I terroristi in fondo sono solo persone che hanno dimenticato di essere stati bambini un giorno e che hanno perso il senso dell’umorismo…
“La satira non è un insulto, è un modo di relativizzare le certezze, le opinioni, le ortodossie. Che cosa sarebbe stata la Russia degli Zar senza Gogol, l’Italia senza Pasolini, la Francia senza Rabelais? Non si tratta solo di difendere la libertà d’espressione, ma il diritto alla differenza, all’immaginazione, al sogno, alla metamorfosi, alla diversità. Quello che noi continuiamo a chiamare censura è soprattutto la tirannia dell’unico. Il tutto attraversato da una grande depressione che percorre il paese, inquinato dagli appelli irresponsabili alla vendetta, alla designazione di un nemico, alla tentazione di strumentalizzare l’emozione collettiva.
Il dramma di Charlie Hebdo è sul punto di favorire l’emergenza di un racconto d’esclusione: il “loro e noi” una spirale suicida, in un mondo globalizzato. Ma noi siamo loro. E loro sono noi.
Il grande racconto neo-conservatore post 11 settembre, il “siamo in guerra” contro l’Islam, che trova negli avvenimenti di questi ultimi giorni il terrore simbolico di cui ha bisogno; ci sono le immagini di guerra nelle strade di Parigi, il rumore degli elicotteri, il crepitio delle armi automatiche, il sangue che cola.. La retorica della guerra al terrorismo alla quale la Francia aveva in parte resistito dopo la guerra in Iraq è sul punto di invadere gli spiriti. È veicolata dai media e dalla classe dirigente che trova così un surrogato di racconto collettivo che fa crudelmente difetto; soddisfa la fame del pubblico per gli intrighi e mette in opera una mobilitazione delle emozioni in favore di un’unità nazionale immaginaria e che non è mai stata così fragile.
Questo racconto di guerra maschera l’orizzonte e occulta le gravi questioni e le responsabilità che hanno causato l’avvenimento: irresponsabilità politica mascherata da discorsi bellici, fallimento dell’intelligence, sistema penitenziario che funziona come una scuola di jihadismo, quartieri lasciati in abbandono, sistema scolastico che riproduce l’esclusione sociale, media dell’odio, intellettuali neo conservatori… La storia di questi giovani terroristi disegna il percorso disseminato d’ostacoli del sistema sociale. Quando la famiglia, il quartiere, l’ambiente, i media, la prigione, e in ultima analisi il sistema di sicurezza vanno in avaria si produce l’imprevedibile: ed è quel che è successo.
Abbiamo bisogno più che mai di comunità. Che però non va confusa con l’unità nazionale. Dobbiamo inventare delle nuove comunità, dei paesi di frontiera, delle regioni ancora immaginarie, delle sovranità condivise. È sia l’occasione, che il prezzo di questo mondo mondializzato. Il manuale di sofismi politici di Jeremy Bentham del 1824 potrebbe servire da breviario a tutti i democratici preoccupati dalle derive sicuritarie e dalle banalizzazioni mediatiche. Ha diagnosticato un sofisma riducibile a questo: “Quando il soggetto è il pericolo nelle sue diverse forme e quando l’oggetto è reprimere ogni discussione, deve scattare l’allarme”. Christian Salmon, scrittore, autore di saggi su censura e storytelling, l’arte di raccontare storie, tecnica utilizzata dal marketing alla politica