La Commissione europea, mettendo insieme varie fonti (Eurostat, l’Agenzia europea dell’ambiente e il Forum economico mondiale), ha pubblicato l’edizione 2016 del “Quadro di valutazione dei trasporti dell’Unione europea” (Transport Scoreboard 2016), nel quale sono confronti i risultati dei ventotto Stati membri in ben trenta indicatori che coprono tutti gli aspetti dei trasporti, dal mercato all’impatto sul clima e sull’ambiente, dal sistema delle infrastrutture ai servizi ai cittadini. Continue Reading
infrastrutture
Le venti città più sicure del mondo
Quali sono le migliori città del mondo dove vivere? Il settimanale britannico The Economist ha pubblicato il Safe cities index, una classifica delle 50 città più sicure del mondo basata su quaranta indicatori qualitativi e quantitativi. Intelligence Unit, importante gruppo di ricerca che esiste dal 1946 e che si occupa di raccogliere e interpretare dati per governi e aziende, ha preso in considerazione quaranta fattori divisi in quattro grosse categorie tematiche: sicurezza digitale, sanità, infrastrutture, sicurezza personale. La metà superiore dell’Index è generalmente occupata da città ricche provenienti da Europa, Asia orientale e Nord America. Milano è al 26° posto, Roma al 27°, le ultime tre sono Ho Chi Minh, Teheran e Giacarta. Queste le prime venti posizioni:
- Tokyo
- Singapore
- Osaka
- Stoccolma
- Amsterdam
- Sydney
- Zurigo
- Toronto
- Melbourne
- New York
- Hong Kong
- San Francisco
- Taipei
- Montréal
- Barcellona
- Chicago
- Los Angeles
- Londra
- Washington
- Francoforte
Gli sceicchi si comprano l’Italia
Amano i marchi del “made in Italy” ma anche gli investimenti immobiliari di prestigio come alberghi di lusso o quartieri moderni. E non disdegnano il calcio e le infrastrutture. Quando si tratta di spendere, gli emiri arabi non conoscono limiti. Così, in tempi di crisi per l’economia europea, per i fondi sovrani del Golfo la partita delle acquisizioni è facile.
Tra i più attivi Abu Dhabi che ha recentemente portato a segno il colpaccio con l’acquisto di una quota del 47% del capitale di Alitalia da parte di Etihad, compagnia di bandiera del piccolo stato. Il fondo statale sempre di Abu Dhabi, il Mubadala Development Company (che ha acquistato dal Lingotto il 5% di Ferrari, poi ripreso nel 2010 da Fiat) nel 2006 ha comprato il 35% di Piaggio Aero, quota salita al 41%. Qualche anno dopo e cioè nel 2010 la Aabar Investments (la società di investimento della compagnia petrolifera di Abu Dhabi, la Ipic) è entrata nell’azionariato di UniCredit acquistando una partecipazione del 6,5% poi scesa all’attuale 5,081%. Nella stessa compagine azionaria, poi, resta la Banca centrale di Libia con il 2,09%. Gli sceicchi sono attratti dallo stile italiano soprattutto nel mondo della moda. Così nel nel 2011 il Paris Group di Dubai, una società di Abdulkader Sankari, ha acquisito la maison Gianfranco Ferré. Un passaggio di testimone importante nello stesso settore è stato quello del 2012, quando il marchio Valentino fu ceduto, insieme a M Missoni, alla società Mayhoola for Investments del Qatar per 700 milioni di euro. La volontà di investire nella società è stata rafforzata dal’acquisto per 100 milioni di euro di uno spazio commerciale in Piazza di Spagna per creare una boutique per la griffe. Nel 2012 sempre il Qatar si è aggiudicato il complesso alberghiero della Costa Smeralda per 600 milioni di euro: 4 alberghi, il porto, negozi, ville e terreni inedificati. Sempre in Sardegna sulle ceneri del complesso San Raffaele di Olbia nascerà un centro di medicina ad alta tecnologia targato Qatar.
Tra le passioni ci sono anche hotel e e mattone. Soprattutto quello delle grandi città. L’hotel Eden di via Ludovisi a Roma è andato al gruppo Dorchester del sultano del Brunei. Il Regina Baglioni è passato nella proprietà del Fondo sovrano del Qatar (che ha lasciato la gestione alla famiglia Polito) e lo stesso colosso finanziario ha messo nel mirino l’Excelsior e il Grand Hotel della Starwood. Allo stato di trattative segrete l’assalto agli asset del gruppo Boscolo che, oltre all’albergo di piazza della Repubblica, ha l’Aleph di via San Nicola da Tolentino. In prima fila ci sarebbe l’Abu Dhabi Investment Authority. Sempre nell’immobiliare la Qatar Holding è entrata nel progetto di sviluppo di Porta Nuova a Milano dove ha preso il 40% del progetto di riqualificazione urbana da due miliardi di euro insieme alla Hines Sgr. Infine il pallone. Il Qatar ha offerto cifre consistenti per il Cagliari. Nel mire degli sceicchi anche il Milan di Berlusconi (contatti smentiti) ma anche Roma, Lazio e Pescara.
(Fonte: Il Tempo del 08 Settembre 2014)
Qatar 2022: Il mondiale degli schiavi
Un rapporto di Amnesty International riporta alla ribalta lo scandalo degli operai stranieri, soprattutto nepalesi alle dipendenze del comitato organizzatore impiegata nella costruzione delle infrastrutture per i Mondiali di calcio 2022 in Qatar. Il settore delle costruzioni in Qatar è dominato da abusi e i lavoratori, impiegati in progetti multimilionari, subiscano gravi forme di sfruttamento.
Nel contesto dell’imminente costruzione degli stadi che ospiteranno i Mondiali Fifa del 2022, il rapporto di Amnesty International descrive la complessità delle catene d’appalto e denuncia diffusi e regolari abusi nei confronti dei lavoratori migranti, in alcuni casi vere e proprie forme di lavoro forzato.
“Non si può assolutamente scusare che in uno dei paesi più ricchi del mondo così tanti lavoratori migranti siano sfruttati senza pietà, privati del salario e abbandonati al loro destino” – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
“Le imprese di costruzione e le stesse autorità del Qatar stanno venendo meno al loro dovere nei confronti dei lavoratori migranti. I datori di lavoro mostrano un impressionante disprezzo per i loro diritti umani basilari e molti approfittano del clima permissivo, nonché della scarsa applicazione delle tutele, per sfruttare i lavoratori del settore delle costruzioni” – ha aggiunto Shetty.
I migranti impiegati nel settore delle costruzioni in Qatar lavorano spesso per piccole e medie imprese che prendono subappalti dalle grandi compagnie, le quali talvolta non riescono a garantire che i lavoratori non vengano sfruttati.
“Le imprese devono assicurare che i migranti impiegati nei progetti di costruzione non siano sottoposti ad abusi. Dovrebbero intervenire prima e non limitarsi ad agire quanto gli abusi vengono portati alla loro attenzione. Chiudere un occhio su qualunque forma di sfruttamento è imperdonabile, soprattutto quando in questo modo si distruggono i mezzi di sussistenza e la vita stessa delle persone” – ha proseguito Shetty.
Il rapporto, basato su interviste a lavoratori, datori di lavoro e rappresentanti del governo, descrive un’ampia serie di abusi nei confronti dei lavoratori migranti, tra cui il mancato pagamento dei salari, condizioni durissime e pericolose di lavoro e situazioni alloggiative sconcertanti. I ricercatori di Amnesty International hanno anche incontrato decine di lavoratori intrappolati in Qatar senza via d’uscita, poiché i loro datori di lavoro gli stavano impedendo da mesi di lasciare il paese.
“I riflettori del mondo resteranno puntati sul Qatar da qui ai Mondiali Fifa del 2022, offrendo al governo un’opportunità unica per mostrare al mondo che prende sul serio i suoi impegni in materia di diritti umani e può costituire un modello per il resto della regione” – ha rimarcato Shetty.
Il rapporto di Amnesty International fa luce sull’inadeguatezza della legislazione a tutela dei lavoratori migranti, peraltro aggirata regolarmente da molti datori di lavoro. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto dunque il rafforzamento delle norme vigenti e la fine del sistema dello “sponsor”, che impedisce ai lavoratori migranti di lasciare il paese o di cambiare impiego senza il permesso del loro datore di lavoro.
Il rapporto, inoltre, mette in evidenza le prassi seguite dalle imprese di costruzione, alcune delle quali considerano normale violare gli standard a tutela dei lavoratori. La discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti – la maggior parte dei quali proviene dall’Asia meridionale e sudorientale – è un fenomeno comune. I ricercatori di Amnesty International hanno udito il direttore di un’impresa di costruzione chiamare i suoi lavoratori “gli animali”.
Le ricerche di Amnesty International hanno rivelato come alcuni dei lavoratori che avevano subito abusi erano stati assunti da imprese che avevano preso subappalti da compagnie globali come Qatar Petroleum, Hyundai E&C e OHL Construction.
L’organizzazione per i diritti umani ha contattato diverse grandi imprese per segnalare i casi che aveva documentato. Molte hanno espresso seria preoccupazione e alcune hanno detto di aver a loro volta compiuto indagini. Una ha affermato di aver deciso di migliorare il sistema di ispezioni sul lavoro. Le risultanze del rapporto di Amnesty International alimentano i timori che nella costruzione dei principali impianti, compresi quelli che potrebbero essere di cruciale importanza nello svolgimento dei Mondiali Fifa del 2022, i lavoratori potranno essere sottoposti a sfruttamento. In un caso, i lavoratori di un’impresa che fornisce materiali fondamentali per un progetto legato alla costruzione di quello che sarà il quartier generale della Fifa, hanno subito gravi abusi.
“Venivamo trattati come bestie”, hanno affermato i lavoratori nepalesi assunti dall’impresa, costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno, sette giorni su sette, anche durante i torridi mesi estivi. Amnesty International ha chiesto alla Fifa di agire con urgenza, insieme alle autorità del Qatar e agli organizzatori dei Mondiali del 2022, per impedire questi abusi.
“Le nostre ricerche hanno evidenziato un allarmante livello di sfruttamento nel settore delle costruzioni in Qatar. La Fifa ha il dovere di dire forte e chiaro che non tollererà abusi nei progetti di costruzione relativi ai Mondiali di calcio” – ha ribadito Shetty. “Il Qatar sta ricorrendo in misura ragguardevole ai lavoratori migranti per sostenere il boom delle costruzioni e la popolazione del paese aumenta di 20 unità all’ora. Molti migranti arrivano in Qatar pieni di speranze, che vengono sbriciolate poco dopo l’arrivo. Non c’è tempo da perdere, il governo deve intervenire subito per fermare questi abusi”.
Il rapporto di Amnesty International sottolinea casi di sfruttamento che costituiscono lavoro forzato. Alcuni lavoratori hanno dichiarato di vivere nella costante paura di perdere tutto, di essere minacciati di multe, di espulsione o di decurtazione del salario se non si presentano al lavoro, anche quando non vengono pagati. Di fronte a debiti crescenti e impossibilitati a sostenere economicamente le famiglie a casa, molti lavoratori migranti maturano gravi disturbi psicologici e in alcuni casi arrivano sull’orlo del suicidio.
“Dimmi, ti prego: c’è un modo per uscire fuori da qui? Stiamo diventando completamente matti!” – ha detto ad Amnesty International un lavoratore nepalese che non veniva pagato da sette mesi e al quale da tre mesi veniva impedito di lasciare il Qatar.
Il rapporto di Amnesty International documenta ancora casi di lavoratori ricattati dai datori di lavoro. I ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno visto coi loro occhi 11 uomini firmare documenti di fronte a funzionari del governo in cui dichiaravano il falso – ovvero, di aver ricevuto il salario – per riavere indietro i passaporti e poter così lasciare il Qatar.
Molti lavoratori si sono lamentati delle cattive condizioni di salute e a proposito degli standard di sicurezza, denunciando in alcuni casi la mancata fornitura dei caschi protettivi. Un rappresentante del principale ospedale della capitale Doha ha dichiarato nel corso dell’anno che, nel 2012, oltre 1000 persone erano state ricoverate nel reparto traumatologico dopo essere cadute dalle impalcature. Il 10 per cento dei ricoverati era diventato disabile e il tasso di mortalità era definito “significativo”.
I ricercatori di Amnesty International hanno anche trovato lavoratori migranti in alloggi squallidi e sovraffollati, senza aria condizionata, circondati da rifiuti e da fosse biologiche scoperte. Alcuni campi erano privi di corrente elettrica e molti uomini vivevano senza acqua potabile.
Amnesty International ha chiesto al governo del Qatar di cogliere l’opportunità di assumere la leadership regionale nel campo della protezione dei diritti dei lavoratori migranti.
“Se non verranno adottati provvedimenti immediati e di ampia portata, centinaia di migliaia di lavoratori migranti che verranno assunti nei prossimi anni correranno un rischio elevato di subire abusi” – ha concluso Shetty.
Le 192 Grandi Truffe
È notizia di questi giorni i 130 milioni di investimento per mettere in sicurezza le nostre strade, ma il tema ben più importante delle infrastrutture è incredibilmente scomparso dal dibattito politico dopo 10 anni durante i quali, attraverso la Legge “truffa” Obiettivo, aveva preso il centro della scena. 1,5 miliardi di Euro buttati, 192 infrastrutture tra strade, autostrade, linee ferroviarie e solo il 9% realizzato 17 su 192. Perché nessuno parla di questo debito pubblico nascosto (per ora) dentro i bilanci dello Stato?
Dalla campagna elettorale del 2001 il tema infrastrutturale nel nostro Paese è stato assoluto protagonista del dibattito politico, come non ricordare Berlusconi a “Porta a porta” alla prese con la lavagna e pennarelli disegnare le grandi opere da realizzare, e poi al centro di dibattiti e di provvedimenti come appunto la “Legge Obiettivo“. Forse mai come in questi ultimi anni si è parlato tanto di infrastrutture in Italia e mai così in tanti hanno sottolineato il ruolo fondamentale che queste possono svolgere per recuperare i ritardi del Paese. Studi, ricerche, pubblicazioni hanno sviscerato ogni aspetto della situazione e sottolineato i costi pagati dal sistema delle imprese a causa dei ritardi nella realizzazione delle opere causati, si sosteneva, da localismi esasperati e dai veti ambientalisti. Oggi chi blocca le infrastrutture realmente utili in Italia sono le lobby delle costruzioni. Lobby che hanno tutto l’interesse a continuare a tenere in vita questi progetti, a distribuire poltrone e consulenze.
Nessuno ne parla ma il crack della Legge Obiettivo sta assumendo aspetti realmente drammatici:
- 1,5 miliardi di Euro buttati: dal 2001 ad oggi è questo l’ammontare di Euro spesi per studi o progettazioni preliminari e definitive di opere che mai vedranno la luce. Dal progetto dell’autostrada Lucca-Modena al Tunnel del Mercantour, dalla Pedemontana Abruzzo-Marche fino al Ponte sullo Stretto di Messina. La bulimia di opere, grandi e piccole, ma tutte definite “strategiche” è stata tale in questi anni da aver fatto lievitare l’elenco fino a 192 infrastrutture tra strade, autostrade, linee ferroviarie, porti, aeroporti. Dal 2001 ad oggi, di questo elenco di opere solo il 9% è stato realizzato (17 su 192) ma per tutte le altre l’iter va avanti e quindi continuano le spese, malgrado in molti casi sia assolutamente evidente che non potranno mai essere realizzate. Vengono infatti portati avanti studi e consulenze pagati direttamente dallo Stato oppure attraverso ANAS e FS o al limite attraverso concessioni o project financing. Per alcune di queste opere sono anche stati nominati commissari, create società ad hoc, con ulteriori spese e stipendi e finché queste opere non verranno fermate si continueranno a buttare soldi pubblici.
- 304 miliardi di Euro di debiti è la spesa prevista (e giudicata sottostimata) per le 175 opere trasportistiche ancora da realizzare contenute nell’elenco (dati ufficiali della Camera dei Deputati). Pur essendo del tutto evidente che risorse di questa entità sono assolutamente impossibili da reperire persino in un arco di venti anni, le opere non vengono fermate, tutte quante stanno procedendo, seppur lentamente, per arrivare fino alla progettazione esecutiva, in alcuni casi aprendo qualche cantiere e molto spesso firmando impegni e contratti che stanno creando debiti occulti di decine di miliardi di euro. Eppure nessuno ne parla. Non solo, questa folle spesa andrebbe a finanziare in larga parte strade e autostrade, come avvenuto dal 2001 ad oggi quando hanno beneficiato del 67% delle risorse stanziate dal CIPE. Città come Roma, Milano, Napoli, Firenze, Palermo, solo per citare le più grandi, non avrebbero alcuna possibilità di realizzare nuove metropolitane e linee di tram perché assenti dall’elenco o relegate agli ultimi posti. Eppure in Italia è proprio nelle aree urbane che si trova l’80% della domanda di trasporto delle persone ed è qui che si evidenzia il più rilevante ritardo rispetto all’Europa.
- Fallito il project financing si chiedono soldi pubblici per le autostrade del Nord, che dovevano essere pagate dai privati. Le notizie trapelano da qualche tempo in forma più chiara: Pedemontana lombarda, nuova tangenziale Est di Milano, Bre.Be.Mi. sono in crisi. Servono dunque risorse pubbliche e urge l’intervento della Cassa depositi e prestiti per garantire aumenti di capitale. Dopo anni di retorica sui privati pronti a investire nelle infrastrutture, fermati in passato solo dai veti ambientalisti, ora il bluff si svela. Queste opere hanno enormi problemi di finanziamento e quindi si chiede l’intervento dello Stato che dovrebbe garantire non solo questi progetti ma anche, possibilmente, salvare le altre autostrade che si vorrebbero costruire in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna (Pedemontana veneta, Valdastico, Passante Nord di Bologna, Val Trompia, Tangenziale sud di Brescia, Ti.Bre. Parma-Verona, Pedemontana piemontese, Nogara-mare, Autostrada Romea, Valdastico Nord, Campogalliano-Sassuolo) per complessivi 26 miliardi di Euro. Ma è politica la scelta di finanziare queste autostrade con soldi pubblici. Per realizzarle si dovrà rinunciare a altri investimenti, come si è già fatto in questi anni con il Passante autostradale di Mestre, pagato con soldi pubblici (900 milioni), quando Nel Decreto Sviluppo, approvato lo scorso dicembre, il Ministro delle Infrastrutture Corrado Passera ha inserito ulteriori risorse per le grandi opere sotto la forma di credito d’imposta fino al 50% del valore dell’opera a valere su IRES e IRAP. L’aspetto incredibile è che queste risorse pubbliche andranno a opere per le quali “è accertata la non sostenibilità del piano economico finanziario”. Ci troviamo quindi di fronte a un autentico regalo, in soldi pubblici, per opere che non servono (non sono prioritarie) e che non si ripagano neanche con i pedaggi. La beffa è che questo riguarderà in particolare le autostrade e l’interesse da parte dei concessionari sarà tutto nell’utilizzare il credito di imposta come primo sussidio per cominciare i lavori e poi andare a bussare al Ministero delle Infrastrutture per accedere a finanziamenti pubblici per concludere i lavori. Quindi, cantieri infiniti per opere inutili..
Nonostante tutto questo nessuno ne parla, come mai? La spiegazione è forse, persino banale: su quell’elenco di 192 opere c’è un vastissimo consenso, Ponte sullo Stretto e Torino-Lione escluse, trasversale agli schieramenti. Sono tutti d’accordo, hanno interessi di portafoglio. Se Berlusconi è stato l’inventore della Legge Obiettivo, quando al Governo è tornato il Centrosinistra con Di Pietro Ministro delle Infrastrutture, l’elenco è addirittura cresciuto e si è continuato ad investire in nuove autostrade e in Alta Velocità.
L’operazione verità sarebbe quindi urgente ma certo non semplice da realizzare, perché tutti hanno inseguito il sogno lanciato nel 2001 da Berlusconi, per cui tutto era possibile e qualsiasi infrastruttura era a portata di mano perché tanto erano stati tolti i veti locali e la crescita del traffico avrebbe ripagato ogni investimento. Eppure oggi che i numeri dimostrano il contrario, perché il traffico scende per via della crisi e quindi nulla si ripaga, ci vorrebbe il coraggio di dire che quell’elenco di opere è semplicemente impossibile da realizzare. E che finché quell’elenco non verrà cancellato si continueranno a fare gli interessi esclusivamente di grandi aziende delle costruzioni e di progettisti, intermediari e banche. Ed è significativo che nei grandi cantieri siano sempre gli stessi grandi soggetti a figurare, a partire da Impregilo e CMC di Ravenna, e il ripetersi dell’inestricabile intreccio di interessi e partecipazioni incrociate di banche, imprese di costruzioni, concessionarie autostradali.