Quattro anni fa, molto prima delle gaffe ormai storiche, il Parlamento tramite un’interrogazione dell’on. Laboccetta (Pdl) denunciava come Tavecchio fosse rimasto a capo della Lega Dilettanti nonostante, a causa di diverse condanne penali, ne avesse perso i requisiti. Tavecchio ha poi ottenuto la riabilitazione e la sua fedina penale è pulita, perché le sue cinque condanne, arrivate tra il 1970 e il 1998, per la loro natura non compaiono più nel casellario giudiziale. In punta di diritto, quindi, è incensurato.
Ma i deputati del Movimento Cinque Stelle hanno richiamato il punto 11 del Codice di comportamento sportivo del Coni (tutela dell’onorabilità degli organismi sportivi) che prevede la sospensione per coloro i quali, nell’esercizio del loro ruolo, sono stati condannati o che sono stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza personale:
“È paradossale che tale misura possa essere applicata anche nei confronti di quanti non siano stati ancora condannati in via definitiva, ma non verso chi si accingerebbe a ricoprire un ruolo federale con cinque condanne nel suo curriculum. Queste sono, al di là delle parole e delle posizioni non condivisibili espresse da Tavecchio, le ragioni che, a monte, dovrebbero far sfumare la sua candidatura”.
L’affaire Tavecchio al di là delle frasi di razzismo e discriminazione è sopratutto una storia di mancata trasparenza, tipica in Italia quando c’è da designare qualcuno per un incarico. Sono tante le cose a non essere ben chiare. Per la cronaca l’interrogazione non ha ricevuto nessuna risposta da parte del Governo.
In questi quattro anni Tavecchio ha mantenuto la presidenza della Lega dilettanti ed è diventato vice presidente della FICG. Dopo le dimissioni di Abete a seguito dei Mondiali in Brasile, in qualità di vice presidente vicario è attualmente il massimo dirigente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Questo il testo dell’interrogazione:
“Nell’estate 2006 il calcio italiano è stato sconvolto da eventi traumatici, meglio conosciuti sotto l’appellativo di Calciopoli, che, coinvolgendo dirigenti di società, arbitri, dirigenti arbitrali e persino un vice presidente della Federazione italiana giuoco calcio, ne hanno profondamente minato le basi di credibilità;
a seguito di tali avvenimenti e delle sentenze, sia della giustizia sportiva che di quella ordinaria, si è cercato di mettere mano agli ordinamenti sportivi, per evitare che in futuro potessero ripetersi tali incresciose situazioni;
nella revisione degli ordinamenti federali a tutti i livelli si è posta la giusta attenzione alla cosiddetta “questione etica” dei protagonisti del mondo calcio, tant’è che la Federazione italiana giuoco calcio si è dotata di una normativa in “materia di onorabilità dei propri tesserati”;
in base ad essa non possono assumere la carica di dirigente di società di qualunque ordine e grado coloro che “siano stati condannati con sentenza passata in giudicato per le seguenti colpe:
- disciplina del fallimento,
- concordato preventivo,
- sfruttamento della prostituzione,
- reati di mafia,
- reati di frode sportiva,
- traffico di sostanze stupefacenti,
- false comunicazioni sociali,
- delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, concussione, corruzione),
- violazioni di obblighi per amministratori di S.p.A. ed s.r.l.,
la normativa prevede che in caso di mendace dichiarazione o di omessa immediata comunicazione della sentenza di condanna anche non definitiva, i soggetti interessati incorrono nella decadenza dalla carica.
Il Presidente della Lega nazionale dilettanti, signor Carlo Tavecchio, nato a Ponte Lambro il 13 luglio 1943 è a capo di un’organizzazione che esprime i numeri di cui sopra, radicalmente diffusa sul territorio, con i suoi 19 Comitati regionali e le sue delegazioni territoriali presenti in tutte le province italiane, oltre alle delegazioni zonali, ubicate in aree particolarmente significative, nonostante annoveri condanne penali per anni 1 mesi 3 e giorni 28 di reclusione, oltre a multe e ammende per oltre euro 7.000,00 così articolate:
- falsità in titolo di credito continuato in concorso – Corte di appello di Milano, sentenza del 1o luglio 1970, pena: reclusione mesi 4;
- violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto – tribunale di Como, sentenza del 29 novembre 1994, pena: reclusione mesi 2 giorni 28, multa euro 1652,66;
- omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali – omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatorie – pretura di Como, sentenza del 2 luglio 1996, pena: reclusione mesi 3, multa euro 320,20;
- omissione o falsità in denunce obbligatorie – pretura di Como, sentenza del 7 luglio 1998, pena: reclusione mesi 3;
- abuso d’ufficio – tribunale di Como, sentenza del 15 ottobre 1998, pena: reclusione mesi 3;
- violazione delle norme per la tutela della acque dall’inquinamento – tribunale monocratico di Como, sentenza dist. Erba, pena: multa euro 5.154,57 -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo”.
Firma la Petizione anti-Tavecchio: Tavecchio non può rappresentare il calcio italiano