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Onorevoli ma de’ che?

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Tra gli usi parlamentari più odiosi è la gratuita attribuzione, a senatori e deputati nazionali e regionali, dell’appellativo di “onorevole”. Gli investiti di questo status di honorabilis tendono ad interpretarlo come l’attribuzione di una dignità superiore a quella dei cittadini. Tale vezzo, riscontrabile praticamente solo in Italia, contribuisce, ad accrescere quel distacco e quell’immagine di casta che si riassume nel ben noto fenomeno dello scollamento tra classe politica e Paese reale, non a caso i parlamentari del Movimento 5 Stelle vogliono farsi chiamare “Cittadini”. Gli altri disOnorevoli dovrebbero ricordarsi che in democrazia il parlamentare è chiamato a gestire una delega per conto e su commissione dei cittadini, i quali dispongono della facoltà di non confermarlo in tale mandato. Quindi onorevoli de’ che? O parafrasando la celebre  pernacchia di Sordi, nel film di Fellini “I Vitelloni”, Onorevoli prrrrrrrrrrr!!!

Il termine “onorevole” riferito a un eletto non è mai stato istituito, e proviene da una consolidata prassi, iniziata nel 1848 alla Camera subalpina. Nel ventennio l’appellativo godette di scarsa simpatia (un foglio d’ordini del marzo 1939 a firma del Segretario del Partito Nazionale Fascista arrivò a decretare: “l’appellativo di onorevole, insieme con il corrispettivo titolo di deputato, deve essere sostituito con la qualifica di consigliere nazionale, gerarchicamente superiore a quello di consigliere provinciale e di consigliere comunale“), ma nell’immediato dopoguerra il termine di onorevole tornò a essere utilizzato. Anzi, da onorevoli deputati e senatori si è passati a onorevoli consiglieri regionali e addirittura, in seguito, in qualche caso, a onorevoli consiglieri provinciali. Dare dell’onorevole a un Deputato (onorevole deputato, detto solo, chissà perché, onorevole) o a un Senatore (onorevole senatore detto solo, chissà perché, senatore) è corretto. Attenzione, è corretto, non bello o auspicabile, il che è altra cosa. Corretto perché, per prassi, si fa da sempre, e senza che una norma venga a stabilirlo, semplicemente, è difficile smettere. Dare dell’onorevole a un Consigliere regionale è “corretto” allo stesso titolo: hanno cominciato a farlo in Sicilia nel 1948 e di seguito ci si sono abituati un po’ tutti (c’è chi ha autorevolmente sostenuto che i soli consiglieri di regioni a statuto speciale potrebbero, ma ci sembra una questione d lana caprina). Sui Consigli provinciali qualche dubbio lo abbiamo: almeno che si possa in via di prassi. Poi certo, se i Consiglieri provinciali si autoproclamano onorevoli per decreto…

La sua soppressione sarebbe una svolta nei costumi. Sono curioso di sapere se a qualche parlamentare è venuto in mente di chiederne l’abolizione. Sarebbe un gesto di umiltà verso i cittadini, stanchi di politici (di destra e di sinistra) spesso lontani dall’ afferrare i problemi quotidiani della gente. Potrebbe essere un’ iniziativa, una volta tanto, trasversale. Questa sarebbe la vera rivoluzione per avvicinare di più la classe dirigente ai cittadini, la politica alla realtà vissuta dal basso. In un clima di strisciante diffidenza per quella che è la rappresentazione della politica, colpire un’ attribuzione spagnoleggiante e altamente retorica appare quasi velleitario. Il titolo di onorevole (“Persona degna di onore, di rispetto e di stima”, secondo il dizionario) è un formalismo d’altri tempi, come lo era “sua eccellenza” il ministro o il prefetto, e certamente non lascia nessun rimpianto in caso di abolizione per legge. Stabilisce una gerarchia sociale in un Paese che ha fatto dei cav., dei grand.uff., dei comm., una categoria speciale, per gareggiare con quella dei dott. e distinguersi dagli anonimi signor. Ai deputati il cittadino chiede lealtà, correttezza, coerenza e mani pulite, la serietà di non usare a fini personali la carica che ricopre e la capacità di rinunciare a qualche aumento di stipendio quando non serve. Gli eletti si giudicano dall’impegno, chi sfoggia la qualifica ha ben poco da dire.

È chiedere troppo sostituire “onorevole” con cittadino delegato? Dove “cittadino” servirà a ricordare di essere sempre e comunque al servizio dei cittadini al pari degli altri, e non “sopra” o “superiori” agli altri, e “delegato” servirà loro a ricordare sempre che hanno ricevuto una delega dagli altri cittadini per fare delle cose nell’interesse dei cittadini, o meglio nell’interesse di tutti e non nell’interesse proprio.

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35 mila euro per tre giorni da deputato

Francesco-Paolo-Lucchese

Per la serie quelli che non si arrendono e non è mai troppo tardi, Francesco Paolo Lucchese deputato per tre giorni. Questo “sacrificio” gli regala ben 35 mila euro netti.

A Montecitorio, ad aggiudicarsi il Guinnes dell’eletto in zona Cesarini è l’onorevole Francesco Paolo Lucchese: 78 anni Laurea in medicina e chirurgia, Pediatra. Parlamentare di lungo corso nelle file del Ccd e poi dell’Udc, alle politiche del 2008 il medico siciliano, candidatosi con il Pdl, non riesce a tagliare il traguardo delle cinque legislature consecutive. Nel collegio Sicilia1 Lucchese si classifica infatti al 18° posto e dice addio alla Camera. Ma a pochi giorni dalla caduta del governo Monti accade quello che non ti aspetti: l’onorevole Lo Presti, eletto col Pdl nello stesso collegio e passato poi a Fli, abbandona lo scranno di Montecitorio. A quel punto la lista dei non eletti nelle file del Pdl, visto anche il decesso di chi lo aveva preceduto nelle preferenze, scorre proprio fino al nome di Lucchese. E così lo scorso 19 dicembre, in extremis, il “neo” deputato è riuscito a conquistare lo scranno. Fa appena in tempo a comunicare il suo passaggio all’Mpa dichiarando “una scelta dettata dall’affinità delle idee del movimento che presiedo, che si ispira a valori cattolico-liberali di impronta autonomista, con i principi dell’Mpa”. Tutto ciò per giustificare la mossa. Partecipa al voto della legge di Stabilità e, tre giorni dopo, il presidente Napolitano scioglie le Camere. Tutto questo gli ha garantito uno stipendio da parlamentare  –  circa 12 mila euro al mese fra indennità, diaria e quota per i portaborse  –  sino all’insediamento dei nuovi inquilini di Montecitorio. Che avverrà intorno a metà marzo.

P.S. Beffa delle beffe. L’onorevole Francesco Paolo Lucchese in data 13 dicembre 2012 è cofirmatario di una proposta di legge indovinate su cosa? Sulla determinazione dei limiti massimi del trattamento economico dei titolari di cariche pubbliche elettive e di Governo e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Nella proposta si legge testualmente “chi oggi sperpera, o peggio ruba, le risorse della comunità è doppiamente colpevole, non solo per uno squallido episodio di latrocinio ma anche per il grave danno perpetrato all’immagine delle istituzioni e del sistema democratico. Ben vengano, dunque, provvedimenti come quello recentemente approvato dal Parlamento sui costi della politica, che si muove nel solco della sensibile riduzione dei costi istituzionali, già peraltro avviata con la cosiddetta « spending review », e che in un momento storico come quello che stiamo vivendo, anche per le citate ragioni, può contribuire a migliorare la percezione della politica da parte della gente comune e a ricucire lo strappo che oggi la divide dalle istituzioni…..[…]…Non possiamo certamente più nasconderci, infatti, che ogni anno tali costi, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9 miliardi di euro, pari a circa l’1,5 per cento del prodotto interno lordo (PIL), dei quali, ad esempio, circa 4,6 miliardi di euro sono destinati agli oltre 24.000 consiglieri di amministrazione, alle consulenze e al funzionamento degli organi delle società partecipate dello Stato. È dunque davvero arrivato il momento che da parlamentari superiamo l’approccio solo demagogico ed emotivo della questione, passando alla concretezza fattiva, proponendo modifiche normative che contribuiscano a razionalizzare la giungla retributiva delle varie voci di rimborso e l’impianto su cui poggia il sistema dei trattamenti economici degli incarichi istituzionali e di quelli dirigenziali statali…” Leggi qui il testo completo.

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