Secondo gli archivi di Cerved Group, tra il 2009 e il 2012 hanno dichiarato fallimento più di 45 mila imprese italiane. Nei primi 3 mesi di quest’anno si registrano 3500 fallimenti con una crescita del 12,2% che porta i valori assoluti al nuovo record negativo trimestrale. Andando avanti così nel 2013 falliranno oltre 14mila imprese.
Nell’anno che si è chiuso, in particolare, è stato toccato il picco di oltre 12 mila fallimenti: si tratta di un valore del 64% superiore rispetto al 2008, l’ultimo anno pre-crisi (e anno in cui la disciplina fallimentare era stata già riformata). Quasi la metà di questi 45 mila fallimenti (21 mila) hanno riguardato imprese che operano nel terziario, in oltre 10 mila casi hanno dichiarato bancarotta aziende edilizie, mentre i fallimenti nell’industria ammontano a più di 9 mila. Il Nord Ovest è l’area in cui si è concentrato il maggior numero di procedure fallimentari (14 mila), seguito dal Sud e dalle Isole (12 mila),dal Centro (più di 10 mila) e dal Nord Est (poco meno di 10 mila). Un buon indice dell’impatto della crisi sulla mortalità d’impresa è dato dal rapporto tra le società di capitale fallite nel corso dei quattro anni e le aziende con un bilancio valido in un dato settore o in una dato territorio. Questi quozienti indicano che la crisi ha avuto l’impatto più significativo nella manifattura: il totale delle società di capitale manifatturiere fallite ammonta infatti al 5,2% di quelle che avevano depositato un bilancio valido all’inizio del periodo considerato; seguono le costruzioni con un indice pari al 4,6% e infine il terziario, in cui i fallimenti hanno pesato per il 2,2%. Dati di maggiore dettaglio indicano che i settori che hanno sofferto di più sono tutti industriali: il sistema casa (7,9%), il sistema moda (7,1%), la produzione di beni intermedi (5,5%), la meccanica (5,1%). I mercati in cui i casi di default sono invece risultati meno frequenti risultano l’immobiliare (0,9%), il settore agricolo (1,2%), quello dei servizi finanziari (1,3%) e la filiera utility ed energia (1,6%). Dal punto di vista geografico, il fenomeno è stato avvertito maggiormente nel Nord della Penisola (3,5% nel Nord Ovest e 3,2% nel Nord Est), rispetto al Centro-Sud (2,7%): le regioni che hanno sofferto maggiormente risultano il Friuli (4,4%), le Marche (4,1%), il Piemonte (3,6%) e la Lombardia; viceversa, Valle d’Aosta (1,9%), Basilicata (2,1%), Lazio (2,1%), Sicilia (2,3%) e Trentino Adige (2,3%) sono quelle con l’incidenza dei fallimenti minore. Tra le province, Pordenone (5,9%), Teramo (5,3%), Ancona (4,9%) e Vibo Valentia (4,9%) risultano quelle a maggiore intensità di fallimenti, mentre con più di 4 mila società fallite, Milano è la provincia con il maggior numero di default, seguita da Roma (3.622), Napoli (2.081) e Torino (1.932).