Premio Nobel per la pace a Lampedusa

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“Il premio Nobel agli abitanti di Lampedusa e Lesbo sarebbe una scelta giusta e un gesto simbolico importante. Consegnarlo non a un individuo ma a un popolo. I lampedusani in questi vent’anni hanno accolto persone che sono arrivate, migranti, senza mai fermarsi. Ho vissuto lì un anno e non ho mai sentito da nessuno parole di astio e paura nei confronti degli sbarchi. Le uniche volte in cui li vedo reagire con rabbia è quando ci sono troppe notizie negative associate all’isola: “disastro a Lampedusa”, “i pesci che mangiano i cadaveri”, “arrivano i terroristi”. Quelle sono le cose verso le quali hanno, giustamente, un rifiuto totale. Vorrebbero che tutto si svolgesse senza lasciare traccia mediatica, portando avanti il loro aiuto quotidiano. Ce ne sono tanti che lavorano al Centro d’accoglienza, oggi che gli sbarchi sono procedura istituzionale: la raccolta in mare aperto, l’arrivo al porto e al Centro per l’identificazione.

Ma fino a poco tempo fa, quando arrivavano i barconi carichi sulla spiaggia, i migranti erano soccorsi, rifocillati, ospitati. Una volta in centinaia si buttarono in mare per salvare altrettanti naufraghi. C’è uno dei racconti del dottor Pietro Bartolo che mi è entrato nel cuore, anche se non sono riuscito a metterlo nel film. Quando su una nave carica c’era una donna incinta che non era riuscita a partorire, stretta tra la folla. Bartolo attrezzò una piccola sala operatoria e fece nascere la bimba. Non aveva detto nulla a nessuno ma quando uscì dall’ambulatorio, sfinito, trovò ad aspettarlo 50 lampedusane con pannolini e vestitini. Quella bimba oggi si chiama Gift, dono, e abita con la mamma a Palermo. Questo stato d’animo appartiene non solo a Lampedusa ma alla Sicilia e i siciliani.

Negli ultimi tempi sono arrivate migliaia di persone e non ho sentito nessuno a Palermo o Catania parlare di barriere. Quelle barriere fisiche e mentali che alcuni stati d’Europa innalzano, vergognosamente, oggi. L’accoglienza è la prima cosa che ho imparato dai lampedusani. La loro generosità mi ha stupito, ma il dottor Bartolo, che è stata la mia guida, mi ha spiegato che loro sono un popolo di pescatori e per questo accolgono tutto quel che viene dal mare. Dobbiamo assorbire anche noi l’anima dei pescatori. Ho dedicato la vittoria alla Berlinale di Fuocoammare a Lampedusa e ai suoi abitanti. Ho consegnato l’Orso d’oro a Bartolo, che oggi partirà per portarlo lì, tra gli abitanti. Arriverà prima sull’isola che a casa mia. Perché quel popolo oggi è la mia famiglia”. Gianfranco Rosi

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Premio Nobel per la Pace alla Sicilia

emergenza immigrati

“Sono anni che la Sicilia affronta da sola l’emergenza migranti. Con dedizione, organizzazione, senso di accoglienza.

Pur nei grandi numeri e pur essendo la regione più povera d’Italia, la Sicilia non si è mai tirata indietro. Con catene di volontari, con ottima organizzazione sanitaria regionale, in tanti anni, dai primi sbarchi a Lampedusa, i migranti sono stati accolti, visitati e hanno avuto prima accoglienza appena sbarcati.

Oggi il mondo guarda con rimprovero all’Europa, perché i profughi stanno bussando al mondo e trovano porte chiuse, perché le immagini delle migliaia di morti e di respinti, uomini, donne e bambini, cominciano a diffondersi e a colpire le coscienze, rimproverando L’Unione Europea di aver lasciato sole l’Italia e la Grecia.

Ma per anni la Sicilia, da sola, con coraggio e umanità ha affrontato questo dramma mondiale. Dai primi sbarchi a Lampedusa, E ancor adesso lo fa. Accogliendo e sfamando i profughi in ogni città della Sicilia.

Mai un morto in banchina in tanti anni. Ecco perché chiedo che a questa terra, simbolo da secoli di migrazioni e di accoglienza, antirazzista, multiculturale, mediterranea, venga assegnato il Premio Nobel per la Pace. Sarebbe un premio non solo per la Sicilia, ma un simbolo educativo per avvicinare il mondo ai migranti e alla cultura dell’accoglienza, per quanti operano per la pace e la fratellanza, contro ogni forma di egoismo, di violenza o di razzismo“. Mila Spicola

>>>>> Mancano ancora 8.554 firme per raggiungere 35.000. Firma la petizione <<<<

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Tutti devono vergognarsi

Aylan Kurdi

Io non l’ho postata la foto di quel bambino con la maglietta rossa. Non l’ho fatto e sono stato a guardare. L’ho vista riprodursi e ripetersi e ho cercato di capire se sarebbe davvero riuscita a correre e a soffiare come il vento, se sarebbe stata capace di spalancare le porte e le finestre tirandosi dietro gli umori e gli sguardi e l’attenzione. Aspetto ancora di capire e di vedere cosa può davvero quella fotografia. Altre fotografie non hanno potuto fare molto. Documentare è essenziale per capire e per riuscire a vedere. Serve sempre a scuotere, a svegliare dal torpore. Ma cosa è che ci scuote di quella foto che altre non hanno potuto? Io ricordo il respiro affannoso di un bambino con la pancia gonfia e le mosche intorno al naso. È un bambino nero, lontano che veniva vicino grazie a quel respiro, quell’ansimare più forte dell’immagine stessa. È uno spot fatto per scuotere, per svegliare. Si prefigge un primo risultato immediato che consiste nel premere un tasto con su scritto “dona”. Un risultato che certamente è riuscito a raggiungere, magari anche migliaia di volte.

Quella foto del bambino sulla spiaggia non ha lo stesso fine. Ne ha uno più grande, vuole spalancare porte e finestre, vuole arrivare dove prima non arrivava il vento. Ricordo altre foto che avevano questo scopo come quelle delle tre bare bianche con gli orsacchiotti di peluche della strage di Lampedusa. Di fronte a quella immagine i potenti d’Europa hanno ripetuto a lungo che non sarebbe mai più successo.

Tra pochi giorni saranno passati due anni da quei giorni di ottobre e ci troviamo di fronte ad altre fotografie ancora più crude, più violente, capaci di schiaffeggiare, e in quelle foto riponiamo la speranza che siano capaci di raggiungere un risultato concreto, che sappiano fermare la morte dei bambini che annegano in mare.

Chissà se davvero riesce a tirarsi dietro gli umori e gli sguardi e se riuscità a spalancare porte e finestre quella foto. Perché questo è un mondo capace di masticarle quelle immagini e di produrne migliaia più violente con il significato opposto, che vogliono serrare porte e finestre per non fare entrare nessuno, neanche il vento.

Qualche giorno fa è stato denunciato un ragazzo di venti anni per istigazione all’odio razziale. Scriveva menzogne e le pubblicava su internet. Disegnava con le parole immagini terribili di “negri stupratori di bambine”. Fatti mai accaduti, completamente inventati, ma capaci di far scattare la serratura delle porte e delle finestre. Quelle storie fasulle si moltiplicavano su internet, sui social, e guadagnavano centinaia di click, di “mi piace”. L’obiettivo del ragazzo era proprio questo: ogni click per lui erano soldi che derivavano dagli sponsor della sua pagina di menzogne. Una macchina bugiarda e devastante che riusciva a raccogliere consenso a pacchi. È in questo contesto che naviga la foto di quel bambino con la maglietta rossa.

Ho visto un altro bambino recentemente. Nella piazza della stazione di Budapest insieme a migliaia di persone che cercano di prendere un tremo per l’Europa, diceva parole essenziali con l’aria stanca di chi ha camminato a lungo: “se fermate la guerra in Siria, nessuno di noi vorrà più venire in Europa. Fate semplicemente questo, fermate la guerra in Siria e noi torniamo a casa nostra”. Non ho sentito parole più semplici fino ad ora. Parole che forse sanno disegnare uno scenario più forte della compassione e dello strazio che suscita un bambino morto.

C’è un’altra fotografia che dovrebbe suscitare una reazione forte. È la fotografia di un viceministro italiano sorridente, seduto accanto ad Isaias Afewerki, dittatore eritreo. Scattata recentemente, segna la riapertura dei rapporti diplomatici tra Roma ed Asmara che hanno l’obiettivo dichiarato di fermare i flussi migratori in uscita da quel paese, scappano cinquemila ragazzi al mese dall’Eritrea. Un paese dove “governa la paura” è scritto in un rapporto delle Nazioni Unite che è costato minacce e l’adozione di una scorta per i membri della commissione. Forse quella fotografia diplomatica che nessuno ha commentato, avrebbe potuto e dovuto produrre un effetto concreto, una reazione capace di scuotere e svegliare dal torpore soprattutto se legata alla notizia che l’Europa intende concedere al regime eritreo 300 milioni di euro in “aiuti allo sviluppo”. Significa che aiutiamo lo sviluppo di un paese governato da un dittatore sanguinario e gli chiediamo di fermare chi scappa dal suo regime e, allo stesso tempo, salviamo dal mare i superstiti dei naufragi.

Forse questa fotografia dovrebbe scuotere davvero, dovrebbe svegliare dal torpore e le porte e le finestre dovrebbero davvero riuscire a spalancarsi. Almeno per chiedere spiegazioni e capire dove inizia tutto questo e cosa, realmente, possiamo fare per fermarlo.

(Fonte articolo21)

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Il decalogo per Lampedusa

lampedusa

Dieci proposte al governo per migliorare l’accoglienza dei migranti a Lampedusa e la vita sull’isola. Un decalogo firmato da Migrantes e Caritas. 

Il costante flusso di migrazioni forzate provenienti dal Nord Africa ha fortemente sollecitato il nostro sistema nazionale di accoglienza che in più occasioni ha mostrato delle debolezze a cui si è fatto fronte con interventi di carattere emergenziale. La cosiddetta “Emergenza Nord Africa” è stata in tal senso paradigmatica e gli effetti di quella vicenda si stanno ancora riverberando sui territori che, contestualmente, stanno affrontando il peso di nuovi arrivi che non sembrano più fermarsi nemmeno durante la stagione invernale. Fermandoci ad analizzare la situazione della Sicilia e di Lampedusa, certamente l’ampliamento del sistema di accoglienza Sprar e l’iniziativa Mare Nostrum costituiscono due importanti risposte a un fenomeno che per lungo tempo è stato sottovalutato. È evidente, però, che l’avvicinarsi della stagione estiva potrebbe nuovamente esporre il nostro paese ad una grave crisi nel sistema di accoglienza e quindi di tutela dei cittadini stranieri che scelgono di attraversare il Mediterraneo. Per questo, oggi come nel passato, le organizzazioni che rappresentiamo mettono a disposizione risorse e mezzi per sostenere lo sforzo istituzionale volto a dare delle risposte sul fronte dell’accoglienza e tutela dei migranti. In tal senso vogliamo ricordare la recente apertura di un presidio permanente presso l’isola di Lampedusa, il lavoro educativo nel Comprensorio scolastico dell’isola e la forte presenza della rete ecclesiale (Caritas, Migrantes, Istituti religiosi e Associazioni) nel sistema Sprar. Infine ci preme ricordare la difficile situazione in cui versano alcuni centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati presenti in Sicilia tra cui Mineo per il quale si chiede un intervento urgente per riportarlo ad una situazione di normalità.

Il quadro nazionale ed europeo non è sembrato negli ultimi anni in grado di formulare un quadro di risposte organiche al fenomeno migratorio chiaro e definito. Alla luce di quanto sopra, si propongono le seguenti azioni:

1) Revisione delle politiche di accesso al territorio italiano e facilitazione del rilascio dei visti presso le ambasciate italiane all’estero, che dovranno necessariamente essere rafforzate per adempiere il compito.

2) Revisione nelle procedure di affidamento in gestione dei Centri di Accoglienza, evitando il sistema delle gare al ribasso, ma favorendo sistemi di accoglienza integrata che diano priorità alla qualità dell’accoglienza e all’impatto sociale della stessa.

3) Maggiori controlli nei confronti delle strutture di accoglienza e applicazione di sanzioni in caso di violazione delle Convenzioni. Lampedusa e Linosa.

4) Rigida applicazione del Modello Lampedusa: 48/72 ore e veloce trasferimento CPSA di Lampedusa: coinvolgimento dell’Amministrazione comunale e di Organizzazioni di volontariato e umanitarie extra Progetto Praesidium. Massima attenzione sull’efficace funzionamento del CPSA di Lampedusa, assicurando che non vi siano “soluzioni di continuità” rispetto all’accoglienza dignitosa di tutte le persone che arrivano via mare sull’isola. Gli stessi celeri trasferimenti dovrebbero avvenire comunque avendo assicurato alla persona il soddisfacimento dei suoi diritti umani fondamentali e basilari (cibo, vestiario, screening sanitario, igiene). Riteniamo infatti che la massima attenzione delle istituzioni europee e dei mass media nei confronti dell’isola debba spingere le istituzioni italiane a vigilare e garantire il più efficiente funzionamento del CPSA. Nell’immediato e nello specifico, in relazione ai lavori di ristrutturazione del CPSA attualmente in corso, si rende auspicabile una rivisitazione degli spazi prevedendo:
a. Spazio per trattamenti sanitari straordinari
b. Spazio ricreativo
c. Spazio riservato per minori e donne d. Spazio mensa al coperto che sia capace di accogliere effettivamente il numero dei migranti presenti
e di garantire che essi possano consumare i propri pasti al riparo dalle intemperie.

5) Affido momentaneo, in caso di sovraffollamento del CPSA, di minori e categorie vulnerabili in favore di famiglie lampedusane.

6) Maggiore attenzione al fenomeno del trafficking sin dallo sbarco e potenziamento delle figure di mediatori e operatori umanitari competenti Relativamente alle iniziative da intraprendere invece nei confronti del contesto sociale lampedusano, in considerazione dello straordinario ed eccezionale impatto sociale che il fenomeno dell’immigrazione ha nei confronti dello stesso, si ritiene inoltre di dover riconoscere particolare attenzione al sostegno alla realizzazione di un piano regolatore e sociale per l’isola di Lampedusa, che ripensi gli spazi e i luoghi della salute, della scuola, in particolare, vista l’inadeguatezza delle strutture. A tale scopo si propone:

7) Il potenziamento del presidio sanitario locale che, già inadeguato a far fronte alle esigenze della popolazione autoctona, si trova a dover fronteggiare emergenze sanitarie legate alla popolazione migrante in transito;

8) L’apertura all’interno del Presidio Sanitario locale di un reparto di ginecologia‐ostetricia‐neonatologia che possa consentire alle donne lampedusane di essere seguite durante la gravidanza e di partorire sull’isola in sicurezza e, contestualmente, di garantire assistenza alle donne migranti arrivate in stato di gravidanza o di accertare episodi di violenza sessuale subiti durante il viaggio;

9) L’attenzione alle problematiche legate a traumi che le persone migranti che arrivano sull’isola vivono, con particolare riguardo alle situazioni di violenze, prevedendo appositi servizi di supporto psicologico e di mediazione socio‐culturale;

10) La ristrutturazione urgente e l’ampliamento del Presidio scolastico dell’Isola, così che possa prevedere attività e sostegno ai minori in età scolare che arrivano sull’isola.

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Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità

migranti-e-rifugiati-100-giornata-mondiale-gennaio-2014

Domenica 19 gennaio si celebra la 100ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2014. Guido Barbera, presidente del coordinamento di associazioni Solidarietà e Cooperazione CIPSI, ha dichiarato: “Riconoscere il contributo dei migranti allo sviluppo e al benessere di molti paesi del mondo. Porre fine a tutte le forme di abuso e violenza contro gli immigrati e le loro famiglie e promuovere la tutela dei loro diritti umani fondamentali. Il rispetto per i rifugiati del diritto d’asilo e l’accoglienza sono alla base della democrazia e della civiltà di qualunque popolo. I rifugiati sono persone, e come tali vanno riconosciute! Con le loro necessità, sogni da realizzare e una vita da vivere”.

“Oggi chiediamo a tutti gli italiani di riflettere per un momento sul difficile, lungo, a volte tortuoso viaggio del migrante alla ricerca di un luogo dove poter vivere in modo dignitoso; di riflettere sul tragico destino delle vittime dei viaggi della speranza. Persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il mare, o un confine che li separa dal tanto bramato ‘primo’ mondo, quello industrializzato; o vittime morali di società che non sono pronte ad accettarli. Mai più in Italia il ripetersi di storie e fatti come quelli dele stragi ripetute sulle sponde di Lampedusa. Per promuovere una società dei diritti e dell’accoglienza, è necessario dare sostegno alla cooperazione internazionale, volano di integrazione e dialogo. Così che ogni individuo abbia la possibilità di costruire una vita dignitosa per sé in ogni parte del pianeta. Alla ministra on. Cécile Kyenge e al governo italiano chiediamo con forza il coraggio di attuare concretamente una politica di accoglienza e integrazione dei cittadini migranti e rifugiati, l’abolizione della legge Bossi-Fini, l’abolizione del reato di clandestinità. E una cooperazione basata sulle relazioni tra le persone e tra i popoli; sull’integrazione e la reciproca convivenza nel rispetto dei beni e dei diritti, a partire dal territorio locale. La cooperazione è la politica ‘più economica e più efficace’ per costruire la sicurezza, una politica fatta di ponti e non di muri, di rispetto e non di rigetto, per contrastare efficacemente tutti i fenomeni di brutale violenza e razzismo a cui siamo costretti ad assistere. Una diversa politica di cooperazione ed integrazione, deve aiutare a riconoscere il ruolo delle migrazioni come parte integrante dell’economia mondiale e i migranti come componenti essenziali per la piena ripresa dalla crisi economica contemporanea”.

IL CIPSI e le sue associazioni sono impegnate da tempo e attualmente per alcune concrete azioni di cambiamento: la chiusura dei CIE, anche in collaborazione con la campagna LasciateCIEntrare; la partecipazione alla stesura della Carta di Lampedusa, che dopo una consultazione online vedrà un incontro sull’isola per la definizione del testo e dei suoi principi fondamentali a tutela dei migranti e dei rifugiati dal 31 gennaio al 2 febbraio p.v.; il riconoscimento dei diritti dei migranti anche a livello europeo; l’azione educativa alla multiculturalità e all’accoglienza nelle scuole; l’impegno nella formazione di mediatori interculturali.

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