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Il capitalismo perfetto del futuro

Michio-Kaku

“Ci stiamo muovendo verso una nuova era, quella del “capitalismo perfetto”, dove il consumatore sa moltissimo dei prodotti e i produttori a loro volta sanno moltissimo dei consumatori e dove le curve della domanda e dell’offerta rasentano la perfezione.

In questo quadro il branding e l’immagine diventano paradossalmente ancora più importanti. Il consumatore che di un prodotto conosce tutto deciderà sulla base di ciò che appunto conosce meglio, ad esempio il marchio. In futuro il problema principale per le banche sarà quello di dover affrontare una concorrenza più agguerrita e una libertà di scelta da parte dei clienti ancora più accentuata.

Le banche perderanno le proprie posizioni monopolistiche, perché per effetto delle tecnologie anche le imprese più piccole, come i gestori di carte di credito ad esempio, avranno l’opportunità di affacciarsi all’operatività bancaria……Le banche sono tradizionalmente conservatrici. Ma siamo nell’era dei computer, dove la concorrenza si allarga velocemente grazie all’innovazione tecnologica. Continue Reading

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La guerra di tutti contro tutti

“Si rimane attoniti a seguire il commento dei principali fatti di portata macroeconomica di questa settimana, dall’annuncio di Hard Brexit di Theresa May alla difesa oltre ogni limite della globalizzazione da parte di Xi Jinping, il premier cinese. Per non parlare delle principali testate giornalistiche internazionali che sostengono ed esaltano il libero commercio addirittura più dello stesso establishment attuale. Winston Churchil soleva dire durante lo scorrere della II Guerra Mondiale che la paura funziona, se ben veicolata può condizionare il comportamento delle persone e modificare le sorti di una intera nazione. Possiamo dire che la paura funziona anche al contrario ossia analizzando i principali eventi di portata istituzionale del 2016 ci si rende conto che in quasi tutto il mondo occidentale è iniziata una fase di mutamento forse epocale: prima il Regno Unito, dopo gli States ed anche noi italiani nel nostro piccolo con il voto del 4 Dicembre. Reazioni non caotiche, ma conseguenziali una dietro all’altra che fanno presagire la loro prosecuzione nei mesi successivi. Leggere gli editoriali di alcuni giornali italiani in queste settimane ti sprona ancora di più a rifiutare lo status quo attuale. Il timore sempre più concreto per le elite di veder svanito il sogno di un mondo uniformato e controllato grazie agli influssi ed indottrinamento globalizzante ormai si sta trasformando in realtà. Pertanto lotta e reazione a tutto quello che in questo momento si sta ponendo come avversario e nemico della globalizzazione: per primo proprio Donald Trump che sbandiera un ritorno al protezionismo economico in stile anni settanta. Continue Reading

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Globalizzazione, il nuovo nome dell’imperialismo

imperialismo

Sul sito Zero Hedge un’interessante analisi sul fenomeno della globalizzazione, che vogliamo qui condividere: lungi dall’essere un’evoluzione “naturale” e “inevitabile”, ormai tutte le evidenze stanno a dimostrare che la globalizzazione è un progetto deliberato, portato avanti da una piccola minoranza, per meglio imporsi sulla grande massa degli individui. L’appiattimento, la liquefazione di diverse culture, modelli di società e tradizioni è in realtà un processo votato al fallimento: molti di essi sono semplicemente incompatibili tra loro. Dietro i finti e vuoti ideali delle “frontiere aperte” si celano gli interessi di una classe dominante disposta a tutto per estendere il proprio controllo sull’umanità.  Continue Reading

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L’economia della crescita ha fallito, serve un passo indietro

decrescita felice

Ho costituito, insieme ad altri professori ed esperti di economia, l’Istituto di studi interdisciplinari di Bioeconomia. Il Dogma della crescita ha fallito. Serve una proposta ben strutturata con il contributo di tutti, capace di analisi e risposte valide. Serve visione lunga per creare capacità di futuro. Ecco a voi il manifesto. Di Maurizio Pallante

La produzione di merci a livello mondiale ha superato la capacità del pianeta di fornirle le risorse rinnovabili di cui ha bisogno, ha ridotto drasticamente i giacimenti di molte risorse non rinnovabili accrescendone i costi di estrazione e aumentando l’incidenza dei danni ambientali che provoca, ha superato le capacità della biosfera di metabolizzare gli scarti biodegradabili che genera, ha accresciuto le quantità delle sostanze di sintesi chimica, tossiche e non tossiche, non metabolizzabili dalla biosfera. Continue Reading

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La fine della globalizzazione

globalizzazione

Ecco un ottimo articolo di Zerohedge che riprende un tema a noi caro: i limiti e i vincoli del processo di globalizzazione. Per molti motivi la globalizzazione ha raggiunto il suo massimo, e il suo aumento non si è tradotto nei benefici che ci si attendevano, anzi. La riduzione dei salari locali ad essa associata ha creato un ammanco nella domanda globale, compensato – finché si è potuto – con nuovo debito. Oggi nemmeno il debito basta più, e i nodi arrivano al pettine.

Di ZeroHedge, 2 marzo 2016 – Traduzione vocidallestero

Abbiamo vissuto in un mondo in rapida globalizzazione, ma questa non è una condizione che potrà continuare indefinitivamente.

globalizzazione figura 1

Figura 1. Rapporto di merci e servizi importati al PIL. Su dati FRED per IMPGS.

Ogni volta che le merci e i servizi importati iniziano a salire in percentuale sul PIL, queste importazioni sembrano arrestarsi, generalmente in una fase di recessione. L’aumento del costo delle importazioni sembra avere un impatto negativo sull’economia. (Le importazioni che sto mostrando sono importazioni lorde, non al netto delle esportazioni. Sto usando dati lordi, perché le esportazioni statunitensi tendono ad essere di natura diversa rispetto alle importazioni. Le importazioni degli Stati Uniti includono molti prodotti ad alta intensità di lavoro, mentre le esportazioni tendono ad essere merci agricole o film che non richiedono molto lavoro americano).

Recentemente, le importazioni degli Stati Uniti sembrano essere diminuite. Parte di questo riflette l’impatto dell’aumento della produzione di petrolio degli Stati Uniti, e quindi un calo della necessità di importare petrolio. La figura 2 mostra l’impatto della rimozione delle importazioni di petrolio dagli importi illustrati nella figura 1. Continue Reading

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