura, la musica dancehall e le auto veloci. Perché Usain Bolt non è solo un superman: è anche e soprattutto un ragazzo di 25 anni che vuole vincere senza rinunciare a vivere.

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Il futuro del Coni tra corruzione e pasticci


Le Olimpiadi di Londra 2012 sono iniziate e le speranze di medaglia per i nostri atleti devono tramutarsi in realtà, ma intanto si pensa già al futuro del Coni.

E’ dato per certo che, dopo 13 anni (quattro i mandati) al vertice dello sport italiano, Petrucci, eletto tre mesi fa sindaco di San Felice Circeo (Latina), punti a planare sulla poltrona di presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Incarico che ha già ricoperto per sette anni dal 1992 e il 1999. La scelta, oltre ad apparire vagamente feudale, sembra rassicurare sul fatto che il Coni resta sempre uguale a se stesso. Lampante e’, piuttosto, il groviglio di relazioni, cattive abitudini e ragnatele che fanno dell’ente pubblico Coni e delle 45 federazioni finanziate una formidabile macchina autoreferenziale. Un dettaglio non trascurabile, tanto più nei prossimi mesi quando il consiglio nazionale (dove siedono tutti i presidenti delle federazioni) eleggerà il successore di Petrucci. A correre, salvo sorprese, saranno Raffaele Pagnozzi e Giovanni Malagò.

Il primo e’ segretario generale del Coni da 19 anni, entrato in servizio nel 1973. Il secondo siede già da qualche anno nella giunta presieduta da Petrucci. Sicuramente non sarà una rivoluzione. Ma per vincere la sfida che porta al vertice dello sport italiano e sovrintendere un universo di 95 mila società sportive, 11 milioni di tesserati e un bilancio di 464 milioni di euro servono i voti. A eleggere il nuovo “capo” saranno, oltre ai rappresentanti degli atleti e dei tecnici, proprio i 45 presidenti delle federazioni foraggiate dal Coni.

Presidenti delle federazioni un po’ “pasticcioni”. Sabatino Aracu, per esempio, e’ presidente della Federazione Hockey e Pattinaggio dal 1993. Diciannove anni ininterrotti. Nel frattempo, però Aracu ha collezionato anche altro. Quattro legislature come parlamentare del centrodestra, un rinvio a giudizio nella Sanitopoli abruzzese e un’impareggiabile foto scattata in aula alla Camera in cui, accomodato nel suo scranno, si balocca ai videogame con l’iPad. Come presidente della Federazione Hockey si e’ rifatto meritando una menzione da parte del presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012. “La commissione d’inchiesta nominata ha riscontrato danni erariali per complessivi 380 mila euro”. Tra cui “spese di rappresentanza prive di giustificazione, indebiti rimborsi al presidente e ai consiglieri federali, indebito utilizzo di carte di credito federali”.

Oppure Franco Falcinelli, eletto presidente della boxe 11 anni fa, anche lui sotto la lente di Giampaolino. “Ritardo nella predisposizione di bilanci, uso di cellulari di servizio, illegittime consulenze e altre illiceità”. Ma il peggio e’ il danno erariale per “furti, ammanchi di cassa e spese effettuate senza autorizzazione”. Una funzionaria si e’, infatti, intascata 1,3 milioni di euro drenandoli dai conti Bnl e Bancoposta intestati alla federazione di Falcinelli.

Conti in rosso. Non a caso il collegio dei revisori approvando l’ultimo bilancio del Coni ha prescritto una serie di raccomandazioni. Tutta colpa di un 2011 archiviato con una perdita di 13,8 milioni di euro, in parte dovuta al taglio dei contributi dello Stato passati da 461 a 450. Ai revisori non e’ rimasto che prendere atto che il patrimonio netto e’ sceso di 14 milioni e che le Federazioni devono essere “invitate” a uno scrupoloso e puntuale rispetto delle norme, oltre che al contenimento delle spese.

Settantenni in pista. Tanti i settantenni che restano in sella alle Federazioni. Riccardo Agabio 77 anni vicepresidente del Coni e da 12 anni numero uno della Federazione di Ginnastica. Un altro over seventy e’ Giancarlo Bolognini, ex consigliere regionale della Dc in Trentino-Alto Adige con all’attivo cinque mandati e 15 anni alla presidenza della Federazione Sport del ghiaccio.

Pasticci Federali. Lo scorso mese di giugno, in piena euforia che prelude i giochi olimpici, un deputato dell’Idv, Felice Bellisario, se l’è presa con la Federazione Tennis, dove il presidente Angelo Binaghi, dopo aver costituito la controllata Sportcast srl per la gestione del canale televisivo Super Tennis, ci ha piazzato come presidente suo zio Ignazio Fantola. La federazione ha erogato in un quinquennio 14 milioni di euro alla Sportcast presiediuta dal suddetto zio. Qualche pasticcio parentale e’ emerso anche nella prestigiosa Federazione Nuoto, disciplina che a fronte di medaglie e vittorie si accaparra quasi il 4% dei fondi erogati dal Coni, seconda solo al calcio. A capo del nuoto c’è un acerrimo nemico di Malagò: il senatore Pdl Paolo Barelli. Ex nuotatore olimpico, da oltre 12 anni comanda la federazione dove e’ ricordato anche per l’accusa di aver utilizzato i suoi uffici per la campagna eletterola di Forza Italia. In occasione dei Mondiali di nuoto del 2009, e’ puntualmente finito in mezzo al polverone dell’inchiesta sulle piscine romane. Niente di illecito, ma tra gli impianti sportivi autorizzati in deroga e con tempi di record dal commissario straordinario, Claudio Rinaldi, ce ne sono stati alcuni riconducibili ai fratelli e a ex soci di Barelli. Intanto, però, lo scorso 12 luglio Malago e’ stato prosciolto dall’accusa di abusi edilizi e ora si candida per il dopo Petrucci.

La lista prosegue: Franco Arese dal 2004 presidente della Federazione Atletica Leggera accusato di conflitto di interessi in quanto presidente di Asics Italia, azienda di abbigliamento sportivo che veste gli atleti azzurri; Giovanni Morzenti ex presidente Federsci, ora affidata all’inossidabile Franco Carraro, condannato per concussione aggravata condannato a sei anni di pena per aver richiesto una mazzetta da 50 mila euro…

Questo e’ il Coni….

(Fonte Il Mondo)

Olimpiadi. Due settimane e mezzo di sport, 12 000 atleti, 29 discipline, 206 comitati nazionali, 300 medaglie d’oro in palio. Ogni quattro anni il mondo si ferma per assistere a uno spettacolo grandioso ed emozionante. Il trionfo dell’agonismo e della passione: le Olimpiadi. Per non arrivare impreparati all’appuntamento, gli autori di questo libro hanno realizzato una guida completa e originale sull’argomento. Un “programma di educazione alle Olimpiadi” che vi spiegherà: perché guardare un particolare sport, la sua storia. I fondamentali, le finezze e le vicissitudini olimpiche. Senza tralasciare statistiche, aneddoti, curiosità. Insomma: tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere.

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