È l’inglese HSBC (Hongkong & Shanghai Banking Corporation, fondata a Hong Kong nel 1865 da Thomas Sutherland) la più grande banca d’Europa che presta centinaia di milioni di dollari ad alcune delle più distruttive società del settore dell’olio di palma. È quello che emerge dal report “Dirty Bankers” curato da Greenpeace. Continue Reading
lavoro minorile
Il dramma silenzioso di 7 milioni di bambini bangladesi
In Bangladesh, la povertà è palpabile ovunque. Quasi la metà della popolazione vive sotto il minimo esistenziale e il 36% rientra nella fascia dei poverissimi. Secondo gli indici di sviluppo umano, il paese è al 139 posto su un totale di 175.
Il Bangladesh Child Right Forum stima siano circa 7 milioni i bambini bangladesi di età compresa tra i 5 e i 14 anni costretti a lavorare fin da piccoli per contribuire al mantenimento delle proprie famiglie, divenendo vittime di abusi e torture nel 17% dei casi. Invece di andare a scuola e studiare, lavorano ore ed ore come servi nelle case dei più benestanti, nelle cave, in fabbrica, come facchini, in piccoli negozi, officine, nei campi o frugano nelle discariche per recuperare il recuperabile. Continue Reading
I minatori bambini
Lo aveva denunciato l’organizzazione non governativa americana Human Rights Watch e lo avevano ammesso i ministri. E allora la notizia dei bimbi cercatori d’oro è uscita sui giornali di Dar es Salaam. “Ogni giorno e per tutte le settimane dell’anno – ha sottolineato Haji Rehani, esperto dell’ong tanzaniana Agenda for Environmental and Responsible Development – nelle miniere o nelle loro case ragazzini di 12, 13 o 14 anni inalano sostanze altamente nocive”. Sono anzitutto i piccoli minatori della Tanzania, contagiati pure loro dalla “febbre dell’oro”, le vittime dell’avvelenamento da mercurio. “Una sostanza – spiega Rehani – utilizzata nelle miniere di piccole dimensioni per creare un amalgama che viene poi bruciata, consentendo di separare la polvere d’oro dalla terra e dal materiale roccioso”. Per capire le dimensioni del problema basta leggere il rapporto pubblicato da Human Rights Watch alla fine di agosto.
Nelle miniere d’oro della Tanzania, denuncia l’organizzazione, lavorano migliaia di bambini. Accade nelle province di Geita, di Shinyanga e di Mbeya, nel nord e nel sud, non lontano dal Lago Vittoria o ai confini con lo Zambia e il Malawi. Tra le vittime ci sono adolescenti ma anche bambini di appena otto anni. L’allarme è stato lanciato sulla base delle visite in 11 siti e delle interviste a oltre 200 lavoratori effettuate dai ricercatori americani e dai loro colleghi tanzaniani.
Secondo il rapporto, “migliaia di bambini lavorano in miniere d’oro autorizzate o illegali per lo più di piccole dimensioni”. L’impiego dei minori nel settore estrattivo, sottolinea Human Rights Watch, “costituisce una delle forme peggiori di sfruttamento ai sensi di leggi internazionali sul lavoro sottoscritte anche dalla Tanzania”.
Il veleno dei bambini. Il primo problema è il mercurio. Avvelena i minatori bambini, i loro coetanei che vivono nei pressi delle cave dove si estrae la polvere d’oro, villaggi interi. “Le conseguenza delle inalazioni sulla salute e la crescita – sottolinea Rohani – sono devastanti: il mercurio colpisce il sistema nervoso centrale e, in un corpo che si sta sviluppando, può causare disabilità permanenti”. Questo metallo pesante è utilizzato soprattutto nelle miniere di piccole dimensioni, dove la concentrazione di polveri aurifere è minore e dove nella lavorazione – a differenza dei giacimenti più ricchi – non è impiegato il cianuro. Il risultato sono danni alla salute irreparabili, come ha riconosciuto non solo chi di mestiere lotta per far rispettare i diritti umani ma anche il governo di Dar es Salaam. Pochi giorni dopo la pubblicazione del rapporto ha calcolato che l’emergenza riguarda circa 800.000 persone, molte delle quali minorenni. Allo stesso tempo, ha addotto come giustificazione del mancato rispetto delle leggi la mancanza di fondi. Secondo Mkama Nyamwesa, dirigente del ministero per il Lavoro con delega alle questioni giovanili, gli ispettori dello Stato incaricati di garantire l’aderenza alle norme sul territorio nazionale sono appena 81. “Nonostante sulla carta la Tanzania abbia leggi severe che vietano il lavoro minorile nelle miniere – ha accusato Human Rights Watch – il governo fa troppo poco per farle rispettare”.
Orfani e povertà. Ma il diffondersi delle violazioni non è dovuto in primo luogo alle difficoltà della repressione. Il problema è economico e sociale. “Per molte famiglie mandare i figli a scuola è un peso – sottolinea Rehani – mentre almeno in teoria le miniere offrono la possibilità di guadagni immediati”. Spesso nelle cave finiscono orfani o comunque ragazzi che vivono in condizioni di povertà. A volte hanno visto un ex compagno di classe con un cellulare, acquistato grazie al guadagno di una giornata fortunata. Secondo padre Marco Turra, un missionario della Consolata che conosce bene la Tanzania, i bambini orfani sono le prime vittime. Spesso hanno perso uno o entrambi i genitori a causa dell’aids. Spesso provengono da famiglie in difficoltà economica. “Alcuni genitori – sottolinea padre Marco – scelgono di mandare i figli a lavorare piuttosto che a scuola nonostante in Tanzania le rette siano più basse rispetto al Kenya o ad altri paesi africani”. Si capisce allora il titolo del Daily News, semplice presa d’atto dell’incompatibilità tra il diritto allo studio e il lavoro minorile. Una presa d’atto, che pure ha ispirato alcune decisioni del governo. Negli ultimi anni gli sforzi a tutela dei minori si sono intensificati. Tra gli interventi di maggior rilievo figurano quelli previsti dal Piano nazionale per i bambini più vulnerabili e quelli finanziati dal Fondo di azione sociale. “Nel campo del diritto all’istruzione – sottolinea padre Turra – è stato fatto molto: da un lato, si è garantito il funzionamento di scuole elementari in ogni villaggio e di istituti secondari in ogni Comune; da un altro, si è abbassata la retta fino all’equivalente di 10 euro a semestre”.
La battaglia per i diritti e la logica del mercato. La battaglia per i diritti, però, si scontra con le dinamiche dell’economia e le logiche del mercato. Per la Tanzania le esportazioni di oro sono la prima fonte di valuta estera. Il paese è il quarto produttore africano del metallo e solo nei primi sei mesi del 2013 il valore delle esportazioni ha superato il miliardo e 800 milioni di dollari. “Circa il 10% della produzione proviene da miniere di piccole dimensioni – ha calcolato il Daily News – ma la quota sta crescendo in conseguenza dell’aumento dei prezzi dell’oro sui mercati mondiali e della difficoltà della popolazione a individuare fonti di reddito alternative”. È un problema, questo, non solo tanzaniano. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), circa il 15% della produzione mondiale di oro proviene da cave o giacimenti dove braccianti, minatori o contadini lavorano senza autorizzazione e in condizioni di pericolo sia dal punto di vista della sicurezza che della salute. È un lavoro “sporco” che vale ogni anno 400 tonnellate. Portato avanti, ogni giorno e tutte le settimane, da circa nove dei dieci milioni di cercatori d’oro di tutto il mondo.
(Fonte misna)
Basta bimbi-schiavi per fare cioccolatini
In Costa d’Avorio e in Ghana, nazioni da cui proviene circa il 60 percento della raccolta di cacao a livello mondiale, nessun bambino può permettersi un pezzetto di cioccolato. Al contrario, in base ad uno studio risulta che in Africa occidentale oltre 250.000 bambini si ammazzano letteralmente di lavoro nelle piantagioni di cacao.
La coltura del cacao costituisce una fonte di reddito per i paesi produttori, trasformatori e consumatori. Coltivato su oltre 8 milioni di ettari di terreni tropicali in 40 paesi, attraverso una lunga e complessa filiera globale di approvvigionamento il cacao passa dai produttori ai commercianti, agli esportatori, ai trasformatori, ai produttori di cioccolato, ai rivenditori e ai consumatori.
L’Africa ha la più vasta regione produttrice di cacao, con il 70% della produzione globale proveniente soprattutto da Costa d’Avorio e Ghana. L’America Latina, l’Asia e l’Oceania producono rispettivamente il 13% del cacao. L’Unione europea importa oltre l’80% del suo cacao dall’Africa occidentale. L’industria del cioccolato europea è la più grande del mondo.
Oltre il 90% del cacao mondiale è coltivato da 5,5 milioni di piccoli agricoltori e altri 14 milioni di lavoratori rurali dipendono direttamente dalla sua produzione. La povertà, le tecniche agricole obsolete e il lavoro minorile sono diffusi nella coltivazione del cacao. All’Unione europea, quale principale importatore e consumatore mondiale di cacao e sede dei principali trasformatori e produttori di cioccolato, incombe una grande parte di responsabilità nel miglioramento della sostenibilità del settore del cacao.
Una delle principali questioni sollevate dal Parlamento europeo è stato l’impiego del lavoro minorile nei campi di cacao. L’estrazione dei semi di cacao continua ad essere un’attività ad alta intensità di manodopera visto che il taglio meccanico spesso danneggia i semi. Numerose relazioni hanno rivelato che i coltivatori di cacao fanno ancora uso di lavoro minorile nelle fattorie di cacao. Anche se gran parte del lavoro minorile avviene nell’ambito familiare, la situazione è preoccupante. Il problema delle peggiori forme di lavoro minorile deve essere risolto con urgenza.
In questo contesto la commissione INTA ha organizzato un’audizione al Parlamento europeo il 16 marzo 2011 con rappresentanti dell’OIL, dell’ICCO e della World Cocoa Foundation. Si è convenuto in linea di massima che gli obiettivi dell’accordo sul cacao del 2010 sono coerenti con i principi OIL e che gli articoli 42 e 43 dell’accordo costituiscono dei punti di partenza per affrontare la questione del lavoro minorile.
Il lavoro minorile è una questione di grande preoccupazione per i membri del Parlamento europeo che hanno manifestato la loro posizione sul lavoro minorile in generale, lo sfruttamento e la tratta di minorenni nel settore del cacao in particolare, in numerose risoluzioni e interrogazioni alla Commissione chiedendo il divieto del lavoro minorile nel commercio e l’eventuale introduzione dell’etichettatura di prodotti con la dicitura “senza il ricorso al lavoro minorile”.
Questo problema merita di essere affrontato separatamente in una risoluzione della commissione per il commercio internazionale da adottare in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica sulla problematica del lavoro minorile nei campi di cacao.
Nestle’ dice basta al lavoro minorile nelle piantagioni di cacao
La risposta ufficiale di Nestlé dalle recinti accuse di non effettuare controlli alle sua catena di approvvigionamento di cacao, un settore in cui il lavoro minorile è in costante crescita.
Nestlé e i suoi partner coinvolgeranno le comunità in Costa d’Avorio in un nuovo sforzo per prevenire l’uso di forza lavoro minorile nelle aree dedicate alla coltivazione del cacao, aumentando la consapevolezza e formando le persone a individuare le situazioni a rischio e intervenire quando necessario.
Questa decisione è parte di un piano d’azione delineato da Nestlé sulla base di un report relativo alla catena di approvvigionamento dell’azienda nell’ area dell’Africa occidentale, stilato dalla Fair Labor Association (FLA).
Questo piano d’azione si basa sugli sforzi già in essere per sviluppare una catena di approvvigionamento del cacao più sostenibile attraverso il PianoCacao di Nestlé.
“L’utilizzo del lavoro minorile nella nostra catena di approvvigionamento del cacao è contrario a tutti i nostri princìpi. Come sottolineato da FLA, purtroppo nessuna azienda che si rifornisca di cacao in Costa d’Avorio può garantire l’assenza di lavoro minorile. Quello che possiamo affermare, però, è che la lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile è una delle nostre priorità principali a livello mondiale”, ha affermato José Lopez, Nestlé’s Executive Vice President for Operations.
FLA, i dati
FLA ha concluso che, con qualche aggiustamento e miglioramento, il PianoCacao già in essere di Nestlé può diventare un programma di sviluppo completo ed equilibrato. Il piano, insieme alle altre iniziative in cui Nestlé è impegnata, fornisce le fondamenta per consentire un più solido e incisivo risultato profondo sforzo verso il risultato, dicono gli esperti della FLA nel loro report.
FLA ha affermato che il lavoro minorile è una realtà nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio e ha le sue radici in un’insieme di fattori, inclusa la povertà e la situazione socio-economica dei coltivatori e delle loro famiglie. Secondo il report, un’efficace strategia per eliminare il problema deve iniziare contrastando proprio le attitudini e le percezioni delle persone che lavorano nella catena di approvvigionamento del cacao e delle comunità in cui queste persone vivono. Nestlé non possiede né gestisce aziende agricole in Costa d’Avorio, ma è nella posizione di poter avere un impatto positivo sulle vite dei lavoratori nella catena di approvvigionamento del cacao, afferma FLA, grazie all’influenza esercitata sui fornitori e al volume di semi di cacao che acquista.
In azione
FLA ha fatto 11 raccomandazioni a Nestlé, che l’azienda condivide pienamente e su cui sta agendo, in alcuni casi in collaborazione con i suoi partner. Nestlé è impegnata a sradicare il lavoro minorile nella sua catena di approvvigionamento del cacao.
Le misure necessarie per fronteggiare questo fenomeno sono prioritarie, inclusi i miglioramenti al Codice per i Fornitori dell’azienda.
Nestlé vuole che i fornitori in Costa d’Avorio garantiscano che i coltivatori di cacao da cui si riforniscono siano completamente consapevoli degli obblighi presenti nel suo Codice.
L’Azienda lavorerà a più stretto contatto con i suoi fornitori, i suoi partner di certificazione e altri organismi per assicurarsi che tutti i lavoratori coinvolti nella catena di approvvigionamento del cacao ricevano una formazione adeguata sul problema del lavoro minorile e su come affrontarlo.
Controlli e provvedimenti
Nestlé è convinta che i migliori risultati per creare un sistema più efficace di controllo e di azioni si otterranno lavorando insieme alle comunità locali e migliorando le condizioni di lavoro. Il management dell’azienda in Costa d’Avorio supervisionerà le nuove iniziative contro il lavoro minorile e coordinerà gli sforzi con i partner, i fornitori e le autorità.
Nestlé lavorerà strettamente con il suo partner, l’International Cocoa Initiative, una fondazione che collabora con l’intera industria del cacao, la società civile e i sindacati, per impostare il nuovo sistema di controllo e azioni. Il piano d’azione verrà avviato già durante il raccolto di cacao di quest’anno come programma pilota in 40 comunità parte di 2 cooperative di agricoltori. Il piano prevede di coinvolgere altre 30 cooperative entro il 2016, raggiungendo circa 600 comunità. FLA valuterà il successo di questo modello di controllo e prevenzione del lavoro minorile nei prossimi tre anni.
Rafforzamento e ampliamento del PianoCacao di Nestlé
Nestlé accoglie il fatto che FLA abbia riconosciuto nel ‘PianoCacao’ dell’azienda le basi per un rafforzamento e un aumento degli sforzi volti a raggiungere il suo obiettivo di sradicare il lavoro minorile dalle catene di approvvigionamento del cacao.Il PianoCacao di Nestlé mira a consentire ai coltivatori di gestire le proprie aziende agricole in modo redditizio in modo da eliminare la manodopera minorile nelle aziende stesse e ad assicurare un approvvigionamento sostenibile del cacao. Questo progetto è nato proprio per creare valore in tutta la catena di approvvigionamento, in particolare per i coltivatori e le loro famiglie, ma anche per gli azionisti dell’azienda; questo è un approccio che Nestlé chiama Creazione di Valore Condiviso (CSV).
L’azienda ritiene che migliorare ed estendere il suo ‘PianoCacao’ si tradurrà in un flusso sostenibile di cacao dalla Costa d’Avorio a Nestlé.
Nestlé si è impegnata ad acquistare il 10% della sua fornitura globale di cacao di quest’anno da coltivatori che partecipano al PianoCacao. L’azienda prevede di aumentare la percentuale al 15% nel 2013.
Aggiornamenti frequenti
Nel suo piano d’azione, Nestlé delinea altre misure che saranno necessarie negli anni a venire. L’azienda e FLA pubblicheranno aggiornamenti annuali sui progressi compiuti. Nestlé è impegnata ad essere trasparente in tutto questo processo ed è la prima azienda nel settore alimentare a lavorare con la FLA, un’iniziativa no profit che raggruppa più stakeholder e che collabora con le aziende più importanti per migliorare le condizioni di lavoro nelle loro catene di approvvigionamento. Nestlé ha chiesto a FLA di mappare la sua catena di approvvigionamento di cacao in Costa D’Avorio e si è impegnata a lavorare con FLA nel lungo periodo per risolvere le problematiche emerse nel loro report. Il piano d’azione avviato da Nestlé rappresenta solo il primo di un lungo processo. La complessità legata alla presenza del lavoro minorile nella catena di approvvigionamento del cacao implica che ci vorranno anni per risolvere il problema..
Certificazione
Nestlé collabora con partner certificati UTZ Certified e Fairtrade per certificare il cacao prodotto dalle cooperative coinvolte nel PianoCacao di Nestlé, nell’ambito dei suoi sforzi per promuovere la sostenibilità e fronteggiare i problemi del lavoro. Nestlé continuerà a lavorare con i suoi partner di certificazione per rafforzare il ruolo della certificazione nell’eliminazione del lavoro minorile.
L’azienda si impegnerà inoltre con i suoi fornitori a trovare nuovi modi per ridurre il rischio di sfruttamento del lavoro minorile nelle aziende agricole non ancora coperte dal PianoCacao, come raccomandato dal report della FLA.
Collaborazione con il governo
L’azienda condivide l’opinione di FLA, descritta nel suo rapporto, secondo cui un’azienda da sola non può risolvere i problemi degli standard lavorativi nel settore del cacao in Costa d’Avorio. Il ruolo del governo e di altri stakeholder è fondamentale. Per questo motivo Nestlé sostiene pienamente il piano d’azione nazionale del governo ivoriano diretto a contrastare il traffico, lo sfruttamento e il lavoro minorile.
“Sosteniamo questa iniziativa del governo ivoriano”, ha affermato José Lopez. “Il nostro approccio è pienamente in linea con il loro piano e non desideriamo altro che collaborare con loro per raggiungere i nostri obiettivi comuni.”
Fare la differenza
Come parte del PianoCacao nel 2012 oltre 6.000 coltivatori di cacao in Costa d’Avorio hanno ricevuto una formazione nel 2012 come parte del piano.
Oltre 800.000 piantine di cacao di migliore qualità sono state distribuite a questi coltivatori. Entro il 2015 Nestlé punta a formare altri 24.000 coltivatori nel paese e a consegnare altri tre milioni di queste piantine.
In marzo l’Azienda ha aperto la prima scuola costruita per una cooperativa del PianoCacao. Nei prossimi quattro anni, Nestlé, insieme al suo partner, la World Cocoa Foundation, prevede di creare e rinnovare 40 scuole per altre comunità bisognose.