La BCE con i soldi pubblici finanzia le multinazionali

Dalla Shell alla Repsol, dalla Volkswagen alla BMW, fino a Nestlè, Coca Cola, Unilever, Novartis, Vivendi, Veolia, e Danone. Ecco dove sono finiti i soldi del quantitative easing della BCE.

Scoppia un incendio. Per fortuna arrivano i pompieri. Che però si mettono a versare sempre più acqua in una piscina piena, mentre la casa a fianco sta bruciando. Continue Reading

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Il debito pubblico greco è illegale, illegittimo e odioso



“La Grecia si trova a un bivio, dovendo scegliere se proseguire con i programmi di aggiustamento macroeconomico imposti dai creditori o effettuare un cambiamento reale per spezzare le catene del debito. A distanza di 5 anni da quando i programmi di aggiustamento cominciarono, il paese resta profondamente immerso in una crisi economica, sociale, democratica ed ecologica. La scatola nera del debito è rimasta chiusa, e finora nessuna autorità, né greca né internazionale, ha cercato di far luce su come e perché la Grecia sia stata assoggettata al regime della Troika. Il debito, nel cui nome non è stato risparmiato niente, rimane la regola attraverso la quale viene imposto l’aggiustamento neoliberale e la recessione più profonda e prolungata mai vissuta dall’Europa in tempo di pace.

Esiste un bisogno immediato e una responsabilità sociale di indirizzare una gamma di questioni legali, sociali ed economiche che pretendono adeguata considerazione. La risposta del Parlamento Ellenico è stata di istituire, in aprile del 2015, il Comitato per la Verità sul Debito Pubblico, incaricato di investigare la creazione e la crescita del debito pubblico, il modo e i motivi per i quali il debito è stato contratto, e l’impatto che le condizioni legate ai prestiti hanno avuto sull’economia e la popolazione. Il Comitato per la Verità ha il mandato di diffondere la consapevolezza delle questioni riguardanti il debito greco, sia all’interno che internazionalmente, e di formulare argomentazioni e opzioni pertinenti la cancellazione del debito.

La ricerca del Comitato presentata in questo resoconto preliminare fa luce sul fatto che l’intero programma di aggiustamento, al quale la Grecia è stata assoggettata, era e rimane un programma orientato politicamente. L’esercizio tecnico che circonda le variabili macroeconomiche e le proiezioni di debito, cifre legate direttamente alle vite e al sostentamento delle persone, ha fatto sì che le discussioni sul debito restassero a un livello tecnico, basandosi soprattutto sulla tesi che le politiche imposte alla Grecia avrebbero migliorato la sua capacità di ripagare il debito. I fatti presentati in questo resoconto contestano tale tesi.

Tutte le prove da noi presentate in questo resoconto mostrano che la Grecia non solo non ha la capacità di pagare questo debito, ma anche che non dovrebbe pagarlo, prima di tutto perché il debito conseguente alle disposizioni della Troika è una diretta violazione dei fondamentali diritti umani degli abitanti della Grecia. Siamo perciò pervenuti alla conclusione che la Grecia non dovrebbe ripagare questo debito in quanto esso è illegale, illegittimo e odioso.

Il Comitato ha anche compreso che l’insostenibilità del debito pubblico greco era evidente fin dall’inizio ai creditori internazionali, alle autorità greche e ai grandi media. Eppure le autorità greche, insieme ad altri governi dell’UE, cospirarono nel 2010 contro la ristrutturazione del debito pubblico per proteggere le istituzioni finanziarie. I grandi media nascosero la verità al pubblico dipingendo una situazione in cui il salvataggio avrebbe avvantaggiato la Grecia, costruendo al contempo una narrativa secondo la quale la popolazione raccoglieva giustamente il frutto dei propri errori.

I fondi per il salvataggio forniti in entrambi i programmi del 2010 e 2012 sono stati gestiti esternamente tramite schemi complicati che hanno prevenuto ogni autonomia fiscale. L’uso del denaro del salvataggio è strettamente dettato dai creditori, e perciò è indicativo che meno del 10% di questi fondi sia stato destinato alle spese correnti del governo.

Questo rapporto preliminare presenta una prima individuazione dei problemi principali e delle questioni associate con il debito pubblico, e nota cruciali violazioni legali associate con la contrazione del debito; inoltre tratteggia le fondazioni legali sulle quali si può basare la sospensione unilaterale dei pagamenti. I risultati sono presentati in 9 capitoli strutturati come segue:

– Capitolo 1: Debito prima della Troika, analizza la crescita del debito pubblico greco dagli anni ’80, e conclude che l’aumento del debito non fu dovuto a una spesa pubblica eccessiva, di fatto inferiore a quella di altri paesi dell’Eurozona, ma al pagamento di interessi ai creditori a tassi estremamente alti, a spese militari eccessive e ingiustificate, a perdita di gettito fiscale dovuta a esportazioni illecite di capitale, a ricapitalizzazioni statali di banche private, e agli squilibri internazionali creati dai difetti intrinseci della stessa Unione Monetaria.

L’adozione dell’euro portò a un drastico aumento del debito privato, al quale erano esposte importanti banche europee, così come le banche greche. Una crescente crisi bancaria contribuì alla crisi del debito sovrano greco. Il governo di George Papandreou contribuì a presentare la crisi bancaria come una crisi del debito sovrano quando nel 2009 aumentò il deficit e il debito pubblico.

Capitolo 2: Evoluzione del debito pubblico greco dal 2010 al 2015, conclude che il primo accordo sul prestito del 2010 mirava soprattutto a salvare le banche greche e altre banche private europee, e a permettere alle banche di ridurre la loro esposizione ai titoli di stato greci.

Capitolo 3: Debito pubblico greco per creditore nel 2015, presenta la controversa natura dell’attuale debito greco, delineando le caratteristiche principali dei prestiti, analizzate in dettaglio nel Capitolo 8.

Capitolo 4: Il meccanismo del sistema del debito in Grecia, rivela i meccanismi previsti dagli accordi implementati da maggio 2010. Essi crearono un sostanziale ammontare di nuovo debito verso creditori bilaterali e il Fondo Europeo di Stabilità (EFSF), generando al contempo costi abusivi e peggiorando ulteriormente la crisi. I meccanismi rivelano come la maggioranza dei fondi presi a prestito furono trasferiti direttamente alle istituzioni finanziarie. Anziché avvantaggiare la Grecia, essi hanno accelerato il processo di privatizzazioni tramite l’uso di strumenti finanziari.

Capitolo 5: Condizioni contro la sostenibilità, descrive il modo in cui i creditori imposero condizioni invasive che portarono direttamente all’insostenibilità del debito. Tali condizioni, sulle quali i creditori tuttora insistono, hanno non solo contribuito ad abbassare il PIL e ad alzare l’indebitamento pubblico, portando quindi a un maggiore rapporto debito/PIL, ma hanno anche disegnato cambiamenti drammatici nella società e provocato una crisi umanitaria. Il debito pubblico greco può essere ora considerato totalmente insostenibile.

Capitolo 6: Impatto dei ‘programmi di salvataggio’ sui diritti umani, conclude che le misure implementate con i ‘programmi di salvataggio’ hanno influenzato direttamente le condizioni di vita delle persone e violato i diritti umani che, secondo il diritto nazionale, regionale e internazionale, la Grecia e i suoi partner sono obbligati a rispettare, proteggere e promuovere. I drastici aggiustamenti imposti all’economia greca e alla società nel suo insieme hanno portato a un rapido deterioramento degli standard di vita, e restano incompatibili con la giustizia sociale, la coesione sociale, la democrazia e i diritti umani.

Capitolo 7: Questioni legali pertinenti il MOU e gli accordi di prestito, sostiene che si è avuta una violazione dei diritti umani da parte della stessa Grecia e dei prestatori, ovvero degli stati creditori dell’Eurozona, della BCE e del FMI, che hanno imposto tali misure alla Grecia. Tutti questi attori non hanno valutato le violazioni dei diritti umani conseguenti alle politiche da loro imposte alla Grecia, e hanno inoltre violato direttamente la costituzione greca privandola di fatto di gran parte dei suoi diritti sovrani. Gli accordi contengono clausole abusive che costringono la Grecia a rinunciare a elementi importanti della sua sovranità. Questo è evidente nella scelta del diritto britannico, che facilitò l’aggiramento della costituzione greca e dei diritti umani internazionali. Incompatibilità con i diritti umani e gli obblighi consuetudinari, numerosi indizi di malafede nelle parti contraenti, e carattere immorale di questi accordi, rendono questi ultimi invalidi.

Capitolo 8: Valutazione dei debito rispetto all’illegittimità, l’odiosità, l’illegalità e l’insostenibilità, fornisce una valutazione del debito pubblico greco secondo le definizioni di ‘illegittimo’, ‘odioso’, ‘illegale’ e ‘insostenibile’ adottate dal Comitato. Il capitolo conclude che a giugno 2015 il debito pubblico greco è insostenibile, poiché la Grecia non è attualmente in grado di ripagare il debito senza minare la sua capacità di assolvere i più elementari obblighi relativi ai diritti umani. Inoltre il resoconto fornisce per ogni creditore le prove di casi rivelatori di debiti illegali, illegittimi e odiosi.

debito-pubblico-ateneIl debito verso il FMI dovrebbe essere considerato illegale poiché la sua concessione violò lo stesso statuto del FMI, e le sue condizioni violarono la costituzione greca, il diritto consuetudinario internazionale e i trattati che la Grecia ha sottoscritto. E’ anche illegittimo, perché le condizioni includono prescrizioni politiche che violano gli obblighi relativi ai diritti umani. Infine è odioso, in quanto l’FMI sapeva che le misure imposte erano antidemocratiche, inefficaci, e avrebbero portato a gravi violazioni dei diritti socio-economici.

I debiti verso la BCE dovrebbero essere considerati illegali poiché la BCE ha scavalcato il suo mandato imponendo l’applicazione di programmi di aggiustamento macroeconomico (ad esempio la deregolamentazione del mercato del lavoro) tramite la sua partecipazione nella Troika. I debiti verso la BCE sono anche illegittimi e odiosi, perché la principale ragione d’essere del Securities Market Programme (SMP) era di fare gli interessi delle istituzioni finanziarie, permettendo alle principali banche private europee e greche di disfarsi dei titoli di stato greci.

L’EFSF si impegna in prestiti senza contante che dovrebbero essere considerati illegali perché in violazione dell’articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), oltre a numerosi diritti socio-economici e libertà civili. Per di più, l’Accordo Strutturale sull’EFSF del 2010 e il Master Financial Assistance Agreement del 2012 contengono diverse clausole abusive che rivelano chiaramente cattiva condotta da parte del prestatore. L’EFSF agisce anche contro i principii democratici, rendendo questi debiti particolari illegittimi e odiosi.

I prestiti bilaterali dovrebbero essere considerati illegali perché violano la procedura prevista dalla costituzione greca. I prestiti comportavano chiaramente cattiva condotta da parte dei prestatori, e contenevano condizioni che contravvenivano il diritto o la politica pubblica. sia il diritto dell’UE che quello internazionale sono stati violati per mettere da parte i diritti umani nel disegno dei programmi macroeconomici. I prestiti bilaterali sono anche illegittimi, in quanto non sono stati usati a beneficio della popolazione, ma solo per permettere ai creditori privati della Grecia di essere salvati. Infine, i prestiti bilaterali sono odiosi perché gli stati prestatori e la Commissione Europea erano consapevoli delle potenziali violazioni, ma nel 2010 e 2012 evitarono di valutare l’impatto sui diritti umani dell’aggiustamento macroeconomico e del consolidamento fiscale che costituivano le condizioni per i prestiti.

Il debito verso i creditori privati dovrebbe essere considerato illegale perché le banche private si comportarono in modo irresponsabile prima dell’istituzione della Troika, non osservando la dovuta diligenza, mentre alcune creditori privati come i fondi speculativi agirono anche in malafede. Alcune parti dei debiti verso le banche private e i fondi speculativi sono illegittime per le stesse ragioni per cui sono illegali; inoltre le banche greche furono illegittimamente ricapitalizzate dai contribuenti. I debiti verso le banche private e i fondi speculativi sono odiosi, perché i maggiori creditori privati erano consapevoli che questi debiti non erano contratti nell’interesse della popolazione ma piuttosto a loro proprio vantaggio.

Il resoconto si conclude con alcune considerazioni pratiche.

Il Capitolo 9: Fondazioni legali per il ripudio e la sospensione del debito sovrano greco, presenta le opzioni per la cancellazione del debito, in particolare le condizioni nelle quali, secondo il diritto internazionale, uno stato sovrano può esercitare il diritto di agire unilateralmente per ripudiare o sospendere il pagamento del debito. Esistono diversi argomenti legali che permettono a uno stato di ripudiare unilateralmente il suo debito illegale, odioso e illegittimo. Nel caso greco, tale atto unilaterale potrebbe basarsi sui seguenti argomenti: la malafede dei creditori che spinsero la Grecia a violare il diritto nazionale e internazionale pertinente i diritti umani; la prevalenza dei diritti umani su accordi come quelli firmati dai governi precedenti con i creditori o con la Troika; la coercizione; i termini iniqui in flagrante violazione della sovranità greca e della costituzione; e infine il diritto, riconosciuto dal diritto internazionale, di uno stato a prendere contromisure contro atti illegali dei suoi creditori che danneggino intenzionalmente la sua sovranità fiscale, lo obblighino a contrarre un debito odioso, illegale e illegittimo, e vìolino l’autodeterminazione economica e i diritti umani fondamentali. Per quanto concerne l’insostenibilità del debito, ogni stato ha per legge il diritto di invocare la necessità in situazioni eccezionali per salvaguardare gli interessi essenziali minacciati da un pericolo grave e imminente. In tale situazione, lo stato può essere dispensato dall’adempimento degli obblighi internazionali che aumentino il pericolo, come nel caso dei contratti di prestito. Infine, gli stati hanno il diritto di dichiararsi unilateralmente insolventi, ove il pagamento del debito risulti insostenibile, nel qual caso non commettono un atto ingiusto e non hanno di conseguenza responsabilità. La dignità delle persone vale di più di un debito illegale, illegittimo, odioso e insostenibile.

Avendo concluso un’indagine preliminare, il Comitato considera che la Grecia è stata ed è tuttora la vittima di un attacco premeditato e organizzato da parte del FMI, della BCE e della Commissione Europea. Questa missione violenta, illegale e immorale mirava esclusivamente a spostare il debito privato al settore pubblico.

Rendendo disponibile questo rapporto preliminare alle autorità e al popolo greco, il Comitato considera di aver adempito alla prima parte della sua missione come definita nella decisione del Presidente del Parlamento il 4 aprile 2015. Il Comitato spera che il resoconto sarà uno strumento utile a quanti vogliono uscire dalla logica distruttiva dell’austerità e difendere ciò che oggi è messo in pericolo: i diritti umani, la democrazia, la dignità dei popoli e il futuro delle generazioni a venire.

In risposta a quanti impongono misure ingiuste, il popolo greco potrebbe invocare ciò che Tucidide menzionò riguardo alla costituzione del popolo ateniese: “Di nome è chiamata una democrazia, perché l’amministrazione è gestita con in vista gli interessi dei molti, non dei pochi.” Tratto dall’intero resoconto dalla commissione parlamentare ellenica

>>Leggi il rapporto preliminare dell’inchiesta della Commissione “Verità sul debito pubblico” istituito alcuni mesi fa dal parlamento ellenico

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Chi e come controlla il capitale finanziario italiano e mondiale?

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Il tema della creazione di moneta in cambio di debito pubblico è talmente delicato ed esplosivo da non essere quasi mai al centro delle discussioni, nemmeno tra gli economisti, nemmeno dopo questa crisi. Eppure esso è stato da sempre al centro dell’attenzione delle principali religioni: il popolo d’Israele ogni sette anni doveva rimettere tutti i debiti ai propri connazionali (non ai gentili), l’Islam ancora oggi vieta il prestito ad interesse e qualcuno dice che tale proibizione ha salvato il sistema finanziario dei paesi arabi, il magistero cattolico ha sempre tuonato contro l’usura e nel 1931 con PIO XI, persino contro l’internazionalismo bancario.

Lo stesso Marx, che ancora non poteva mettere a fuoco la finanziarizzazione dell’economia così come la conosciamo oggi, ne IL CAPITALE, LIBRO I, SEZIONE VII, CAPITOLO 24, diceva:

“Il sistema del credito pubblico, cioè dei debiti dello Stato, le cui origini si possono scoprire fin dal Medioevo a Genova e a Venezia, s’impossessò di tutta l’Europa durante il periodo della manifattura, e il sistema coloniale col suo commercio marittimo e le sue guerre commerciali gli servì da serra. Così prese piede anzitutto in Olanda. Il debito pubblico, ossia l’alienazione dello Stato — dispotico, costituzionale o repubblicano che sia — imprime il suo marchio all’era capitalistica. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è il loro debito pubblico. Di qui, con piena coerenza, viene la dottrina moderna che un popolo diventa tanto più ricco quanto più a fondo s’indebita. Il credito pubblico diventa il credo del capitale. E col sorgere dell’indebitamento dello Stato, al peccato contro lo spirito santo, che è quello che non trova perdono, subentra il mancar di fede al debito pubblico. Il debito pubblico diventa una delle leve più energiche dell’accumulazione originaria: come con un colpo di bacchetta magica, esso conferisce al denaro, che è improduttivo, la facoltà di procreare, e così lo trasforma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno di assoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabili dall’investimento industriale e anche da quello usurario. In realtà i creditori dello Stato non danno niente, poiché la somma prestata viene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili, che in loro mano continuano a funzionare proprio come se fossero tanto denaro in contanti. (…) il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni specie, l’aggiotaggio: in una parola, ha fatto nascere il giuoco di Borsa e la bancocrazia moderna. Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato. A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. (…) C’è forse qualcosa di più pazzesco dell’esempio offertoci dalla Banca d’Inghilterra? Mentre le sue banconote hanno credito unicamente per il fatto di essere garantite dallo Stato, essa si fa pagare dallo Stato e quindi dal pubblico, nella forma degli interessi sui prestiti, per il potere che lo Stato le conferisce di convertire questi stessi biglietti di carta in denaro e darli poi in prestito allo Stato!” Continue Reading

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Video censurato: La Terza Guerra Mondiale silenziosa



“Quando si tratta di controllare gli esseri umani non c’è miglior strumento della menzogna. Perché, vedete, gli esseri umani vivono di credenze. E le credenze possono essere manipolate. Il potere di manipolare le credenze è l’unica cosa che conta” disse Michael Ende. Diffondere la verità da molto fastidio ai potenti della Terra. Loro sanno che io so e, adesso lo sapete anche voi. Condividete il video anche attraverso i social network. 

“Per chi non lo avesse ancora capito, siamo in guerra! E’ la terza guerra mondiale silenziosa, devastante, “come una nube tossica” che avvolge l’intera umanità. Lo scopo è sempre lo stesso, distruggere e conquistare. Solo che le armi non si chiamano più fucili, bombe o missili.

Si chiamano spread, derivati, BCE, SWAP, austerity, fiscal compact, MES, rating e altre ancora. Ma sono tutte armi di distruzione di massa, sono le milizie armate della finanza speculativa, quelle che strozzano l’economia, che insidia le democrazie, che ci rende timorosi e schiavi, che ci impone una vita che non vorremmo!

Sembra l’alba di una nuova era, un periodo in cui le scoperte nei vari settori della scienza e della medicina, avrebbero reso più facile la vita a tutti, debellato le malattie e la fame nel mondo. Tutti avremmo avuto più tempo libero perché le macchine avrebbero lavorato al posto nostro … ma non è andata così.

Il mondo contemporaneo indubbiamente ha bisogno di qualche modifica. Le morti per cancro aumentano, come le epidemie, le pandemie, le allergie, così come aumentano gli utili delle case farmaceutiche. La fame nel mondo non è stata sconfitta, la violenza continua a devastare intere regioni della Terra, la situazione di povertà spinge interi popoli ad emigrare sia negli Stati Uniti che nella vecchia Europa, le differenze sociali si ampliano, i ricchi sono sempre più ricchi, mentre la classe media è spinta verso la povertà e quella meno abbiente verso la miseria.

L’America risente ancora dei mutui subprime che ha minato definitivamente le certezze del popolo americano e generato una reazione negativa oltreoceano, sull’altro versante, quello europeo, gli stati europei sono strozzati dal debito di bilancio, tanto che grossa parte della spesa statale è destinata al pagamento dei soli interessi, senza nessuna possibilità di ridurre il debito stesso.

L’America e l’Europa che devono trainare il mondo, sono state travolte dalla più imponente crisi finanziaria della storia con risvolti sociali e culturali ancora da decifrare. Siamo sicuri che la situazione americana ed europea siano così di natura diversa da come vogliono far credere i media? Oppure sono solo facce della stessa medaglia? Forse è l’attacco definitivo per il dominio del mondo da parte di un organismo che non ha bandiere né stato di appartenenza.

Il Nuovo Ordine Mondiale, quello della finanza, che ha preso lentamente il potere, sottraendolo alla politica, che è diventata sua serva. Nessuno osa alzare la voce, nessuno del popolo sovrano. Ma io lo farò. Dobbiamo riprenderci il potere, strapparlo alla finanza, quella che si permette di creare Denaro dal Nulla, e restituirlo ai cittadini e all’economia, in nome della prosperità, del benessere e della libertà. Nessun polito dice che il denaro è stampato dalle istituzioni private: la Banca Centrale Europea è privata, la Federal Reserve è privata, e le banche aleggiano nel nulla.

Sapete che se domani tutti i titolari di conti correnti e depositi di vario tipo si presentano in banca a ritirare il contante, solamente il primo 3% potrebbe essere soddisfatto prima di esaurire la liquidità? Non ci credete? Date un’occhiata a ciò che sta affrontando adesso Cipro! E altri paesi sono destinati alla stessa sorte.

Maurice Allais, Premio Nobel per l’economia scrisse nel 1999 che l’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto i risultati sono gli stessi, la sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto. Più di ottant’anni fa Bertold Brecht, scrisse in Santa Giovanna dei Macelli che era più criminale fondare una banca che rapinarne una. Ah che profeta! E non erano ancora state impiegate le armi di distruzione di massa create dalla grande finanza.

Quali? Tra menzogne e inganni, tutte al servizio della finanza, c’è una vasta scelta, il MES, a esempio, il Meccanismo Europeo di Stabilità, il nuovo Fondo Salva Stati, ma che in realtà è già diventato ufficialmente un fondo salva banche, o gli aiuti. Basta guardare la Grecia. Di questi aiuti il 52% va alle banche internazionali e commerciali, per premiarle, aiutarle, salvarle”, il 23% della Banca Centrale Europea, il 20% è destinato alle banche greche e, solo il 5% allo stato greco e ai suoi cittadini.

Sapete, l’usuraio teme solo una cosa, che l’usurato muoia, lo deve tenere per il collo, lo può schiavizzare, ma non deve morire. Tenete a mente la frase ormai quasi sacra, quando ci chiedono di stringere la cinghia: ce lo chiede l’Europa, cazzate, ce lo chiede a volte un signore, un certo Van Rampuy, presidente del Consiglio Europeo, eletto dai governi, non dalla gente. Uno che un deputato inglese nel 2010 ha chiamato pubblicamente “competente, capace e pericoloso, assassino silenzioso della democrazia europea e degli stati nazionali europei.”

No, nooooo si sbaglia è solo un servo della Finanza e dei grandi banchieri, dei Goldman Sachs, uno per tutti, dei gruppi Bilderberg, Aspen, Trilaterale. E questi da perfetti manipolatori, vi vogliono far credere che siano tutte fandonie, complottismi, come li chiamano, invece è tutto vero. Ne sa qualcosa anche uno dei grandi potenti del mondo: cinquant’anni fa, nel 1963 il presidente Kennedy, firmò l’atto 1110, nel quale toglieva l’esclusiva alla Federal Reserve e dava al ministro del tesoro la facoltà di stampare denaro. Un colpo decisivo allo strapotere della FED, (che è una banca privata), e al sistema bancario. Era il 4 giugno del 1963, meno di sei mesi dopo il presidente Kennedy venne ucciso, coincidenze, naturalmente.

Sapete, non basta e sopratutto non serve cambiare i politici, anche i vecchi tromboni di età e di presenza parlamentare, la vera rivoluzione è sopratutto un fatto interiore, è nelle nostre coscienze e consiste nel mutamento dei nostri schemi mentali, nel superamento dell’egoismo e nella consapevolezza di quale sia lo scopo della nostra società. No il guadagno di pochi ma il benessere di tutti.

Tu, dimmi, sei felice? E allora da questo momento, visto che è stata la finanza a iniziare la guerra, io la dichiaro a gran voce, … ai suoi uomini di potere così grandi … così pochi … così schivi, con quali armi? Con l’informazione, con la comunicazione, attraverso la condivisione del mio sapere con tutta la gente del mondo. Loro sanno che io so e, adesso lo sapete anche voi … Amici miei, la felicità è libertà, la libertà è ancora lontana, ma la scelta è fatta”.

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L’euro è un morto che cammina

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LA CRISI DELLA LIRA 1964

Per capire perché l’euro non è ancora morto, è utile guardare alla storia dei regimi monetari. Vi sono differenze notevoli tra questi: il vecchio gold standard non era uguale al regime di Bretton Woods, né questo allo SME, né lo SME all’Euro. A noi però interessa guardare ad una caratteristica particolare che sarà chiara in seguito.

Fino al 1971 l’Italia faceva parte dell’accordo di cambio noto come regime di Bretton Woods. Le monete dei paesi occidentali mantenevano un tasso di cambio fisso – ma eventualmente aggiustabile – con il dollaro americano, e questo a sua volta aveva un valore in oro.

Nel 1963-64 la lira italiana fu vittima di un attacco speculativo. L’Italia del boom economico aveva raggiunto la piena occupazione (il tasso di disoccupazione era sceso al di sotto del 4%), i sindacati erano particolarmente forti e riuscivano ad ottenere forti aumenti salariali, superiori alla produttività. Questo produsse un deficit di partite correnti notevole e i mercati si aspettavano per questo una svalutazione della lira.

Fonte: Report FMI 1963-64

Ma la svalutazione non avvenne. Già da maggio 1963 governo e Banca d’Italia avevano incominciato ad attuare politiche monetarie e fiscali restrittive, che causarono una caduta della produzione industriale e dell’occupazione a partire dagli inizi del 1964. Eppure la fase più acuta della crisi valutaria si ha proprio mentre l’Italia inizia l’ “aggiustamento”.

A questo punto interviene un fatto nuovo. Il governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, si reca a Washington. L’incontro doveva rimanere segreto, ma così non fu. I giorni dal 1° al 13 marzo furono i più drammatici per la moneta italiana e la Banca d’Italia bruciò duecento milioni di dollari per mantenere il cambio. Ma Carli, contrario alla svalutazione, ottiene dal Tesoro americano e da altri enti prestiti per complessivi 800 milioni di dollari. A questi si aggiungono prestiti più piccoli della Bundesbank, della Banca d’Inghilterra e del FMI, coinvolti dallo stesso Tesoro americano, per un totale di 1275 milioni di dollari. Un’enormità. Che – è bene sottolinearlo – non fu utilizzata. Bastò infatti l’annuncio della concessione del prestito a calmare i mercati.

Pochi giorni dopo l’annuncio, la crisi valutaria era solo un ricordo. La lira non si svalutò e l’aggiustamento fu più che sufficiente a riportare in avanzo la bilancia commerciale. Già nell’ultimo trimestre 1964 iniziò la ripresa.

LA CRISI DEL 1992

Nel 1992 si produsse una situazione simile a quella del 1964. Anche in questo caso eravamo di fronte ad una crisi di bilancia dei pagamenti, dopo aver prodotto dal 1987 crescenti disavanzi delle partite correnti, in un sistema di cambi fissi (il Sistema Monetario Europeo, SME), sebbene con qualche margine possibile di aggiustamento. Come nel 1964, la lira (insieme alla sterlina britannica, al franco francese e alla peseta spagnola) fu attaccata dalla speculazione. L’occasione fu la bocciatura del Trattato di Maastricht da parte degli elettori danesi e il rischio, poi non concretizzatosi per pochi voti, di un eguale giudizio negativo dei francesi, chiamati alle urne nel settembre del 1992. Protagonista della vicenda, come è noto, fu George Soros. Questa volta però tanto la lira quanto la sterlina, dopo tentativi simili a quelli del 1964, furono costrette ad abbandonare lo SME, bruciando peraltro le riserve valutarie della Banca d’Italia. Eppure non sarebbe dovuto accadere. Il Sistema Monetario Europeo, infatti, prevedeva il sostegno delle banche centrali degli altri paesi in caso di attacco ad una valuta. La responsabilità maggiore ricadeva sulla Bundesbank, la banca centrale tedesca, poiché il marco era di fatto la valuta di riferimento del sistema. Ma questa collaborazione non vi fu né attraverso il sostegno alle valute attaccate né con una la rivalutazione pilotata del marco (come avvenuto in passato), anche perché all’epoca la Germania era in deficit di partite correnti e non voleva aggravarlo. L’aggiustamento doveva essere interamente a carico dei paesi “deboli”. Dopo un’iniziale svalutazione il 13 settembre 1992, il governo Amato decide l’uscita dallo SME il 17 settembre, all’indomani dell’uscita della sterlina. Anche la Francia subì l’attacco speculativo, ma alla fine la Bundebank si mosse in soccorso del Franco. Pochi mesi dopo l’Italia ratificherà il Trattato di Maastricht. Una coincidenza storica notevole fece in modo che una delle firme italiane sul Trattato fosse proprio quella di Guido Carli, ministro del Tesoro nel governo precedente (Andreotti VII).

E INFINE L’EURO

Come è noto l’idea dell’euro non è tedesca, ma francese. Con la creazione della moneta unica la Francia sperava di sottrarre alla Germania la propria egemonia monetaria. A distanza di 22 anni dal Trattato di Maastricht si può dire che l’esperimento è riuscito solo in parte. Del sostanziale fallimento dell’euro abbiamo parlato diffusamente, ma qui ci interessa invece capire perché esso è sopravvissuto finora.

Nell’eurozona non esistono più le monete nazionali, ma i tassi di interesse sui titoli di stato ci danno una misura del rischio di cambio  percepito dai mercati finanziari. Dopo il fallimento di Lehman Brothers, i tassi di interesse incominciano a divergere e si manifesta il famoso “spread“. Ma è dal 2010, con la crisi greca, che i differenziali finiscono fuori controllo.

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Verso la fine dell’estate del 2011, poi, l‘interbancario si blocca definitivamente. Il sistema delle banche centrali dell’eurozona, tramite il sistema Target2, interviene in automatico a finanziare i deficit esteri dei paesi in disavanzo di partite correnti, con grande disappunto dei tedeschi (Hans-Werner Sinn in testa, che oggi pretende di pareggiare in oro!), mentre i capitali vengono rimpatriati. Questo contribuisce ad evitare un crollo disordinato dell’eurozona e rappresenta una novità rispetto alle consuete crisi di bilancia dei pagamenti.

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Ma il motivo fondamentale per il quale l’Euro sopravvive è l’intervento discrezionale della Banca centrale europea che, il 2 agosto 2012, annuncia il programma OMT, dopo il famoso discorso londinese di Mario Draghi (26 luglio 2012).

Quando si parla di fragilità dell’euro, di fragilità crescente dell’euro, e forse di crisi dell’euro, molto spesso gli stati o i leader che non fanno parte dell’eurozona sottovalutano l’entità del capitale politico che viene investito nell’euro. E invece noi lo vediamo, e non credo che siamo osservatori parziali, e pensiamo che l’euro è irreversibile. E non è una parola vuota, perché ho appena detto esattamente quali azioni sono state fatte, e vengono fatte per renderlo irreversibile. Ma c’è un altra cosa che voglio dirvi. All’interno del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto quanto è necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza.(Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough).

l programma OMT consiste nell’acquisto “illimitato” di titoli di stato da parte della BCE, dopo aver accettato un programma di “salvataggio”,  per quei paesi che dovessero essere vittime della speculazione sul debito sovrano. Ne beneficia soprattutto l’Italia, paese che non ha chiesto “aiuti”, ma che vede il suo “spread” con i titoli di stato tedeschi ridursi da oltre 500 punti di allora ai circa 150 di oggi.

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E’ importante notare che anche in questo caso lo strumento non è stato in realtà mai utilizzato. A calmare i mercati è cioè bastato l’annuncio, da parte della Banca Centrale, della sua disponibilità a fungere da prestatore “senza limiti” di ultima istanza (sebbene sotto condizioni). Coperti dalla BCE, anche i titoli di un paese considerato sull’orlo del default diventano affidabili.

LA CRISI PUÒ TORNARE

La crisi dell’euro però non è finita. A rinfocolarla nei prossimi mesi potrebbe essere la deflazione e il costante aumento delle sofferenze bancarie causato dall’austerità. L’esito relativamente positivo degli stress test condotti dalla BCE, infatti, non deve trarre in inganno perché non contempla lo scenario deflattivo. D’altro canto la BCE non ha molti strumenti per invertire la tendenza. Il piccolo Quantitative Easing non può di per sé creare inflazione, se non in misura limitata, attraverso la svalutazione dell’euro. L’unica maniera affidabile per creare inflazione è aumentare i salari, come ha ammesso la Banca centrale giapponese e addirittura la Bundesbank. Pertanto la soluzione non è in mano alla BCE. A ciò si aggiunge il fatto che gli strumenti finora messi in campo per affrontare una crisi bancaria su larga scala (unione bancaria ed ESM) potrebbero essere insufficienti in caso di una crisi sistemica.

WHATEVER IT TAKES WHITIN OUR MANDATE. WHAT MANDATE?

L’esperienza dell’Italia del 1964, messa a contrasto con quella del 1992 e in analogia a quella del luglio 2012, deve indurre alla cautela quando si parla di esisto scontato della crisi dell’euro. Il punto è se la BCE farà – se potrà fare, se le sarà concesso di fare – davvero “tutto quanto è necessario” per preservare l’euro. Questo potrebbe includere l’acquisto illimitato di titoli di stato dei paesi meridionali, al fine di consentire il salvataggio del loro sistema bancario e contenere lo spread. Il programma OMT è già stato sfidato davanti alla Corte costituzionale tedesca. Ora si attende il giudizio da parte della Corte di giustizia europea, il cui esisto sarà determinante, sebbene pochi scommettano su una bocciatura.

Ma al di là dell’OMT, tutto sta nel risolvere questo dilemma: i trattati e lo statuto della BCE, se da un lato proibiscono il finanziamento monetario dei deficit, dall’altro danno alla BCE un mandato implicito nella sua stessa esistenza e nella vigenza dei trattati: preservare l’euro. E, all’interno di questo, “promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento“. La situazione è paradossale, ma non è raro che una legge o un trattato siano internamente contraddittori. E’ su questa lama di rasoio che si giocherà la partita nei prossimi mesi.

(Fonte keynesblog)

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