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I Bot-people e le frottole raccontate da banche e venditori truffaldini

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Anche quest’anno è uscita in piena estate, l’Indagine sui fondi e sicav italiani (1984-2013). Una ponderosa pubblicazione dell’ufficio studi di Mediobanca che dal 1992 sviscera l’universo dei fondi comuni aperti e chiusi, fondi pensione ecc… e delle poche sicav (simili ai fondi) di diritto italiano. E pure quest’anno ne ha certificato il generale fallimento. La ricerca è frutto dell’iniziativa e dell’impegno di Fulvio Coltorti. Un economista indipendente? Era dipendente del gruppo Mediobanca, per decenni responsabile dell’area studi. Ma era ed è onesto e competente. La pubblicazione è una miniera di dati interessanti. Per cominciare il confronto aggiornato fra investimento in Bot e in fondi comuni italiani, a partire dalla loro nascita nel 1984. La performance dei titoli del Tesoro straccia quella dei fondi: 100 euro sono diventati 592 a fine 2013 se tenuti in Bot, ma mediamente solo 491 se in fondi comuni.

Ciò fa giustizia di tutte le frottole raccontate da banche e venditori porta a porta, che per decenni hanno chiamato beffardamente Bot-people i risparmiatori italiani che non volevano affidarsi a strumenti d’investimento più evoluti. Cioè appunto ai fondi comuni, studiati per raschiargli via più soldi possibile. La ricerca usa espressioni molto dure: “Una distruzione di valore pari a circa 86 miliardi di euro nell’ultimo quindicennio”, “l’industria dei fondi continua a rappresentare un apporto distruttivo di ricchezza per l’economia del Paese”, tenendo conto del premio al rischio “la distruzione di valore […] aumenta a 155 miliardi”.

Una sottrazione di ricchezza che dura dal 1984: quattrini portati via ai risparmiatori italiani e finiti nella tasche di venditori, gestori, intermediari, pseudo-consulenti, quella realtà parassitaria che va sotto il nome di risparmio gestito. I danni arrecati ai risparmiatori italiani sono molto maggiori di come appare dallo studio di Mediobanca.

Esso infatti esamina i fondi di diritto italiano. Ma da anni l’industria del risparmio gestito ha messo in atto un artifizio per avere le mani più libere e addebitare costi maggiori ai propri sfortunati clienti: ha trasferito in misura massiccia la gestione all’estero, soprattutto in Lussemburgo e Irlanda, ricorrendo ai fondi estero-vestiti o roundtrip. Tale manovra ha peggiorato la già scarsa trasparenza nella gestione. Con questi fondi diventa praticamente impossibile individuare malversazioni e illeciti, anche per la magistratura italiana. A ciò si aggiunge la possibilità di applicare commissioni ancora più esose di quelle dei fondi di diritto italiano, dove comunque la ricerca di Mediobanca evidenza uno spaventoso 2,9 per cento annuo medio per quelli azionari.

Opacità maggiore, controlli quasi inesistenti, commissioni più pesanti conducono inevitabilmente a minus di gestione ancora più gravi. Quindi è indubbio che nel complesso ai risparmiatori italiani sia andata ancora peggio di come appare dall’analisi di Mediobanca, essendo ormai all’estero “il 58 per cento dei patrimoni dei fondi comuni aperti seguiti dai gestori italiani”. Ma la ricerca di Mediobanca riporta anche altre analisi, tutte liberamente disponibili sul sito.

Le implicazioni pratiche sono molto semplici. Visti gli effetti deleteri della cosiddetta gestione professionale del risparmio, è bene disinvestire senza indugio i fondi eventualmente posseduti e soprattutto non mettervi soldi. Invece molti risparmiatori non hanno resistito alle sollecitazioni in tal senso. Come infatti riporta Mediobanca, per i fondi italiani “la raccolta netta è stata positiva nel 2013 dopo nove anni in rosso: dal 2003 le sottoscrizioni dei fondi non superavano i riscatti”. La qualità della gestione è forse migliorata? No, come dimostrano i confronti di Mediobanca.

Il recente successo dei fondi si basa sulla facilità con cui è possibile ingannare i risparmiatori dopo alcuni mesi di salita delle quotazioni di Borsa, anche se dovute al recupero di perdite precedenti. Gli si mostra infatti il risultato dell’ultimo anno, commentandolo con frasi truffaldine del tipo “il nostro fondo obbligazionario rende il 5 per cento, i Bot meno dell’1 per cento” (l’imbroglio è che non “rende”, bensì “ha reso”). Inevitabile che molti si lascino ingannare.

(Fonte: Beppe Scienza su il Fatto Quotidiano 30-7-2014)

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Giù le mani dai Bot!

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“Partenza col “Bot” per il governo Renzi. La polemica scaturisce dall’intervista fatta ieri dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio durante la trasmissione In mezz’ora di Lucia Annunziata, nella quale è stata ventilata l’ipotesi di un aumento della tassazione sui Bot. Nettamente contrari Federconsumatori e Adusbef, per le quali su un investimento di 100.000 euro in Bot annuali, agli attuali tassi, si otterrebbe un incremento fiscale di 60 euro. Codacons annuncia: “Pronti a comitati di protesta”.
Proprio mentre il Governo Renzi sta chiedendo la fiducia al Senato, non si placano fra i Consumatori le polemiche legate all’intervista televisiva di Delrio, che ieri su Raitre ha parlato di un “innalzamento delle imposte sulle rendite finanziarie in linea con gli standard europei al 25” e non ha escluso la tassazione sui Bot: “Se una signora anziana ha messo da parte 100 mila euro in Bot non credo che se le togli 25 o 30 euro ne avrà problemi di salute. Vediamo”. Secondo il sottosegretario, i proventi di queste tasse potranno essere reinvestiti “a favore delle fasce più deboli”. In realtà, a stretto giro da Palazzo Chigi hanno fatto sapere che “non è prevista, né ci sarà alcuna nuova tassa. L’orizzonte del governo è quello di una riduzione della pressione fiscale attraverso una rimodulazione delle rendite finanziarie e delle tasse sul lavoro”.
In ogni caso i Consumatori alzano le barricate. Affermano Federconsumatori e Adusbef: “Lo scivolone del sottosegretario Delrio, che ancor prima di ricevere la fiducia delle Camere, ha evocato come primo atto un ulteriore giro di vite sulle tasse già troppo elevate, invece di affrontare i gravissimi  problemi che affliggono gli italiani, come disoccupazione, giovani senza futuro, perdita del potere di acquisto, idrovore fiscali e bancarie, crescita, tagli a sperperi e sprechi dei mandarini di Palazzo, regole certe a Bankitalia ed ai banchieri che continuano a dettare le linee di politica economica di loro convenienza ai governi di turno, ripropone il tema della patrimoniale, che seppur mascherata è già in vigore sugli investimenti finanziari e sui titoli di Stato”. Le due associazione hanno ipotizzato un dossier titoli di 100 mila euro, investito in Btp decennali al tasso lordo del 3,5% ed in Bot annuali all’1%, gravati da una imposta di bollo del 2 per mille e da una ritenuta fiscale del 12,5% sulle cedole: “Se il Governo dovesse portare la ritenuta fiscale dal 12,5 al 20% per un investimento di 100.000 euro su un Btp decennale, mantenendo il 2 per mille, potrebbe produrre una maggiore stangata fiscale di 262,50 euro; senza il 2 per mille di 62,50 euro”. Altra ipotesi è quella di un investimento in Bot annuali: “Su un investimento di 100.000 euro in Bot annuali, agli attuali tassi dell’1% lordo, otterrebbe un incremento fiscale di 60 euro, mantenendo la patrimoniale mascherata del 2 per mille; un decremento fiscale di 140 euro, con la sacrosanta abrogazione del 2 per mille sui bolli”.
Commentano Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, presidenti delle due associazioni: “Adusbef e Federconsumatori chiedono al Governo maggiore attenzione in materie così delicate e sensibili, che riguardano sudore, lacrime e sangue di milioni di italiani e delle loro famiglie, che hanno fatto tanti sacrifici per poter mettere da parte qualche risparmio, costretti poi ad erodere per una funzione impropria di “ammortizzatori sociali” a giovani figli, nipoti e parenti  disoccupati o relegati alla funzione di ‘esodati’”.
Una netta contrarietà all’ipotesi arriva anche dal Codacons. “Giù le mani dai Bot – commenta il segretario nazionale  del Codacons Francesco Tanasi – Siamo pronti a costituire comitati di protesta in tutte le città italiane. Non si possono tassare i pochi risparmi rimasti alle famiglie”. Per il Codacons l’operazione di tassare maggiormente i Bot “è assolutamente inutile, considerato che sarebbe una partita di giro che avrebbe come unico effetto quello di innalzare i tassi di interesse. Gli investitori, infatti, guardano al tasso di interesse reale, non a quello nominale. Insomma lo Stato prenderebbe i soldi con la mano destra e finirebbe per ridarli con la sinistra, sotto forma di maggiori interessi”. L’associazione di consumatori è, invece, “favorevole ad aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie, oggi tassate al 20%, meno della prima aliquota con la quale viene tassato il lavoro, purché ovviamente quei soldi siano tutti destinati a ridurre le tasse al ceto medio, ossia a quel 50% di italiani che oggi fatica ad arrivare a fine mese”. Helpconsumatori

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