
In un recente saggio, intitolato “Alfabeto a rischio”, Benedetto Vertecchi, noto pedagogista italiano, punta il dito sulla strumentazione digitale (tablet e lavagne interattive multimediali), che provocherebbe forme nuove e diverse di analfabetismo. E la scuola, suo malgrado, sarebbe complice di questa pericolosa deriva. L’uso massiccio di pc e internet a scuola non assicura miglioramenti nelle performance degli alunni. Molto meglio, quindi, carta, penna e calamaio?
Un paio d’anni fa, di fronte al crescere del numero degli insegnanti che segnalavano la perdita da parte di molti allievi della capacità di scrivere in corsivo, è stato elaborato, presso il Laboratorio di Pedagogia sperimentale dell’Università Roma Tre, un progetto di ricerca volto ad analizzare il fenomeno e a individuare, se possibile, soluzioni didattiche in grado non solo di contrastarlo, ma di promuovere, con la capacità di scrittura, anche una ripresa nello sviluppo delle competenze verbali.
Il progetto è stato intitolato Nulla dies sine linea, con riferimento a un passo della Naturalis historia di Plinio il Vecchio, nel quale si ricorda come il pittore greco Apelle considerasse necessaria la continuità dell’impegno. Dalla pittura l’indicazione si è estesa alla scrittura, assumendo il valore di una massima che ha una duplice valenza: la continuità dell’impegno è necessaria per sostenere e accrescere la competenza, ma è anche il segno della capacità di orientare le proprie azioni in vista del conseguimento di un risultato desiderato. È sembrato che anche per ciò che riguarda la scrittura sia necessaria tale duplice valenza. È improbabile che si conservi e si accresca la capacità di scrivere (che solo in un primo tempo è una capacità tecnica, ma presto assume complesse implicazioni cognitive), ma è anche improbabile che s’incoraggi la disponibilità a scrivere se l’ambiente sociale mostra estraneità nei confronti della scrittura. Continue Reading →