9

Non voglio essere più italiano, Mi Dimetto

mi dimetto da italiano

Egregio Presidente della Repubblica Italiana,

da tempo volevo esternarle i miei sentimenti dimissionari: colgo l’occasione maturata in questi giorni di accadimenti anche metaforici, che ulteriormente li motivano e maggiormente li rafforzano. Miliardi di motivi mi costringono con rabbia ad annunciarle che in nessun modo intendo più assumermi la minima responsabilità di tutto ciò che non sono in grado di controllare e modificare personalmente. Non voglio essere più italiano!

Si mi dimetto, non voglio essere più italiano

Dopo un’attenta riflessione durata circa 20 anni e dopo la disamina di quanto accaduto in particolare negli ultimi anni (crisi economica, mancanza di aiuti agli italiani, pagliacciate partitiche) sono addivenuto alla decisione di rifiutare la nazionalità italiana e di dimettermi dal ruolo di cittadino italiano.

Dalla data odierna mi considero cittadino straniero e pertanto richiederò accesso agli aiuti dedicati a comunitari ed extracomunitari. Non voglio essere più italiano, quindi rinuncio a tale incombenza.

Rinuncio quindi anche al voto, ormai inutile, perché le malefatte trasversali della classe politica (maggioranza, opposizione, Destra, Sinistra, Centro e Stelle) non mi consentono più di operare una scelta effettiva per il miglioramento della Repubblica. Continue Reading

Condividi:

Uno dei più grandi atti d’amore nei confronti della Costituzione

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 rivolto ad alcuni studenti universitari e delle scuole medie superiori che avevano autonomamente organizzato un ciclo di conferenze sulla Costituzione italiana, nonostante la contrarietà delle loro scuole e la contestazione di altri studenti, sui principi della Costituzione Italiana e della Libertà. La politica italiana dovrebbe riflettere sulle parole di Calamandrei. Leggetelo ai più giovani. Continue Reading

Condividi:

La Costituzione spiegata ai bambini

Un video adatto ai bambini della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria. Un approccio leggero e simpatico al concetto di “regole” e “Costituzione”. Tratto da “Ma tu lo sai cosa è la Costituzione?”. Questi pochi minuti di filmato possono essere proposti anche ai ragazzi più grandi, agli adulti, spesso ignari dei valori contenuti nella carta costituzionale e del lungo e faticoso cammino intrapreso da chi ci consente, oggi, di essere cittadini liberi. Continue Reading

Condividi:
0

La dignità dei malati e la Costituzione ignorata


“Che meraviglia la nostra Costituzione!

L’Assemblea che gli italiani chiamarono a produrre il magnifico sforzo di redigere la nostra Costituzione repubblicana non deluse le aspettative, anzi per quanto fossero grandi le superò ampiamente.

Il lavoro, i diritti inviolabili dell’uomo e la solidarietà, la libertà e l’uguaglianza, l’unità del popolo, la tutela delle minoranze, la religione, la cultura e la scienza, il rispetto degli stranieri, il ripudio della guerra e la bandiera tricolore: cos’altro avrebbero potuto sancire alla base della costruzione dello Stato? Le fondamenta erano state gettate e da subito apparvero salde e durature.

Qualcuno di noi, cittadini italiani, può essere privato della libertà senza che la legge lo preveda? Qualcuno può essere violato nei suoi diritti fondamentali e inviolabili? Qualcuno può essere discriminato per i suoi pensieri e per le sue scelte personali? Niente affatto.

Siamo tutti tutelati dai principi fondamentali della Costituzione. Diritti e doveri, in perfetto equilibrio, tenendo conto che la storia, soprattutto quella recente, dell’umanità aveva fornito tanti e tali di quegli errori e così mirabili esempi di illuminata ispirazione che arrivati a quel punto diventava necessario fare la cosa giusta, scrivere il testo fondamentale del nostro patto sociale nel pieno rispetto della libertà e delle leggi che a quel testo dovevano ispirarsi e conformarsi.

Qualche giorno fa, inoltrandomi nell’edificante rilettura periodica della Costituzione, arrivato all’articolo 32, quello in cui si garantisce il rispetto della volontà della persona anche per quanto riguarda i trattamenti sanitari, vengo interrotto da una telefonata. Era un mio amico medico, Maurizio Inghilleri, che lavora armato di buona volontà in uno dei più grandi ospedali d’Italia, professore universitario ed eccellente neurologo, esperto tra l’altro di SLA, che mi invitava a moderare, in veste di presidente dell’associazione Viva la Vita, una sessione di un convegno formativo che si sarebbe tenuto preso l’Università “La Sapienza” di Roma, di lì a qualche giorno. Accetto, ringraziando per l’opportunità e, dopo averlo salutato, sospendo la lettura e inizio a preparare il mio lavoro per essere degnamente presente e all’altezza dell’occasione che mi veniva offerta.

Poiché l’associazione Viva la Vita promuove da più di cinque anni la costituzione e la crescita del centro SLA presso quel policlinico universitario, ho provato un senso profondo di soddisfazione per aver contribuito a diffondere la sensibilità necessaria e le strutture adeguate per assistere e curare degnamente le persone affette dalla grave patologia di cui Viva la Vita principalmente si occupa ormai da molti anni. Con entusiasmo ho concesso il patrocinio all’evento e mi sono disposto a che il convegno avesse il massimo seguito possibile.

La sessione che avrei moderato presentava aspetti di frontiera quali lo sviluppo del controllo remoto della condizione clinica e assistenziale del malato e della sua famiglia, lo sviluppo delle nuove tecnologie, la necessità di un sostegno e di un supporto psicologico attento e competente, alcuni importanti aspetti medico legali relativi al riconoscimento dell’invalidità civile e alla corretta interpretazione e applicazione della legge 104/92. Con l’articolo 32 della Costituzione nella memoria, ero assolutamente entusiasta dell’occasione e profondamente grato a chi ripagava gli sforzi della nostra associazione con l’impegno e la dedizione che la SLA merita. Arriva il giorno del convegno e accade un fatto che mai mi sarei aspettato potesse accadere in una tale circostanza.

Il prof. Claudio Terzano, primario del reparto di pneumologia all’interno del quale un’illuminata Direzione Sanitaria ha predisposto, caso più unico che raro in Italia, quattro posti letto dedicati ai malati di SLA in caso di problemi respiratori, espone nel suo intervento il percorso intraospedaliero pensato per i malati di SLA ricoverati presso il policlinico universitario Umberto I di Roma, e a un certo punto del suo intervento presenta una diapositiva con la seguente affermazione perentoria:

“Qualora il paziente non si adatti alla NIV [ventilazione non invasiva, NdR], e abbia firmato le Direttive Anticipate per la non intubazione, viene inviato al domicilio se necessario con l’indicazione delle cure Palliative”.

Alla lettura di quelle parole, il mio primo impeto è stato quello dell’indignazione: ho immaginato la situazione, anzi l’ho rammentata, poiché avevo assistito ad un caso avvenuto qualche tempo prima proprio nel reparto di pneumologia (a questo punto indebitamente) diretto dal signor Terzano. Un malato viene ricoverato in crisi respiratoria e viene affrontato dal medico del reparto con quella affermazione.

O accetti la tracheostomia e la conseguente ventilazione invasiva o vai a casa e ti trovi qualcuno che ti protegga dal dolore e dalla sofferenza.” La diffidenza provata dalla prima impressione trovava sostegno e giustificazione. Quel reparto non mi convinceva e decisi di segnalarlo alla Direzione Sanitaria dell’ospedale. La decisione di affidare a quel primario i malati di SLA non si stava rivelando appropriata. Altri casi sono poi seguiti al primo a confermare la mia ipotesi. Chiesi alla Direzione di orientare altrove la destinazione dei posti letto per i malati di SLA, soprattutto poiché per loro occorre esperienza, professionalità, umanità, umiltà e onestà intellettuale. Contai su un intervento risolutore. Ma non è stato così e in quel momento più lo sdegno cresceva più si imponeva alla mia memoria l’articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Oggi devo ringraziare l’onestà intellettuale del dott. Mario Sabatelli che, da solo, ha manifestato con forza l’indignazione dovuta davanti a un simile arbitrio.

Il resto dell’uditorio è apparso stordito. Un centinaio di persone, quasi tutti addetti ai lavori e gente del mestiere, increduli e attoniti per quanto veniva dichiarato non da un singolo relatore, ma dal responsabile del reparto che aveva avuto, nonostante l’avviso dell’associazione Viva la Vita, l’incarico dalla Direzione Sanitaria dell’ospedale di mettere a punto il percorso intraospedaliero per i malati di SLA.

Se non accetti la tracheostomia ti rimando a casa? Ci sono tanti modi per violare la Costituzione, uno di questi è aggirarla e interpretarla con fantasiosa arroganza.

Nei giorni successivi, mi sono arrivati commenti e considerazioni a margine, ma resto molto preoccupato per la sorte dei nostri ammalati che per destino dovessero capitare in quel reparto al Policlinico Umberto I. Il signor Claudio Terzano ha già dato prova e in diverse occasioni di essere in grado di destare la nostra preoccupazione, ma la speranza a cui siamo avvezzi ci ha dato la forza per continuare a credere che le cose potessero essere migliorate col tempo. Evidentemente sbagliavamo.

So che dopo qualche giorno, il medico in questione si schermiva con qualche suo collega, affermando che i suoi principi erano stati ispirati al rispetto dell’obbligo della cura, secondo il quale non può accadere che il medico non intervenga sul paziente, anche quando il paziente rifiuti i suoi trattamenti sanitari. E l’art. 32 della Costituzione? Già dimenticato o mai conosciuto?

Ma entriamo nel merito del codice di deontologia medica: “Art. 20 – Continuità delle cure. Il medico deve garantire al cittadino la continuità delle cure. […] Il medico non può abbandonare il malato ritenuto inguaribile, ma deve continuare ad assisterlo anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e psichica”.

Come si concilia il codice deontologico con i comportamenti di chi, responsabile di un reparto di pneumologia, manda a morire a casa loro i malati in crisi respiratoria quando non accettano la tracheostomia e la ventilazione meccanica invasiva? Semplice: non si concilia.

Il convegno è finito. La mia sessione e gli interventi svolti dai loro relatori sono stati molto apprezzati. Sono felice per questo. Abbiamo aperto nuove frontiere alla speranza per un mondo migliore. Tornando verso casa, penso a Luca Coscioni, a Piergiorgio Welby, ai tanti che hanno lottato e combattuto per il rispetto della libertà individuale e di cura, e penso a mio padre morto di SLA, penso a Miriam che amava i girasoli, a Mimmo che scriveva “Viva la Vita”, penso a Claudio Terzano che Se-non-ti faccio-la-tracheo-ti-mando-a-morire-da-solo-a-casa-tua, e non sono più tanto felice. La Costituzione ignorata, il codice deontologico chiuso in un cassetto e dimenticato, la solidarietà umana davanti alla sofferenza soffocata nella meschinità e nell’arroganza.

Purtroppo non sempre questa storia del volontariato gratifica e dà gioia. Più spesso è frustrante. Poi, svanita l’amarezza, tornano più forti la determinazione e la voglia di combattere. E si torna in trincea. Per quanti sforzi facciamo, la guerra resta senza quartiere. Non dà tregua, neanche dove t’aspetti d’aver già vinto”. Mauro Pichezzi – Presidente di Viva la Vita onlus

Condividi:
0

Napolitano, il discorso di fine anno che non farà mai

giorgio-napolitano---discorso-fine-anno

Sono uno speechwriter, un professionista della comunicazione che scrive discorsi per politici. Questo è il discorso di fine anno che ho scritto per il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

 “Care italiane, cari italiani.

Non dovrei pronunciare questo discorso. Lo scorso 31 dicembre credevo di aver dato alla nazione il mio ultimo messaggio di fine anno e che questo lo avrei ascoltato come molti di voi a tavola, con la mia famiglia.
Non è stato così: gli eventi mi vogliono ancora da quest’altra parte, ma sappiate che mi sento ugualmente accanto a voi. Data l’eccezionalità dell’occasione, visto che dovrei essere un cittadino comune, è da cittadino comune che voglio parlarvi.
Il ruolo del Presidente della Repubblica è quello di interpretare i sentimenti condivisi da tutti. Non rinuncio a questo nobile ruolo pur nella mia veste da cittadino. Rinuncio piuttosto alla forma istituzionale imposta a un presidente. Non chiuderò quindi i miei occhi e le mie labbra sui sentimenti degli italiani che non mi reputano più loro rappresentante, di coloro che hanno deciso di non ascoltare il mio messaggio, di quei leader, politici e giornalisti che mi attaccano quotidianamente.
Le loro coscienze sanno se a muoverli è l’amore per l’Italia. Se così fosse, sappiate che quell’amore è la stessa forza che muove le mie azioni, seppur in direzioni talvolta diverse dalle vostre. Che sia dunque alla meta e non sul percorso, il nostro punto d’incontro.
E così, non dovrei pronunciare questo discorso, eppure lo faccio. E non potrebbe esserci in realtà discorso più rappresentativo del momento storico che vive l’Italia, di un discorso che non dovrebbe esserci, ma c’è. Infatti troppe cose in Italia oggi non dovrebbero, ma sono.
Come la crisi economica. Da almeno due anni sentiamo parlare di ripresa, eppure le famiglie sono sempre più povere.
Come la disoccupazione. In quanto garante della Costituzione italiana non avrei dovuto essere indulgente verso la perdita di posti di lavoro in Italia. Non è un caso che la Costituzione Italiana, la più bella del mondo, nel suo primo articolo dica ‘L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro’. Se manca il lavoro, manca il fondamento su cui la nazione è stata costruita. Se manca il fondamento, la nazione affonda. Come una casa costruita sulla sabbia.
Ci impegniamo tanto affinché la Costituzione non venga cambiata, ma non vediamo che il primo articolo, il più importante, è stato modificato de facto. Col venir meno del fondamento, il lavoro in Italia, l’articolo 1 della Costituzione è diventato: ‘L’Italia è una Repubblica democratica, affondata sul lavoro’.
Questa è la più grave colpa che non potrò mai perdonarmi: aver permesso di modificare la Costituzione.
L’energia e il tempo che mi restano, a partire da questo nuovo anno, li dedicherò quindi soprattutto ai lavoratori. Desidero che il 2014 passi alla storia come ‘l’anno dei lavoratori italiani’.
A tutti voi, lavoratori, che nonostante tutto non vi siete arresi. Che lavorate ogni giorno in condizioni precarie per sostenere la vostra famiglia e la nostra patria; a voi imprenditori che avete rinunciato al vostro guadagno pur di non licenziare i vostri dipendenti. A tutti voi dico, grazie!
A voi disoccupati. Padri di famiglia che avete perso il lavoro,  giovani laureati che volete ancora credere nel vostro paese natale; a tutti voi che ogni giorno bussate a mille porte che restano chiuse, eppure continuate ad alzarvi presto al mattino perché sapete che se doveste fermarvi lo sconforto potrebbe raggiungervi. A tutti voi dico, coraggio!
Ai più fortunati. Tutti voi che al riparo di ciò che avete meritevolmente costruito nella vostra vita godete della ricompensa dei vostri sforzi anche in questo momento di crisi. A voi dico, non dimenticate. Non dimenticatevi di ciò che questa nazione, che è l’insieme dei suoi cittadini, ha donato a voi. Ora è giunto il momento di ricambiare: concedete opportunità ai vostri compatrioti e alle famiglie in difficoltà. Tendere la mano in questo momento è doveroso. Far finta di non vedere rende colpevoli.
Avrete sentito negli ultimi mesi me, il Presidente del Consiglio e altri uomini di Stato, italiani ed esteri, pronunciare più spesso del solito una parola: Europa.
Ho detto che rinuncio alla forma istituzionale e che voglio interpretare il sentimento di tutti. Non vi chiedo pertanto di credere nell’Europa come soluzione ai problemi dell’Italia. Vi chiedo invece di restare uniti in quanto italiani. Siamo cittadini europei è vero, ma prima di tutto cittadini italiani!
Unite collaborino anche tutte le forze politiche, europeisti e non, per soddisfare prima di tutto i bisogni dei cittadini italiani e dell’Italia.
L’Europa deve saper aspettare una sorella rimasta indietro. L’Europa non dimentichi che l’Italia è tra i paesi che l’hanno fondata e costituita. Abbiamo crediti morali, non solo debiti. È ora di riscattarli, è ora di riscattarci.
Come vedete, cari italiani, gli auguri li ho lasciati alla fine. Quest’anno vorrei che non fossero auguri di circostanza. Quest’anno i miei auguri sono sentiti più che mai. Auguri che non riguardano solo le festività del periodo. La mia speranza è che sia veramente un felice anno nuovo.

Auguri per un nuovo buon anno. Auguri per una nuova, buona, Italia!”

P.S. Sono uno speechwriter. Ma non sono lo speechwriter di Napolitano. Sono un freelance, chiunque può chiedermi di scrivere un discorso per se stesso. Giorgio Napolitano non lo ha fatto. Questo è il discorso non richiesto che ho scritto per Napolitano e che lui non leggerà mai.
Sono comunque convinto che questo sia il tipo di discorso sincero che ogni italiano che ha bisogno di onestàsperanza e coraggio, in un momento così difficile, vorrebbe ascoltare domani dal suo Presidente. E magari, tornerebbe ad esserne orgoglioso.

(Fonte ilfattoquotidiano)

Condividi: