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Come giustificare l’inutilità delle grandi opere

grandi opere inutili

I grandi progetti di sviluppo del territorio non sempre mirano a soddisfare dei bisogni. Per vendere la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità che poche persone desiderano utilizzare o quella di un aeroporto in una regione che non ne necessita, ingegneri, promotori e beneficiari dei lavori fanno a gara di abilità e retorica.

Giustificare l’inutile è diventata una vera e propria cultura di cui si possono cogliere le regole, i riti e i ritmi leggendo la conclusione di un, finto, seminario sull’argomento. Continue Reading

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La triste classifica delle 10 linee ferroviarie peggiori d’Italia

trasporto-ferroviario-italiano


La fotografia di Legambiente del trasporto ferroviario italiano è ormai da anni sempre la stessa: treni vecchi, lenti, su linee che vedono troppo spesso tagli e accumulano ritardi. In Italia attualmente sono circa 3.300 i treni in servizio nelle regioni con convogli di età media pari a 18,6 anni, con differenze però rilevanti da regione a regione. Rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 25% con la conseguenza che le Regioni, a cui sono state trasferite nel 2001 le competenze sui treni pendolari, hanno effettuato in larga parte dei casi tagli al servizio e aumento delle tariffe.

La situazione del trasporto ferroviario italiano è sempre più divisa in due, tra una Alta Velocità con servizi più veloci e moderni e un servizio locale con diffusa situazione di degrado che spinge purtroppo i cittadini all’uso dell’auto privata, con aggravio dei costi, del traffico veicolare, dell’inquinamento. Eppure, sono circa 3 milioni le persone che ogni giorno utilizzano i treni per raggiungere i luoghi di lavoro o studio.

Tra il 2010 e il 2015 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 26% in Calabria, 19% in Basilicata, 15% in Campania, 12% in Sicilia. Mentre il record di aumento del costo dei biglietti è stato in Piemonte con +47%, mentre è stato del 41% in Liguria e del 25% in Abruzzo e Umbria, a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento.

Le classifica delle 10 peggiori linee ferroviarie d’Italia nel 2015, stilata nel report Pendolaria di Legambiente. Continue Reading

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L’alta velocità per pochi o un servizio ferroviario pubblico per tutti?

Stop-LGV
Per gli abitanti della regione del Limousin il dilemma è drammatico: scegliere tra il TGV o la linea ferroviaria locale che serve la regione e i dipartimenti vicini. Una lettera del Ministero dell’Ecologia, che avrebbe dovuto restare riservata, rivela che sarà necessario scegliere tra le due alternative, per motivi economici. Da Cahors a Poitiers il dibattito è riaperto: l’alta velocità per pochi o un servizio ferroviario pubblico per tutti?
Collegare Limoges alla rete ad alta velocità… Un progetto ormai trentennale. E “un motore di sviluppo economico e occupazionale”, secondo Jean-Paul Denanot, presidente socialista della regione Limousin. Peccato che una lettera del ministero dell’Ecologia, che avrebbe dovuto restare riservata, abbia dato fuoco alle polveri. Non è detto che la LGV (Ligne Grande Vitesse, linea ad alta velocità) porti felicità e prosperità agli abitanti del Limousin. Secondo la lettera, per “rendere massimo il numero di treni circolanti sul progetto di LGV Poitiers-Limoges”, RFF (Réseau Ferré de France) propone di ridurre drasticamente i treni sulla linea tradizionale Parigi-Orléans-Limoges-Toulouse (detta POLT, dalle iniziali delle città collegate): tra Limoges e Parigi si dovrebbe passare da undici a quattro coppie di treni al giorno.
“E’ in gioco l’avvenire del servizio ferroviario di molte città e territori”, afferma preoccupato il coordinamento degli oppositori alla linea ad alta velocità Limoges-Poitiers (CRICoordination des Riverains et Impactés, Coordinamento dei Residenti e Interessati). Questa linea “porterà l’alta velocità a Limoges ma non al Limousin e ai territori circostanti”, aggiunge l’associazione Urgence Ligne POLT (Emergenza Linea POLT) che si batte per il miglioramento della linea esistente.
Il TGV per un’élite di utenti
Ulteriore paradosso: la linea storica serve più utenti che la futura LGV. Dall’Indre al Lot, gli abitanti interessati sono 2,5 milioni. Col TGV, “impiegheranno più tempo per andare a Parigi, a un prezzo proibitivo”, secondo le associazioni. Attualmente il prezzo del biglietto Limoges-Parigi sulla linea storica è di 57 euro. Un biglietto TGV Parigi-Poitiers-Limoges dovrebbe costare sui 100 euro. La linea POLT rischia di diventare una linea locale, con i treni che fermano in tutte le stazioni, quindi più lenti.
La linea ad alta velocità contribuirà anche ad aumentare il debito di RFF (Réseau Ferré de France). Questa società pubblica, che si occupa della gestione delle linee, è indebitata per 30 miliardi di euro da quando si è staccata dalla SNCF. RFF stima che la soppressione di una coppia di treni andata-ritorno sulla linea storica POLT farà diminuire gli utenti dell’8,3%, mentre il corrispondente aumento sulla LGV Limoges-Poitiers sarà solo del 2,3%[1] . Questo significa che i biglietti di TGV non compenseranno le perdite dovute all’abbandono del servizio locale.
Quale servizio ferroviario pubblico?
Nella lettera del Ministero, il tasso di rendimento è valutato al 4,58%. “Molto inferiore di quello che sarebbe necessario all’equilibrio generale del progetto (investimento e gestione), stimato dal 6 all’8%[2]”, afferma l’associazione “Urgence Ligne POLT”“Chi pagherà la differenza e in particolare il deficit per la gestione della linea?” Il costo per la realizzazione della LGV Limoges-Poitiers è stimato in 2,4 miliardi di euro entro il 2020, cioè cinque volte di più di quanto costerebbe l’ammodernamento della linea storica, secondo gli oppositori.
Le conclusioni della missione affidata a Jean-Louis Bianco sulla riforma ferroviaria potrebbero dare loro ragione. Per tornare in pareggio, secondo l’ex ministro dei Trasporti [3], sono necessarie tre azioni prioritarie: non costruire nuove linee LGV, preferendo delle soluzioni intermedie tra i TGV e i treni “Corail” [analoghi agli Intercity]. Bianco propone inoltre di aumentare la frequenza dei treni tradizionali. Insomma, tutto il contrario dei sacrifici richiesti dal TGV. Le conclusioni di questa riflessione sulla riforma ferroviaria dovrebbero essere rese pubbliche all’inizio di aprile.
La protesta degli amministratori locali
La lettera proveniente dal Ministero dell’Ecologia ha molto infastidito il presidente della regione Limousin, Jean-Paul Denanot, secondo il quale “esiste un’evidente complementarietà tra la linea POLT e la LGV”[4]. Non si tratta di abbandonare il TGV né la linea POLT, “uno strumento indispensabile per la gestione del territorio”. I rappresentanti locali cominciano però a interrogarsi seriamente. Il 9 marzo, una trentina di rappresentanti della Creuse hanno simbolicamente bloccato i binari della stazione di La Souterraine,  secondo quanto riporta “La Nouvelle Republique”. Tra loro anche alcuni consiglieri regionali del Limousin che avevano votato, qualche mese prima, i finanziamenti per gli studi della LGV.
Spetterà ai rappresentanti dello Stato e degli enti locali che compongono il “comitato dei finanziatori” (regioni Poitou-Charentes e Limousin, dipartimenti della Vienne, dell’Haute-Vienne e della Corrèze, le città di Poitiers, Brive e Limoges) la scelta di sacrificare o meno la linea storica e i servizi locali a beneficio del TGV. “Come possono questi enti locali decidere in nome di 4 regioni, di almeno 12 dipartimenti e di tutti i Comuni interessati dalla linea POLT?” si domandano gli oppositori. Le assocazioni richiedono un dibattito per evitare “l’interruzione di fatto del servizio pubblico ferroviario per gli abitanti del nord della Corrèze, del Lot, della Creuse, dell’Indre, del Cher…”.
La fine della politica del “tutto TGV”?
L’apertura della procedura di inchiesta per la dichiarazione di pubblica utilità della linea è prevista nel corso del 2013. Tutti gli sguardi sono puntanti sulla commissione “ Mobilité 21”che ha il compito di realizzare una graduatoria dei quattordici progetti di linee ad alta velocità. Le conclusioni sono attese tra aprile e giugno 2013. Il presidente della commissione, Philippe Duron (deputato e sindaco socialista di Caen), ha già fatto capire che molti progetti rischiano di essere abbandonati. E’ in questione la situazione delle finanze pubbliche e l’emergere di contestazioni locali sempre più forti.
Oltre all’opposizione alla LGV Limoges-Poitiers e a quella contro la Torino-Lione , più presente sui mezzi di informazione, un po’ dappertutto in Francia si costituiscono associazioni e movimenti contro la costruzione di nuove linee ad alta velocità. Assenza di concertazione, distruzione di zone di interesse naturalistico e di terreni agricoli, sottovalutazione dei costi di realizzazione, trasporti locali lasciati in disuso… La politica del “tutto TGV” si sta indebolendo. Un centinaio di associazioni francesi, italiane e spagnole, che hanno promosso nel 2010 la Charte di Hendaye , chiedono una “revisione profonda” della strategia europea sui trasporti, il blocco immediato dei progetti di nuove linee ad alta velocità e un autentico coinvolgimento della popolazione nelle decisioni.

[1] Selon les conclusions du dossier d’évaluation socio-économique du projet par RFF à consulter ici (page 44).
[2] Selon le dossier d’enquête préalable à la déclaration d’utilité publique
[3] Dans un document que s’est procurée l’AFP.
[4] Dans une lettre ouverte, il fustige « une initiative déplacée et provocatrice ».

(Fonte bastamag – traduzione di Maria Cristina per notav.eu)

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L’Alta Velocità in Italia e l’Alta capacità in Svizzera

alta-velocità-Italia-Svizzera

I fautori del TAV spesso, per perorare la loro causa, portano ad esempio il nuovo tunnel ferroviario del San Gottardo, la costruenda galleria più lunga del mondo per la linea AC Svizzera. Ma la Svizzera è un altro mondo! Infatti…

In Svizzera il 61% delle merci trasportate attraverso le Alpi viaggia su rotaia.
In Italia il 9,26% delle merci viaggia su rotaia. 731 autocarri ogni Km di autostrada (dati RFI, Eurostat, Istat 2009-2010)

Dal 1992 la Svizzera impone una tassa sul trasporto merci su gomma.
In Italia il trasporto su gomma è incentivato: viene rimborsata l’accisa sui carburanti e il carburante è deducibile dalle imposte.

In Svizzera l’alta velocità viene finanziata:
per il 25% dazi sui carburanti
per il 65% imposte sul traffico pesante
per il 10% IVA
In Italia l’alta velocità viene finanziata:
con tagli alla sanità
con tagli alla scuola
con tagli alle pensioni

In Svizzera si fa l’alta velocità e contestualmente si investe per tutta la rete ferroviaria esistente, in particolare per la riduzione dell’impatto fonico e del materiale rotabile.
In Italia si investe tutto per l’Alta Velocità (il 95%) e le linee esistenti sono allo sfascio, compreso il materiale rotabile. La vita dei pendolari è drammatica e chi vive nelle vicinanze della ferrovia spesso viene svegliato di notte dal rumore.

In Svizzera i progetti sono stati sottoposti tre volte all’ EIA (esame di impatto ambientale), compresi gli esecutivi, ed a referendum popolare.
In Italia si sono inventati la Legge Obbiettivo, le infrastrutture strategiche vengono decise dall’alto senza una valutazione seria dell’impatto ambientale e dell’analisi costi/benefici.

In Svizzera, per il San Gottardo, la geologia ha determinati il percorso migliore: a zig zag.
In Italia si è tirata una riga dritta sulla carta.

In Svizzera si è studiata la geologia per anni. Ad esempio solo nella “Sacca di Piora”, dove c’erano dei dubbi sul tipo di rocce presenti, sono stati fatti sondaggi per 5 anni. Nonostante questo i progettisti hanno dichiarato “Le previsioni di esperti geologi unito al risultato delle perforazioni di sondaggio offrono una certa sicurezza. Tuttavia ciò che si troverà nel cuore della galleria nessuno può esattamente saperlo”.
Da noi gli studi sono principalmente letterari o dati da osservazioni superficiali. Ad esempio nei pressi di Monte Zuccaro, Comune di Arquata S., dal quale derivano i principali corsi d’acqua della Val Lemme e della Valle Scrivia, e in cui sono presenti le sorgenti ad uso idropotabile di Rigoroso e Sottovalle, è stato fatto un solo carotaggio. Però ci hanno detto di stare tranquilli che sicuramente non succederà niente, le falde non verranno intaccate. Quello che lo ha detto è lo stesso geologo che ha maturato la sua esperienza nella costruzione dell’Alta Velocità nel Mugello, dove sono stati distrutti 100 Km di corsi d’acqua.

In Svizzera dal 1993, per quattro anni, sono state fatte sperimentazioni con università, istituti di ricerca e industria del calcestruzzo per il riutilizzo dello smarino per la produzione di calcestruzzo da usare nella galleria. Infatti con l’impiego di macchinari tecnologicamente più avanzati sono riusciti a utilizzare il 36% dei 13.300.000 mc di smarino estratti.
In Italia non hanno fatto nessuno studio. Sanno già tutto? E quanto sarà lo smarino? All’interno della stessa relazione allegata al progetto definitivo all’inizio si parla di oltre 9.000.000 di mc di materiale in banco, alla fine di oltre 12.000.000 di mc. !!!!! Si tenta continuamente di non trattare come rifiuti le terre e rocce inquinate. Ricorda l’Associazione Idra di Firenze: i Governi italiani hanno potuto impunemente dare esecuzione per ben sei anni, ad esempio nel caso della Legge 21 dicembre 2001, n. 443 (nota come “legge obiettivo”), a norme in materia di rifiuti che una sentenza emessa dalla Corte di Giustizia europea ha condannato nel dicembre 2007 come incompatibili con le direttive europee. Ma oggi Monti ritenta con un decreto,come denuncia Idra al commissario europeo dell’ambiente, di “escludere dalla nozione di rifiuto le terre e rocce da scavo e matrici di riporto, pur se fortemente contaminate, e di derubricarle a “sottoprodotti” riciclabili”

In Svizzera lo smarino viene trasportato con nastri trasportatori, chiatte e su ferrovia.
In Italia, a parte quello che resta nelle vicinanze dello scavo, il resto dello smarino viaggia su camion.

Nonostante tutti questi fattori positivi che rendono la Svizzera un altro mondo rispetto all’Italia, le previsioni di utilizzo della nuova linea per le merci si stanno rivelando fallimentari anche lì perché le opere sono troppo slegate dal contesto delle reti esistenti che spesso sono colli di bottiglia. E’ giunto il momento che l’Europa dica STOP all’alta velocità.

(Documento prodotto all’AFA Amici delle Ferrovie e dell’Ambiente)

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La situazione disastrosa dei pendolari italiani

Fonte Legambiente 2012

Fonte Legambiente 2012

Continua a crescere il numero di cittadini che ogni giorno prende il treno per andare a lavorare o a studiare. Sono oltre 2milioni e 903mila, dal 2007 ad oggi l’aumento è di oltre il 20% e di circa il 7% dal 2010. Un boom confermato anche dai dati nelle Regioni, tra il 2009 e il 2012 +19,8% in Lombardia, +26,1% in Provincia di Bolzano, +13% in Piemonte, +32,7% in Puglia, +13% in Veneto.

Per far capire la dimensione di una domanda concentrata in alcune aree metropolitane, ogni mattina sono 670mila i pendolari lombardi, 560mila quelli del Lazio, e su alcune linee è come se ogni mattina si spostassero tutti gli abitanti di città come Arezzo o Ancona. La campagna Pendolaria di Legambiente vuole dare visibilità a questi cittadini e forza a una battaglia di civiltà come quella di avere nelle città italiane treni nuovi, più numerosi e puntuali per chi viaggia, carrozze pulite e non sovraffollate, servizi migliori nelle stazioni, maggiori informazioni ai viaggiatori, collegamenti e tariffe che migliorino gli spostamenti quotidiani riducendo il bisogno del mezzo privato. Il Rapporto Pendolaria è uno degli strumenti che offriamo alla discussione pubblica, un contributo che accompagna i monitoraggi della qualità del servizio, le iniziative per mettere in luce i punti in maggiore sofferenza della rete, le assemblee promosse insieme ai comitati pendolari. Proprio in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando bisogna occuparsi di un fenomeno sociale di queste dimensioni, perché questi dati si spiegano anche con la crisi economica che ha obbligato tante persone a spostarsi sui mezzo pubblici per risparmiare. Inoltre i numeri di chi viaggia sui treni regionali sono sempre sottostimati – perché molti viaggiano senza biglietto, anche per l’assenza di controlli – e soprattutto sono solo una parte di coloro che tra auto e treno ogni mattina sono pendolari (14milioni secondo una stima del Censis). La ragione è nel cambiamento avvenuto nelle principali aree metropolitane italiane, con il trasferimento di centinaia di migliaia di famiglie in Comuni di seconda o terza fascia. Pochi fenomeni in effetti sono più rappresentativi di quanto avvenuto nel territorio e nella società italiana negli ultimi venti anni, quando è avvenuta una autentica “esplosione” delle periferie delle principali città italiane arrivate a inglobare i Comuni limitrofi dove si sono trasferite migliaia di persone che continuano a lavorare nel capoluogo, mentre si sono distribuite nel territorio attività e funzioni con uno spaventoso consumo di suolo.

Possibile che quasi tre milioni di persone che ogni giorno prendono il treno non interessino a nessuno neanche da un punto di vista commerciale? Eppure, come avviene negli altri Paesi europei, questo segmento di viaggiatori che viaggia tutti i giorni può essere interessante almeno quanto quello dell’Alta Velocità. Perché una novità di questi anni è la grande attenzione ai 40mila passeggeri che ogni giorno viaggiano sulla linea tra Napoli e Torino. A questi clienti sono dedicate attenzioni, proposte offerte sempre più articolate, nuovi treni e investimenti, addirittura una concorrenza a 300 chilometri l’ora tra i Frecciarossa di Trenitalia e gli Italo di NTV. Certamente non si devono fare ragionamenti demagogici rispetto ai treni ad Alta Velocità, perché hanno aumentato le opportunità di viaggio e realizzato un risultato incredibile in termini di passeggeri spostati verso la forma di trasporto più sostenibile togliendo spazio a spostamenti su gomma e in aereo. Quello che però si deve dire con chiarezza è che i pendolari scontano la totale assenza di una politica del trasporto ferroviario, con una latitanza vergognosa da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Trenitalia può decidere di tagliare treni Intercity o collegamenti tra le Regioni perché da diversi anni non si rinnova il contratto per questo servizio “universale” (ossia con contributo pubblico), ma soprattutto da parte del Ministero dei Trasporti non vi è alcuna indicazione, richiesta o verifica di quanto avviene. Inoltre nelle Regioni, che dal 2000 hanno la responsabilità di definire i contratti di servizio sui treni regionali, la situazione è solo in pochi casi gestita all’altezza dei problemi. Per far capire la differenza in termini di offerta, tra Roma e Milano nel 2007 i collegamenti Eurostar al giorno erano 17 mentre nel 2012 sono ben 76 le corse di Frecciarossa, a cui si sommano 8 Italo, per un totale di 84. Sulla linea dell’Alta Velocità l’aumento dell’offerta in 5 anni è pari a +395%! Nello stesso periodo a Genova i treni che attraversano la città da Voltri a Nervi sono passati da 51 a 35, su una linea percorsa ogni giorno da 25mila pendolari con ulteriori tagli effettuati anche quest’anno. A Roma, sulla linea Fiumicino Aeroporto-Fara Sabina, i 65.000 pendolari che ogni giorno si muovono su quella tratta hanno visto cancellare 4 treni, quando la linea è progettata per “contenere” 50mila viaggiatori al giorno. Più in generale i convogli regionali di Trenitalia in circolazione sono oggi circa 6.800 (di cui 2.200 solo in Lombardia) mentre nel 2010 erano oltre 7.100, con una diminuzione di circa il 5%. Insomma, sono evidenti le ragioni cui a chi prende il treno tutte le mattine risulta sempre più insopportabile una condizione del servizio ogni giorno più scadente, perché i soliti vecchi treni sono diminuiti e diventano ogni giorno più affollati. Eppure se si guarda ai numeri di crescita della domanda pendolare su alcune linee si capisce come ci possano essere, con attente politiche di fidelizzazione attraverso abbonamenti e servizi di qualità, prospettive di guadagno anche su queste linee per gli operatori del servizio ferroviario. Basti vedere dalla tabella che segue quante linee hanno un traffico paragonabile a quello delle linee ad alta velocità. Nelle altre città europee è a queste linee che si guarda con più attenzione, si punta a garantire percorrenze medie più elevate e con minori interruzioni, con treni più capienti a due piani.

Il tema del trasporto pendolare deve entrare nell’agenda delle politiche nazionali, perché passa da qui la risposta alla crisi economica e climatica che stiamo vivendo. Occorrono dunque obiettivi all’altezza di queste sfide per dare risposta ai problemi della mobilita in Italia e agli impegni imposti dall’Unione Europea al 2020 in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Per Legambiente occorre investire nel trasporto ferroviario pendolare in modo da arrivare a 5milioni di cittadini trasporti ogni giorno nel 2020. Sono numeri assolutamente alla portata, proprio per la domanda crescente di persone che vorrebbero scegliere un treno e che permetterebbero una rilevante riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dal settore trasporti. Si deve infatti puntare ad attrarre sui treni flussi di traffico che oggi si muovono in auto, ed è possibile riuscirci come confermano le esperienze delle città che in questi anni hanno investito in questa direzione e come dimostrano i sondaggi. Perché il 70% di coloro che utilizzano l’auto si dichiarano disponibili a cambiare e a prendere il treno qualora trovassero un servizio competitivo. Senza dimenticare quanto sia importante per le famiglie avere l’opportunità di ridurre i costi di spostamento utilizzando i mezzi collettivi al posto di un automobile (con un beneficio significativo anche in termini di qualità della vita).

Cosa chiedono i pendolari?

  • Più treni. Dunque NO ai TAGLI. Si deve impedire ogni ulteriore riduzione del servizio e cancellazione di treni pendolari, una prospettiva semplicemente folle in un’epoca come quella che stiamo vivendo, con città inquinate e congestionate, e con il trasporto su gomma responsabile di oltre il 28% delle emissioni di CO2 prodotte nel nostro Paese. Dunque occorre aumentare l’offerta di collegamenti da subito sulle 20 principali linee pendolari del nostro Paese e garantire il servizio su tutte le altre, riorganizzando gli orari attraverso un confronto con gli utenti. E controllando sul serio il rispetto del contratto di servizio rispetto alla puntualità e agli impegni, coinvolgendo in questo pendolari.
  • Treni più veloci sulle linee pendolari. I treni pendolari italiani sono quelli che viaggiano più lentamente in Europa. Se vogliamo togliere auto dalle strade dobbiamo rendere competitivo il servizio anche aumentando la velocità media dei treni. In Italia la media è più bassa degli altri Paesi europei, 35,5 km/h, a confronto con i 51,4 della Spagna, i 48,1 della Germania, i 46,6 della Francia ed i 40,6 del Regno Unito. Per recuperare velocità non servono nuovi grandi investimenti ma il miglioramento del servizio lungo le linee esistenti e magari la possibilità di utilizzare le nuove linee ad Alta Velocità anche per alcuni convogli pendolari, realizzando nuove stazioni. Oltretutto oggi proprio grazie all’Alta Velocità si allargano le tipologie di pendolarismo, obbligando a ragionamenti sempre più attenti alle specifiche domande (tra grandi città, tra centri capoluogo, nell’hinterland).
  • Treni nuovi. Solo con un parco rotabile rinnovato sarà possibile dare risposta ai disagi di una domanda in costante aumento. L’affollamento dei convogli sta diventando sempre più una ragione dei ritardi (per la difficoltà di accesso alle carrozze e di chiusura delle porte) e un problema che vivono sulla propria pelle tutti i cittadini che cercano un’ alternativa alle auto per muoversi nelle città e trovano convogli vecchi e affollati. Inoltre per questi numeri di affollamento sulle linee servono treni moderni e più capienti. Per capire la situazione, un treno pendolare di serie A secondo i parametri europei dovrebbe avere una cadenza sotto i 15 minuti nelle ore di punta, materiale rotabile per una domanda rilevante e quindi con convogli a due livelli. L’unica linea che ha queste caratteristiche è la FR1 (Fiumicino Aeroporto-Orte) di Roma anche se il servizio effettuato è spesso in ritardo e la linea soffre l’eccessivo affollamento (65mila persone al giorno per una capienza di 50mila), aggravato anche dalla scarsa attenzione a servizi e pulizia sia dei treni sia delle stazioni. Per quanto riguarda le linee di “serie B” 12 hanno queste caratteristiche (materiale rotabile dedicato al servizio pendolare e frequenza di 15-30 minuti): la FR3 di Roma (nel tratto Roma Ostiense-Cesano), la Ferrovia Cumana di Napoli, le linee S di Milano e la Voltri-Nervi di Genova che purtroppo sta assistendo a tagli consistenti negli ultimi mesi. Le cosiddette linee di “serie C” sono quelle dove la cadenza “migliore” è oltre i 30 minuti, con convogli vecchi recuperati dall’utilizzo in tratte a lunga percorrenza, con spesso un numero di carrozze insufficiente. Sono la grande maggioranza in Italia, con una stima approssimativa ed al ribasso se ne possono contare oltre 100, considerando le Regioni principali per domanda pendolare.
  • Qualcuno che mi ascolti. Infine un tema di gestione del trasporto pubblico fino ad oggi considerato marginale, ma invece di fondamentale importanza in una strategia di potenziamento del servizio: mettere al centro gli utenti della mobilità, i milioni di pendolari delle aree urbane, che meritano la stessa attenzione degli utenti dell’Alta Velocità ferroviaria. Occorre operare una rivoluzione nell’attenzione e interlocuzione diretta con cittadini e comitati pendolari, nella disponibilità all’ascolto e al confronto che permetta di migliorare il servizio e fidelizzare i viaggiatori. Migliorare la qualità dipende anche molto dall’attenzione ai problemi delle linee e delle stazioni, dalla disponibilità ad ascoltare e a portare miglioramenti che possono contribuire alla qualità del servizio. Nelle città europee – il migliore esempio è probabilmente Madrid – il confronto, la partecipazione e l’informazione dei pendolari sono considerati fondamentali per “catturare” nuovi utenti e monitorare il servizio sulla rete.
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