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Ventitré centrali nucleari in zone a rischio tsunami nel mondo

Gli tsunami sono sinonimo di distruzione di città e case, e da quel terribile disastro del 11 marzo del 2011 in Giappone, sono anche monitorati speciali per il rischio di gravissimi incidenti nucleari, capaci di mettere a repentaglio e sconvolgere la vita di migliaia di persone, contaminando aree piuttosto estese. Poiché tali fenomeni sono ancora difficili da prevedere, un team di scienziati hanno valutato “potenzialmente pericolosi” aree che ospitano centrali nucleari completate o in fase di costruzione.

Nello studio Civil nuclear power at risk of tsunamis, pubblicato sulla rivista Natural Hazards i ricercatori hanno disegnato una mappa delle zone geografiche del mondo che sono più a rischio tsunami di grandi dimensioni. Sulla base di questi dati, 23 centrali nucleari con 74 reattori sono stati individuati in zone ad alto rischio. Uno di loro include Fukushima I. Di questi, 13 impianti con 29 reattori attivi, altri quattro, che ora hanno 20 reattori, sono in fase di espansione e ne ospiteranno altri nove. Inoltre, ci sono altre sette nuove centrali in costruzione, siti che ospiteranno altri 16 reattori.

“E’ la prima visione della distribuzione globale di centrali nucleari civili situati sulla costa ed esposti a tsunami”,  hanno spiegato gli autori dell’analisi, José Manuel Rodríguez-Llanes, Debarati Guha-Sapir e Joaquin Rodriguez-Vidal. Gli autori hanno incrociato i dati storici, archeologici, geologici e strumentali come base per la determinazione del rischio tsunami.

Tra qualche anno sul Pianeta sorgeranno 538 nuove centrali nucleari: 69 sono attualmente in costruzione, 169 sono pianificate e 329 sono in fase di progettazione. La notizia arriva dal 45esimo Summit internazionale sulle emergenze planetarie, che si e’ tenuto il mese scorso a Erice, organizzato dal professore Antonino Zichichi e a cui hanno preso  parte oltre 110 scienziati provenienti da 40 paesi.

Il rischio di questi disastri naturali minaccia praticamente tutta la costa occidentale del continente americano, lo spagnolo/portoghese, la costa atlantica, la costa del Nord Africa, il Mediterraneo orientale e le aree dell’ Oceania. Le zone più a rischio sono nel Sud e Sud-Est asiatico per la maggiore presenza di centrali nucleari.

Circa 27 dei 69 reattori nucleari attualmente in costruzione in tutto il mondo si trovano in Cina. Questo è un esempio di investimento massiccio sul nucleare del gigante asiatico. “Il fatto più importante è che 19 (di cui due a Taiwan) dei 27 reattori sono in costruzione in aree identificate come pericolose,” sottolineano gli autori dello studio. Non sono soltanto le vecchie centrali, ad essere costruite in siti a rischio ma anche quelle future, a testimonianza di come vengano sottovalutati i rischi derivanti da fenomeni naturali estremi come alluvioni e tsunami.

Nel caso del Giappone, che a marzo 2011 ha subito le conseguenze dello tsunami peggiore della sua storia, ci sono sette impianti con 19 reattori a rischio, uno dei quali è attualmente in costruzione. La Corea del Sud si sta espandendo e due impianti con cinque reattori sono a rischio. Anche i siti in India (due reattori) e in Pakistan (un reattore)sono a rischio di possibili tsunami negli impianti.

Il disastro di Fukushima sembra non aver insegnato niente, affermano gli esperti che “Se si fosse verificato in un paese meno attrezzato per far fronte alle conseguenze della catastrofe, l’impatto sarebbe stato molto più grave per tutto il mondo”.

Fukushima. La vera storia della catastrofe nucleare che ha sconvolto il mondo.L’incidente di Fukushima ha rilasciato una tale radioattività da essere classificato di livello 7, il massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto solo da Chernobyl. Messa a tacere la paura dei primi istanti, pochi o nessuno si sono avventurati nella difficile impresa di un bilancio. Questo è un completo resoconto non solo, e non tanto, della dinamica dell’incidente, ma delle conseguenze a tutti i livelli che hanno cambiato per sempre il mondo.

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Domenica in Poesia: La bambina di Hiroshima e Fukushima

“Apritemi sono io…
busso alla porta di tutte le scale
ma nessuno mi vede
perché i bambini morti nessuno riesce a vederli.

Sono di Hiroshima e là sono morta
tanti anni fa. Tanti anni passeranno.

Ne avevo sette, allora: anche adesso ne ho sette perché i bambini morti non
diventano grandi.

Avevo dei lucidi capelli, il fuoco li ha strinati,
avevo dei begli occhi limpidi, il fuoco li ha fatti di vetro.

Un pugno di cenere, quella sono io
poi il vento ha disperso anche la cenere.

Apritemi; vi prego non per me
perché a me non occorre né il pane né il riso:
non chiedo neanche lo zucchero, io:
a un bambino bruciato come una foglia secca non serve.

Per piacere mettete una firma,
per favore, uomini di tutta la terra
firmate, vi prego, perché il fuoco non bruci i bambini
e possano sempre mangiare lo zucchero.”

Nazim Hikmet
Questa poesia, La bambina di Hiroshima, del poeta turco Nazim Hikmet, nella quale dà spazio alla voce straziante di una bambina rimasta vittima durante il lancio della bomba atomica su Hiroshima… La bambina di Hiroshima ieri e i Bambini di Fukushima oggi contaminati dalle radiazioni, ad un anno dalla tragedia 
E’ un destino crudele quello del Giappone. Ma il popolo giapponese ha sempre dimostrato al mondo che la forza, il risveglio del guerriero in ogni anima porta un’evoluzione. Anche laddove non c’e’ più niente…
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Fukushima la nuova Cernobyl

Il rapporto “Fukushima, un anno dopo” presentato in questi giorni da Greenpeace International a quasi un anno dal disastro nucleare, giuge alla conclusione che “si è trattato di un disastro causato dall’uomo che potrebbe ripetersi in ciascuno degli impianti nucleari del pianeta, mettendo a rischio milioni di persone”. Jan Van de Putte, esperto di sicurezza nucleare di Greenpeace International, evidenzia quello che la lobby nucleare ha tentato di negare attribuendo tutte le colpe al terremoto/tsunami che colpì il Giappone: “Anche se fu innescato tecnicamente dal terremoto e dallo tsunami dello scorso 11 marzo, il disastro di Fukushima è stato causato dal fatto che le autorità giapponesi hanno deciso di ignorare i rischi del nucleare e di dare priorità agli interessi economici piuttosto che alla sicurezza.

Fukushima la nuova Cernobyl? Come sanno gli abitanti di Pripyat, la cittadina sovietica costruita per i dipendenti di Cernobyl, l’evacuazione da una zona in cui c’è stata una catastrofe nucleare è senza ritorno. Dopo 26 anni il tempo sembra essersi fermato e le bandiere con falce e martello sventolano ancora sui lampioni come il giorno in cui venne chiesto ai residenti della città di salire sugli autobus. Un destino simile attende anche le 80mila persone allontanate un anno fa da Fukushima. Il governo giapponese alimenta la speranza di un ritorno, ma la vita senza vicini, e senza gli allevamenti e l’industria ittica della zona, non sarebbe più la stessa.

Buona parte della regione è destinata a morire come Pripyat. Ci vorranno decenni per estrarre il combustibile dai reattori, se mai sarà possibile. Il mondo è rimasto ammirato dalla velocità con cui i giapponesi hanno sgombrato le macerie dello tsunami che aveva devastato la sua costa nordorientale, ma ormai è chiaro che l’incidente nucleare avrebbe potuto essere una catastrofe peggiore. Se la centrale di Fukushima fosse stata abbandonata, come avrebbe voluto l’azienda che la gestiva, la Tepco, si sarebbe potuta innescare una reazione a catena di fusioni del nocciolo che avrebbe costretto a evacuare anche Tokyo. Un’ipotesi apocalittica, ma secondo la Fondazione per la ricostruzione del Giappone – un’équipe di professori, giuristi e giornalisti che ha indagato per sei mesi sulla tragedia – certo non remota. I dirigenti della Tepco sono quelli che escono peggio da questa indagine. L’ex primo ministro Naoto Kan, che non si fidava della Tepco ma poi ha scelto consulenti senza esperienza, ne esce un po’ meglio. Il vero eroe è stato il direttore dell’impianto, Masao Yoshida, che ha continuato a versare acqua di mare nei reattori.

Con solo due dei suoi 54 reattori nucleari in funzione, il Giappone oggi importa carbone e petrolio, e non potrà rispettare il limite di emissioni del protocollo di Kyoto. L’eccessiva fiducia che aveva riposto nell’energia nucleare come alternativa “pulita” a carbone e petrolio dovrebbe far riflettere il resto del mondo. Anche i giapponesi pensavano che da loro una tragedia come quella di Cernobyl non sarebbe mai successa.

(Fonte The Guardian)

 

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