Quando si parla di suicidi in carcere i numeri colpiscono sempre. Un’epidemia di cui nessuno parla. Pochi dati mettono il luce il disagio delle carceri come quello dei suicidi, un dramma che coinvolge sia i detenuti che gli agenti di custodia. Oltre al ministero, anche l’associazione per i diritti dei detenuti Ristretti orizzonti tiene traccia di questa statistica. Entrambe le fonti segnano una riduzione successiva al contenimento del sovraffollamento. Negli anni di massimo sovraffollamento, tra 2009 e 2011, si sono suicidati quasi 60 detenuti ogni anno, nel 2015 sono scesi a 39. Continue Reading
detenuti
Sovraffollamento carceri: Solo la Serbia è peggio di noi
L’Italia è seconda, dietro alla Serbia, per sovraffollamento nelle carceri. Lo afferma il rapporto pubblicato dal Consiglio d’Europa relativo al 2012.
Dal 2011 al 2012, il numero di detenuti nelle carceri europee è sceso da 99,5 a 98 ogni 100 posti disponibili. Nonostante il numero di persone detenute sia diminuito di 90.000 (1.825.000 detenuti nel 2011 contro 1.737.000 nel 2012, ovvero una diminuzione del 5%), il sovraffollamento rimane un problema grave in 21 amministrazioni penitenziarie d’Europa. La situazione più difficile è quella di Serbia, Italia, Cipro, Ungheria e Belgio. La Serbia è prima con 160 detenuti ogni 100 posti, l’Italia con 145, Cipro con 140 e l’Ungheria con 139. E via via tutti gli altri paesi: Croazia (sesta con 120,9), Romania (settima, 118,9), Francia (ottava, 117,0), Portogallo (nono, 112,7). Rep. Ceca (14esima, 106,3), Slovenia (16esima, 105,2), Scozia e Finlandia (17esime, 104,6), Slovacchia (19esima, 102,6), Austria (21esima, 100,3).
Nei rapporti si conclude che le istanze giudiziarie spesso pronunciano pene di detenzione molto brevi, il che significa che in media il 20% dei detenuti sconta la pena in meno di un anno. Nonostante si assista a un aumento significativo del numero di persone in libertà vigilata o assegnate a istituti di controllo (il 13,6 % in più tra il 2011 e il 2012 e il 29,6% in più dal 2010), spesso molti paesi non introducono in modo sufficiente pene alternative alla detenzione e ricorrono raramente a queste ultime come pene sostitutive alla detenzione provvisoria: solo il 7% degli imputati in attesa di giudizio vengono assegnati ai servizi sociali.
I furti (20%) e il traffico di droga (17%) sono i reati più comuni per i quali i detenuti sono condannati a pene detentive. Il 13% dei detenuti sono tenuti in custodia per omicidio. L’Italia è seconda, dopo la Francia, per numero di suicidi: 63 nel 2011. Ed è prima per presenze di detenuti stranieri: 23.773, il 36%. In Spagna sono quasi 6mila, mentre in Germania sono 5.171.
Nel 2011, l’importo medio giornaliero europeo speso per ogni detenuto è salito a 103 euro, nel 2010 era di 93 euro. Tuttavia ci sono grandi differenze tra i paesi. Siamo tra i paesi europei che spendiamo di più per i detenuti, circa 124 euro, e c’è un migliore rapporto tra il loro numero (66.271) e quello di guardie carcerarie (36.794).
Le 10 cose da fare subito per porre rimedio al problema carceri
Sono 64.047 i detenuti negli istituti di pena italiani a fronte di 47.649 posti regolamentari ma quelli disponibili sono quasi ventimila in meno. Ben 2.459 sono in cella per una condanna inferiore a un anno. il sovraffollamento nelle carceri italiane è del 134,4%, ovvero in 100 posti sarebbero detenute più di 134 persone. Secondo il X Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione realizzato dall’Osservatorio Antigone, si tratta dei valori più alti in Europa, per questo l’associazione ha stilato le 10 cose da fare subito per porre rimedio a questa vergogna italiana.
La vita in carcere deve somigliare il più possibile alla vita esterna. Tendere alla reintegrazione significa innanzi tutto praticare l’integrazione. Gli unici elementi di separazione tra la vita penitenziaria e quella libera devono essere quelli inevitabilmente connessi alla condizione di detenzione. Per tutto il resto non deve esserci differenza tra cittadino libero e cittadino detenuto. Ecco dieci cose che il Ministero può fare immediatamente:
1. Aprire le celle e le sezioni per almeno dodici ore al giorno. La pena della reclusione deve consistere nello stare chiusi in un carcere, non nello stare chiusi in una cella. Il tempo trascorso in cella è un tempo morto e inutile, che nelle condizioni di sovraffollamento degli istituti italiani calpesta la dignità delle persone recluse, come ha affermato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella sentenza Torreggiani. Il corridoio della sezione non può costituire una valida alternativa alla cella, nell’ottica di una pena che mira a essere risocializzante e responsabilizzante. È nell’intero carcere – aule scolastiche, officine di lavorazione, laboratori, aule musicali, palestre, aree verdi – che deve svolgersi la vita dei detenuti. Esperimenti di questo tipo funzionano da molti anni, ad esempio nel carcere milanese di Bollate, e non sono dunque impossibili. È necessario interpretare diversamente il lavoro di custodia della polizia penitenziaria, che non può limitarsi al controllo fisico dei corpi, ad aprire e chiudere cancelli, in un modello infantilizzante nei confronti delle persone detenute.
2. Introdurre il web nelle carceri. La rete costituisce oggi il principale strumento di informazione e di partecipazione alla vita pubblica. È ingiusto e insensato che un detenuto che voglia essere informato sull’attualità debba spendere ogni giorno dei soldi per acquistare un quotidiano cartaceo quando può ottenere le stesse informazioni gratis dal web. Inoltre tutti coloro la cui corrispondenza non è sottoposta a censura da parte della magistratura dovrebbero avere la possibilità di utilizzare la posta elettronica, che per i cittadini liberi ha sostituito quasi del tutto quella tradizionale.
3. Tutelare in modo effettivo la salute anche attraverso una figura che sia realmente intesa quale medico di fiducia. Il medico penitenziario svolge molte funzioni, ha tante competenze, alcune delle quali di natura peritale, altre addirittura di natura disciplinare. Tutto ciò non aiuta a far sì che possa essere percepito dal detenuto quale proprio medico di fiducia.
4. Facilitare al massimo i contatti con le persone care. La cesura degli affetti è il fattore principale di allontanamento del detenuto dalla società e rema in senso inverso rispetto a qualsiasi ipotesi di reintegrazione. I colloqui non possono ad esempio interrompersi nei giorni festivi, non si può non presumere che i famigliari dei detenuti lavorino in quelli feriali. Allo stesso modo, va facilitato l’accesso agli apparecchi telefonici in qualsiasi orario del giorno.
5. Controllare i prezzi del sopravvitto e assicurare qualità. È inaccettabile che gli spacci interni alle carceri, spesso gestiti da cooperative private, applichino nei confronti dei prezzi svantaggiosi rispetto a quelli pagati dai cittadini liberi. La Corte dei Conti ha più volte segnalato il problema, senza che tuttavia vi sia stato posto rimedio.
6. Creare un autentico polo universitario per Regione. Sono pochi, circa300, i detenuti iscritti a corsi universitari. Solo 18 i laureati nel 2012. È importante incentivare ulteriormente gli studi superiori come tassello fondamentale antirecidivante per il percorso individuale. Il detenuto deve essere messo realmente in condizione di frequentare l’università, con un calendario di esami paragonabile a quello ordinario e con solidi strumenti didattici, ottenendo il permesso, quando possibile, di frequentare lezioni all’esterno.
7. Dedicare attenzioni e competenze specifiche alla detenzione femminile. Le donne in carcere hanno storie ed esigenze diverse da quelle degli uomini. La gestione unitaria di uomini e donne ha fatto sì che la maggior parte delle attenzioni e delle risorse sia stata da sempre dedicata alla detenzione maschile, nettamente predominante nei numeri. Su proposta di Antigone, alcuni anni fa è stata creata all’interno della Direzione Generale dei Detenuti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria un’unità amministrativa specifica dedicata alle donne. Tale ufficio, dotato oggi di insufficiente potere decisionale e di insufficienti risorse, deve essere potenziato e reso indipendente.
8. Dare ai detenuti la possibilità di votare. Nel 2014 si terranno le elezioni europee. L’esercizio del diritto di voto è il massimo strumento di partecipazione alla vita politica. Anche quei detenuti che hanno in teoria la possibilità di votare spesso in pratica non sono messi nella condizione di farlo.
9. Dare ai detenuti la possibilità di incontrare il proprio partner in intimità. L’eventuale modifica normativa richiesta è minima e non ha impatto sull’impianto gestionale complessivo delle carceri. La pena della reclusione non può consistere in un divieto tanto inutile quanto crudele come quello di avere una vita sessuale.
10. Dare vita a un ordinamento penitenziario specifico per le carceri minorili. L’ordinamento penitenziario del 1975 conteneva una norma transitoria che ne estendeva l’applicazione agli istituti per minorenni fino a quando il legislatore non avesse provveduto con un ordinamento apposito. Ciò ancora non è stato fatto. Gli adolescenti non possono essere gestiti allo stesso modo degli adulti. È necessario scrivere un nuovo testo di legge, al quale lavori una commissione mista e dagli incontri culturali ampi e variegati: non esclusivamente personale ministeriale bensì anche pedagoghi, psicologi, filosofi, umanisti.
Le condizioni di detenzione in Europa. 600.000 detenuti nelle carceri dell’UE
È nato il primo Osservatorio Europeo indipendente sulle condizioni di detenzione. Sono oggi 8 i paesi (Francia, Regno Unito, Grecia, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Spagna) nei quali l’osservatorio effettua il proprio lavoro di monitoraggio delle condizioni di detenzione e di promozione dei diritti fondamentali delle persone detenute. È oggi fondamentale arrivare a una omogenizzazione delle condizioni di detenzione che risponda a quanto imposto dagli standard europei. Ogni paese è ancora un universo a sé nel panorama carcerario europeo e lo scambio di buone prassi che il network costruito dall’Osservatorio permette è una risorsa fondamentale per la soluzione degli specifici problemi di ciascun sistema penitenziario nazionale. L’Osservatorio, che mira ad ampliare ulteriormente la propria rete, ha l’ambizione di fungere da organismo di monitoraggio delle condizioni di detenzione di circa 600.000 persone. Tanti sono infatti i detenuti attualmente presenti nelle carceri dell’Unione Europea.
Italia
La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha evidenziato i problemi principali
delle prigioni italiane, primo tra tutti un tasso di affollamento pari al 146%. Oltre il 40% della
popolazione detenuta si trova in custodia cautelare, una totale anomalia rispetto alla media
europea che si assesta attorno al 25%. I detenuti stranieri nelle carceri italiane sono il 37% del
totale mentre circa il 30% della popolazione detenuta è composta da tossicodipendenti. L’intero
sistema continua a essere caratterizzato da un elevato turn over. Sfortunatamente le misure
alternative alla detenzione non sono sufficientemente utilizzate.
Francia
La Francia ha assistito negli scorsi anni a una crescita drammatica della popolazione detenuta. I
detenuti sono oggi il 36% in più rispetto al 2001. Grandi progetti di edilizia carceraria non sono
stati in grado di ridurre il sovraffollamento e – data la natura delle costruzioni – hanno invece
creato altri problemi, quali un maggiore isolamento dei detenuti e comportamenti più violenti
(contro i compagni di detenzione, il personale o contro se stessi). Il tasso di suicidi continua a
essere molto elevato e le politiche sicuritarie impongono misure di sicurezza estremamente rigide
all’intera popolazione carceraria, compresi i detenuti caratterizzati da una bassa pericolosità
sociale. Queste condizioni si sono dimostrate controproducenti in termini di sicurezza pubblica,
comportando piuttosto un alto tasso di recidiva.
Grecia
Il sistema penitenziario Greco è caratterizzato da un grave sovraffollamento e da condizioni di vita
estremamente degradate. Si aggiungono a questi problemi quelli della carenza di personale,
dell’abuso della custodia cautelare, di una massiccia presenza di detenuti stranieri e di persone
accusate o condannate per crimini legati alla droga. La lunghezza delle pene inflitte è andata
aumentando e con essa anche la lunghezza del periodo tempo effettivamente trascorso in
prigione. La retorica governativa legata all’umanizzazione del sistema penitenziario, alla
promozione delle alternative alla detenzione e alla riduzione della popolazione detenuta si
scontra con una prassi che vede un mero ammassare le persone nelle carceri senza alcuna
prospettiva. Il liberalismo penale e penitenziario è costantemente schiacciato dalla austerità
penale e dalla repressione.
Lettonia
La Lettonia, con i suoi 300 detenuti ogni 100.000 abitanti, presenta il tasso più alto di carcerazione
tra i paesi dell’Osservatorio, nonché uno dei più alti nell’intera Unione Europea. Quasi il 30% dei
detenuti è in custodia cautelare. Il numero di stranieri in carcere è molto contenuto.
Polonia
Oltre venti anni dopo la trasformazione politica, il sistema penitenziario Polacco sta ancora
affrontando seri problemi. C’è la necessità di una riforma più radicale. Sono ancora gravissime le
questioni del sovraffollamento, delle condizioni degradate di detenzione, della mancanza di lavoro
e di cure mediche adeguate per i detenuti. Con l’ingresso nell’Unione Europea, la Polonia si è
trovata di fronte nuove sfide, tra cui il crescente numero di detenuti stranieri e la necessità di
adeguare le proprie carceri agli standard europei.
Portogallo
Nonostante il Portogallo abbia un tasso di criminalità relativamente basso rispetto ad altri Paesi
europei, la popolazione detenuta non è inferiore a quella che si aveva negli anni ’90, quando si
crearono drammatiche condizioni di sovraffollamento. Dopo qualche anno in cui era andato
diminuendo, infatti, il numero dei detenuti sta nuovamente crescendo in fretta. La nuova ondata
di sovraffollamento si è abbattuta sul Paese a partire dal 2012, e non si vedono per ora prospettive
di miglioramento. Vari sono stati inoltre gli episodi di morte in carcere i quali non hanno trovato
una spiegazione ufficiale.
Spagna
Tra i principali problemi delle carceri spagnole c’è sicuramente quello del sovraffollamento, che
impedisce di scontare la pena in condizioni dignitose. Gravissima anche la situazione relativa
all’assistenza sanitaria. A seguito della crisi economica, l’amministrazione penitenziaria spagnola è
andata riducendo le prestazioni mediche. La popolazione detenuta è soggetta a un alto tasso di
malattia e la carenza di cure specialistiche, in particolare rispetto alla salute mentale e alle
specificità di donne e bambini, si fa dunque sentire in carcere con più forza che altrove. La crisi
economica ha indebolito anche il diritto alla difesa, mentre paradossalmente vanno aumentando i
servizi privati all’interno delle carceri.
Le condizioni di detenzione in Europa. A seguire alcuni dati che evidenziano le principali differenze tra gli 8 sistemi penitenziari nazionali monitorati dall’Osservatorio. I dati riportati, e le tendenze degli ultimi anni, possono essere usati come indicatori di politiche nazionali più o meno virtuose che verranno studiate e confrontate tra loro nei prossimi mesi.
I sistemi penitenziari monitorati ospitano complessivamente una popolazione detenuta di quasi 400.000 detenuti, circa due terzi del totale dei detenuti in Europa. Anche se in molti paesi il numero dei detenuti è in questi anni cresciuto, questa tendenza non è univoca o necessitata. In Italia o in Spagna ad esempio la popolazione detenuta è calata negli ultimi due anni.
I tassi di detenzione indicano il numero di persone detenute per ogni 100.000 cittadini e rappresentano la misura del ricorso al carcere in ciascun paese. Come si vede sopra i tassi di detenzione più alti si registrano in Lettonia e in Polonia, due nuove membri dell’Unione che in passato hanno fatto parte del blocco sovietico. In Europa meridionale i tassi di detenzione più alti si registrano in Spagna.
Il sovraffollamento è rappresentato dal numero di detenuti effettivamente stipati in 100 posti, e come si vede sopra è un problema molto serio per l’Europa mediterranea. D’altro canto la capienza dei sistemi penitenziari è misurata in modo molto diverso nei vari paesi, e ad esempio per la legislazione italiana ogni detenuto dovrebbe avere a disposizione 9 mq, in Lettonia solo 2,5 mq. Si tratta inoltre di un valore medio. In ogni paese ci sono istituti che sono molto più affollati della media, ed altri che lo sono molto.
La detenzione minorile è una delle priorità per il Criminal Justice action plan della Commissione Europea. Il numero dei minori detenuti varia molto da paese a paese. Le percentuali più elevate si registrano in Grecia (il dato però include anche i giovani adulti) e sono andate crescendo significativamente negli ultimi anni, e nel Regno Unito, dove però questa percentuale è scesa nel recente passato.
La percentuale di donne detenute in Europa è compresa tra il 3% della Polonia ed il quasi 8% della Spagna. In molti paesi questa percentuale è andata calando negli ultimi anni, mentre è andata crescendo in Lettonia ed in Polonia.
La percentuale di detenuti stranieri è uno dei temi sui quali i paesi monitorati differiscono maggiormente. Estremamente alta, e decisamente in crescita, in Grecia, è generalmente molto alta nell’Europa mediterranea, in particolar modo in Italia ed in Spagna, anche se in questi paesi è andata scendendo negli ultimi anni. Il fenomeno è sostanzialmente inesistente in Lettonia ed in Polonia.
Anche questa percentuale varia molto da paese a paese. In generale la percentuale di detenuti in custodia cautelare è ampiamente sotto il 30%, con l’evidente eccezione dell’Italia, dove questa percentuale è stata a lungo sopra il 50% ed è attualmente sopra il 40%.
La frequenza delle morti in carcere è determinata dividendo il numero di detenuti presenti in un anno per il numero dei detenuti morti in carcere quell’anno, ed è certamente un possibile indicatore del livello di criticità delle condizioni di detenzione in un certo paese. Come si vede i dati cambiano molto, da una morte ogni 600 detenuti in Polonia ad una morte ogni 200 detenuti in Portogallo.
Le misure alternative, la probation ed altre misure non custodiali sono un aspetto chiave delle politiche penali di ogni paese e, secondo il consiglio d’Europa, la migliore soluzione contro il sovraffollamento, da preferirsi alla costruzione di nuove carceri. Come si vede il numero di persone che sconta una pena non detentiva per ogni 100.000 abitanti varia enormemente. Dai numero molto alti di Francia e Regno Unito e, più di recente, della Spagna, alla Polonia o al Portogallo, dove queste misure sono pressoché inesistenti.
Il decreto svuota carceri ha fallito totalmente
Dovevano diminuire , ma i detenuti sono aumentati di 63 unità in un solo mese. Il nuovo decreto svuota carceri del governo Monti, varato nel mese di febbraio su iniziativa del ministro della Giustizia, Paola Severino, non ha ancora avuto effetti nel disastrato mondo dei 206 istituti di pena italiani. Secondo i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), tra la fine di febbraio e la fine di marzo le statistiche hanno segnato al contrario un incremento da 66.632 a 66.695 detenuti. Il numero si scontra drasticamente con il livello massimo di “capienza regolamentare” delle prigioni italiane, che dovrebbero essere di 45.743 reclusi. Tra il 29 febbraio e il 31 marzo sono diminuiti anche i detenuti in semilibertà, calati da 901 a 879. Secondo i dati del Dap però i detenuti usciti dagli istituti in base alla legge svuota carceri, varata in prima battuta dal governo Berlusconi nel dicembre 2010, sono stati 5.682. Impressionano altre statistiche: i condannati definitivi sono 38.277, il 57,4%. Ciò significa che più di quattro reclusi su 10 sono ancora in attesa di sentenza. La Lombardia comanda la classifica dei carcerati complessivi con 9.389 detenuti, seguita dalla Campania (7.983 detenuti) e dalla Sicilia (7.243 detenuti) tutte sopra la capienza regolamentare di oltre il 35%. Gli stranieri sono 24.123, il 36,2% del totale: in maggioranza marocchini (4.858, ovvero il 20,1 per cento), romeni (3.686, cioè 15,3%), tunisini (3.043, il 12,6%), albanesi (2.795, l’11,6 per cento).