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L’Italia è la Repubblica degli asini

Quanto costa l’ignoranza in Italia?

Quanto costa l’ignoranza in Italia? Tantissimo. L’80% degli italiani è analfabeta e, spesso, non se ne rende neanche conto (legge, guarda, ascolta, ma non capisce).

Significa che otto persone su dieci non colgono la realtà nel suo insieme ma solo sprazzi di essa. Insomma, riescono a fare cose banalissime, ma non a capire un articolo di giornale, a riassumere un testo, men che meno ad appassionarsi a qualsivoglia forma artistica. Continue Reading

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Contro il Malocchio

Il malocchio, la jella, ‘a sfurtun’, la jettatura, la scaramanzia, sono parte integrante della cultura di Napoli e dei napoletani da sempre: riti e formule magiche trasmesse di generazione in generazione offrono uno spunto divertente per conoscere meglio la nostra variegata tradizione popolare. Per neutralizzare il malocchio, i napoletani usano diversi amuleti o svolgono determinati riti. Ecco la formula più conosciuta: Continue Reading

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Italiani ultimi in educazione finanziaria

Siamo tra i più ignoranti in Europa quando si parla di “inflazione, capitalizzazione composta, tasso di interesse e diversificazione del rischio“. Solo il 37% degli italiani conosce il significato di almeno tre di questi quattro concetti base. La percentuale è inferiore alla media dell’Unione Europea, pari al 52%, e al dato rilevato in tutte le altre economie avanzate. Continue Reading

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Italia maglia nera per investimenti in educazione e cultura

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L’Italia è all’ultimo posto in Ue per percentuale di spesa pubblica destinata all’educazione (7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio Ue) e al penultimo posto per quella destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% medio Ue).

E’ quanto emerge da dati Eurostat sulla spesa governativa divisa per funzione secondo i quali è invece più alta della media la percentuale di spesa per la protezione sociale (41,8% a fronte del 40,2% dell’Ue a 28) e per i ‘Servizi generali’ (comprensivi degli interessi sul debito). La percentuale di spesa per educazione è scesa di 0,1 punti rispetto al 2013. Continue Reading

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214 miliardi di euro il valore della cultura nell’economia nazionale

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L’intera filiera culturale italiana (le industrie culturali, più quella parte di economia non culturale che viene attivata dalla cultura, come, ad esempio, il turismo culturale) vale 214 miliardi di euro: il 15,3% del valore aggiunto nazionale. Secondo solo alla filiera meccanica, e ben superiore, ad esempio, a quella metallurgica. È quanto emerge dal Rapporto 2014 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche. L’unico studio in Italia che annualmente quantifica il peso della cultura nell’economia nazionale.

Le imprese del sistema produttivo culturale industrie culturali propriamente dette, industrie creative sono 443.458, il 7,3% del totale. A loro si deve il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia: 74,9 miliardi di euro. Che arrivano a 80 circa (il 5,7% dell’economia nazionale) se includiamo istituzioni pubbliche e non profit. Ma non finisce qui: perché la cultura ha sul resto dell’economia un effetto moltiplicatore pari a 1,67: in altri termini, per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,67 in altri settori. Gli 80 miliardi, quindi, ne stimolano altri 134, per arrivare a quei 214 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Perché, ad esempio, il turista culturale che soggiorna in Italia è più propenso a spendere 52 euro al giorno per l’alloggio, in media, e 85 euro per spese extra, contro i 47 euro per alloggio e 75 per gli extra di chi viene per ragioni non culturali. Del totale della spesa dei turisti in Italia, 73 miliardi di euro nel 2013, il 36,5% (26,7 miliardi) è legato proprio alle industrie culturali. Entrate che se adeguatamente sfruttate sono destinate ad aumentare. Siamo, infatti, la meta preferita grazie al patrimonio artistico dei paesi ai quali è legato il futuro del turismo mondiale: la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada (siamo il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue).

Le imprese del sistema produttivo culturale (da sole, senza considerare i posti di lavoro attivati negli altri segmenti della nostra economia) danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,8% del totale degli occupati in Italia (1,5 milioni, il 6,2%, se includiamo pubblico e non profit). Nonostante il clima recessivo l’export legato alla cultura continua ad andare molto forte. Durante la crisi è cresciuto del 35%: era di 30,7 miliardi nel 2009, è arrivato a 41,6 nel 2013, pari al 10,7% di tutte le vendite oltre confine delle nostre imprese. Il settore può vantare una bilancia commerciale sempre in attivo negli ultimi 22 anni, periodo durante il quale il valore dei beni esportati è più che triplicato. Il surplus commerciale con l’estero nel 2013 è di 25,7 miliardi di euro: secondo solo, nell’economia nazionale, alla filiera meccanica, e ben superiore, ad esempio, a quella metallurgica (10,3 miliardi). Una capacità di andare all’estero che oggi investe un pò tutti i settori, dal cinema (l’Oscar a La Grande Bellezza è solo la punta dell’iceberg), ai videogames.

La cultura è la lente attraverso cui l’Italia deve guardare al futuro e costituisce il nostro vantaggio competitivo. È grazie alla creatività e alla cultura, che nel nostro Paese si incrocia con la qualità, l’innovazione e le nuove tecnologie, se le imprese sono state capaci di incorporare bellezza e valore nel made in Italy” ha commentato il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci.

La cultura è film, video, mass-media, videogiochi, software, musica, libri, stampa, architettura, comunicazione, branding, artigianato, design, produzione di stile, musei, biblioteche, archivi, siti archeologici, monumenti storici, rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni, fiere. Ma anche quei settori che non svolgono di per sé attività culturali, ma che sono altresì attivati dalla cultura. Una filiera articolata e diversificata, della quale fanno parte: attività formative, produzioni agricole tipiche, attività del commercio al dettaglio collegate alle produzioni dell’industria culturale, turismo, trasporti, attività edilizie, attività quali la ricerca e lo sviluppo sperimentale nel campo delle scienze sociali e umanistiche.

Le capitali della cultura italiana:

  • Arezzo
  • Pordenone
  • Pesaro
  • Urbino
  • Vicenza
  • Treviso
  • Roma
  • Macerata
  • Milano
  • Como
  • Pisa

La cultura è quello che permetterà all’Italia se non tradirà la sua anima, di affrontare e vincere le battaglie difficili che la aspettano, di conquistarsi un futuro alla sua altezza. Per farcela, l’Italia deve fare l’Italia.

“L’Italia, partita da un Dopoguerra disastroso, è diventata una delle principali potenze economiche. Per spiegare questo miracolo, nessuno può citare la superiorità della scienza e della ingegneria italiana, né la qualità del management industriale, né tantomeno l’efficacia della gestione amministrativa e politica, né infine la disciplina e la collaboratività dei sindacati e delle organizzazioni industriali. La ragione vera è che l’Italia ha incorporato nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e che città come Milano, Parma, Firenze, Siena, Venezia, Roma, Napoli e Palermo, pur avendo infrastrutture molto carenti, possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza. Molto più che l’indice economico del Pil, nel futuro il livello estetico diventerà sempre più decisivo per indicare il progresso della società”. John Kenneth Galbraith

Le 10 professioni culturali

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