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Io il richiestissimo Black Bloc

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“Salve, sono un black bloc. Vengo da fuori, ma non vi dico da dove, tanto lo sapete benissimo (mi riferisco all’intelligence italiana, che è sempre molto intelligente). E niente, vorrei parlarvi un po’ del mio lavoro, che mi dà tante soddisfazioni, soprattutto in Italia. È un bell’impiego, non c’è che dire, specie con questi chiari di luna. Ben pagato, anche. Io peraltro sono una vocazione precoce: sognavo di spaccare tutto fin da piccolo. I miei matusa, ingenui, mi dicevano: “Così non vai da nessuna parte, devi smetterla di sfasciare ogni cosa che vedi, fatti una posizione”. Ho fregato anche loro: mi son fatto una posizione sfasciando tutto. Sono richiestissimo, indosso una divisa strafica (il nero della tuta mi slancia e acchiappo un casino), giro il mondo. Prima, ai tempi del G8 di Genova, avevo un contratto Co.Co.Co (acronimo di Cosa Colpire a Cottimo), poi trasformato in Co.Co.Pro (Cosa Colpire a Progetto). Ora invece, grazie al Jobs Act, mi han fatto un tempo indeterminato a tutele crescenti: più vetrine sfascio, più macchine incendio, più negozi devasto, più poliziotti meno,più le autorità italiane mi proteggono.

Avete mai visto un black bloc manganellato o arrestato in Italia? Io mai (parlo di noi col marchio Doc, diffidate dalle imitazioni e dai franchising). È una sensazione eccitante: accendi un fumogeno, ti cambi d’abito nella nuvola di gas, metti a ferro e a fuoco la città, e sfili indisturbato fra due ali di folla, di polizia, di cameramen e di fotografi professionisti e dilettanti: nessuno ti tocca, neppure una pieghina sulla tuta, bello lindo e liscio come l’olio. Meglio di Mosè tra le acque del Mar Rosso.

Nel 2001, quando ho debuttato a Genova, non ci volevo credere. I miei istruttori mi avevano detto: “Andiamo là, sfasciamo tutto, non ci fanno niente e torniamo a casa”. Parlavano anche di un contratto nero su bianco, ma io quando vidi tutta quella polizia in tenuta antisommossa pensai a una frottola per convincermi a partire. Invece avevano ragione loro: la polizia menava i ragazzini, i vecchietti, persino qualche suora, ma a noi non ha torto un capello. Non per nulla avevamo la divisa: per farci riconoscere. Alcuni dei nostri entravano e uscivano dalla Questura e fuori le solite zecche coi telefonini filmavano la scena. Ho detto: “Siamo fritti”. Invece poi le zecche sono andate a dormire alla Diaz e la polizia ha distrutto tutto: crani, nasi, ossa, cartilagini, braccia, gambe, toraci, e naturalmente cellulari e filmati. Un lavoro da manuale, roba che mi son sentito un dilettante: però ho imparato molto. Da allora, con un po’di amici, abbiamo messo su un’agenzia, la GEPI: Grandi Eventi Pronto Intervento. Siamo richiestissimi.

In Italia facciamo sempre comodo a qualcuno per sputtanare quelli che nei movimenti antagonisti si battono pacificamente (pensa quanto sono coglioni) contro le mafie e le bande nascoste dietro le sigle Tav Torino-Lione, Expo Milano 2015, Mose, ecc. Appena si muovono, arriviamo noi e sfasciamo tutto. All’inizio era un secondo lavoro, ora è diventato il primo: abbiamo proprio una tessera-coupon con lo strappino da staccare di volta in volta. E i capi dei No-Qualcosa ci lasciano fare. Un po’ perché non hanno ancora capito che a noi non frega una beneamata cippa del Tav, di Expo, del Mose (veniamo da Belgio, Germania, di qua e di là e manco sappiamo che roba è, quella). Un po’ perché non hanno ancora capito che noi lavoriamo contro di loro. O, se l’hanno capito, fanno pippa perché hanno paura di noi, o perché gli facciamo comodo, li facciamo sentire importanti e temuti, con tutti quei titoli sui tg e i giornali. Se sfilassero pacificamente, non se li filerebbe nessuno. E la stampa parlerebbe d’altro: dei disoccupati che aumentano, delle bugie del governo sulla crescita, dell’Expo tutto calcinacci e cartongesso per nascondere i cantieri mai finiti, degli inquisiti candidati alle Regionali.

Noi siamo l’offerta a una domanda di mercato: facciamo comodo a tutti, al governo e agli antagonisti. Non c’è neppure bisogno che ci chiamino: lo sappiamo noi quando serviamo, partiamo da soli senz’avvertire nessuno. Tanto lo sanno tutti che arriviamo: gli antagonisti come il governo.

Scusate, ma che altro han mai fatto i servizi segreti italiani dagli anni 60 a oggi se non infiltrare i gruppi antigovernativi di destra e di sinistra? Nel 1969 sapevano che i fascisti avrebbero piazzato la bomba in piazza Fontana, e gliela lasciarono piazzare. Nel 1978 sapevano che le Br avrebbero rapito Moro, e glielo lasciarono rapire. Nel 2001 sapevano che avremmo distrutto Genova, e ce la lasciarono distruggere. È una tecnica vecchia come l’Italia: si chiama “destabilizzare per stabilizzare”. E funziona ancora: dopo 50 anni, la pista anarchica è un evergreen.

L’altro ieri lo sapevano benissimo che avremmo fatto quei danni a Milano, e ce li hanno lasciati fare. Non parlo dei poveri e ignari poliziotti da strada, mandati allo sbaraglio con l’ordine di non caricare (tant’è che sono riuscito a incendiarne uno così, en passant). Parlo di chi, dietro e sopra di loro, sapeva da mesi del nostro arrivo, e l’ha pure fatto scrivere dai giornali e dire dai tg per fare bella figura, poi ci ha spianato la strada come sempre. Con la differenza che con Berlusconi l’ordine era di menare qualcuno purchessia, a caso (esclusi noi, ci mancherebbe). Ora invece, dopo la sentenza di Strasburgo sulle torture alla Diaz, la consegna è non menare più nessuno: prenderle e basta. Così poi le vostre solite teste di Twitter possono dare la colpa a Fedez (un rapper mandante nostro? Uahahahahah). E quel genio di Alfano può dire che “abbiamo evitato il peggio”. Ma come si permette di svilire così il nostro onesto lavoro? Che si aspettava, i bombardamenti di Dresda? Comunque, messaggio recepito: al prossimo grande evento, faremo meglio”. Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano del 03 Maggio 2015.

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Venti balle in 15 minuti. Nuovo Record Mondiale

Videomessaggio-Berlusconi-Pdl-Forza-Italia

In un quarto d’ora di videomessaggio Berlusconi è riuscito a stabilire un nuovo record mondiale di cazzate. Il nuovo miracolo italiano Berlusconiano. Ben 20, 1,3 periodico al minuto. Le video balle fresche fresche, raccolte dal Fatto Quotidiano, di Silvio Berlusconi.

1) Il presunto “bombardamento fiscale che mette in ginocchio aziende e famiglie” non riguarda comunque le sue, vista la sua condanna per frode fiscale, senza contare i vari autocondoni.

2) Il presunto sabotaggio degli alleati che in 20 anni gli avrebbe “bloccato tutte le riforme” non gli ha impedito di approvare la legge sulle rogatorie del 2001 in 93 giorni, la Cirami del 2002 in 119 giorni, il lodo Schifani del 2003 in 69 giorni, il lodo Alfano del 2008 in 25 giorni.

3) È falso che gli abbiano legato le mani sulla “riforma della giustizia”, visto che in vent’anni ne sono state approvate 110.

4) Non è Magistratura democratica che ha trasformato le toghe “da impiegati pubblici non eletti in potere dello Stato”: è l’art. 104 della Costituzione, che definisce la magistratura “autonoma e indipendente da ogni altro potere”, cioè anch’essa un potere dello Stato. Come negli Stati di diritto da Montesquieu in poi. Il che non vuol dire “irresponsabile e immune”: i giudici che rubano finiscono in galera (tipo quelli corrotti da Previti), i politici che rubano si coprono a vicenda.

5) Nessun magistrato, nemmeno di Md, ha mai detto di voler realizzare “la via giudiziaria al socialismo”.

6) Nel 1992-’93 la magistratura non ha affatto eliminato “i 5 partiti democratici che governavano da 50 anni”: si sono eliminati da soli, rubando. Come lui stesso disse nel ’94: “La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti schiacciati dal debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti lascia il Paese incerto al passaggio di una nuova Repubblica”.

7) Nel ’94 B. fu inquisito per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza, poi condannato in tribunale, prescritto in appello e assolto in Cassazione, ma non “con formula piena”, bensì dubitativa: “insufficienza probatoria” (e solo perché Mills, che le prove a suo carico le conosceva, mentì sotto giuramento perché corrotto da lui). E le tangenti esistevano: il manager Sciascia corruttore e i finanzieri corrotti furono tutti condannati.

8) “Per questo cadde il mio primo governo”. No, cadde perché Bossi gli levò la fiducia, in dissenso sulla riforma delle pensioni.

9) “Da allora ho subìto 50 processi…”. Che però sono 28.

10) “…e 41 si sono conclusi senza condanne”. Ma le sentenze, meno di 41, lo dichiarano colpevole di corruzione, falso in bilancio, appropriazione indebita, falsa testimonianza, frode fiscale e rivelazione di segreti, ma impunito per prescrizione o per amnistia o perché si è depenalizzato il reato.

11)“La sentenza (Mediaset) potrebbe non essere definitiva: mi batterò in Italia e in Europa per la revisione”. In Italia la revisione è ammissibile solo con nuove prove, che per ora non si vedono; in Europa nessuna Corte può ribaltare sentenze di tribunali nazionali.

12) “Md si è impadronita della maggioranza della magistratura e dei collegi giudicanti”. Md non è mai stata maggioritaria tra le correnti togate e anche alle ultime elezioni per l’Anm s’è piazzata terza, alle spalle delle componenti moderate (Unicost e di MI), con 1975 voti su 7359. E nessuno dei 5 giudici di Cassazione del processo Mediaset è di Md.

13) “Per condannarmi hanno inventato un nuovo reato: quello di ideatore di un sistema di evasione fiscale”. Ma il reato è vecchio come il mondo: la legge punisce il “mandante”, il “promotore”, l’ “organizzatore” e il “concorrente nel reato” (articoli 110-112 del Codice penale).

14) “Hanno rifiutato di sentire 171 testimoni a mio favore”. Può darsi, ma il giudice ha il potere di sfrondare le liste dei testi della difesa e del pm: altrimenti l’imputato potrebbe citare direttamente l’elenco telefonico e il processo durerebbe un secolo.

15) “Mi hanno sottratto al mio giudice naturale: la sezione ordinaria penale della Cassazione…”. Il giudice naturale, d’estate, per i processi a rischio prescrizione, è la “sezione feriale promiscua” (mista di giudici penali e civili): la sua comunque era tutta di giudici penali.

16) “…dove già mi avevano assolto due volte per gli stessi fatti”. No, l’hanno assolto per Mediatrade, cioè per il periodo successivo a quello dei fatti contestati nel processo Mediaset.

17) “Mi hanno condannato per una presunta evasione dello zero virgola, a fronte di 10 miliardi pagati dal ’94 a oggi da Mediaset”. A parte il fatto che fino a due settimane fa i miliardi erano 6 e non 10, lo zero virgola non sta in piedi: la condanna riguarda ammortamenti di 7,3 milioni su due annualità, ma solo perché i restanti 300 milioni relativi agli anni precedenti si sono prescritti grazie all’ex-Cirielli e alla controriforma del falso in bilancio.

18) “Io non ho commesso alcun reato”. Ma le sentenze definitive che lui cita come modelli di giustizia imparziale lo dichiarano colpevole di svariati delitti gravissimi (vedi punto 10).

19) “Sono orgoglioso di aver impedito di andare al potere a una sinistra che non ha mai rinnegato la sua ideologia e vuole levarmi di mezzo col suo braccio giudiziario”. Strano: con quella sinistra lui governa dal novembre 2011, mantenendola al potere.

20) “Forza Italia difende la tradizione cristiana della vita e della famiglia”. Parola di uno che fece abortire Veronica e – come dice Benigni – “ha avuto diverse mogli, fra cui alcune sue”. Infatti l’unica frase coerente e veritiera è l’appello ai “missionari della libertà”: lui ha sempre prediletto la posizione del missionario.

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A chi serve questo governo?

Berlusconi-Letta-Grillo-Movimento-5-Stelle-Pdl-Pd

Agli italiani serve poco
ai padani invece serve tanto
che l’opposizione torna in conto
essendo Bossi diventato opaco.

A Berlusconi, uomo gran birbante,
che lo gestisce ben, dietro le quinte,
gli serve per averle tutte vinte,
usa la tecnica dell’allarmante:

“il governo non c’é se capita questo”
“il governo non c’è se capita quello”,
ch’ha capito che Letta è omo onesto!

Ma non “capita” né l’uno né l’altro
ed il Piddì fa la parte del fringuello
che cade nella rete del più scaltro.

Al Grillo non gliene importa un corno
che ama stare fuori del governo
potrà fare ognor il dirompente
per far ridere ‘sto popol morente.

Noto ch’el caso Kazakistan-Alma
l’han fatto senza perdere la calma
mentre sulla Imu e su quell’Iva
si agitano e sono alla deriva
se poi aggiungiam la legge elettorale
penso che ‘sto governo va un po’ male…

…se poi i collaboratori di Alfano
riescono a far tutto quel casino
vuol dir che il ministro non val niente
‘sto governo serve al Kazasticante…

ZEUSPOETA

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Gli scandali alla rovescia

 

Ci si indigna perché Lucio, diventato juventino, fa lo juventino. Ubbidisce al padrone, esattamente come Alfano…

Lo sport, o quello che ancora chiamiamo così, non cessa di mandare segnali di fumo poco sportivi e molto politici. Una metafora continua che dimostra quanto sia poco sportivo quel mondo e sia invece vuoto e riempibile l’assetto sociale di cui il primo fa parte. La disciplina olimpica più praticata è quella del servilismo, intesa come gara a chi fa più in fretta ad attaccare l’asino dove vuole il padrone. È stata evocata per Lucio, il centrale brasiliano che dopo tre anni di Inter è passato a fine contratto alla Juventus sub specie Pirlo (e non è escluso che la riuscita possa essere analoga). La sua prima dichiarazione è stata anti-Inter, per gli scudetti che secondo Andrea Agnelli e a questo punto simultaneamente anche secondo il suddetto macrostelo della difesa “sono 30” per la rabbia di Moratti. Il tutto nella querelle senza querela su Calciopoli. Apriti cielo: il giocatore è stato subito accusato di opportunismo, cattivo gusto e “dipendenza di giudizio ed espressione”.

L’ultimo virgolettato nobile e riassuntivo è mio e temo vada bene anche e soprattutto per la gens Angelina, ossia gli Alfani che adesso “sparano” contro la Minetti che deve mollare il consiglio regionale lombardo dopo che per anni l’incantevole Crudelia De Mon aveva curato l’igiene dentale dei consiglieri all’ombra del celeste Formigoni e delle sue camicie hawaiane. Contro Nicole Minetti , interprete rigorosa del mantra di Arcore ed eponima di un’epoca andata via di culo e di bolina, si è scatenato tutto l’entourage del rinnovato Satrapo, che vuole rivestire un potere esibito fino a ieri in perizoma. Ma sembra quasi che la frase smozzicata di Lucio sia il peggio, per un giornalismo per nulla sportivo abituato a crocifiggere eroi o simileroi del campo per una frase infelice. Nel caso del lungagnone passato da Milano a Torino, poi, da parte sua pare semplicemente un dovere d’ufficio, una specie di comunicato stampa. Ma su queste cose la stampa di settore è appunto inflessibile, e si divide con il solito tifo d’accatto nel derby d’Italia delle magagne.

Che una – la Juve – ha pagato, e in modo discutibilissimo , e l’altra – l’Inter – invece no in una furia prescrittiva degna del miglior Berlusconi (e il cerchio quasi quasi si chiude). Ritengo che tutto ciò sia grave, anche se consueto. Invece che dibattere sull’autonomia di pensiero del Lucio, sarebbe più logico dolersi della mancanza di stile di Agnelli jr nei confronti di Del Piero, liquidato come un’auto da rottamare. Pensate: Conte non gli ha certamente usato alcun trattamento di favore in una stagione culminata a sorpresa in uno scudetto, ma Del Piero è stato “la” Juve anche in questa occasione. Adesso che è stato costretto ad andarsene almeno come “ex top-player” (mamma mia, come si parla male…), davvero non lo si poteva incensare come meritava? La memoria è un diritto e un dovere, e se esercitata in un contesto positivo è un regalo per tutti.

La stessa stampa intignata su Lucio sembra fregarsene degli esiti di Scommettopoli. Attenzione scarsa, notizie in piccolo, domande rarefatte. Proviamo a farne qualcuna. I contratti dei giocatori ritenuti colpevoli dalla giustizia sportiva sempre dopo e mai prima delle indagini di quella ordinaria, sono ancora validi o sono stati rescissi? Non so, un Doni, per esempio, e gli altri a scalare ma non di importanza minore perché ancora in cartellone in A e in B. Se non fossero stati rescissi, malgrado le sentenze, la domanda potrebbe essere: perché no? Perché assisteremmo al festival del ricatto incrociato tra calciatori, tecnici, presidenti, dirigenti, addetti ai lavori, scommettitori ecc.? E perché Palazzi e i suoi, il mitico Palazzi di tutti questi anni con un commovente passato da “porto delle nebbie” sportivo e geopolitico giacché sempre di Roma si tratta, anche se non esattamente di Piazzale Clodio, differenziando le sentenze stanno facendo in modo che cominci il prossimo campionato senza vera luce su tutto lo scandalo?

In queste settimane, girando l’Italia la voce comune a tutti gli addetti che ho raccolto è che lo scandalo delle scommesse sia un bubbone dieci volte più grosso di quello che ci fanno credere, e ciò rimanda a mesi fa, quando il Procuratore capo di Cremona, Di Martino, invocò poco più che metaforicamente una sorta di “amnistia” per un ambiente eticamente e in parte anche legalmente polverizzato. Invece, vedrete che anche questa volta, come e meno che per Calciopoli (visti gli strascichi di un summum jus summa iniuria in calzoncini che ha avuto del grottesco) finirà con la frittura di pesci piccoli, senza speranze per una palingenesi futura. Del resto per li rami il boss planetario del calcio, il reprensibilissimo Sepp Blatter, non ha appena accusato di raggiri l’attribuzione alla Germania dei Mondiali 2006? E lui non c’entrava? E Platini che predica il fair play finanziario mentre vicino a casa sua, a Parigi, lo sceicco del Psg fa compere sceiccose dal Milan e da chiunque?

Per fortuna che in tempi di ritiri Totti salva anziani e bambini attraverso il suo cane Ariel, mandato in gol a Civitavecchia mentre lui faticava con Zeman. E “per fortuna che c’è il Riccardo”, alla Gaber, cioè il ciclismo, il Tour de France e il Tour della Mapei. Nel primo fioccano i chiodi da tappezziere che appiedano i corridori in un festival di forature con clavicole rotte, mentre si indaga sui risvolti “politici” dell’attentato che irrimediabilmente macchierà comunque l’immagine dello sport dopato, ma tradizionalmente corretto nei suoi suiveurs. Nel secondo, dove i chiodi sono tutti per gli italiani, due pedalatori di gran lena aggrappati allo Stelvio richiamano l’attenzione delle folle: nel-l’ordine l’ex tycoon del ciclismo Mapei, ora presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e il grimpeur Romano Prodi. Loro vanno in bici, Berlusca corre (cammina) a piedi, il Paese è fermo anzi arretra e tutti attaccano il famoso asino. Ebbene sì, preferisco la Minetti.

Oliviero Beha

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Berlusconi il Giocondo

P.S. Prossimamente al Museo del Louvre di Parigi …Il Giocondo

 

Quando si è prigionieri del proprio mito, la ricerca dei modelli di potere sfida non solo la storia, ma un po’ anche il ridicolo e al tempo stesso il pericolo. Così per due volte, nella primavera del 2001 e nell’inverno del 2006, Berlusconi si è paragonato a Napoleone. Meno noto è che ne colleziona statuette e cimeli. A villa La Certosa c’è una specie di altarino dedicato, e ancora due anni orsono, forse anche per oscurare la fama del celebre lettone di Putin, è stato scritto che il Cavaliere avrebbe acquistato un letto a baldacchino appartenuto all’imperatore dei cent-jours. Ora, a parte gli sberleffi di Cornacchione, ma anche le prime pagine del “Foglio” o di “Libero” che nel corso degli anni hanno appiccicato la faccia del Cavaliere nei due maestosi ritratti napoleonici di David e Ingres, è da quelle parti che magari va a parare l’avventura del ritorno in campo di Berlusconi, dopo l’ambigua abdicazione a favore del povero Alfano e le mille chiacchiere sul Padre Nobile, l’allenatore e altri patetici ruoli da finis regni. Certo, sarebbe più rassicurante poterlo avvicinare ai vecchi dc che ogni tanto si toglievano di torno: Andreotti “in panchina”, Moro a coltivare i suoi studi, Cossiga a ritemprare lo spirito da certi monaci irlandesi. Per poi riapparire tutti nel loro malizioso e retrattile splendore. Di tutti i rientri in scena quelli Fanfani, non a caso ribattezzato da Montanelli “il Rieccolo”, erano i più temuti: «Se mi passa davanti un cavallo sellato», concedeva, «potrei anche salirci». Ecco: Berlusconi no, il demone del suo comando non conosce né quaresime né resurrezioni, e il Cavaliere pare troppo innamorato di sé per garantire coerenza o buonsenso. Il punto delicato è che su tali ritorni non incombe solo l’esito di Fanfani o l’ombra di Napoleone, ma anche il fantasma di Mussolini. «Alla fine ci diranno: “Aridatece er Puzzone”» prevedeva già nel dicembre scorso Daniela Santanché. Senza rendersi conto che la categoria dei Puzzoni in Italia è sempre a rischio di tragedia.

(Fonte L’Espresso)

 

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