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In Italia consumo di cannabis da record, siamo terzi in Europa

consumo di cannabis

L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), centro di riferimento per le informazioni sulla droga nell’Unione europea, ha stimato l’uso di cannabis nel corso della vita. E negli ultimi anni disponibili, gli italiani sono terzi dietro a Francia e Danimarca.

L’Olanda dove è legalizzata risulta al 7° posto pur essendo interessata da flussi giovanili da tutto il globo. Solo negli ultimi 12 mesi più 22 milioni di persone in Europa hanno fatto uso di cannabis (dati Eu drug markets report 2016). I consumatori di cannabis in Italia sono circa il 10% della popolazione con un’età compresa tra i 15 e i 64 anni. Un paese di santi, navigatori e… fumatori di marijuana.

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La legalizzazione delle droghe leggere è un buon affare per lo Stato

legalizzazione droghe leggere

La proposta di 218 parlamentari per legalizzare cannabis ha suscitato un vasto dibattito tra politici ed esperti sul tema.

Recenti ricerche evidenziano che tale provvedimento determinerebbe benefici netti consistenti per le casse dello Stato. Aggiungiamo qualche dato in più al modello logico già presentato su LaVoce.info tenendo conto dell’esperienza del Colorado e dell’introduzione nel Pil del calcolo dell’economia illegale da parte dell’Istat.

In riferimento al Colorado, dove una regolamentazione simile a quella proposta dall’Intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis è stata introdotta nel gennaio 2014, la legalizzazione delle droghe leggere non mostra aumenti significativi nei costi sanitari. In compenso il Dipartimento di polizia di Denver ha certificato nel 2014, per la prima volta dal 2009, una riduzione di furti in totale del 3% e furti con scasso (-10%). Continue Reading

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Amnésia, il calvario di mio figlio

Amnésia-droga

La chiamano amnésia, un mix di marijuana e metadone. È la droga della camorra. Da tre anni almeno, la segnalai in un vecchio e criticato post, circola nelle piazze di spaccio gestite dai clan alla periferia di Napoli. Si tratta di marijuana di pessima qualità, trattata con gocce di metadone. Una droga devastante per il cervello e la psiche. Secondo quanto hanno rivelato le analisi dei laboratori della polizia Scientifica, dalla sua combustione si sprigionano fumi devastanti per la salute. La nuova sostanza proviene dall’Olanda e, in questo ultimo periodo, le forze dell’ordine hanno già effettuato numerosi sequestri di amnésia trovata nascosta anche in tir, tra casse contenenti funghi o tergicristalli. Ha già mandato fuori di testa tre giovani napoletani, l’amné: una ragazzina di sedici anni, studentessa del liceo Umberto, un suo amico di diciotto, e un diciannovenne del Vomero.

Il racconto del padre di un ragazzo napoletano di 22 anni che alcuni mesi fa ha fumato l’amnésia.

Che cosa è accaduto a suo figlio? Ha fumato l’amnésia.

Quando? Una decina di mesi fa.

Dove? In un baretto di Chiaia, ma l’aveva acquistata al rione Traiano, pensava si trattasse di semplice marijuana.

Invece? Vai a capire che cosa c’era lì dentro, una bomba. L’hanno chiamata amnésia ma francamente non saprei, potrebbero averci messo dentro di tutto.

Adesso come sta suo figlio? Male.

Di quali disturbi soffre? Giramenti di testa soprattutto, ma anche bruciore agli occhi e ha la vista spesso offuscata. I medici dicono che si tratta di un deficit vestibolare.

Provocato da che cosa? Dalla tossicità della sostanza che ha fumato.

Dopo un anno non ha ancora recuperato? Purtroppo no. E nemmemo so dirvi se mai recupererà. Mi farebbe piacere incontrare le famiglie dei tre ragazzi che hanno avuto lo stesso problema, vorrei chiedere loro come stanno curando i propri figli, a chi si sono rivolti, un confronto per capire insieme che cosa fare.

A che età suo figlio ha cominciato a usare sostanze stupefacenti? Non saprei. Quel che so con certezza è che non è mai stato un consumatore abituale. E non ha mai assunto sostanze diverse dalla cannabis.

Cannabis evidentemente modificata? Immagino di sì visto che, subito dopo averla fumata, mio figlio ha cominciato ad avere una serie di problemi fisici di cui inizialmente nemmeno mi aveva parlato, pensava che presto sarebbe stato meglio e voleva evitare di raccontarmi ciò che era accaduto.

Invece? Dopo qualche giorno è venuto a chiedermi aiuto, continuava a star male, non sapeva più che cosa fare.

E ha dovuto dirle tutto. Sì, mi ha raccontato che subito dopo aver fumato quella roba non riusciva più a parlare e a muovere le gambe, rimase paralizzato su una sedia. Ebbe molta paura ma per fortuna un po’ alla volta recuperò la mobilità e anche la parola.

Quali disturbi invece ha continuato ad avvertire? Giramenti di testa continui, invalidanti direi, di cui soffre tutt’ora.

Che cosa dicono i medici? Ne abbiamo consultati tanti. Abbiamo girato i migliori specialisti: neurologi, psichiatri, tossicologi… Solo in un caso c’è stato un miglioramento.

Quando? Pochi mesi fa, a Modena. Gli diedero delle gocce che per un periodo lo hanno fatto stare meglio ma purtroppo non hanno risolto il problema. L’ultima diagnosi è stata quella di deficit vestibolare provocato dall’intossicazione.

Che cosa fa adesso suo figlio? È all’università, studia, cerca di condurre una vita normale ma è chiaro che se la situazione resta questa, la sua non potrà mai essere una vita normale.

Continua a fare uso di sostanze stupefacenti? Assolutamente no. E maledice ogni giorno il momento in cui decise di fumare quella schifosissima erba.

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Dossier choc: Ci facciamo 200 canne a testa

cannabis

In Italia l’anno scorso sono state immessi sul mercato 3 milioni di kg di cannabis, tra hashish, marijuana e piantine. Quantità che soddisfa una domanda di mercato di dimensioni gigantesche. Un picco che appare altamente dimostrativo della sempre più capillare diffusione di questo stupefacente. Tradotto in spinelli, fanno 200 per ciascun italiano (25/50 grammi procapite). Duecento canne a testa, vecchi e bambini compresi. Parliamo dunque di qualcosa come 10 miliardi di dosi, o canne, commercializzate ogni anno nel nostro Paese. E questo, si legge nella relazione annuale 2014 della Direzione nazionale Antimafia, guidata da Franco Roberti, nonostante siano impiegate “enormi risorse umane e materiali” per contrastare il fenomeno.

Nel periodo preso in esame dalla Dna, dal 1.7.2013 al 30.6.2014, si registra un significativo aumento dei sequestri di cannabis, un picco di incremento di oltre il 120%. In particolare: kg 147.132 di cannabis ( di cui 109.000 di hashish, 37.151 di marijuana, 900 di piante). Il quantitativo sequestrato è di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato. Nel nostro Paese, in un anno appena, la quantità di hashish e marijuana che c’è in giro è assai più che raddoppiata.

Nelle oltre 700 pagine, la relazione, ammette il fallimento della repressione del mercato illegale di cannabinoidi e la secca apertura alla depenalizzazione del loro consumo: “con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale”. Poi l’ammissione di sostanziale fallimento: “Di fronte a numeri come quelli appena visti, e senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia, si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”.

legalizzazioneSoluzione? La depenalizzazione: “Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite”.

A questo punto, cosa si aspetta? In Italia ormai la cannabis è diffusa come il vino, i superalcolici e le sigarette e quindi tanto varrebbe prenderne atto e cambiare strategia. In un sol colpo permetteremmo allo Stato di risparmiare risorse umane e tecnologiche e di controllare la legalità di un prodotto che potrebbe dare un’entrata in imposte di 5 miliardi di euro l’anno.

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Donato Metallo, il sindaco rivoluzionario che vuole produrre la cannabis terapeutica

Donato-Metallo-cannabis-marijuana

La rivoluzione della cannabis terapeutica parte da un piccolo paese del Sud, 10.400 abitanti, 55 metri sul livello del mare. A Racale di Puglia stanno combattendo (e vincendo) la battaglia più importante per tutti i malati che hanno bisogno dei cannabinoidi per curare gli effetti di alcune patologie come la sclerosi multipla. Sì, perché dietro la legge approvata ieri dalla Puglia, quarta regione in Italia a dire sì all’uso terapeutico della marijuana, c’è in realtà un progetto più ambizioso che trova, tra l’altro, il favore di tutte le forze politiche. Ed è creare il primo campo per la coltivazione in proprio della materia prima. Sarebbero i primi in Italia con tutte le autorizzazioni e i certificati ministeriali. Lo scopo, togliere alla criminalità il mercato degli stupefacenti, anche quello per uso medicale. Perché a tutt’oggi, anche se c’è il via libera alla terapia grazie a una legge del 2007 firmata Livia Turco, farmaci o canne, possono essere solo importati dall’estero e con costi elevatissimi e molti pazienti sono costretti all’illegalità. La rivoluzione di Racale ha il nome di Lucia Spiri e Andrea Tresciuoglio, malati di Sclerosi multipla e fondatori del primo “Cannabis social club” che proprio oggi compie un anno. Ma anche quello del sindaco Donato Metallo. Trentadue anni, in carica dal 2012 con la Lista “Io amo Racale”, membro dell’assemblea nazionale Pd, Donato Metallo appena eletto ha portato a casa tre risultati: un progetto per l’abolizione delle barriere architettoniche, il doposcuola gratis per tutti bambini, l’approvazione della legge per l’uso terapeutico della cannabis. Ama De André come si capisce bene dal suo profilo Facebook, e gli piace “la cattiva strada”.

Qualche mese fa ha preso carta e penna e scritto una lettera a tutti i sindaci d’Italia. “Vi spiego perché dovete venire con me sulla cattiva strada. Una scelta scomoda, lo so. Ma è una scelta d’amore”. “Me lo hanno chiesto due amici, Lucia ed Andrea – racconta Metallo ai colleghi – . Vi voglio raccontare di William, compagno fedele di Lucia, vittima inconsapevole della sclerosi multipla. Lucia ha la mia età, ci conosciamo da anni e so da tempo della sua malattia. Ho visto William accompagnare Lucia su di una sedia a rotelle, ho visto Lucia impastare qualche torta alla canapa, confesso di aver seguito la scena prima con il terrore di un bigotto e poi con la tenerezza e la speranza di un amico, ho visto Lucia alzarsi da una sedia con le sue gambe, incerta sui passimafiera nella sua riconquistata stazione eretta, ho sorriso e l’ho abbracciata”. Quella lettera – dice oggi Metallo – è arrivata ai sindaci e conteneva una proposta di legge che però non è mai stata ufficializzata. Qualcuno comunque ha risposto. Il sindaco di Foggia Giovanni Mongelli, qualche assessore del Lazio e tanti piccoli comuni, soprattutto i piccoli comuni, spiega metallo, dalla Sicilia moltissimi.

Qual è il senso della sua battaglia è presto detto: “Si tratta di regalare anche solo un pomeriggio di vita. I tempi del malato non sono quelli della politica. Io li ho visti questi ragazzi, in quest’ultimo anno hanno perso molti amici. Ecco, grazie a quei farmaci possono fare un giro in macchina, alzarsi, passare una giornata normale senza sentire gli effetti devastanti delle loro patologie”. Lucia ha ricominciato a camminare e così Andrea. Si tratta di aprire con tutte le autorizzazioni il primo centro italiano per la coltivazione della Cannabis. Dietro la legge pugliese c’è lui, c’è l’assessore alla Sanità Elena Gentile, c’è il capogruppo di Sel Michele Lo Sappio. C’è anche la presidente onoraria del “Cannabis social club” la radicale Rita Bernardini. Quello che però non tutti sanno è che ci sono state già due riunioni operative, in regione, per mettere a punto il protocollo con Asl e facoltà di Medicina, Agraria e Farmacologia da inviare al ministero della Sanità a Roma. La prossima settimana è prevista l’ultima riunione, poi la richiesta partirà e c’è da scommettere che qualcosa potrebbe accadere nonostante l’ostilità acclarata del ministro Beatrice Lorenzin assolutamente contraria a ogni forma anche mascherata di legalizzazione.

Sono quattro le Regioni che in Italia hanno “detto sì” l’uso della cannabis a scopo terapeutico. E c’è chi vede, pochi in verità, in questa normalizzazione una testa d’ariete attraverso la quale si cercherebbe di far passare la legalizzazione delle droghe leggere. Sono pochi perché lì dove le leggi sono state approvate (Veneto, Liguria, Toscana e Puglia) il via libera è passato quasi all’unanimità e con favore bipartisan. Come dire, la destra, salvo rare eccezioni, non si oppone. C’è l’esempio della Francia che di recente ha dato il via libera alla vendita del primo medicinale a base di cannabis. C’è lo Stato di New York ventunesimo ad assumere una decisione del genere in un’America. Bisogna anche dire che le regioni che stanno regolamentando l’uso terapeutico della cannabis in realtà si stanno solo adeguando e pure con un certo ritardo la loro normativa al decreto Turco del 2007. Per dire, nel Lazio è ancora in discussione, così in Emilia, nelle Marche e in Abruzzo. Il passaggio è essenziale, perché solo con una legge regionale i pazienti possono richiedere il farmaco all’estero e soprattutto accedere ai rimborsi asl. E questo è il passaggio cruciale. Attualmente l’Italia acquista il Bedrocan dall’Olanda con costi molto alti. Nel maggio scorso l’Agenzia del Farmaco ha autorizzato il Sativex ma a condizioni molto restrittive. Tra medici che non prescrivono e cure che non possono essere rimborsate i pazienti che scelgono questa terapia rischiano di ingrassare le narcomafie. Per non parlare dei costi: 5 grammi al giorno per 40 euro al giorno. Attualmente solo a Rovigo c’è un centro autorizzato alla produzione, ma è per l’Uruguay.

Spiega Donato Metallo: “Il nostro sogno è produrre qui il farmaco. I ragazzi del Cannabis social club potrebbero produrre il medicinale e poi venderlo alla Regione con costi molto più bassi. Il ricavato della vendita sarebbe poi investito per la realizzazione di un centro per la riabilitazione”. La Regione Puglia – dice – sembra favorevole.

(Fonte L’Unità del 30 Gennaio 2014)

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