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Alpi italiane: Entro 80 anni ghiacciai scomparsi

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Dal 1954 al 2007 una riduzione areale del 40% dei ghiacciai, scomparsi circa 20 Km2 di ghiaccio. Negli ultimi anni un’accelerazione impressionante della deglaciazione: dal 1954 al 1981 – 0,24 km2/anno; dal 2003 al 2007 -0,7 Km2/anno. Tre volte tanto. Entro il 2100, il più grande ghiacciaio vallivo delle Alpi italiane, il ghiacciaio dei Forni, ridotto al solo 5% del suo attuale volume. E ancora: scomparsi 36 laghi alpini situati in gran parte sotto i 2500 metri di quota, apparsi 22 nuovi laghi sopra i 2900 metri. Insomma l’aumento delle temperature che impatta su tutto l’ecosistema montano. Sono questi alcuni dei dati conclusivi del progetto SHARE Stelvio che verranno presentati mercoledì 11 dicembre, giornata che le Nazioni Unite hanno dedicato alla Montagna, presso l’Università degli Studi di Milano in via Festa del Perdono.

Nel triennio di lavoro ricercatori di tre istituti del CNR (ISAC, ISE e IRSA) e di diverse università lombarde (Università degli Studi di Milano, Università Cattolica, Politecnico di Milano, Università dell’Insubria) hanno collaborato per rilevare dati ed interpretarli nei settori glacializzati del Parco Nazionale dello Stelvio dove sono presenti ghiacciai tra i più estesi d’Italia (come il Ghiacciaio dei Forni, 11 km2 di area) e ghiacci sepolti nella roccia e nel suolo di grande entità (permafrost). Questo patrimonio freddo alimenta torrenti, fiumi e laghi e costituisce una risorsa idrica non trascurabile anche per i bacini di media e bassa valle concorrendo alla produzione di energia e alla mitigazione delle magre estive, rappresentando pertanto un bene prezioso per la Regione Lombardia, oltre che ad essere un importante fattore di richiamo turistico alpino. I risultati ottenuti nel triennio di lavoro sono di grande interesse. 

E’ infatti emerso che i ghiacciai del Parco (43 apparati analizzati tramite remote sensing) si sono ridotti arealmente tra il 1954 ed il 2007 di circa il 40% (-19.43 km2 ± 2%) e questo dato può ritenersi estendibile a tutto il campione glaciale lombardo e più in generale italiano, vista l’estensione e le caratteristiche dei ghiacciai esaminati che li rendono rappresentativi a scala regionale alpina. I ghiacciai più piccoli hanno subito perdite più intense e hanno contribuito maggiormente alla contrazione areale complessiva. Questo dato è assai importante in quanto il maggior numero di ghiacciai alpini è rappresentato da apparati di piccole dimensioni che quindi si riducono più intensamente di quelli maggiori.

La perdita areale media annua è risultata sempre più intensa evidenziando pertanto un’accelerazione del fenomeno: si è infatti passati da una riduzione media di -0.24 km2/anno nel periodo 1954-1981 a -0.44 km2/anno nel periodo 1981-1990. Il valore medio è poi ulteriormente aumentato divenendo -0.48 nel 1990-2003 ed è giunto a -0.70 km2/anno nel 2003-2007.

L’analisi dei dati climatici dell’ultimo mezzo secolo ha evidenziato dal 1981 al 2007 un aumento delle temperature (0.039 °C /anno ) con particolare evidenza in primavera e tra il 1971 ed il 2007 una diminuzione della copertura nevosa in tutte le stagioni che hanno sicuramente influenzato l’involuzione dei ghiacciai del Parco Nazionale dello Stelvio. Sono soprattutto gli aumenti termici primaverili che possono mettere a repentaglio la copertura nevosa glaciale e portare ad un più rapido decremento degli apparati esponendo prima il ghiaccio di ghiacciaio alla fusione che altrimenti sarebbe limitata al solo periodo estivo.

Altri dati di straordinario interesse scientifico emergono dalle ricerche effettuate sul permafrost e nelle aree pro glaciali. Al passo dello Stelvio è stata eseguita una perforazione record di 235 m di profondità e rilevata una temperatura inferiore allo zero dalla superficie fino al fondo. Prima di questa ricerca si riteneva che lo spessore massimo del permafrost sulle Alpi potesse essere di non più di 100 m. Il “cuore freddo” delle Alpi è quindi ubicato in territorio lombardo ed è fortunatamente più profondo di quanto ipotizzato in precedenza. È stato poi ritrovato, nell’area del Parco, un tronco di 4000 anni fa (ritrovamento eccezionale per dimensione e conservazione) che ha permesso di ricostruire il passato climatico e glaciale della zona e più in generale di gran parte della catena alpina meridionale.

Per quanto riguarda i laghi e le acque del Parco i ricercatori hanno prodotto il primo catasto del Laghi del Parco che ne descrive le caratteristiche geografiche, fisiche, chimiche ed ecologiche e ne illustra l’evoluzione negli ultimi 50 anni. Nel Parco Nazionale dello Stelvio i laghi con una superficie maggiore di 800 m2 sono risultati ben 116 nell’anno 2007, pertanto questo Parco, come diceva Nangeroni, è uno dei territori con la più alta densità di laghi dell’intera catena alpina: un sito ideale per studiare l’impatto del cambiamento del clima su questa risorsa. Ricordiamo che un elevato numero di ricerche dimostra la sensibilità dei laghi ai cambiamenti climatici. Alcuni segnali legati al clima, tra gli altri sono ben visibili e facilmente misurabili nei laghi. Ad esempio le fluttuazioni delle superfici dei laghi sono state osservate in molti siti remoti e considerate pertanto una efficace sentinella dei cambiamenti in corso.

Nel Parco Nazionale dello Stelvio i laghi sono sottoposti alla pressione esercitata dall’aumento della temperatura. Mentre il quantitativo annuo medio di precipitazione non ha subito una significativa variazione, le temperature nel periodo 1954-1981 sono aumentate di 0.014 °C/anno e l’incremento si è triplicato nel periodo successivo fino a raggiungere 0.039 °C /anno. Molti dei laghi alle quote più basse (< 2500 m) sono scomparsi per effetto dell’aumento dell’evaporazione indotta dall’aumento delle temperature medie. Alle quote più elevate (>2900 m) stanno comparendo molti nuovi ambienti seguendo la retrocessione dei ghiacciai. Questi laghi hanno una natura decisamente effimera e sono destinati anch’essi a scomparire se il ritiro dei ghiacciai proseguirà. Nel complesso l’aumento di temperatura sta portando a una diminuzione di questa risorsa idrica sia in termini volumetrici, sia in termini di numero di ambienti, ed in particolare quelli a basse quote, perdendo così ecosistemi unici per molti animali ed in particolare per gli anfibi la cui vita è legata a quelle quote e a quei piccoli laghi.

“Date l’estensioni e le caratteristiche dei ghiacciai esaminati gran parte dei dati possono considerarsi estensibili ai ghiacciai alpini italiani” dichiara Guglielmina Diolaiuti, ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano, di EvK2CNR e responsabile scientifica del progetto, che aggiunge: “Le Alpi possono venire considerate delle “torri d’acqua” che svolgono un ruolo cruciale per l’accumulo e il rilascio di questa preziosa risorsa. Attraverso i ghiacci e le nevi costituiscono una fondamentale riserva di questo bene primario. I dati di riduzione glaciale ottenuti nell’ambito di SHARE STELVIO indicano chiaramente che le “torri d’acqua” (non solo quelle del Parco Nazionale dello Stelvio) stanno modificandosi sempre più rapidamente”.

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