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Provette Made in Italy

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Una fuga senza fine: anche nel 2011 almeno 4 mila coppie italiane infertili (ma la stima è per difetto) hanno varcato i confini per sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita. Una migrazione sanitaria solo in parte giustificata dalle ristrettezze della legge 40, che oggi proibisce di fatto solo il ricorso alla fecondazione eterologa, cioè la donazione di gameti (sperma e ovociti). Almeno il 50 per cento delle coppie, invece, si reca in altri Paesi (Spagna e Svizzera, soprattutto, ma anche Austria e Repubblica Ceca) per seguire trattamenti ormai permessi anche in Italia, visto che una sentenza della Corte costituzionale ha per esempio eliminato il divieto di congelare gli embrioni soprannumerari, rendendo così nuovamente efficace la diagnosi preimpianto.

Le ragioni le spiega oggi Carlo Flamigni, ginecologo e pioniere della procreazione assistita nel nostro Paese. Che insieme ad Andrea Borini sta per mandare in libreria “La Fecondazione e(s)terologa“(L’asino d’oro edizioni, 2012). Un libro che ricorda alle coppie i loro diritti, e spiega anche di chi fidarsi, in Italia e oltre i confini.

Dunque questa migrazione sanitaria è spesso anche senza motivo?

“Sì, nel senso che molte coppie potrebbero ottenere adeguati trattamenti anche in patria. In Italia ci sono almeno una ventina di centri di eccellenza, e una cinquantina di strutture di buon livello, sia nel pubblico che nel privato, in Lombardia come in Sicilia. Certo, resta il divieto per la donazione di gameti, la cosiddetta fecondazione eterologa, termine che però mi fa orrore. Perché tecnicamente indica la riproduzione tra specie diverse: un po’ come se io mi appartassi con un’ornitorinca. E sembra scelta appositamente per rendere brutta una cosa bellissima, cioè il dono di seme o ovociti. Proprio di un dono si trattava prima della legge 40. Il risultato è che oggi spesso le coppie che si recano all’estero in cerca di una gravidanza partecipano, magari senza saperlo, allo sfruttamento delle donatrici, a volte con la complicità dei medici italiani”.

Eppure le coppie continuano ad espatriare anche quando non devono ricorrere alla donazione di gameti: cosa non ha funzionato?

“Nell’opinione pubblica c’è ancora una grande confusione su ciò che è permesso e ciò che non lo è. Molti medici contribuiscono a non fare chiarezza, e spesso alcuni centri, soprattutto quelli che fanno capo a istituzioni cattoliche, evitano di proporre ai pazienti le tecniche cui sono ideologicamente contrari. E anche i politici, soprattutto quelli che hanno sostenuto la legge 40, mantengono alta la confusione, lanciandosi in dichiarazioni spesso prive di fondamento. Così per i cittadini diventa quasi impossibile capirci qualcosa”.

Esistono almeno dei criteri oggettivi per capire quali strutture siano più affidabili?

“Si potrebbero guardare le percentuali di successo. Ma è un criterio che può essere ingannevole: si possono dare numeri diversi a seconda di ciò che si conta. Parliamo del primo battito cardiaco o della nascita di un bambino sano? La verità è che in Italia ci sono troppi centri, alcuni troppo piccoli. E quelli che effettuano meno di 100 cicli l’anno hanno risultati peggiori di quelli che lavorano di più”.

E all’estero, come possono orientarsi le coppie costrette a questa migrazione ?

“Non è facile. In linea di principio, i centri dei Paesi dell’Europa occidentale sono più cinici, tanto che sulle nostre disgrazie hanno costruito un business, ma sono anche più affidabili, perché hanno paura delle leggi e dei tribunali. Nei Paesi dell’Europa orientale si trova invece un po’ di tutto: l’eccellenza e la rapina. Poiché la legge 40 vieta ai medici di indirizzare le coppie all’estero per pratiche proibite in patria, ho proposto l’istituzione di un ambulatorio extraterritoriale, magari a San Marino, con un pool di esperti ad aiutare le coppie a scegliere”.

(Fonte l’Espresso)

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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