L’Italia vanta 243 denominazioni protette DOP, IGP, STG e oltre 520 denominazioni vitivinicole. Il BelPaese è la patria della tradizione di prodotti di qualità, non solo certificata. Proprio per questa ragione i prodotti tipici rappresentano una golosa opportunità di affari per pirati del cibo.
Come ogni anno, il rapporto sulla Sicurezza Alimentare “Italia a tavola 2012”, a cura del Movimento difesa del cittadino (Mdc) e Legambiente, fornisce un quadro approfondito nel settore della truffa alimentare. La contraffazione non è altro che la sostituzione di un prodotto con un altro di minor pregio ma che presenta caratteristiche affini, ovviamente di minore qualità. Ed è così che nascono le storie della Mozzarella di bufala prodotta con latte vaccino, dell’olio deodorato, di pesce congelato spacciato per fresco, di conserve di San Marzano tricolore ricavate da pomodori provenienti da paesi lontani come di container contenenti vino privo dei documento di tracciabilità. Nel 2011 gli oltre 900mila controlli effettuati hanno portato al sequestro di 24 milioni di chili di prodotti per un valore di oltre 840 milioni di euro.
Il nostro Paese ad oggi conta 1.093 prodotti iscritti nei registri europei delle DOP, IGP, STG. Ammonta a 6 miliardi di euro il valore del fatturato alla produzione delle Denominazioni di origine italiane nel 2010 e quasi 10 miliardi di euro al consumo. Per il settore vitivinicolo le registrazioni sono 521 (su 1.900 riconoscimenti europei). E poi c’è il biologico: nel 2011 è aumentata la superficie coltivata (+1,5%) e gli operatori coinvolti (+1,3%). E i consumatori danno sempre più valore alla qualità ambientale del cibo.
La mozzarella di bufala. Ogni anno i giornali si riempiono di brutte storie di frodi di questo prodotto tra i simboli dell’Italia come della cucina mediterranea. Il 2008 fu l’anno delle mozzarelle di bufala alla diossina. Il 2009 nel Casertano vengono trovate delle bufale dopate con la somatotropina, ormone della crescita impiegato per produrre più latte e con effetti cancerogeni sull’uomo. Sempre nel 2009 il Consorzio di tutela venne commissariato dopo che il presidente, l’imprenditore Luigi Chianese, venne sorpreso ad annacquare il latte. Nel 2010 si diede il via alle “mozzarelle blu”, contaminate dal batterio Pseudomonas Fluorescens. Non pericoloso per la salute, ma che rende le mozzarelle non commestibili. Tra il 2010 e il 2011 sono state sequestrate oltre dodicimila tonnellate di latte per un totale di oltre 17 milioni di euro di valore.
Olio extravergine, “L’oro verde”. Le storie di frodi sono tante e variegate. Miscelazioni con oli di semi o addirittura lampanti, colorazioni con la clorofilla, “deodorazioni”. Tutte però hanno un comune denominatore: la contraffazione finalizzata a far credere che si tratti di olio extra vergine di qualità e italiano. Secondo L’Agenzia delle Dogane, nel 2011, l’Italia ha importato oltre 35 milioni di chilogrammi di olio esportato oltre 156 milioni, soprattutto nel Nord America. In particolare all’estero si contano numerosi casi di “italian sounding”, dove il concetto di italianità rappresenta un vero e proprio strumento di marketing. Una frode che ha creato molto clamore è la “deodorazione”. Si tratta di un procedimento applicato a olive mal conservate e trattate con metodologie assenti in Italia, ma molto diffuse in altri paesi. Nel febbraio 2011 il Nucleo Agroalimentare Forestale di Roma del Corpo forestale, a seguito di una lunga indagine iniziata nel settembre del 2010, ha riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro. L’ipotesi degli investigatori era che i documenti siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che, secondo la Procura di Firenze, conterrebbe olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine. Questo può essere definito come il primo grande maxi sequestro di olio deodorato. Nell’agosto 2011 altri 9.000 litri di olio di oliva “deodorato” proveniente dalla Spagna e dalla Grecia sono stati sequestrati invece dal Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari. Spudoratamente “100% italiano” erano invece i 38.501,52 quintali di olio extravergine di oliva sequestrati dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), in collaborazione con la Guardia di Finanza di Siena, a giugno 2012. In realtà il prodotto era ottenuto dalla miscelazione di prodotti di origine spagnola e greca, venduto a numerose ditte imbottigliatrici ad un prezzo assolutamente in linea con le aspettative del mercato nazionale.
Prodotti ittici. Pesci abusivamente decongelati, mitili allevati in acque inquinate, prodotti congelati di provenienza cinese e scaduti di validità, riconfezionati e rietichettati con scadenze prolungate di 18 mesi rispetto all’originale, senza alcuna verifica sulla genuinità e salubrità. Tante le irregolarità in tema di tracciabilità ed etichettatura al consumatore. Lunga la lista delle frodi nel comparto ittico scoperte dagli istituti preposti al controllo. A chi vuole ingannare il consumatore, magari mettendo in pericolo la sua salute, si aggiunge anche chi inquina il mare e i suoi abitanti. Le emergenze notificate del Sistema di allerta comunitario, 714 casi nel 2011, hanno riguardato soprattutto la presenza di metalli pesanti, parassiti, in particolare l’Anisakis, e contaminanti microbiologici. Tra i metalli pesanti soprattutto mercurio nei pesci e cadmio in crostacei e molluschi. I Paesi in testa alle notifiche sono Spagna, Francia e Marocco. I contaminanti sono soprattutto Listeria, E. coli e salmonella, mentre tra i parassiti è presente soprattutto l’Anisakis, un piccolo un verme parassita nematodo presente nelle viscere di molti prodotti ittici, soprattutto pesce azzurro. Le carni contaminate sono pericolose soltanto se mangiate crude; anche la marinatura non è sufficiente. Le conseguenze per l’uomo possono essere nulle, poco gravi (dolori addominali, nausea vomito) o molto gravi. In alcuni casi si sono riscontrate reazioni da shock anafilattico oppure si è reso necessario l’intervento chirurgico in quanto la larva può arrivare a perforare l’intestino umano.
Il pomodoro falsamente etichettato. Il pomodoro, nelle sue numerose varietà, di cui 500 solo quelle registrate in Italia, si piazza ai primi posti nell’export agroalimentare. Va da sé che attorno all’oro rosso possano ruotare interessi non sempre onesti e che poco spazio lasciano alla sicurezza alimentare. I Nac, nel 2011, hanno individuato un flusso di esportazione verso gli Stati Uniti di conserve di pomodoro con false etichette del pomodoro “San Marzano dell’Agro sarnese-nocerino DOP”, pari a circa 34 tonnellate di prodotto. Il Tribunale di Nocera Inferiore, invece, ha pronunciato la prima sentenza di condanna per il reato di “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci” infliggendo la pena di 4 mesi di reclusione e 6 mila euro di multa al titolare di una importante industria conserviera che, nell’ottobre 2010, aveva trasformato e commercializzato “triplo concentrato di pomodoro” importato dalla Cina etichettandolo “Made in Italy”.
Il vino tarocco. Il mercato del vino continua a crescere, e secondo gli ultimi dati Istat ha raggiunto un valore pari a circa 4,4 miliardi di euro. Nel 2011 sono stati venduti oltre 24 milioni di ettolitri di vino, in aumento del 9% rispetto al 2010. Ma alla crescita del mercato corrisponde anche un aumento dei casi di contraffazione, sofisticazione e frodi. Il settore vitivinicolo è stato quello che ha fatto registrare il maggior numero di sequestri (pari al 47% del totale dei controlli), per un valore economico pari a circa 7 milioni di euro. Tra i principali illeciti accertati si segnalano: indebita percezione di aiuti comunitari per irregolarità nelle operazioni di arricchimento con mosto concentrato e rettificato; sofisticazione di vini per zuccheraggio o per annacquamento; detenzione di prodotti vitivinicoli non giustificati dalla documentazione ufficiale di cantina; qualificazione di vini comuni come vini di qualità e poi ancora la produzione, vendita o distribuzione di vini a DOP e IGP non conformi ai requisiti stabiliti dai rispettivi disciplinari di produzione piuttosto che la detenzione a scopo commerciale di mosti o vini sottoposti a trattamenti non ammessi, contenenti sostanze non consentite o presenti in quantità superiori ai limiti di legge.