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La rivoluzione energetica tedesca

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La Germania è senza dubbio, fra le grandi nazioni, una di quelle maggiormente impegnate nell’attuazione di politiche energetiche serie, a lungo termine e nel segno della sostenibilità.

La promozione delle fonti rinnovabili è forte e sostenuta da scelte condivise prese dal governo nazionale e dalle amministrazioni locali. Ma sarebbe miope pensare che la transizione verso un’energia alternativa sempre più carbon free sia solo un processo top-down promosso dai decisori politico-istituzionali (come ci suggerisce Giles Parkinson in articolo apparso su RENewEconomy).

Non bisogna, infatti, dimenticare la “spinta dal basso”, ovvero le iniziative dei cittadini tedeschi nell’adozione di fonti energetiche alternative. Cosa li spinge? Si possono individuare ragioni quali il desiderio di indipendenza energetica, nuovi modi per alleggerire le bollette o l’adesione ideale a temi quali l’eco-sostenibilità.

In questo contesto, le comunità rurali e le aziende agricole che le popolano appaiono decise sostenitrici delle rinnovabili. E in particolare di soluzioni “customizzate”, concepite per le proprie e particolari esigenze.

I casi sono diversi e raccontano di un’integrazione stretta tra tecnologia e territorio, tra bisogno e risposta concreta al suo soddisfacimento. La storia del villaggio di Freiamt (e dei suoi abitanti), a nord di Friburgo, va in questa direzione. La famiglia Reinhold, per esempio, per diversificare i guadagni (era il periodo della “mucca pazza”) e abbassare i costi energetici, ha investito in un impianto a biogas per produrre energia elettrica e calore. Ora le due piccole turbine che hanno costruito sviluppano una capacità complessiva di 360kW. Il calore residuo viene ceduto alla scuola e alle case vicine, i rifiuti liquidi dalla biomassa vanno, invece, ad aziende limitrofe. A breve, un’altra turbina fornirà calore per la piscina e l’ostello.

La famiglia Schneider, oltre ai pannelli solari sul tetto della casa e del fienile, ha installato una stufa che utilizza trucioli di legno al posto del petrolio. Inoltre ha accettato di ospitare due turbine eoliche di proprietà della comunità all’interno dei suoi terreni.

Esempi simili a quelli menzionati, rendono Freiamt – un insieme di cinque piccole frazioni ai confini della Foresta Nera – una comunità energeticamente molto performante, in grado di produrre più del 200 per cento del suo fabbisogno di elettricità (sono 4.200 gli abitanti). Cinque turbine, due impianti a biogas, 251 tetti solari, circa 150 collettori solari termici, stufe legno e quattro centrali ad acqua fluente sono la “forza di fuoco” messa in campo.

E Freiamt non è un caso isolato. Nella regione, come nel resto della Germania, esistono altri villaggi che condividono la prospettiva del borgo a nord di Friburgo. C’è Weisweil, dove i 1.200 abitanti possono vantare circa 700w di solare fotovoltaico pro capite. C’è Forchheim, dove un impianto di biogas da 1,7 MW renderà l’area indipendente dall’acquisto del costoso gas proveniente dalla Russia.

Ma qual è il motore principale per questa “rivoluzione energetica”? Secondo Erhard Shulz, fondatore della locale Accademia dell’Innovazione, “è il senso di indipendenza che si prova”. Indipendenza dai combustibili fossili e dal nucleare. E, sotto un certo aspetto, anche indipendenza economica.

(Fonte industriaenergia)

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