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Tutti i rincari del 2018: Luce, gas, autostrade, assicurazioni, sacchetti e molto altro

tutti i rincari del 2018

Il 2018 per gli italiani, come ogni inizio d’anno nuovo, è iniziato con il botto. A saltare sarà il portafoglio (già vuoto). In Italia aumenta tutto tranne gli stipendi.

Dalle bollette ai pedaggi autostradali. Passando per assicurazioni, servizi bancari, prodotti per la casa e spese scolastiche. Il tutto porterà ad una mazzata di 952 euro in più per le famiglie. Vediamo nel dettaglio tutti i rincari del 2018. Continue Reading

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Gasdotto TAP: Opera inutile, imposta e distruttiva per il territorio

No gasdotto TAP

Il gasdotto TAP è una delle tante Grandi Opere inutili che l’Italia si appresta a realizzare dal costo complessivo sconosciuto, finanziata con project bond (titoli di debito) e scaricata sulle spalle dei cittadini italiani inserendola in bolletta. Tutto nell’interesse dei pochi, soliti, noti. Un’opera dall’impatto geologico ed ambientale devastante ed assolutamente in controtendenza con quello che oggi dovrebbe essere un trend di cura, recupero e conservazione dei beni paesaggistici e dei beni comuni. Continue Reading

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Le bollette di luce e gas più care d’Europa

bolletta-luce-gas

Le nostre bollette della luce e del gas sono tra le più alte in Ue. Il prezzo dell’energia elettrica per le famiglie italiane, riferito alla classe media dei consumi domestici annui compresi tra i 2.500 e i 5.000 chilowatt/ora (tasse incluse), si colloca al terzo posto tra i paesi dell’area euro. Sono questi i principali risultati che emergono dal confronto realizzato dall’Ufficio studi della CGIA su una serie di tariffe pubbliche applicate in tutta Ue. Continue Reading

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Gli enormi interessi del mercato del gas

gasdotti Europa

Siamo tutti chiusi nella trappola del gas. Da un lato chi è costretto alla dipendenza da una risorsa in via di esaurimento e da un mercato in costruzione che la Commissione europea e i governi vogliono vincolare ai mercati finanziari. Dall’altro chi vive dove si estrae il gas, dove i diritti umani e l’ambiente vengono violati e i regimi autoritari controllano la risorsa. La via d’uscita esiste e va ricercata assieme, a partire dai territori e al di fuori delle logiche dei mercati finanziari. Le decisioni che riguardano il sostegno pubblico a nuovi mega progetti nel settore del gas non sono solo tecniche e dettate dall’urgenza di garantire la sicurezza energetica dell’Europa con ogni mezzo, ma altamente politiche e con implicazioni profonde e a lungo termine per i cittadini.

Se il mercato del gas sia una risposta alla crisi del modello produttivo e energetico di molti degli Stati membri dell’Unione europea, o se la sua costruzione sia un fine in sé, dovrebbe essere tema di discussione a partire dai territori in cui viene proposta la costruzione delle nuove grandi opere. Dovrebbe, ma non è. Al contrario, la Commissione europea (un’istituzione non eletta democraticamente) ci indirizza verso la costruzione del mercato del gas, sulla base di decisioni prese dal Consiglio europeo e approvate dal Parlamento alla fine degli anni Novanta. Da allora molto è cambiato in Europa e nel mondo. Dai territori c’è chi richiama le istituzioni al buon senso, sottolineando come la domanda di gas sia in calo drammatico e i consumi siano ben al di sotto delle cifre usate nelle proiezioni a sostegno dei mega progetti definiti come “di priorità comune”. A conferma di questo ci sono dati ufficiali, che ci raccontano che nel marzo del 2014 si è verificata una riduzione della domanda del 24% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e di una tendenza alla riduzione che procede inarrestabile dal 2005 in poi. I consumi di gas in Italia nel 2013 sono stati di circa 70 miliardi di m3, ben al di sotto degli 86,7 miliardi del 2005, e non sono previsti grandi aumenti nei prossimi anni. Le più grandi compagnie energetiche europee hanno già tagliato la produzione di energia da centrali a gas di 50.000 megawatt, chiudendo numerosi impianti a causa della “diminuzione della domanda, e dell’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili”.

In Italia i rigassificatori di Porto Viro (Rovigo) e di Panigaglia (La Spezia) lavorano a regime ridotto, mentre quello di Livorno – impianto sperimentale offshore costruito da Iren e E.On con il sostegno della Banca europea degli investimenti e già costato oltre 810 milioni di euroè operativo dalla fine del 2013, ma senza avere rigassificato un solo metro cubo di gas per il mercato. Come se non bastasse, c’è una diatriba aperta con l’AEEG rispetto al diritto o meno ad accedere alla copertura del 71,5% del mancato ricavo promessa con il fattore di garanzia. In questa situazione paradossale, sarebbe auspicabile almeno chiarirci le idee su quale modello di mercato stiamo costruendo in Europa, quali siano le sue implicazioni nel lungo termine e a vantaggio di chi venga costruito.

La scelta della Commissione di sviluppare una rete di infrastrutture gestite privatamente e finanziarizzate sin dall’inizio – ossia dipendenti dal funzionamento dei mercati finanziari, poiché pensate per generare extra profitto principalmente per questi – offre proprio ai grandi attori privati e al settore finanziario l’opportunità di espandere quella capacità di estrazione di ricchezza che hanno già messo in atto in altri ambiti, collegandola a un bene fondamentale, l’energia, di cui non possiamo fare a meno. Di fatto scegliere un modello di mercato altamente finanziarizzato significa permettere ai “soliti noti” di controllare una risorsa – il gas appunto – dall’estrazione alla vendita, e chiedere in alcuni casi al pubblico di farsi carico del pagamento delle grandi infrastrutture necessarie alla sua costruzione fisica. Significa anche che la gestione privata avrà come obiettivo il massimo profitto, e quindi implicherà il massimizzare l’estrazione e la vendita della risorsa in questione, senza guardare agli effetti sull’ambiente e sui diritti umani in paesi “fornitori” come l’Azerbaigian, la Nigeria, il Kazakistan, il Turkmenistan e molti altri, nè alla necessità di avviare una transizione verso un modello economico svincolato dai combustibili fossili. Tutto ciò comporta che la Commissione europea e le altre istituzioni articolino una narrativa complessiva che propone il gas come “unica soluzione” per la transizione “verde” e le infrastrutture collegate come “la priorità” in cui collettivamente dobbiamo credere e investire. Di conseguenza si muovono strumenti vecchi e nuovi di finanza pubblica per far avanzare la nascita di quelle infrastrutture considerate “necessarie” a realizzare questo disegno. Se la costruzione del mercato del gas è divenuta oggi una questione “di principio”, è altrettanto chiaro che l’esistenza di un mondo ancora in qualche modo multipolare, e di diversi centri finanziari, rende questo sforzo ancora più arduo. Insomma, gli interessi in gioco sono molti, su diversi livelli e spesso in conflitto tra loro. Lo si fa per credo, come ben diceva il Commissario Oettinger, e in risposta a richieste ben diverse da quelle a cui potrebbe pensare una famiglia media, ovvero mantenere accese le luci e gli elettrodomestici e potersi riscaldare durante l’inverno. Per uscire da questo circolo vizioso servirebbe fare un passo indietro, spostando l’attenzione su che cosa serve realmente oggi in Europa, a partire dai territori. Quale sistema produttivo si vuole costruire? Uno che sia compatibile con le esigenze delle comunità e con un utilizzo delle risorse ridefinito attorno a valori diversi da quello del profitto di pochi a svantaggio della collettività? Di quale e quanta energia c’è realmente bisogno? Come produrla, allo stesso tempo rompendo la dipendenza dai combustibili fossili, incluso il gas, e al di fuori della logica dei mercati finanziari? Ripartire da queste e altre domande a monte della risposta ideologica del “mercato” ci permetterebbe di evitare che decine di miliardi di euro delle casse comunitarie siano spesi per vincolarci a una risorsa in ogni caso in esaurimento e ai mercati finanziari predatori che puntano a controllarla.

>>>Scarica il rapporto “La trappola del gas”<<<<

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Si scrive acqua, si legge democrazia

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Anno nuovo, dinamiche vecchie: l’Authority per l’energia e il gas persevera nella violazione dei referendum sull’acqua.

“L’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ha nuovamente colpito nel silenzio delle feste. Il 27 Dicembre, infatti, fa approvato il Metodo Tariffario Idrico 2014-2015 confermando quanto contenuto nel Metodo Tariffario Transitorio e sancendo nuovamente, nei fatti, la negazione dei Referendum del Giugno 2011. Nonostante un prolisso richiamo alle norme passate, nello specifico le sentenze della Corte Costituzionale, l’Autorità ripropone lo stesso calcolo per cui la remunerazione del capitale investito, abrogata dai referendum, viene camuffata sotto la denominazione “oneri finanziari”, ma non cambia la sostanza: profitti garantiti in bolletta. Le criticità quindi rimangono tutte, compresa l’incapacità del nuovo metodo tariffario di garantire gli investimenti necessari al comparto idrico. Investimenti che, come i numeri dimostrano da più di 20 anni, non trovano spazio nel metodo del full cost recovery, cioè nell’assioma che vuole tutti i costi del servizio coperti dalla bolletta, profitti del gestore compresi. L’Autorità cosiddetta “indipendente”, anche se il suo sostentamento è pagato dagli Enti gestori del servizio idrico, continua quindi ad agire sulla base di un’impostazione neoliberista e privatizzatrice, condivisa dagli ultimi governi che si sono avvicendati nel Paese. Ancora una volta, dietro una delibera amministrativa, si cela una volontà politica, ovvero tutelare gli interessi di pochi e ricchi privati, a scapito degli interessi della collettività e del tessuto sociale sempre più impoverito ed attaccato nella crisi in cui viviamo. Ancora una volta lo si fa calpestando il voto democraticamente espresso da 27 milioni di italiani. Di questo riteniamo i membri dell’AEEG direttamente responsabili e per questo chiediamo le loro dimissioni oltre al ritiro del nuovo metodo tariffario e alla revoca delle competenze dell’Autorità in materia di servizio idrico. Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha inoltre promosso un ricorso presso il TAR della Lombardia contro il reinserimento della remunerazione in bolletta, che vedrà la sua prima udienza il prossimo 23 gennaio, le cui ragioni verranno ampiamente esposte nel corso del Convegno che si terrà a Milano il 18 gennaio, insieme alle proposte del Forum per il finanziamento del servizio idrico. L’alternativa esiste, gli italiani e le italiane l’hanno già scelta con i referendum di giugno 2011 e continueremo a batterci affinché le leggi del mercato e del profitto escano dalla gestione dell’acqua e dei beni comuni. Perchè si scrive acqua, si legge democrazia, e vogliamo ripubblicizzarle entrambe.” Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

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