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Rivoluzionare l’edilizia

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Il mondo delle costruzioni può diventare il volano della ripresa economica. Si deve puntare a fare della sfida della innovazione il traino per riuscire ad affrontare sul serio i problemi delle famiglie, dalla spesa energetica all’accesso a case a prezzi accessibili, dal degrado al rischio sismico, e per restituire qualità e valore sociale alle città e a spazi pubblici degni di questo nome.

La crisi drammatica che dura da sei anni e che ha portato nel settore edilizio alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e alla chiusura di 12mila imprese può essere sconfitta non con l’ennesima richiesta di finanziamenti pubblici ma grazie a un chiaro e radicale cambiamento delle politiche che regolano il compartimento dell’edilizia. L’Unione Europea con la nuova programmazione dei fondi europei 2014-2020 vuole spingere proprio in questa direzione e con le Direttive 2012/27 e 2010/31 ha fissato la visione e le scelte da intraprendere per fare dell’efficienza energetica la chiave per una riqualificazione diffusa e ambiziosa del patrimonio edilizio italiano. Un’occasione che non deve essere sprecata e dove è importante costruire un’alleanza che coinvolga tutti i soggetti sociali e imprenditoriali, politici e associativi che vogliono puntare a fare dell’efficienza energetica e statica del patrimonio edilizio la leva per uscire dalla crisi, creando occupazione (si stima almeno 600mila posto di lavoro) e nuove opportunità per le città italiane. Sulla base delle risorse previste nell’ambito del nuovo quadro finanziario comunitario per l’Italia, considerando i vincoli per la destinazione a interventi in materia di energia e clima e i cofinanziamenti, le risorse che si possono mobilitare per l’efficienza energetica sono pari ad almeno 7 miliardi di Euro. Miliardi che sarebbe irresponsabile sprecare perdendo l’occasione di riqualificare finalmente il patrimonio edilizio esistente con interventi per l’efficienza energetica e la sicurezza antisismica, migliorando la qualità dell’abitare e dimezzando i consumi e le spese in bolletta per i cittadini.

Nessuno può seriamente sostenere che si possano recuperare livelli occupazionali ritornando semplicemente a fare quello che si faceva in Italia fino al 2008. Ossia costruire nuove abitazioni al ritmo di 300mila all’anno, con oltretutto la beffa di non aver contribuito in alcun modo a dare risposta ai problemi di accesso alla casa e invece prodotto un rilevantissimo consumo di suolo. E’ importante ribadirlo in ogni occasione: le ragioni di questa crisi non sono solo congiunturali, è cambiato il mondo e si sono modificate le condizioni che hanno tenuto in piedi la bolla immobiliare dalla metà degli anni novanta. Altrettanto importante è sottolineare come una strada per tornare a creare lavoro esiste, in altri Paesi ha addirittura portato a creare più occupati in questo settore di una gestione “tradizionale”. E’ diversa da quella che conosciamo perché punta su un’ innovazione in edilizia che incrocia il tema energia e la nuova domanda di qualità delle abitazioni e di spazi adatti alle nuove famiglie. E’ differente, perché porta a far tornare l’attenzione e gli interventi dentro le città, per ripensare edifici e riqualificare gli spazi urbani. Ma risulta quanto mai importante perché in un processo edilizio che ha al centro la manutenzione e rigenerazione di un patrimonio enorme come quello italiano, con problemi di degrado, in un territorio fragile, vi sono più opportunità di lavoro rispetto a continuare a occupare nuovi suoli liberi. Non è un cambiamento semplice, perché è innanzi tutto culturale e deve riguardare tutti gli attori della filiera delle costruzioni, le pubbliche amministrazioni, l’organizzazione del lavoro. Ma oggi è ampio il consenso nell’opinione pubblica sulla necessità di dare risposta ai grandi rischi del territorio italiano – quello statico degli edifici e quello sismico e idrogeologico del territorio – con una visione e una strategia che li sappia tenere assieme, che consenta di smetterla di inseguire emergenze sprecando risorse pubbliche per riparare i danni e spostando attenzioni e investimenti su prevenzione, manutenzione, innovazione.

Per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico, ad esempio, la Direttiva dell’Unione Europea stabilisce che dal gennaio 2014 ogni anno siano realizzati interventi di ristrutturazione in almeno il 3% delle superfici coperte utili totali degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà pubblica per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica della direttiva 2010/31 con l’obiettivo di svolgere “un ruolo esemplare degli edifici degli Enti pubblici”. Per la gestione del patrimonio edilizio di Ministeri, Regioni, Comuni è un cambiamento enorme, che va accompagnato con risorse e obiettivi, analisi e audit del patrimonio, azioni di risparmio energetico e di efficienza del patrimonio edilizio, cambiamenti nei sistemi di gestione dell’energia.

Insomma, il settore deve diventare costruttore di pace sociale, ambientale, economica e sociale.

Per approfondire leggi la relazione “Costruire il futuro”

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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