Torna stasera l’Earth Hour, la mobilitazione globale del Wwf. Una grande ola di buio che per un giorno intero farà il giro del mondo toccando, alle 20.30 locali di ogni nazione, 170 paesi, tutti uniti sotto il segno della lotta ai cambiamenti climatici, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, “tra il 2030 e il 2050 potrebbe causare circa 250mila ulteriori morti l’anno per malnutrizione, malaria, diarrea e stress da calore”. L’evento globale terminerà domattina nelle Isole Cook accanto alla Nuova Zelanda. Continue Reading
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I Paesi che sopravviveranno al cambiamento climatico
Ogni anno l’università americana di Notre Dame, nell’Indiana, stila una classifica di 178 paesi del mondo chiamato Global Adaptation Index. Lo scopo della lista è aiutare le imprese e il settore pubblico a capire le priorità degli investimenti per ottenere una risposta più efficace alle sfide globali immediate e future, quali: le debolezze del territorio, la distribuzione della popolazione, la disponibilità di fonti energetiche, l’avanzamento tecnologico ecc.
I risultati non riservano troppe sorprese. I paesi apparentemente più pronti ad adattarsi a un mondo più caldo, tempestoso e arido sono quelli più ricchi, più tecnologicamente avanzati o con più risorse. Al primo posto si colloca la Norvegia, forte delle sue riserve di petrolio ma anche del suo solido stato sociale, che garantisce protezione e assistenza a tutti i cittadini. Gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia sono tra i paesi più pronti ad affrontare la sfida posta dal clima che cambia essendo molto grandi e ricchi di risorse. E, fatto ancora più importante, hanno vasti terreni coltivabili a nord che li rendono adatti a sopportare l’aumento delle temperature.
Le posizioni peggiori sono occupate, come sempre, dai paesi più poveri, nei quali i cambiamenti climatici provocheranno un calo del rendimento agricolo e una ulteriore diminuzione delle risorse idriche a disposizione. Come se non bastasse inoltre questi paesi non hanno le tecnologie e le politiche economiche necessarie a far fronte ai danni causati dalle intemperie. L’Italia? Solo trentesima, negli anni migliori, 2004-2005, era riuscita a raggiungere il 23° posto. Tra le principali criticità si annoverano la dipendenza dall’importazione per la fornitura di energia, l’instabilità politica, lo scarso rispetto delle leggi, la corruzione. Le ultime posizioni sono occupate dall’Afghanistan, Haiti, il Sudan, il Burundi, l’Eritrea e il Chad ultima in classifica.
Il cambiamento climatico ci pone di fronte a una dura realtà: se a causarlo sono principalmente i paesi più ricchi e industrializzati, i paesi più poveri saranno comunque i più colpiti.
Curiosità: I cambiamenti climatici metteranno a rischio il futuro di cacao e caffè, mentre un altro “bene di consumo” tropicale altrettanto famoso, la cocaina, si salverà. Lo hanno affermato alcuni esperti del sito The Daily Climate, secondo cui la pianta di coca è tra le meglio attrezzate per resistere.
Lettera delle associazioni ambientaliste e della green economy a Matteo Renzi
Le principali associazioni ambientaliste del Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club, Comitato Si alle Energie Rinnovabili No al Nucleare e WWF, insieme al coordinamento di associazioni e imprenditori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili, chiedono al nuovo Governo Renzi, di rappresentare l’Italia, nell’UE, con un impegno forte sugli obiettivi 2030 in materia di politiche per il clima.
Illustre Presidente,
le scriviamo all’indomani del suo insediamento a capo del Governo per evidenziare il rilievo e l’urgenza degli impegni che attendono il nostro Paese, già nelle prossime settimane, in materia di contrasto ai cambiamenti climatici. Come saprà è in corso nell’UE un processo di definizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030. Il riscaldamento globale è un’emergenza conclamata e sulla quale la comunità scientifica internazionale esprime moniti univoci, indicando con precisione le sfide che ci attendono per salvare il Pianeta e scongiurare un futuro in cui gli eventi metereologici estremi crescano in intensità e frequenza. Il libro bianco “Clima-Energia 2030”, appena adottato dalla Commissione, mostra purtroppo una preoccupante timidezza, in aperta antitesi con gli stessi impegni già assunti dall’Europa per contribuire a contenere il riscaldamento globale sotto la soglia critica dei 2°C. Il prossimo 20-21 marzo il Consiglio europeo si riunirà per decidere sui target europei al 2030 in materia di clima ed energia; prima di allora, il 3 e il 4 marzo, sarà la volta dei ministri per l’Ambiente e di quelli con competenze in materia di Energia, anche qui per discutere il futuro dell’Unione nella sfida ai cambiamenti climatici. Saranno, questi, passaggi decisivi per scegliere la strada giusta per l’UE. L’Italia, con il precedente esecutivo, ha già espresso il suo impegno (insieme a Germania, Francia, Danimarca e altri quattro stati) in favore della definizione di tre target ambiziosi e vincolanti per il contenimento delle emissioni di gas serra e lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Questi ultimi due settori sono essenziali e imprescindibili se si vuole agire efficacemente. Alle fonti rinnovabili dobbiamo quasi la metà della riduzione delle emissioni conseguita sin qui con il pacchetto 20-20-20; riguardo all’efficienza, recenti rapporti tecnici, di parte industriale ne mostrano i benefici economici, ambientali e occupazionali, confermando analisi già effettuate dal mondo ambientalista. Si tratta peraltro di settori in cui il nostro Paese ha le potenzialità per esprimersi in termini di primato, specie se accompagnato da politiche tese a fare sistema. Gentile Presidente, le chiediamo di confermare l’indirizzo sin qui espresso dall’Italia e di fare ancora di più, impegnando il nostro Paese a sostegno di tre target vincolanti (emissioni, rinnovabili ed efficienza) per la salvaguardia del clima. Il recente indirizzo del Parlamento europeo, che ha sconfessato la Commissione, costituisce il livello minimo di ambizione da cui partire per costruire un accordo. Il Parlamento ha votato per tre target vincolanti al 2030:
- riduzione del 40% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990;
- produzione di almeno il 30% del consumo finale complessivo di energia da fonti rinnovabili;
- incremento dell’efficienza energetica del 40%.
Questi obiettivi, secondo il Parlamento, “devono essere obbligatori, e messi in atto sulla base di singoli obiettivi nazionali, tenendo conto della situazione e del potenziale di ogni Stato membro”. Noi riteniamo che per raggiungere la de-carbonizzazione entro il 2050, come dichiarato più volte dai Capi di Stato e di Governo del Consiglio Europeo, sia necessario andare oltre, ma riconosciamo al Parlamento Europeo il merito di aver ristabilito i termini minimi del confronto. Auspichiamo che la volontà di radicale innovazione da Lei più volte indicata come tratto essenziale del suo impegno di Governo, possa trovare traduzione concreta anche in politiche ambiziose per la salvaguardia del clima e lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile. La ringraziamo per l’attenzione e auspichiamo questa nostra possa essere l’inizio di un proficuo confronto; rimaniamo a Sua disposizione per ogni chiarimento.
Clima, allarme dell’Onu: Diminuire subito le emissioni di carbonio
Lunedì inizierà la 19esima Conferenza dell’ONU sul clima. Dall’11 al 22 novembre, 192 paesi parteciperanno alla conferenza di Varsavia con un solo obiettivo: diminuire le emissioni di carbonio entro il 2020. Gli studi dimostrano che la temperatura dell’aria e il livello del mare continuano a salire e sottolineano l’importanza di trovare una soluzione a questa crescita allarmante. 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all’elettricità e 2,6 miliardi di persone continuano a ricorrere al tradizionale uso di biomassa per cucinare.
L’UE produce l’11% delle emissioni di gas a effetto serra. L’obiettivo è quello di diminuire tali emissioni del 20% entro il 2020, anno in cui scadrà il protocollo internazionale di Kyoto. La conferenza di Varsavia è anche uno dei primi passi verso un nuovo accordo internazionale. Il Parlamento, che parteciperà alla conferenza, ha rilanciato la proposta di ridurre le emissioni del 30% in UE entro il 2020.
Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane, per la biodiversità e per il pianeta ed è perciò un problema che deve essere affrontato a livello internazionale da tutte le parti. Secondo la relazione della Banca mondiale dal titolo “Turn Down the Heat” (Abbassare il riscaldamento), le attuali tendenze in termini di emissioni porteranno a un riscaldamento di 2° C rispetto all’epoca preindustriale nell’arco di 20/30 anni e a un riscaldamento di 4° C entro il 2100. L’aumento di 4° C potrebbe comportare aumenti di temperatura sostanzialmente più elevati nelle regioni tropicali particolarmente sensibili e recenti risultati scientifici sottolineano i pericoli inerenti anche a un riscaldamento di 2° C.
Il riscaldamento finora prodotto (pari, a livello globale, a circa 0,8° C al di sopra delle temperature pre-industriali) costituisce uno dei fattori alla base di varie crisi umanitarie e alimentari già verificatesi, in particolare quelle più gravi in Africa, soprattutto nel Corno d’Africa e nel Sahel. Secondo uno studio realizzato dall’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico e dall’Università di Madrid, la frequenza delle ondate di calore estremo raddoppierà da oggi al 2020 e si quadruplicherà nel periodo fino al 2040. Questa tendenza può essere scongiurata nella seconda metà del secolo solo in caso di riduzione sostanziale delle emissioni globali.
Secondo l’International Energy Outlook 2013, tra il 2010 e il 2040 la domanda energetica globale crescerà del 56%, e soddisfare tale domanda comporterebbe un notevole aumento delle emissioni di CO2. La parte più consistente dell’aumento della domanda e delle emissioni si verificherà nelle economie emergenti. Stando ai dati forniti dal Fondo monetario internazionale (FMI), i sussidi ai combustibili fossili sono pari a USD 1,9 trilioni a livello mondiale, con il massimo dei contributi provenienti dagli Stati Uniti, dalla Cina e dalla Russia (che insieme rappresentano circa la metà di tali sussidi). L’Europa dovrebbe promuovere, nella propria strategia industriale, l’innovazione e la diffusione di tecnologie ecocompatibili, anche nel campo dell’informazione e della comunicazione (TIC), delle energie rinnovabili, delle tecnologie per un uso innovativo ed efficiente dei combustibili fossili e, in particolare, delle tecnologie efficienti sotto il profilo energetico.
In base alle conclusioni di uno studio del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP), è possibile raggiungere un’economia sostenibile nonché efficiente sotto il profilo energetico garantendo nel contempo un aumento dell’occupazione (circa il 20% delle emissioni di gas serra è dovuto alla deforestazione e ad altre forme di uso del suolo e di cambiamenti di tale uso). Ad esempio utilizzando l’agrosilvicoltura si aumentano gli effetti di mitigazione della CO2, grazie a un maggiore stoccaggio del carbonio, e si riduce la povertà diversificando le entrate delle comunità locali.
“Il compito della delegazione del Parlamento europeo è quello di discutere con il maggior numero possibile di attori (organizzazioni non governative, delegazioni). Abbiamo già un accordo sulla riduzione delle emissioni delle automobili e per ridurre le emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020. Vogliamo impegni concreti in tutte le regioni del mondo. Vogliamo ottenere dei risultati ora e non nel 2018 o nel 2020. L’appuntamento di “Parigi 2015” si avvicina e dobbiamo ottenere degli impegni vincolanti anche per i paesi in via di sviluppo. Certamente i paesi sviluppati dovranno fornire un maggior sostegno finanziario. A Varsavia ci prepareremo per Parigi, dove dovremo decidere delle nuove misure per il dopo 2020. Varsavia sarà la conferenza delle promesse e degli impegni chiari. Mi piacerebbe che i paesi sviluppati dimostrino in quest’occasione una volontà forte per la costituzione del Fondo verde per il clima. Altrimenti i paesi sottosviluppati perderanno la fiducia. Sarà una settimana difficile. Ci aspettiamo delle discussioni fino a tarda notte, ma dobbiamo trovare una soluzione.” Matthias Groote – Presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento