Protesta dei tassisti, serve una riforma totale

Con il valore delle licenze destinato a ridursi, le proteste dei tassisti non cesseranno senza una soluzione strutturale. Il problema non va però affrontato come una astratta battaglia per le liberalizzazioni, ma come una concreta negoziazione tra interessi contrapposti di utenti e conducenti.

Nuovo capitolo della protesta dei tassisti

Venerdì 17 febbraio è iniziata una nuova fase di protesta dei tassisti che ha portato alla sostanziale interruzione del servizio pubblico in molte città.
La vicenda è l’ultimo capitolo di una saga iniziata nel 1992, con la legge quadro dei trasporti pubblici che, tra l’altro, distingueva il servizio di taxi (profondamente regolamentato) da quello di noleggio con conducente (Ncc). Di sospensione in sospensione (l’ultima appunto il 17 febbraio con l’approvazione dell’emendamento proposto dalla senatrice Lanzillotta che sposta il termine per una nuova normativa al 31 dicembre 2017) negli anni si è permesso agli Ncc di agire in un sostanziale vuoto legislativo, consentendo a questo servizio, che opera in competizione con quello dei taxi, due pratiche particolarmente invise ai guidatori delle auto bianche. I conducenti delle auto Ncc possono lavorare in modo simile ai tassisti, senza l’obbligo di partire e rientrare alla rimessa all’avvio e al termine di ogni corsa. Né vi è un divieto per le auto Ncc che hanno ottenuto una licenza in un determinato comune di offrire i propri servizi anche in altri diversi. In pratica, molte auto Ncc ottengono o acquistano una licenza in comuni limitrofi ai grandi centri metropolitani e offrono poi i propri servizi nella città più grande in concorrenza con i colleghi e i tassisti che lì operano.
Nonostante i titoli di giornale, nella diatriba Uber rientra solo in parte. Dopo la sentenza del maggio 2015 del tribunale di Milano, infatti, l’app Uberpop – che funziona in modo simile al servizio taxi, consentendo ai proprietari di auto private di svolgere un servizio di conducente e al cliente di richiedere il servizio – è stata bloccata per concorrenza sleale e violazione della disciplina amministrativa che regola il settore, e non sembra pronta a rientrare nel gioco. Oggi in Italia Uber è presente solo come operatore Ncc che il cliente può chiamare attraverso una app.
Ma anche il più nostrano caso delle auto Ncc suscita clamori e proteste in un variegato coro di sostegno alle ragioni dei tassisti che vede assieme esponenti pentastellati e della sinistra estrema, oltre ai più tradizionali alleati della destra.
La questione, alla fine, rimane quella della competizione da parte di operatori Ncc che vengono accusati di sottrarre clientela e di praticare tariffe scontate. Appare evidente che anche questa vicenda, come quella della temporaneamente bloccata Uberpop, va a toccare una situazione di rendita nel servizio dei taxi, che viene difesa con le unghie e coi denti dai guidatori delle auto bianche.

Tutto cambia con la tecnologia

Se, mettendoci nei panni degli utenti, non possiamo che auspicare un aumento del numero di taxi e Ncc in circolazione e una riduzione delle tariffe, tuttavia non possiamo dimenticare il punto che rende la vicenda tanto infuocata. Come abbiamo discusso nel nostro pezzo dedicato alla sentenza Uberpop, le licenze taxi, in passato emesse dai comuni a titolo gratuito, sul mercato secondario vengono scambiate a prezzi estremamente elevati. Richiamano l’idea di un Tfr che viene accantonato durante l’attività lavorativa – nel caso dei tassisti spesso come rate di un mutuo contratto per l’acquisto della licenza – per essere riscosso al momento della pensione, quando la licenza viene rivenduta. Il suo valore, pertanto, dipende dalle future condizioni di mercato e dai guadagni attesi dalla guida di un auto pubblica lungo la vita lavorativa. Da qui l’accanita difesa delle condizioni di rendita che il numero ristretto di licenze consente ai tassisti.
Il problema è destinato ad acuirsi per effetto delle nuove tecnologie. L’innovazione rende vano lo sforzo di tracciare qualsiasi confine tra i due mercati sulla base del servizio offerto. Oggi “chiamare” un taxi con lo smartphone a Roma o Milano (app: Mytaxi) è esattamente come “prenotare” un Ncc (app: Uber). Come se non bastasse, tra breve sarà lo stesso concetto di “conducente” a essere messo in discussione. In alcune città americane è oggi già possibile chiamare un’auto senza conducente (Uber a Pittsburgh).
Insomma è ragionevole aspettarsi che senza una riforma strutturale del settore, questo non sia l’ultimo capitolo della saga. Con il valore delle licenze destinato a ridursi il legislatore può (a nostro avviso deve) pensare a una compensazione più o meno generosa derivante da una liberalizzazione finanziata in modi diversi. Ma qualunque sia la soluzione su cui puntare, è utile affrontare il problema non come una astratta battaglia per le liberalizzazioni, ma come una concreta negoziazione tra interessi contrapposti degli utenti e dei conducenti.

(Fonte lavoce)

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”