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Non chiamiamoli piromani

Come ogni estate, l’Italia brucia e ci si ritrova quindi ad interrogarci sul perché del piromane, su quale sia la sua spinta interiore, la sua motivazione, la molla psicologica che lo induce ad appiccare un incendio. Proviamo, grazie ad uno studio del Dottor Marco Canavicci psichiatra-criminologo, ad offrire una chiave interpretativa del fenomeno e a valutare quali strategie preventive è possibile adottare. Nel gesto di appiccare un incendio, quando non è possibile riscontrare un chiaro movente economico, un vantaggio secondario di tipo materiale (tipo estorsione o frode assicurativa), si può parlare di un esclusivo movente di tipo psicopatologico. Negli Stati Uniti il bisogno compulsivo di appiccare incendi è una condizione psicologica ben conosciuta e studiata anche dagli esperti dell’FBI. Per gli agenti federali la piromania viene associata, come importanza, alla violenza contro gli animali. Entrambi rappresentano infatti tipologie di comportamento particolarmente a rischio negli adolescenti e da tenere sotto controllo per le possibili evoluzioni verso altre forme di delitto (come ad esempio gli omicidi seriali). La piromania infatti precede nel tempo atti più gravi e spesso si associa ad aperti comportamenti antisociali e criminali. Quasi tutti i serial killer, ad esempio, hanno avuto un passato da piromani ed alcuni mantengono questo comportamento nel tempo, ripetendolo spesso ed intervallandolo con altri delitti, anch’essi seriali. L’FBI definisce i piromani seriali dei “serial arson” e attribuisce loro la stessa importanza criminologica che viene conferita ai serial killer. I delitti sessuali e la piromania sono le due condizioni per cui esistono, presso gli uffici dell’FBI, esperti profiler in grado di effettuare la ricostruzione della personalità dell’autore. Psicologicamente il bisogno di appiccare incendi, di vedere il fuoco divampare e bruciare tutto, si associa a forte disagio emotivo, con marcati stati di frustrazione ed aggressività repressa. Inoltre la piromania si associa quasi sempre con gravi problematiche di natura sessuale. L’azione dell’appiccare incendi trasferisce sull’ambiente esterno una condizione psicologica di forte passionalità vissuta interiormente ed il piacere che i piromani provano nell’assistere al divampare delle fiamme è assimilabile al piacere di un orgasmo. Per loro è possibile affermare che l’atto piromane sia un sostituto dell’atto sessuale, nei confronti del quale si sentono inadeguati ed impotenti. Inoltre, l’appagamento psicologico non siesaurisce con l’innesco dell’incendio; spesso egli si assicura la visione ravvicinata partecipando attivamente, con gli altri soccorritori, alle operazioni di spegnimento.

Esistono anche molti casi in cui si appicca un fuoco non per un atto di piromania ma per ottenere vantaggi economici (come ad esempio, per riscuotere un’assicurazione), per occultare un’attività illecita (coprire un crimine bruciando tutto), o per il desiderio di vendetta. La piromania si basa esclusivamente sul ricorrente bisogno di provocare un incendio per il piacere, o per il solo sollievo che derivano dall’atto stesso. La facilità e la brevità dell’innesco, come ad esempio lo sfregamento di un cerino antivento, oppure il lancio di un mozzicone di sigaretta, contribuisce a rendere il gesto impulsivo, occasionale, privo di un senso di responsabilità o di colpa: nessun piromane si è mai pentito o si è autodenunciato. L’atto di appiccare un incendio, per un piromane, è un gesto veloce, impulsivo, non premeditato, un gesto spesso frutto dell’occasione del momento e della facilità con cui d’estate il legno, la sterpaglia, la vegetazione seccata dal sole prende immediatamente fuoco. La risonanza dei mass-media al fenomeno degli incendi contribuisce poi ad accrescere nel piromane il sentimento di compenso delle frustrazioni emotive e passionali collegate con il fuoco, in quanto ne prolunga gli effetti psicologici anche nei giorni successivi. Inoltre la stampa favorisce il diffondersi del desiderio anche ad altre persone, magari con fantasie legate al fuoco e che si dibattono nelle medesime problematiche personali, soprattutto sessuali, e che sono condizionate ad agire dal contagio, all’impulso piromanico trasmesso dai media. I soggetti affetti da piromania sono osservatori usuali di incendi nel loro quartiere, lanciano falsi allarmi e mostrano grande interesse per le istituzioni, l’ equipaggiamento ed il personale associato al fuoco. Quasi sempre cercano di diventare operatori antincendio e fanno domanda di arruolamento. Sarà la selezione psicoattitudinale a scartare questi aspiranti vigili-piromani.

Se la risonanza dei media pone il fenomeno degli incendi boschivi all’attenzione delle cronache estive c’è da dire che il piromane non agisce solo d’estate, appiccando il fuoco a macchie e boschi. In questo periodo il fenomeno acquista maggiore risalto per l’importanza che viene attribuita all’oggetto perduto con il fuoco: un bosco, una pineta, una macchia di grande valore paesaggistico ed ambientale. In effetti il piromane è attivo tutto l’anno con bersagli sicuramente minori; egli attacca le auto, i cassonetti, i mucchi dei rifiuti abbandonati, le bancarelle vuote, trova sempre un oggetto o una scusa per appiccare il fuoco, obbligando gli altri ad intervenire, a chiamare i vigili del fuoco e a provocare una qualche forma di allarme sociale.

Un identikit del piromane, secondo gli studi effettuati negli USA dall’FBI, lo descrive come un soggetto giovane, di circa 20-30 anni, maschio, affettivamente solo, introverso ma passionale, spesso alcolista, con pochi amici, di scarsa intelligenza, di ceto sociale medio-alto, che abita nei pressi del luogo in cui ha appiccato il fuoco. Psicologicamente soffre di distrurbi sessuali e di tipo ossessivo-compulsivo che lo obbligano a ripetere atti di cui riconosce l’antisocialità, ma di cui non riesce a fare a meno. I piromani non possono essere considerati dei malati mentali nel vero senso della parola, per quanto la piromania sia citata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il D.S.M.-IV), pubblicato dall’Associazione americana degli Psichiatri. La tipologia del piromane esprime disagio, malessere, difficoltà interpersonale, conflitti con l’ambiente esterno che si risolvono commettendo uno degli atti che più spesso i genitori proibiscono ai figli quando vengono sorpresi con accendini o fiammiferi: “non giocare con il fuoco”. E loro, per vendetta, scelgono di giocare con il fuoco combinando guai sempre più grossi.

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Un Robot per combattere gli incendi


Nel video Saffir al lavoro in una scena di un incendio sperimentale, ciò che colpisce e’ l’incredibile espressività del suo viso.

 

Il Naval Research Laboratory di Washington ha presentato Saffir, il primo robot pompiere in grado di intervenire in caso di incendio a bordo delle navi civili e militari e in tutte quelle zone disastrate troppo pericolose per gli esseri umani. Si tratta di un androide che riesce a muoversi agilmente tra gli spazi, interagendo con le persone che incontra attraverso l’applicazione di sofisticati algoritmi.

SAFFiR

Sa anche comprendere i comandi e rispondere con i gesti, durante gli interventi. Non appena Saffir (che sta per Shipboard Autonomous Firefighting Robot) avverte la presenza di fumo, può avvicinarsi a poca distanza dall’incendio, in piena autonomia. Il robot è dotato di sensori, rilevatori di gas e videocamere stereo all’infrarosso per vedere oltre la coltre di fumo. Può anche usare gli estintori, rimanendo stabile sugli arti inferiori ed equilibrando il proprio peso in condizioni di instabilità sulla nave. Per ora ha un’autonomia di soli 30 minuti, attualmente manca la reattività necessaria per aiutare in una vera emergenza, il robot e’ in fase di sviluppo.

Secondo gli scienziati che stanno dietro Saffir, particolare attenzione viene rivolta al miglioramento delle interazioni con gli esseri umani e la capacità del robot di riconoscere il modo in cui il fuoco si diffonde. E’ già in corso d’opera la realizzazione di una serie più avanzata. I primi test “sul campo” cominceranno a settembre del 2013.

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