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Ok, il prezzo è giusto per tutti

Ok-prezzo giusto

“Non c’è un prezzo oggettivamente giusto per una merce, ci sono solo singole valutazioni individuali. Arthur Cecile Pigou, economista britannico che insegnava a Cambridge, chiamò “discriminazione di prezzo” le distinzioni tra i consumatori basate sul prezzo che ciascuno è disposto a pagare per lo stesso prodotto.

Fino a oggi la discriminazione di prezzo, in cui ad esempio, una compagnia ferroviaria può imporre a ogni passeggero il prezzo più alto per il viaggio in treno, era considerata impossibile nel mercato di massa. I prezzi fissi producono un contratto sociale invisibile: nei supermercati o nei negozi di detersivi tutti i consumatori devono essere uguali. I prezzi fissi creano vincitori e perdenti: per qualcuno una merce potrebbe costare anche di più, per qualcun altro è troppo cara. Così, dallo yogurt ai taxi, ci sovvenzioniamo a vicenda. A trarre maggior vantaggio da questo meccanismo è il consumatore comune, la classe media.

Fino a poco tempo fa nella vita di ogni giorno i prezzi corrispondevano alla stima della cifra media che i consumatori più diversi erano pronti a pagare per qualcosa. Poi sono arrivati i computer, internet, Facebook, Google, gli scanner, i codici identificativi, le telecamere a circuito chiuso, gli smartphone: un arsenale per raccogliere dati sulle persone, sulle loro preferenze, sui loro rapporti di parentela, sul loro lavoro, sui loro spostamenti abituali, sui loro valori. Negli Stati Uniti ormai un prezzo su venti è personalizzato e più della metà delle imprese della distribuzione sta già sperimentando le cosiddette tecniche di price intelligence.

La discriminazione di prezzo totale è una tendenza globale praticamente inarrestabile, perché in mercati saturi come quello dei generi alimentari la concorrenza tra prezzi è l’unico modo di aumentare le vendite. “Questo detersivo lava più bianco” non funziona più. E le promozioni tradizionali, come i tagliandi o le raccolte punti, non hanno più effetto a causa della grande dispersione. Le offerte personalizzate sono praticamente l’ultima possibilità di aumentare le vendite. Ormai i negozi si sono trasformati in servizi di sorveglianza che cercano di analizzare nei minimi dettagli i comportamenti dei consumatori. In tutto il mondo sparisce un prezzo fisso dopo l’altro. Secondo alcune previsioni, negli Stati Uniti tre prezzi su dieci saranno personalizzati entro il 2020. Oltre ad Amazon e alla Coca­Cola, sperimentano queste tecniche anche i fornitori di energia elettrica, i supermercati e grandi magazzini del fai da te. Anche alle Olimpiadi di Londra del 2012 i prezzi dei biglietti si adattavano alla domanda.

Come ha scritto Tyler Cowen, autore del saggio Average Is over (La media è finita), questo modello potrebbe favorire i ricchi e colpire duramente il cittadino medio. Potrebbe condannarci a una vita d’insicurezza e di dipendenza.

L’eventualità più allarmante sarebbe il collegamento di tutte le informazioni sulle aziende e sulle reti: in quel caso ogni nostra azione ed espressione, anche passata, influenzerebbe il prezzo che paghiamo per qualcosa. Internet si trasformerebbe in una sorta di storia creditizia, come teme chi critica Atlas, la nuova piattaforma pubblicitaria di Facebook.

In futuro le persone potrebbero cominciare a scambiarsi le identità per pagare prezzi più bassi. In effetti i prezzi sono uno degli strumenti di controllo più importanti della nostra società. La questione è politica: il prezzo del pane può far scoppiare una rivoluzione. Ma cosa succede quando in una società cambia completamente il sistema che determina i prezzi?” Hannes Grassegger, giornalista ed economista svizzero

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