La cerimonia d’investitura, giovedì scorso, di Yoweni Museveni nel suo quinto mandato da presidente dell’Uganda ha offerto un’immagine chiarissima di come lo scenario politico africano sia ancora fortemente condizionato dai ‘Cesari africani’, che mantengono il potere a vita, grazie al controllo di ingenti risorse finanziarie che si traducono quasi esclusivamente in spesa per il controllo delle Forze armate. Continue Reading
Daesh
L’avviso è per tutti, non solo per Bruxelles
15 anni di terrorismo su una mappa del mondo di divertissonsnous
Potranno morire le nostre libertà ma ci difenderemo perchè non si potrà dimenticare che chi finanzia il terrorismo è accolto dai nostri governanti con i tappeti rossi. Siamo noi i colpevoli. Su Facebook Giulietto Chiesa.
Prosegue l’offensiva terroristica. Di chi? Contro chi? Queste bombe sono la prosecuzione di quelle di Parigi, uno e due. Di Ankara, contro i tedeschi. Sono la prosecuzione di Colonia. Sono lo strascico del fiume di profughi.
Andiamo con ordine: sono contro di noi. Contro “i popoli d’Europa”. Per ridurre le loro libertà residue e le loro capacità di risposta ai soprusi dei poteri. Infatti il primo risultato, scontato, sarà la sospensione di tutte le garanzie democratiche. E’ già in corso in Francia, ora sarà la volta del Belgio. Poi, dopo qualche attentato in Italia, sarà la volta dell’Italia.
Noi italiani abbiamo già vissuto la stessa cosa con la strategia della tensione. Questo ci dice che non dobbiamo cadere nella trappola di guardare il dito invece della Luna. Se ci dicono che è Daesh, diffidiamo. Probabilmente è “anche” Daesh. Ma Daesh è lo strumento, e la mano (in parte), ma non la mente.
Sono bombe contro “l’Europa dei popoli”, per renderla uno straccio subalterno al potere dell’Impero, per trascinarla in guerra tutta intera, terrorizzata, per mettere la museruola a tutti, anche ai recalcitranti. L’avviso è per tutti non solo per Bruxelles.
Chi è la mente non lo possiamo sapere. E’ il sancta santorum di questa strategia. Ma i servizi segreti europei, tutti, sono filiali inquinate di altri servizi segreti. Per questo non scoprono niente. Per questo non possono indagare. Per questo dobbiamo riprendere in mano la nostra sovranità, e cambiarli. Altrimenti ci faranno arrostire, prima di renderci schiavi.
L’Isis è il gruppo terroristico più ricco della storia
Per la società IHS, il Daesh o sedicente Califfato di Abu Bakr al Baghdadi nel 2015 ha potuto disporre di circa 80 milioni di dollari al mese. Secondo lo studio il fiume di denaro dello Stato islamico, spiega Columb Strack, della società di analisi quotata in Borsa a New York, per il 50% proviene dalle tasse sui servizi e sulle attività commerciali, agricole e industriali, su cui viene imposta un’aliquota secca del 20%, e il 43% dalla vendita di petrolio e gas dei giacimenti sotto il suo controllo in Siria e Iraq (circa 11). Solo il 7% proviene da donazioni o attività criminali, come il commercio di droga e antichità.
Grazie a tutte queste attività i militanti jihadisti dello Stato Islamico riuscirebbero, quindi, a guadagnare quasi 3 milioni di dollari al giorno. Dalla sola area di Mosul, e in particolare dal controllo della più grande diga irachena, l’Isis starebbe ricavando 8 milioni di dollari al mese.
“A differenza di al-Qaeda”, sottolineano gli esperti, “lo Stato islamico non dipende dai soldi di donatori stranieri, questo per evitare di essere vulnerabili alla loro influenza. La nostra analisi indica che il valore delle donazioni esterne allo Stato islamico è minima, rispetto ad altre fonti di reddito”.
L’Isis è un’organizzazione sofisticata, capillare e fortemente strutturata. Uno Stato, insomma. Con le sue regole, i suoi divieti e i suoi bilanci. Il suo potere non è solo politico, ma anche economico. Lo Stato islamico ha accumulato un patrimonio di quasi 2 miliardi di dollari. Altro che banda di pazzi.
Isis, Isil, Daesh o Stato Islamico? Quale nome usare?
Isis, Isil, Daesh o Stato Islamico. Tutto il mondo civilizzato è unito per combatterlo ma tutti – in particolar modo i media – lo chiamano in modo diverso. Perfino Obama e il Segretario di Stato americano Kerry usano due definizioni diverse. Se aveva ragione Eraclito a pensare che il “logos” fosse l’essenza delle cose allora, forse, dovremmo metterci d’accordo. Da cosa nasce, quindi, questa confusione?
L’organizzazione terroristica di Al Zarqawi era stata fondata nel 1999 con il nome Jama’at al Tawhid wa al Jihad ma già nel 2004 – aderendo ad Al Qaeda – aveva cambiato nome. Unita ad altri gruppi si trasformò poi in Stato Islamico dell’Iraq e nel 2013 – espandendosi in Siria – aggiunse la sigla wash Sham (Levante o Grande Siria) da cui nacque quindi l’acronimo Daesh.
Cosa successe dopo? La proclamazione del Califfato volta ad affermare lo Stato Islamico come rappresentante di tutti i musulmani ha portato al successivo cambio di nome, eliminando così i riferimenti geografici all’Iraq e alla Siria e trasformandosi in Dawlah al Islamiyah. Tutti questi continui cambiamenti hanno generato confusione anche perché le milizie del Califfato, in questi ultimi mesi, hanno vinto e perso diverse battaglie espandendosi e ritirandosi in un territorio che oggi fatichiamo ancora a circoscrivere con certezza.
Oltre a tutto questo vi è però anche un motivo “politico”, Isil vuol dire Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, Isis significa Stato Islamico dell’Iraq e della Siria e non vanno bene perché danno al gruppo terroristico un riconoscimento internazionale, peggio Is (Stato Islamico) poiché nell’acronimo vi è la legittimazione di stato islamico globale. Quale nome usare? Molti giornali, sia italiani sia internazionali, stanno iniziando a “imporre” con fatica Daesh. Già ma perché Daesh?
La risposta è semplice, Daesh significa letteralmente Stato Islamico dell’Iraq e del Levante ma è considerato derogatorio dai suoi membri perché in arabo suona come due parole che significano “colui che semina discordia o schiaccia col piede”. Insomma a loro non piace, quindi usiamo questo.
(Fonte geopolitica)
La Francia è uno Stato terrorista dal 2011
La guerra che si è estesa fino a Parigi è incomprensibile per i francesi, che sanno poco e niente delle attività segrete del loro governo nel mondo arabo, delle sue alleanze contro natura con le dittature del Golfo e della sua partecipazione attiva al terrorismo internazionale. Questa politica non è mai stata discussa in parlamento e raramente i media mainstream hanno osato interessarsene.
Da cinque anni i francesi sentono parlare di guerre lontane senza capire di cosa si tratta. La stampa li ha informati dell’impegno del loro esercito in Libia, ma mai della presenza di truppe francesi in missione nel Levante. I miei articoli al riguardo sono molto letti, ma percepiti come stravaganze orientali. Nonostante la mia storia personale, va di moda definirmi «estremista» o «complottista» e sottolineare che i miei articoli sono riprodotti da siti web di tutte le convinzioni, compresi gli estremisti o i complottisti, quelli veri. Eppure nessuno trova niente da obiettare in ciò che scrivo. Tuttavia nessuno ascolta i miei avvertimenti sulle alleanze che la Francia stringe.
Improvvisamente, la verità ignorata è venuta a galla.
Nella notte di venerdì 13 novembre 2015 la Francia è stata attaccata da alcuni commando che hanno ucciso almeno 130 persone in cinque luoghi diversi in Parigi. È stato dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per 12 giorni e il parlamento potrebbe rinnovarlo.
Nessun legame diretto con il caso Charlie Hebdo
La stampa francese interpreta questo atto di guerra collegandolo all’attentato di Charlie Hebdo, nonostante le modalità operative siano completamente differenti. A gennaio si trattava di uccidere persone precise, mentre qui si tratta di un attacco coordinato contro un gran numero di persone a caso.
Oggi sappiamo che il direttore di Charlie Hebdo aveva appena ricevuto un “dono” di 200.000 euro dal Vicino Oriente per condurre la sua campagna anti-islamica [1]; che gli assassini erano legati ai servizi segreti francesi [2]; che la provenienza delle loro armi è coperta dal segreto militare [3].
Ho già dimostrato che questo attacco non era un’operazione islamista [4], che era stato fatto oggetto di un’appropriazione statale immediata [5] e che quest’appropriazione aveva avuto un riscontro presso la popolazione ostile alla Repubblica [6], un’idea brillantemente sviluppata qualche mese dopo dal demografo Emmanuel Todd [7].
Se torniamo alla guerra appena arrivata a Parigi, costituisce una sorpresa in Europa occidentale. Non possiamo paragonarla con gli attentati di Madrid del 2004: in Spagna non c’erano né killer né kamikaze, ma dieci bombe piazzate in quattro luoghi distinti [8].
Il tipo di scena che ha appena avuto luogo in Francia è dal 2001 la sorte quotidiana di molte popolazioni del Medio Oriente allargato. E troviamo eventi simili anche altrove, come i tre giorni di attentati in sei posti diversi a Bombay nel 2008 [9].
Anche se gli aggressori erano musulmani e se alcuni di loro hanno gridato «Allah Akbar!» uccidendo i passanti, non c’è alcun legame tra questi attacchi, l’Islam e una eventuale “guerra di civiltà”. Così, questi commando avevano istruzione di uccidere a caso, senza prima informarsi sulla religione delle loro vittime.
Allo stesso modo, è assurdo prendere per buono il richiamato movente dell’ISIS contro la Francia, sebbene non ci sia alcun dubbio sul suo coinvolgimento in questo attacco: infatti, se l’organizzazione terroristica avesse voluto “vendicarsi”, è a Mosca che avrebbe colpito. Continue Reading