Il 2 giugno celebra la nascita della Repubblica italiana, in ricordo del referendum istituzionale del 1946, che stabilì, a suffragio universale, la forma repubblicana per l’Italia. La celebrazione si articola nella parata militare che, a Roma, la mattina del 2 giugno, attraversa via dei Fori imperiali e nel ricevimento offerto dal Presidente della Repubblica al Corpo diplomatico accreditato in Italia. In passato, più volte, si è deciso di sospendere questa parata, a volte in occasione di una civile solidarietà offerta al Paese o ad alcune comunità per gravi eventi naturali. In altri casi, come durante il settennato del Presidente Scalfaro, per ragioni di sobrietà complessiva, si pensò che fosse utile tagliare queste spese e dare segno di sobrietà e di umiltà al Paese. In quel caso, il Presidente Scalfaro volle spiegare che preferiva aprire i giardini del Quirinale per tutta la giornata del 2 giugno a tutte le famiglie ed alle persone normali, perché questa è la Festa degli Italiani. Negli ultimi anni i costi sono saliti: 3,5 milioni di euro nel 2010, 4,4 milioni di euro nel 2011, un contenimento dei costi nel 2012, che ha portato a ridurre la cifra a due milioni di euro, pur avendo 2.500 persone che hanno sfilato tra civili e militari.
È opportuno mantenere in vita questa parata in un Paese che soffre di un disagio sociale ed economico così forte e così marcato in questo tempo? Scalfaro per sette anni sospese questa parata: nessun pregiudizio antimilitarista, ma forse la serena valutazione che in quei tempi il Paese doveva dare anche un segno di contenimento nelle proprie spese. Lo chiede un Paese che ha più di 6 milioni di italiani che vivono ai margini del mercato del lavoro (sono le cifre dell’ISTAT) e che ha raccolto 100 milioni di ore di cassa integrazione nel mese di marzo (sono statistiche, cifre della CGIL), un Paese che (ci dice sempre l’ISTAT) ha 20 milioni di cittadini vulnerabili. La vulnerabilità è un concetto assai grave perché riguarda non la condizione di povertà, ma il rischio alla povertà e rende un Paese affaticato dentro e fuori perché lo rende comunque ostile di fronte a questo rischio e di fronte a questa evenienza. Un Paese insicuro, l’urgenza più importante è quella della messa in sicurezza del territorio: l’82 per cento dei nostri comuni vive in condizioni di rischio quotidiano idrogeologico. Naturalmente so qual è l’obiezione che si fa in questi casi: due milioni di euro sono poca cosa rispetto ai 18 miliardi di euro che si prevede di spendere nel programma di costruzione degli F-35, sono poca cosa rispetto ai 60 miliardi di euro che continuiamo a spendere come pedaggio obbligato ai corrotti e corruttori in questo Paese, sono poca cosa rispetto ai 140 miliardi di euro di evasione fiscale. Tuttavia anche i simboli, in questo momento, lasciano una traccia. Non è un caso che la prima decisione del Consiglio dei ministri di questo Governo sia stata quella di ridursi i propri stipendi. È chiaro che la riduzione degli stipendi dei sottosegretari e dei Ministri non servirà a mettere in sicurezza il territorio né a restituire lavoro ai 6 milioni di italiani che vivono al di sotto della soglia della precarietà, però gesti di umiltà e gesti di sobrietà sono anche gesti che riescono a costruire un clima di condivisione al quale la festa della Repubblica si richiama.
Il Presidente Napolitano ricorda che il 2 giugno: “è la festa di tutti gli italiani che in quel giorno ricordano e riaffermano i valori democratici della convivenza civile che trovano espressione nelle varie forme della loro partecipazione alla vita sociale del Paese“. Il Presidente Napolitano parla di tutti gli italiani e ci fa capire che non esistono italiani con la “i” maiuscola e italiani con la “i” minuscola. In genere sarebbe bene non utilizzare le maiuscole e le minuscole per attribuire maggiore o minore dignità ai cittadini di questo Paese. Se proprio questa parata si deve svolgere, perché non invitare a questa parata gli insegnanti, i precari e i ricercatori dell’università, decine di migliaia di donne e di uomini che danno un contributo economicamente faticoso, dal loro punto di vista, alla qualità del sapere e alla civiltà complessiva di questo Paese. Perché non invitare le badanti straniere che sono più di un milione. Un milione di badanti straniere, oggi, rappresentano una funzione di supplenza che lo Stato mette sulle loro spalle e permettono di risparmiare 45 miliardi di euro di welfare non elargito, sono dati che ci offre la Caritas. Perché non invitare gli Italiani?
P.S. I tagli? 2585 soldati rispetto ai 4774 del 2010, 698 rappresentanti dei corpi non armati (4 anni fa erano 1156), un lieve risparmio (598 mila e 934 euro, rispetto ai 601 mila 169 spesi l’anno scorso) anche per allestire le 23 tribune lungo il percorso, per un totale di 3.380 posti in piedi e 3.196 seduti (in tutto 6.576 rispetto agli 11.648 del 2010). Il tutto ci costerà 1.500.000 euro (appena 400 mila euro in meno rispetto al 2012), per una festa che, forse, si dovrebbe evitare.