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Italia fuori dal Mondiale? Un disastro finanziario per la Fifa e la Figc

Italia fuori dal Mondiale

Questa sera a San Siro contro la Svezia la squadra di Ventura si gioca l’ultima possibilità per andare ai Mondiali di Russia 2018. L’Italia fuori dai Mondiali non conviene a nessuno.

In ballo, infatti, non c’è solo il blasone della nostra Nazionale, ma anche un danno economico non indifferente sia per il calcio italiano (addio sponsorizzazioni, merchandising, diritti tv, premi Fifa e gettito fiscale sulle scommesse), sia per le casse della Fifa. Continue Reading

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Il papà della Coppa del Mondo

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La Coppa del Mondo ha un Dna milanese: dal padre, lo scultore oggi 94enne Silvio Gazzaniga, alla casa dove è nata la GDE Bertoni, alle porte della città. Il trofeo è alto 36,8 cm e pesa poco più di 6 kg. L’originale è in oro fuso a cera persa, è vuoto al suo interno e alla base presenta due bande verdi di malachite, che rievocano il colore del campo da gioco. La coppa originale è custodita a Zurigo dalla Fifa che la consegna alla squadra vincitrice nella cerimonia di premiazione per poi essere sostituita con una copia che rimane ai vincitori.

Con le sue mani ha creato l’oggetto del desiderio di ogni uomo. Quello che con regolare cadenza quadriennale diventa il più ambito e che, brillando nelle notti magiche, per una volta riesce nell’impresa di spiegare il senso di un pallone che rotola anche a mogli e fidanzate. I Mondiali sono una cosa democratica. Grazie anche a quella colata d’oro massiccio a 18 carati, alta 36,8 centimetri per un peso netto di sei chili e 175 grammi.

Silvio Gazzaniga, 94 anni, è il papà della Coppa del Mondo. La disegnò nel ’71 su incarico della ditta di Paderno Dugnano GDE Bertoni, dove fino a metà degli Anni 90 è stato direttore artistico. E dove ancora ricordano il Maestro per l’innato istinto a insegnare le cose che faceva. Per come combatteva per le sue idee e, nelle forme, era già moderno 40 anni fa. In un calderone di 53 proposte da tutto il mondo, il 5 aprile del 1971, la Fifa sceglie le mani del sciur Gazzaniga per la nuova coppa. L’anno prima il Brasile, vincendo la sua terza Rimet creò un’emergenza pratica. Dopo tre titoli conquistati avevano il diritto di tenersi in patria il trofeo senza doverlo più rimettere in gioco nell’edizione successiva.

“In testa avevo l’immagine dello sportivo che vuole conquistare il trofeo, l’uomo che diventa gigante grazie alla vittoria sul campo tanto da poter stringere il mondo fra le sue braccia” racconta sempre quando gli chiedono come è nata quell’icona planetaria. Il bozzetto uscì di getto in poche ore, al primo tentativo. Fu l’unico presentato a Zurigo con una dimensione fisica. Per rendere la plasticità del gesto, Gazzaniga realizzò un modello a dimensioni naturali in plastilina. Per scolpirla impiegò una settimana. In cambio, nessun compenso ma una vetrina mondiale. Il 7 luglio del ’74, Franz Beckenbauer, capitano della Germania è il primo ad alzarla verso il cielo di Monaco di Baviera. Negli anni successivi passò in buone mani: da Zoff a Maradona, da Ronaldo a Zidane. Anche se lui sognava che l’alzasse Pelè.

Per la Fifa vale 300 mila euro, ma a livello emozionale molto di più. L’ha restaurata varie volte, la conosce millimetro per millimetro e non avrebbe mai cambiato il minimo dettaglio. Gazzaniga è a tutti gli effetti il re di coppe. Oltre al titolo più prestigioso, ha creato anche la Coppa Uefa per club e la Supercoppa europea. Poi le Coppe del mondo di baseball, volley e pure di bob. E, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha disegnato i suoi ultimi pezzi: il trofeo per la Coppa Italia, quello per il Giro d’Italia e per il Gran Premio di Monza.

Devoto a Michelangelo e alla sua Pietà (la Rondanini che incarna il corpo a corpo con la materia da plasmare), milanista fedele nonostante il covo di interisti in famiglia, sciatore mancato. Timido, al punto di non presenziare mai alla consegna della (sua) coppa. In gioventù, gli studi alla Scuola d’arte applicata Umanitaria, poi alla Superiore del Castello Sforzesco, sempre a Milano. É lì che si specializza come orafo e gioielliere. É lì che nasce la sua naturale avanguardia verso quelle coppe pregiate. Per cui ha speso ogni giorno della sua vita, dai 16 anni sino ai 90 anni compiuti, impassibile anche alle guerre. In bacheca si è messo un Ambrogino d’Oro (per il ruolo di artista contemporaneo a Milano), il titolo di Commendatore della Repubblica (nel 2012). Ma quello a cui Gazzaniga tiene di più lo ha sempre nel suo studio formato modellino, accanto a un ritratto della moglie Elsa, sposata più di 60 anni fa. La sua “bambina”, così lo chiama. Che non morirà mai. Per questo hanno re-inciso a spirali i nomi delle squadre vincitrici.


(Fonte Il Corriere della Sera del 15 Giugno 2015)

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Qatar 2022: Il mondiale degli schiavi

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Un rapporto di Amnesty International riporta alla ribalta lo scandalo degli operai stranieri, soprattutto nepalesi alle dipendenze del comitato organizzatore impiegata nella costruzione delle infrastrutture per i Mondiali di calcio 2022 in Qatar. Il settore delle costruzioni in Qatar è dominato da abusi e i lavoratori, impiegati in progetti multimilionari, subiscano gravi forme di sfruttamento.

Nel contesto dell’imminente costruzione degli stadi che ospiteranno i Mondiali Fifa del 2022, il rapporto di Amnesty International descrive la complessità delle catene d’appalto e denuncia diffusi e regolari abusi nei confronti dei lavoratori migranti, in alcuni casi vere e proprie forme di lavoro forzato.

“Non si può assolutamente scusare che in uno dei paesi più ricchi del mondo così tanti lavoratori migranti siano sfruttati senza pietà, privati del salario e abbandonati al loro destino” – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

“Le imprese di costruzione e le stesse autorità del Qatar stanno venendo meno al loro dovere nei confronti dei lavoratori migranti. I datori di lavoro mostrano un impressionante disprezzo per i loro diritti umani basilari e molti approfittano del clima permissivo, nonché della scarsa applicazione delle tutele, per sfruttare i lavoratori del settore delle costruzioni” – ha aggiunto Shetty.

I migranti impiegati nel settore delle costruzioni in Qatar lavorano spesso per piccole e medie imprese che prendono subappalti dalle grandi compagnie, le quali talvolta non riescono a garantire che i lavoratori non vengano sfruttati.

“Le imprese devono assicurare che i migranti impiegati nei progetti di costruzione non siano sottoposti ad abusi. Dovrebbero intervenire prima e non limitarsi ad agire quanto gli abusi vengono portati alla loro attenzione. Chiudere un occhio su qualunque forma di sfruttamento è imperdonabile, soprattutto quando in questo modo si distruggono i mezzi di sussistenza e la vita stessa delle persone” – ha proseguito Shetty.

Il rapporto, basato su interviste a lavoratori, datori di lavoro e rappresentanti del governo, descrive un’ampia serie di abusi nei confronti dei lavoratori migranti, tra cui il mancato pagamento dei salari, condizioni durissime e pericolose di lavoro e situazioni alloggiative sconcertanti. I ricercatori di Amnesty International hanno anche incontrato decine di lavoratori intrappolati in Qatar senza via d’uscita, poiché i loro datori di lavoro gli stavano impedendo da mesi di lasciare il paese.

“I riflettori del mondo resteranno puntati sul Qatar da qui ai Mondiali Fifa del 2022, offrendo al governo un’opportunità unica per mostrare al mondo che prende sul serio i suoi impegni in materia di diritti umani e può costituire un modello per il resto della regione” – ha rimarcato Shetty.

Il rapporto di Amnesty International fa luce sull’inadeguatezza della legislazione a tutela dei lavoratori migranti, peraltro aggirata regolarmente da molti datori di lavoro. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto dunque il rafforzamento delle norme vigenti e la fine del sistema dello “sponsor”, che impedisce ai lavoratori migranti di lasciare il paese o di cambiare impiego senza il permesso del loro datore di lavoro.

Il rapporto, inoltre, mette in evidenza le prassi seguite dalle imprese di costruzione, alcune delle quali considerano normale violare gli standard a tutela dei lavoratori. La discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti – la maggior parte dei quali proviene dall’Asia meridionale e sudorientale – è un fenomeno comune. I ricercatori di Amnesty International hanno udito il direttore di un’impresa di costruzione chiamare i suoi lavoratori “gli animali”.

Le ricerche di Amnesty International hanno rivelato come alcuni dei lavoratori che avevano subito abusi erano stati assunti da imprese che avevano preso subappalti da compagnie globali come Qatar Petroleum, Hyundai E&C e OHL Construction.

L’organizzazione per i diritti umani ha contattato diverse grandi imprese per segnalare i casi che aveva documentato. Molte hanno espresso seria preoccupazione e alcune hanno detto di aver a loro volta compiuto indagini. Una ha affermato di aver deciso di migliorare il sistema di ispezioni sul lavoro. Le risultanze del rapporto di Amnesty International alimentano i timori che nella costruzione dei principali impianti, compresi quelli che potrebbero essere di cruciale importanza nello svolgimento dei Mondiali Fifa del 2022, i lavoratori potranno essere sottoposti a sfruttamento. In un caso, i lavoratori di un’impresa che fornisce materiali fondamentali per un progetto legato alla costruzione di quello che sarà il quartier generale della Fifa, hanno subito gravi abusi.

“Venivamo trattati come bestie”, hanno affermato i lavoratori nepalesi assunti dall’impresa, costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno, sette giorni su sette, anche durante i torridi mesi estivi. Amnesty International ha chiesto alla Fifa di agire con urgenza, insieme alle autorità del Qatar e agli organizzatori dei Mondiali del 2022, per impedire questi abusi.

“Le nostre ricerche hanno evidenziato un allarmante livello di sfruttamento nel settore delle costruzioni in Qatar. La Fifa ha il dovere di dire forte e chiaro che non tollererà abusi nei progetti di costruzione relativi ai Mondiali di calcio” – ha ribadito Shetty. “Il Qatar sta ricorrendo in misura ragguardevole ai lavoratori migranti per sostenere il boom delle costruzioni e la popolazione del paese aumenta di 20 unità all’ora. Molti migranti arrivano in Qatar pieni di speranze, che vengono sbriciolate poco dopo l’arrivo. Non c’è tempo da perdere, il governo deve intervenire subito per fermare questi abusi”.

Il rapporto di Amnesty International sottolinea casi di sfruttamento che costituiscono lavoro forzato. Alcuni lavoratori hanno dichiarato di vivere nella costante paura di perdere tutto, di essere minacciati di multe, di espulsione o di decurtazione del salario se non si presentano al lavoro, anche quando non vengono pagati. Di fronte a debiti crescenti e impossibilitati a sostenere economicamente le famiglie a casa, molti lavoratori migranti maturano gravi disturbi psicologici e in alcuni casi arrivano sull’orlo del suicidio.

“Dimmi, ti prego: c’è un modo per uscire fuori da qui? Stiamo diventando completamente matti!” – ha detto ad Amnesty International un lavoratore nepalese che non veniva pagato da sette mesi e al quale da tre mesi veniva impedito di lasciare il Qatar.

Il rapporto di Amnesty International documenta ancora casi di lavoratori ricattati dai datori di lavoro. I ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno visto coi loro occhi 11 uomini firmare documenti di fronte a funzionari del governo in cui dichiaravano il falso – ovvero, di aver ricevuto il salario – per riavere indietro i passaporti e poter così lasciare il Qatar.

Molti lavoratori si sono lamentati delle cattive condizioni di salute e a proposito degli standard di sicurezza, denunciando in alcuni casi la mancata fornitura dei caschi protettivi. Un rappresentante del principale ospedale della capitale Doha ha dichiarato nel corso dell’anno che, nel 2012, oltre 1000 persone erano state ricoverate nel reparto traumatologico dopo essere cadute dalle impalcature. Il 10 per cento dei ricoverati era diventato disabile e il tasso di mortalità era definito “significativo”.

I ricercatori di Amnesty International hanno anche trovato lavoratori migranti in alloggi squallidi e sovraffollati, senza aria condizionata, circondati da rifiuti e da fosse biologiche scoperte. Alcuni campi erano privi di corrente elettrica e molti uomini vivevano senza acqua potabile.

Amnesty International ha chiesto al governo del Qatar di cogliere l’opportunità di assumere la leadership regionale nel campo della protezione dei diritti dei lavoratori migranti.

“Se non verranno adottati provvedimenti immediati e di ampia portata, centinaia di migliaia di lavoratori migranti che verranno assunti nei prossimi anni correranno un rischio elevato di subire abusi” – ha concluso Shetty.

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Calcio: I trasferimenti valgono 3 miliardi all’anno. Sport per ricchi

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Il mercato del lavoro nel settore calcistico è estremamente segmentato: vi è un ‘mercato primario’ consistente di un numero ridotto di giocatori star e un mercato secondario costituito di calciatori professionisti e semi-professionisti che non guadagnano somme enormi e spesso incontrano difficoltà nello sviluppo professionale, soprattutto dopo aver terminato la carriera attiva.

Le società calcistiche spendono circa 3 miliardi di euro all’anno per i trasferimenti di calciatori, ma ben poco di questo denaro arriva fino alle piccole società o al settore del calcio dilettantistico, come risulta da uno studio della Commissione europea. Il numero di trasferimenti nell’ambito del calcio europeo è più che triplicato nel periodo 1995-2011, mentre gli importi spesi dalle società per i trasferimenti sono aumentati di sette volte.

Le "big-5" società calcistiche rappresentato oltre il 55% di tale importo

Le “big-5″(Italia,Francia,Inghilterra,Germania,Spagna) rappresentato oltre il 55% di tale importo

Il grosso della spesa si concentra però su un numero ristretto di società calcistiche che hanno le maggiori entrate o sono patrocinate da investitori estremamente ricchi.

Da soli, questi 20 club sono responsabili del 33% delle spese di trasferimento da parte delle società UE

Da soli, questi 20 club sono responsabili del 33% delle spese di trasferimento da parte delle società UE

Questa situazione esaspera gli squilibri che sussistono tra le società ricche e quelle povere, visto che meno del 2% degli importi derivanti dai trasferimenti arriva fino alle società più piccole o alle associazioni dilettantistiche che sono essenziali per la crescita dei nuovi talenti. Il livello di ridistribuzione del denaro in questa disciplina sportiva, che dovrebbe compensare i costi della formazione e dell’educazione dei giovani giocatori, è insufficiente per consentire alle associazioni più piccole di svilupparsi e di sottrarsi al controllo esclusivo che le società più grandi continuano a esercitare sulle competizioni sportive.

Percentuale di titoli nazionali vinti dalle tre squadre di maggior successo e da una solo squadra nazionale

Percentuali di titoli nazionali vinti dalle tre squadre di maggior successo
e da una solo squadra nazionale

Le regole in materia di trasferimenti sono definite dalle federazioni che disciplinano lo sport, ad esempio la FIFA per il calcio e la FIBA per il basket. Il sistema elettronico di regolamentazione dei trasferimenti (TMS) della FIFA, che è usato da 4.600 società in tutto il mondo, ha aumentato la trasparenza dei trasferimenti internazionali, ma si deve fare di più a livello nazionale. Dalla relazione emerge che l’attuale sistema continua ad andare per lo più a vantaggio delle società più ricche, delle star del calcio e dei loro agenti.

La relazione raccomanda che le regole della FIFA e delle federazioni nazionali dovrebbero assicurare controlli più rigorosi sulle transazioni finanziarie e prevedere l’introduzione di una ‘tassa di fair-play’ sui trasferimenti al di là di un importo da concordarsi tra le federazioni e le società, per incoraggiare una migliore ridistribuzione dei fondi dalle società ricche a quelle meno abbienti.

Lo studio suggerisce inoltre di porre un limite al numero di giocatori per società, di procedere al riesame della questione della ‘proprietà di terzi’, laddove un giocatore è in effetti concesso in prestito da un agente a una società, e di porre fine alle pratiche contrattuali che gonfiano gli importi dei trasferimenti, come quando ad esempio una società prolunga il periodo di protezione durante il quale i giocatori non possono essere trasferiti senza il consenso della società. La relazione sollecita inoltre la piena attuazione della regola dell’UEFA sul fair play finanziario e la messa in atto di ‘meccanismi di solidarietà’ più forti per incoraggiare lo sviluppo dei giovani e la protezione dei minori. Gli autori dello studio invitano gli enti sportivi a migliorare la loro cooperazione con le autorità di forza pubblica per combattere il riciclaggio di denaro e la corruzione.

“La Commissione europea riconosce appieno il diritto delle autorità sportive di definire le regole per i trasferimenti, ma dal nostro studio risulta che tali regole, nella loro forma attuale, non assicurano un giusto equilibrio nel settore del calcio né condizioni di equità nei campionati nelle coppe. Abbiamo bisogno di un sistema di trasferimenti che contribuisca allo sviluppo di tutte le società e dei giovani giocatori”, ha affermato Androulla Vassiliou, commissario europeo responsabile per lo sport.


Spread & pallone. Come la finanza ha ucciso il calcio. Calcio e mondo del business: un binomio che genera mostri e si lascia alle spalle morti e feriti. Ottantamila tifosi di Lazio e Juventus irretiti dalle quotazioni in borsa per far fronte alle magagne gestionali; titoli che hanno perso il 98% del loro valore; centinaia di miliardi spariti nel nulla… Voragini nei bilanci (un rosso record da 95,4 milioni di euro solo per la Vecchia Signora) e garanzie rilasciate dalle stesse società in deficit. Una finanza creativa applicata anche da Bankia, la cassaforte del Real Madrid: Ronaldo e Kakà finiranno a palleggiare nell’ufficio di Draghi alla BCE? Un impero calcistico, quello spagnolo, che deve 752 milioni di euro allo Stato, a sua volta indebitato per 1.090 miliardi… Non che le squadre di Sua Maestà Britannica godano di miglior salute. E ancora. Bookmakers che mutuano dalla finanza strategie di copertura del rischio, scommettendo presso altri operatori. Un giro d’affari – e di corruzione a tutti i livelli – di 200 miliardi annui, a cui si affacciano, con la loro geopolitica applicata al tifoso e combattuta a colpi di merchandising, i nuovi padroni venuti dal Golfo. La cessione di quote del Milan, a differenza del 2008, andrà a buon fine? Doping

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Affaire Michel Platini: Le Roi “del Qatar”

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Una nuova indagine pubblicata martedì dalla rivista France Football rivela la grana Qatargate, un dietro le quinte delle trattative per consentire al Qatar di ottenere i Mondiali di calcio del 2022, con la presunta corruzione dei membri del consiglio della Fifa. Dichiara Guido Tognoni, licenziato dalla FIFA nel 2003, rompendo il silenzio: ” Tutto ciò che accade alla FIFA da decenni, è la cultura del marcio dello sport” , dice il leader svizzero di 62 anni, che ha trascorso tredici anni alla FIFA, “Indipendentemente da chi occupa la carica di Presidente esistono accordi tra amici, messaggi e inciuci su commissioni per placare i nemici, il denaro ha portato alcuni a riempirsi le tasche.. il tutto simile ad un sistema mafioso”.

Dopo il Watergate, il Qatargate. Quarant’anni dopo lo scandalo che portò all’impeachment e alla caduta del presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, ecco lo scandalo che rischia di travolgere un presidente certo meno importante ma non meno popolare: Michel Platini, 57 anni, francese, ex fuoriclasse della Juventus e oggi presidente della Uefa, l’organismo del calcio europeo che Michel presiede dal 26 gennaio 2007.

Ironia del caso: Platini è stato il solo giocatore, prima di Messi, capace di vincere per 3 anni consecutivi il Pallone d’Oro, e cioè il trofeo che fino a pochi anni fa veniva messo in palio dalla rivista France Football; ebbene, Le Roi Michel mai avrebbe pensato, ricevendo nelle sue mani il prestigioso premio nel 1983, nel 1984 e nel 1985, che la rivista che ne stava decretando la gloria a livello planetario lo avrebbe un giorno crocifisso con un’accusa che, se provata, potrebbe decretarne la fine, oltre che la rovina a livello d’immagine.

“Qatargate!”, per l’appunto, è il titolo dell’inchiesta con cui i giornalisti di France Football, novelli Woodward & Bernstein del pallone, stanno inchiodando Platini a responsabilità tremende: essersi fatto corrompere dagli sceicchi di Doha per gestire la compravendita dei voti che il 2 dicembre 2010 consentirono al Qatar di vedersi assegnare, a sorpresa e battendo “in finale” gli Stati Uniti 14-8, i Mondiali di calcio del 2022.

Decisione stupefacente se si considera che mai un Mondiale di calcio è stato disputato in un paese di dimensioni tanto minimali (il Qatar, 1 milione di abitanti, è grande come l’Abruzzo) e che le temperature dello Stato mediorientale sono proibitive, per il gioco del football: roba che al confronto i Mondiali in Usa del ‘94, quelli in cui Pizzul sbuffava e teneva i piedi a mollo durante le telecronache, potrebbero passare alla storia come i Giochi Invernali del Pallone. Sorpresa vera, quella di Platini corrotto. Perché diciamolo: se il coinvolgimento della Fifa (l’organismo del calcio mondiale), e cioè di Blatter e dei suoi accoliti, non stupisce nessuno, visto che il 77enne dirigente svizzero fa il bello e il cattivo tempo in seno alla Fifa, indisturbato, temuto e riverito da qualcosa come 32 anni prima come direttore tecnico, poi come segretario e ora come presidente, attaccato alla cadrega che Carraro e Abete al confronto sono due dilettanti; se non stupisce, dicevamo, che tra i voti comprati dal Qatar ci siano quelli dei delegati Fifa e della federazione degli Emirati Arabi (ogni voto valeva 1,5 milioni di dollari), sconvolge trovare la federazione di Francia e soprattutto lui, Platini, numero uno Uefa, con l’accusa di essere addirittura la mente del Grande Imbroglio.

Secondo la ricostruzione di France Football, il 23 novembre 2010 Platini partecipa a un incontro top secret con Nicolas Sarkozy, presidente francese, e Tamin bin Hamad al-Thani, principe del Qatar, che vuole a tutti i costi arrivare all’as- segnazione del Mondiale di calcio nel proprio Stato (che detiene il 14% delle risorse mondiali di petrolio). In cambio del sì francese e dell’impegno di Platini a tele-guidare la votazione (che vedrà sconfitti, oltre agli Usa, anche Australia, Giappone e Corea del Sud), scatta la corruzione. Che viene abilmente articolata. Per un’amichevole Brasile-Argentina giocata a Doha il 17 novembre 2010 le due federazioni vengono retribuite con 7 milioni di dollari cadauna, una cifra spropositata; per sponsorizzare il Congresso della Confederazione calcistica africana (2010, Angola), il Qatar sborsa 1,25 milioni di euro. Ma soprattutto, a Mondiale ottenuto lo sceicco Al Thani acquista a peso d’oro il Paris Saint Germain (e poi assume Laurent Platini, figlio 34enne di Michel, alla Qatar sports investment, branca del fondo che controlla iol Psg) come da promessa fatta a Sarkozy e Platini, irrompendo in un calcio di scarsissimo appeal come quello francese e facendo saltare il banco con investimenti lunari (vedi ingaggi di Ancelotti, Ibrahimovic e via dicendo).

I primi a gettare sinistri sospetti sugli strani maneggi di Fifa e Uefa (Blatter e Platini) furono gli inglesi, che dopo l’Olimpiade del 2012 si erano fatti avanti per ospitare i Mondiali del 2018. Risultato: torneo assegnato alla Russia, Inghilterra esclusa alla prima votazione e scoop-denuncia del Times che scopre la corruzione di Issa Hayatou (federazione Camerun) e di Jacques Anouma (ivoriano, presidente della Confederazione africana). Ora, ecco l’inchiesta di France Football che mette Platini con le spalle al muro. Il dirigente illuminato e democratico, quello del fairplay finanziario e del numero aperto in Champions League per favorire i piccoli club di Malta e Cipro, non era poi così nobile. Tantomeno altruista.

(Fonte Il Fatto Quotidiano)

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