Alitalia è stata terreno di scorribande di ladruncoli incapaci, politicanti e corporazioni farlocche. Presunti manager, consulenti del niente, affaristi senza scrupoli, faccendieri, tutti impegnati in operazioni schizofreniche e abnormi. Tutti con un solo scopo: spolpare Alitalia. Una perfetta rappresentazione di un’Italia in rovina. Continue Reading
Alitalia
Gli sceicchi si comprano l’Italia
Amano i marchi del “made in Italy” ma anche gli investimenti immobiliari di prestigio come alberghi di lusso o quartieri moderni. E non disdegnano il calcio e le infrastrutture. Quando si tratta di spendere, gli emiri arabi non conoscono limiti. Così, in tempi di crisi per l’economia europea, per i fondi sovrani del Golfo la partita delle acquisizioni è facile.
Tra i più attivi Abu Dhabi che ha recentemente portato a segno il colpaccio con l’acquisto di una quota del 47% del capitale di Alitalia da parte di Etihad, compagnia di bandiera del piccolo stato. Il fondo statale sempre di Abu Dhabi, il Mubadala Development Company (che ha acquistato dal Lingotto il 5% di Ferrari, poi ripreso nel 2010 da Fiat) nel 2006 ha comprato il 35% di Piaggio Aero, quota salita al 41%. Qualche anno dopo e cioè nel 2010 la Aabar Investments (la società di investimento della compagnia petrolifera di Abu Dhabi, la Ipic) è entrata nell’azionariato di UniCredit acquistando una partecipazione del 6,5% poi scesa all’attuale 5,081%. Nella stessa compagine azionaria, poi, resta la Banca centrale di Libia con il 2,09%. Gli sceicchi sono attratti dallo stile italiano soprattutto nel mondo della moda. Così nel nel 2011 il Paris Group di Dubai, una società di Abdulkader Sankari, ha acquisito la maison Gianfranco Ferré. Un passaggio di testimone importante nello stesso settore è stato quello del 2012, quando il marchio Valentino fu ceduto, insieme a M Missoni, alla società Mayhoola for Investments del Qatar per 700 milioni di euro. La volontà di investire nella società è stata rafforzata dal’acquisto per 100 milioni di euro di uno spazio commerciale in Piazza di Spagna per creare una boutique per la griffe. Nel 2012 sempre il Qatar si è aggiudicato il complesso alberghiero della Costa Smeralda per 600 milioni di euro: 4 alberghi, il porto, negozi, ville e terreni inedificati. Sempre in Sardegna sulle ceneri del complesso San Raffaele di Olbia nascerà un centro di medicina ad alta tecnologia targato Qatar.
Tra le passioni ci sono anche hotel e e mattone. Soprattutto quello delle grandi città. L’hotel Eden di via Ludovisi a Roma è andato al gruppo Dorchester del sultano del Brunei. Il Regina Baglioni è passato nella proprietà del Fondo sovrano del Qatar (che ha lasciato la gestione alla famiglia Polito) e lo stesso colosso finanziario ha messo nel mirino l’Excelsior e il Grand Hotel della Starwood. Allo stato di trattative segrete l’assalto agli asset del gruppo Boscolo che, oltre all’albergo di piazza della Repubblica, ha l’Aleph di via San Nicola da Tolentino. In prima fila ci sarebbe l’Abu Dhabi Investment Authority. Sempre nell’immobiliare la Qatar Holding è entrata nel progetto di sviluppo di Porta Nuova a Milano dove ha preso il 40% del progetto di riqualificazione urbana da due miliardi di euro insieme alla Hines Sgr. Infine il pallone. Il Qatar ha offerto cifre consistenti per il Cagliari. Nel mire degli sceicchi anche il Milan di Berlusconi (contatti smentiti) ma anche Roma, Lazio e Pescara.
(Fonte: Il Tempo del 08 Settembre 2014)
Le SpA dello Stato? Una furbata per assunzioni clientelari e aggirare la trasparenza
A cosa servono le SpA dello Stato, società per azioni finalizzate al profitto? Come mai lo Stato, che non ha fini di profitto, deve costituire società per azioni che possiede al 100%? A queste domande ha provato a rispondere Marco Ponti sul Fatto Quotidiano di oggi.
Queste non operano in mercati concorrenziali, quindi se fanno profitti verosimilmente si tratta di rendite di monopolio, cioè di risorse indebitamente sottratte agli utenti. Questo sembra confliggere con l’interesse pubblico. Ma vi sono anche società per azioni pubbliche pesantemente sussidiate dallo Stato: producono servizi a cui lo Stato attribuisce utilità sociali, e quindi non vuole lasciarle al libero mercato, anche se notoriamente non vi sono nessi tra socialità e soggetto che produce il servizio, ma solo tra socialità e caratteristiche di prezzo e qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini. Altre società pubbliche gestiscono “monopoli naturali”, cioè infrastrutture, che non si possono mettere in concorrenza. Ma questo ruolo è affidato in alcuni casi a soggetti privati, con una logica mai esplicitata. Nel proliferare di SpA pubbliche negli anni passati, sono sorte anche società che svolgono funzioni di regolatori o di controllori o di stazioni appaltanti, un ruolo squisitamente ed esclusivamente pubblico.
Le Ferrovie dello Stato sono una SpA pubblica, sussidiata con circa 7 miliardi all’anno. Dichiarano di fare modesti profitti a valle di questa erogazione di denaro, sostanzialmente arbitraria (nessuno ha mai spiegato perché non il doppio o la metà). Le autostrade sono affidate con contratti di lungo periodo sia a società pubbliche che a privati (la maggiore, Autostrade per I’Italia, fa capo ai fratelli Benetton), senza che se ne capisca il criterio. Lo stesso vale per gli aeroporti (la Sea del comune di Milano, Aeroporti di Roma sempre dei Benetton). Aeroporti e autostrade private in genere fanno profitti. E sono per la gran parte SpA pubbliche le aziende del trasporto locale, possedute da Comuni e Regioni e sussidiate con circa 5 miliardi l’anno dallo Stato e dagli enti locali, che presentano livelli di efficienza molto bassi. Poi c’è il caso dell’Anas: controlla le concessioni autostradali e nello stesso tempo è concessionaria essa stessa di autostrade, con una duplicità di ruoli che non può che lasciare perplessi (in quanto SpA, stabilisce contratti di natura privatistica coi concessionari, basati su piani finanziari “segretati”, inaccessibili anche ai parlamentari che li richiedono). Nel settore aereo c’è l’Enac per il controllo di aeroporti e compagnie aeree, ed Enav per l’assistenza al volo, entrambe SpA con funzioni totalmente pubbliche. (Alitalia era anch’essa una SpA pubblica, con i risultati noti). Recentemente è stata costituita una SpA in Lombardia (Infrastrutture Lombarde) con il compito di concedente di autostrade nuove. Di recente ha avuto adesso gravi problemi con la giustizia, ma prima era un modello di grande successo, che altre Regioni volevano imitare .
Ma quali sono gli obiettivi sempre dichiarati all’atto della costituzione di SpA pubbliche? Sempre l’efficienza, ovvio, liberarsi di lacci e lacciuoli che paralizzano le attività dei ministeri. Ma è solo un velo che occulta obiettivi meno nobili. Innanzitutto perché la condizione di SpA consente totale disinvoltura sia nelle assunzioni del personale, a tutti i livelli, che nelle retribuzioni, in media nettamente più alte che nel pubblico. E spesso le SpA non hanno sostituito ma si sono sovrapposte a funzioni dello Stato. In terzo luogo, e probabilmente questa è la caratteristica più rilevante, consentono di aggirare grazie alla loro (solo formale!) natura privatistica, molti vincoli di bilancio o di trasparenza richiesti dall’Europa. I guadagni di efficienza promessi non sono mai stati dimostrati: le evidenze sembrano indicare il contrario. Anche tecnicamente è molto difficile ottenere una esatta informazione sulla reale efficienza di imprese non esposte alla concorrenza.
Che fare? La risposta sembra semplice: “Il pubblico faccia il pubblico, e il privato il privato”. Lo Stato smetta di produrre direttamente alcunché e si concentri sul garantire ai cittadini buoni servizi e infrastrutture a bassi costi, sottraendosi ai conflitti di interesse (“proteggo la mia impresa o gli utenti/contribuenti?”) che oggi dominano. Per ottenere produzioni efficienti, i privati, non certo per il loro buon cuore, sono molto più portati, e questa loro attitudine va usata sia attraverso l’affidamento periodico in gara delle concessioni, sia attraverso autorità di regolazione (come quella di recente istituita per i trasporti), realmente indipendenti e dotate di poteri adeguati. Anche nel difendere le imprese dalle interferenze indebite dalla politica nelle gestioni.
Fallimento all’Italiana
“Alitalia doveva finire in un grande gruppo globale come AirFrance, da subito. Avremmo evitato di sciupare soldi pubblici e privati. Quello della compagnia di bandiera è un concetto superato da oltre 10 anni”. Ha recentemente dichiarato Stefano Paleari, ingegnere e rettore dell’Università di Bergamo, grande esperto di aviazione civile, è direttore scientifico dell’Iccsai, il Centro internazionale di studi sulla competitività del settore. Invece dopo 4 anni consecutivi di perdite il gruppo si trova nuovamente in fondo al baratro. Il trimestre invernale, il primo del 2013, rischia di registrare perdite superiori ai 100 milioni di euro. E questo dopo che le perdite accumulate dalla ripartenza della “Fenice” ad oggi, sono arrivate a superare gli 800 milioni di euro, poco meno della liquidità immessa alla fine del 2008 dalla cordata degli imprenditori italiani capeggiata da Roberto Colaninno e orchestrata dalla Banca Intesa allora nelle mani di Corrado Passera. Ci fu dapprima un prestito ponte di 400 milioni di euro, che venne bocciato dalla Commissione europea, e che venne bruciato dal fallimento della vecchia Alitalia. Si fece rinascere la nuova compagnia con i nuovi soci imprenditori, e come se non bastasse il governo Berlusconi cambiò la legge e varò il decreto “Salva Alitalia” che di fatto proibiva all’Antitrust di intervenire laddove si fossero create delle posizioni monopolistiche in seguito alla fusione con AirOne, a sua volta fortemente indebitata con Intesa.
Insomma un fallimento totale, in un settore strategico, quello dell’aviazione, comprensivo di compagnie aeree, industria aeronautica e fornitori di servizi, che impiega 5 milioni di persone nell’UE (di cui 500 mila in Italia) e con 800 milioni di passeggeri (di cui 149 milioni in Italia). La Commissione europea, nonostante la crisi economica, prevede un trend di sviluppo positivo entro il 2030, con un raddoppio del traffico aereo globale a livello mondiale, dopo la pesante contrazione del mercato registrata nel corso del 2009, e la ripresa registrata nel 2010. Sviluppo non per Alitalia.
Questa è la cronologia di quattro miliardi di perdite negli ultimi dieci anni di gestione del vecchio carrozzone di Stato da parte della politica e dei sindacati e tre miliardi di euro buttati nel processo di privatizzazione all’italiana.
Cronologia di un fallimento all’Italiana
La XVI Legislatura è stata caratterizzata dal susseguirsi di interventi normativi riguardanti la crisi di Alitalia, finalizzati alla ristrutturazione aziendale. In particolare il Governo ha disposto l’erogazione di un prestito a breve termine di 300 milioni di euro, da utilizzare per coprire le perdite, al fine dichiarato di salvaguardare per dodici mesi la continuità aziendale di Alitalia, assicurando le risorse necessarie al possibile risanamento ed escludendo, in tale lasso temporale, il ricorso ad ipotesi di liquidazione. Il decreto ha quindi previsto che, per salvaguardare interessi pubblici di particolare rilevanza, e in deroga a quanto disposto dalla vigente normativa, il Consiglio dei ministri, con propria delibera, potesse individuare uno o più soggetti qualificati (advisor) che, anche nell’interesse di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.a, promuovessero in esclusiva, per conto terzi o anche in proprio, la presentazione di un’offerta all’azionista o alla società, finalizzata ad acquisire il controllo di Alitalia entro il termine indicato nella stessa delibera. Con il decreti successivi sono state poi introdotte apposite modifiche (legge Marzano), in materia di ristrutturazione industriale di grandi imprese Grandi imprese in crisi. Il decreto-legge ha esteso l’applicazione della speciale disciplina prevista per le imprese in stato di insolvenza che intendano avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria, anche alle imprese che decidono la cessione dei complessi aziendali, disponendo che, per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, il provvedimento di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria sia adottato con decreto del Presidente del Consiglio. Derogando alla vigente normativa, il decreto ha previsto inoltre, per le imprese operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali, che il commissario straordinario proceda ad individuare l’acquirente a trattativa privata, tra i soggetti che garantiscono la continuità nel medio periodo del relativo servizio, la rapidità dell’intervento e il rispetto dei requisiti. Il prezzo di cessione non può comunque essere inferiore a quello di mercato, secondo una valutazione rimessa ad un soggetto indipendente.
La cessione di Alitalia alla Compagnia Aerea Italiana. A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha chiesto l’ammissione alle procedure di amministrazione straordinaria ed ha presentato istanza al tribunale di Roma per la dichiarazione di insolvenza. Nella stessa giornata il Governo ha proceduto alla nomina del commissario straordinario. Era stata intanto costituita da alcuni imprenditori e gruppi bancari italiani la Compagnia Aerea Italiana(CAI) con lo scopo di rilevare il marchio e le attività di Alitalia e di Air One. Le trattative si sono concluse il 12 dicembre 2008 con l’acquisto della titolarità del marchio Alitalia e dei principali asset aziendali da parte della CAI. Il complesso di beni e risorse non trasferiti alla nuova compagnia (“bad company”) è rimasto soggetto all’amministrazione straordinaria del commissario nominato dal Governo. Per quanto riguarda i diritti dei creditori, era previsto per i piccoli azionisti il ricorso al fondo conti dormienti, mentre un successivo decreto ha istituito un fondo per il rimborso dei titoli obbligazionari, con una dotazione di 100 milioni per l’anno 2012. Successivamente ulteriori misure in favore dei creditori sono state introdotte. In particolare, si è previsto per il rimborso per i titolari di obbligazioni Alitalia il prezzo medio di borsa dell’ultimo mese di negoziazione. Si è riconosciuto, inoltre, anche agli azionisti Alitalia, la possibilità di cedere i propri titoli, per un importo fissato al 50% del prezzo medio di borsa. Il limite massimo del rimborso è stato stabilito in 100.000 euro per ciascun obbligazionista e in 50.000 euro per ciascun azionista. È stato poi fissato anche un tetto ai compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze, tra cui rientra anche Alitalia in amministrazione straordinaria, in misura pari al trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione.
La nuova Alitalia-CAI S.p.A., nata alla fine del 2008 ed operativa dal gennaio 2009 è una società per azioni di diritto italiano, a capo dell’omonimo gruppo, del quale fa parte anche la società Air One S.p.A.. Il capitale azionario della nuova Alitalia è frazionato tra oltre 20 società; la partecipazione più rilevante è detenuta da Air France-KLM S.A. (25%), a cui seguono le partecipazioni di FIRE S.p.A. (11% circa), Intesa San Paolo S.p.A. (9% circa), Atlantia S.p.A. (9% circa) IMMSI S.p.A. (7%), T.H. S.A. (5% circa) Toto S.p.A. (5% circa). Alitalia non è controllata stabilmente da alcuno di tali soggetti, in quanto, in ragione delle disposizioni statutarie, nessun azionista esercita, singolarmente o congiuntamente, una influenza determinante sulla società. Alitalia collega 79 destinazioni tra Italia e resto del mondo, con 2272 frequenze settimanali su 143 rotte. In particolare Alitalia serve 25 destinazioni nazionali per 1465 frequenze settimanali sul territorio nazionale, nonché 54 destinazioni internazionali e intercontinentali per 807 frequenze settimanali, avvalendosi a tale fine di 7 basi operative: Roma, Milano Linate, Milano Malpensa, Torino, Venezia, Napoli e Catania. La società, inoltre, aderisce all’alleanza tra vettori SkyTeam e ha in essere diversi accordi di code sharing.
L’attività e l’andamento di Alitalia-CAI. I primi anni di attività della nuova Alitalia – che ha effettuato i primi voli il 13 gennaio 2009 – hanno confermato l’orientamento verso una posizione di mercato diversificata rispetto a quella tradizionalmente perseguita dalla Compagnia. Nel corso del 2010, il Gruppo Alitalia ha registrato ricavi per 3.225 ml. di euro (+14,1%), 23,4 milioni di passeggeri trasportati (+7,4%) e un risultato operativo di -107 ml. di euro, in miglioramento di 167 ml. di euro rispetto al 2009. Il risultato netto è stato pari a -168 ml. euro, in progresso di 159 ml. di euro rispetto al 2009. La crescita è stata trainata soprattutto dalle attività intercontinentali e internazionali, che hanno fatto registrare, rispettivamente, incrementi del 13,7% e 11,5% nel numero di passeggeri trasportati e del 32,9% e 15,3% in termini di ricavi. Nel 2011 il fatturato di Alitalia è stato di circa 3,4 miliardi a livello mondiale, di cui circa 1,4 miliardi a livello nazionale. Il 25 ottobre 2012 il Consiglio di amministrazione di Alitalia-CAI, esaminando l’andamento del Gruppo nel terzo trimestre 2012, ha rilevato un’inversione di tendenza rispetto al primo semestre dell’anno. I ricavi totali dell’ultimo trimestre (1.126 milioni di euro) sono aumentati del 4% rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre il risultato operativo (+ 50 milioni di euro), pur se in riduzione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+ 90 milioni di euro), è risultato in forte crescita rispetto a quello del secondo trimestre 2012 (- 60 milioni di euro). Il risultato netto del trimestre è di + 27 milioni di euro; era di + 69 milioni di euro nel terzo trimestre 2011 e di – 70 nel secondo trimestre 2012. L’indebitamento finanziario netto al 30 settembre 2012 era pari a 923 milioni di euro, in aumento di 61 milioni di euro rispetto al 30 giugno 2012 (862 milioni). Sempre al 30 settembre la disponibilità liquida totale – comprensiva delle linee di credito non utilizzate – risultava pari a 300 milioni di euro, con una diminuzione di 67 milioni di euro rispetto al 30 giugno 2012 (367 milioni). Considerando complessivamente i primi tre trimestri del 2012 si evidenzia una perdita netta di 173 milioni di euro (era di 201 milioni di euro al termine del primo semestre 2012) e un risultato operativo di -119 milioni di euro, rispetto a – 169 milioni dei primi sei mesi dell’anno. Nel terzo trimestre 2012 il Gruppo Alitalia ha trasportato quasi 7,5 milioni di passeggeri, numero sostanzialmente invariato rispetto a quello dello stesso periodo del 2011. La quota di mercato del Gruppo Alitalia rimane stabile al 23% circa. Il load factor si è attestato al 78%, con un miglioramento (+ 0,5 punti percentuali) rispetto allo stesso periodo del 2011, quando era stato del 77,5%. Il grado di regolarità dei voli è stato del 99,9% (+0,2 punti percentuali rispetto al terzo trimestre 2011) e il grado di puntualità si è attestato sull’83,8%, con un aumento di 1,9 punti percentuali, sempre rispetto al terzo trimestre 2011 (81,9%). Nel corso della riunione sono stati presentati i lineamenti del Piano Industriale 2013-2015, che si fonderà su due pilastri fondamentali: il controllo dei costi per finanziare la crescita e lo sviluppo dei ricavi, con l’obiettivo di raggiungere l’utile operativo alla fine del 2013. E’ stata infine annunciata l’apertura, nel prossimi sei mesi, di nuove rotte: Abu Dhabi, Zurigo, Everan, Praga e Fortaleza.
L’acquisizione di WINDJet. Il 18 luglio 2012 l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha autorizzato l’acquisizione delle attività di WindJet da parte di Alitalia-CAI, subordinandola all’adozione di misure volte ad eliminare gli effetti anticoncorrenziali della concentrazione sulle rotte Catania – Milano, Palermo – Milano e Catania – Roma. Per le quattro stagioni IATA successive alla stagione estiva 2012 Alitalia dovrà rilasciare i seguenti slot corrispondenti a voli operati da WindJet: fino a due coppie di slot sulla rotta Catania-Milano Linate; una coppia di slot sulla rotta Palermo-Milano Linate; fino a due coppie di slot sulla rotta Catania-Roma Fiumicino. L’allocazione degli slot ceduti dovrà essere gestita da un soggetto terzo (monitoring trustee ), indipendente da Alitalia e che non sia esposto a conflitti di interesse. Il monitoring trustee ha il compito di raccogliere le richieste dei vettori concorrenti (necessariamente privi di legami societari, finanziari e commerciali con Alitalia e non facenti parte dell’alleanza SKYTeam) che dovranno operare, per almeno quattro stagioni IATA, i voli sugli slot richiesti con vincolo di destinazione sulle corrispondenti rotte interessate. Gli slot saranno assegnati dal monitoring trustee sulla base di una procedura comparativa che tenga conto di una serie di requisiti dei potenziali acquirenti, quali i business plan, le caratteristiche del vettore, i piani commerciali e tariffari e l’ampiezza del network operato, anche con riguardo alla modalità di allocazione degli slot eventualmente detenuti sullo scalo oggetto della richiesta.
Il monopolio sulla Roma-Milano. Nell’ambito del processo di riassetto di Alitalia è avvenuta la fusione della stessa con la compagnia aerea AirOne. In proposito, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con provvedimento dell’11 aprile 2012, ha imposto ad Alitalia-CAI di rimuovere entro il 28 ottobre 2012 la situazione di monopolio di Alitalia esistente sulla rotta Roma Fiumicino–Milano Linate. Alitalia ha ricorso contro la decisione della Autorità Antitrust ma la decisione dell’AGCM è stata infine confermata, nel gennaio 2013, dal Consiglio di Stato. La rimozione della posizione di monopolio si è tradotta nella cessione di otto slot, effettuata attraverso una procedura di selezione affidata alla società Nexia International, alla compagnia Easy-Jet. L’impegno prevede di operare sulla rotta Milano Linate-Roma per almeno sei stagioni IATA consecutive a partire dalla stagione Winter 2012/2013.