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La guerra degli indiani Navajo al cibo spazzatura americano

Gli indiani si ribellano e per la prima volta tassano del 2% gli alimenti nocivi alla salute, quelli spesso distribuiti dalle multinazionali americane: patatine fritte, tortillas, hamburger, bevande gassate, biscotti. Dalle tasse sul cibo-spazzatura si prevedono ricavi pari a circa un milione di dollari che saranno destinati a iniziative per favorire il benessere della comunità: serre, mercati contadini, orti e attrezzi da palestra. Essendo una nazione semi-autonoma possono aumentare le tasse. Contemporaneamente, è stata abolita una tassa del 5% su tutti i cibi sani, come frutta e verdura. Una decisione che ha fatto infuriare i lobbisti delle grandi aziende, preoccupati per il calo delle vendite.

3_indians_in_dressing_ceremonyLa Nazione Navajo, celebre per le avventure di Tex Willer, è la più grande riserva di nativi d’America, che conta circa trecentomila abitanti e si trova a cavallo di Arizona, New Mexico e Utah. La tribù Navajo si insediò tra il Colorado e l’Arizona intorno al 1500, tre secoli prima di essere confinato (con la scusa di porre fine alle loro razzie) in una riserva del New Mexico assieme alle popolazioni dei Mescaleros. Un popolo che in passato si nutriva solo con quello che offriva la loro terra: vegetali, animali, bacche, frutta, e fichi d’india.

Secondo i dati del servizio sanitario indiano, circa 25 mila abitanti della riserva hanno il diabete di tipo 2, e 75 mila sono pre-diabetici. Il tasso di obesità, per alcuni gruppi di età, arriva fino al 60% e si moltiplicano ipertensione e malattie cardiache. Il motivo? La loro alimentazione per anni è stata basata su patate fritte, tortillas, biscotti, patatine e bevande zuccherate. Con il tempo, insomma, la riserva Navajo si è trasformata nel regno del junk food.

Il fattore povertà influenza l’alimentazione dei popoli e i Navajo devono stringere i denti. La comunità indigena conta circa 300 mila abitanti, il 42% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, mancano posti di lavoro (la disoccupazione è al 50% e arriva al 90% in alcuni dei 110 distretti della riserva). Frutta e verdura fresche costano molto, una dozzina di mele può arrivare anche a 7 dollari: l’equivalente di sette pasti precotti, che però sono ricchi di grassi saturi e di sale.

L’idea di inserire una tassa sui junk-food è nata quattro anni fa, tramite, la portavoce della DCAA e sostenitrice della salute della comunità Navajo, Denisa Livingston. L’anno scorso la tribù ha riscosso, il risarcimento più ingente di sempre, ben 554 milioni di dollari dall’amministrazione Obama, per mettere fine alla serie di cause e sfide legali intentate dai nativi contro il governo americano.

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Gli intrugli nelle bevande

Fonte L'Espresso

 

Accusati di essere responsabili dell’infanzia che ingrassa. Banditi da ogni regola di sana alimentazione. E oggi anche tassati. Lo ha deciso, come già prima di lui le autorità danesi e francesi, il ministro della Salute Renato Balduzzi: bevande industriali, gassate e non, energy drink, succhi di frutta verranno gravati di un tributo di 3 centesimi a lattina. Insomma, le autorità sanitarie li bocciano, ma i ragazzi li amano. E tutti, prima o poi, una lattina ce la concediamo. Probabilmente senza sapere cosa beviamo, se non altro perché ogni cola, succo o bevanda varia è in realtà una miscela di molte sostanze (a volte decine) tra aromatizzanti, coloranti, conservanti, vitamine, zuccheri, dolcificanti e molto ancora.

Coca-Cola e Pepsi Cola hanno appena modificato la composizione delle bevande colorate con caramello commercializzate negli Stati Uniti. La causa è stata una campagna del Center for Science in the Public Interest, ente no profit che nelle ultime settimane aveva più volte chiesto alla Food and Drug Administration di imporre limiti molto più bassi di quelli attuali per una sostanza che nasce dalla sintesi di alcuni caramelli (E150c e E150d), il 4- Mei (4 metilimidazolo), inserita nel 2011 dall’International Agency for Research on Cancer (Iarc) di Lione nella lista delle sostanze cancerogene per gli animali e probabilmente anche per l’uomo. L’autorità americana (Fda) si era pronunciata contro il bando e alcuni esperti hanno fatto notare che le dosi che provocano tumori negli animali equivalgono a quelle che si assumerebbero bevendo circa mille lattine al giorno per 70 anni.

In alternativa, potrebbe succedere quanto è avvenuto per un altro componente della Coca-Cola, il dolcificante ciclammato, vietato negli Stati Uniti perché ritenuto cancerogeno, ma permesso in Europa e in 50 Paesi tra i quali il Messico, l’Australia e il Canada: nella Coca-Cola zero europea c’è, in quella americana no. Lo Iarc, per adesso ha valutato non convincenti le prove a carico del ciclammato, usato soprattutto nelle bevande sugar free, ma lo ha messo in lista per una nuova valutazione in base a studi più recenti.  Continue Reading

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