Nel 2009 oltre il 90% delle navi dell’UE è stato demolito prevalentemente in India, Pakistan e Bangladesh utilizzando dei metodi nocivi all’ambiente inquinanti e rischiose per la salute dei lavoratori. L’età media di una nave avviata al riciclaggio dipende quasi interamente dalla situazione economica nel settore del trasporto merci e dalla domanda di rottami di acciaio. L’età media era di 26 anni negli anni ’90, poi è salita a 32 anni durante il boom finanziario a metà degli anni 2000, ma è probabile che diminuisca di nuovo considerevolmente a causa dell’enorme sovraccapacità e della crisi economica.
Secondo la valutazione d’impatto, il 37% della flotta mondiale appartiene ad armatori dell’UE. Tuttavia, solo il 17% della flotta mondiale batte bandiere dell’UE. E alla fine del ciclo di vita delle navi, solo l’8% batte bandiere dell’UE. Limitare il campo di applicazione del regolamento alle sole navi battenti bandiere dell’UE significherebbe restringerlo eccessivamente, e costituirebbe per gli armatori un invito aperto ad eluderlo cambiando bandiera alle navi poco prima della fine del loro ciclo di vita. Pertanto, le disposizioni fondamentali (il prelievo di riciclaggio, i divieti e l’inventario dei materiali pericolosi, le ispezioni e talune sanzioni) dovrebbero applicarsi a tutte le navi che fanno scalo nei porti comunitari, indipendentemente dalla loro bandiera.
Per prevenire questo fenomeno, la commissione all’Ambiente ha approvato il 26 marzo delle nuove regole per tutelare ambiente e lavoratori. Nel 2008 il Parlamento europeo ha dichiarato che è “eticamente inaccettabile permettere il perdurare di situazioni connesse con la demolizione delle navi che offendono la dignità umana e distruggono l’ambiente” , e che occorre dichiarare “illegittimo l’abbandono delle navi sulla spiaggia come metodologia accettabile di demolizione”.
Secondo la Commissione europea si prevede che nei cantieri di demolizione confluiranno circa 5,5 milioni di tonnellate di materiali potenzialmente rischiosi per l’ambiente (in particolare morchie, oli, vernici, PVC e amianto). La rottamazione delle navi a livello globale è aumentata di sei volte nel periodo dal 2007 al 2009 ed è diventato un fenomeno globale.
Il deputato svedese dei Verdi Carl Schlyter, che ha scritto la raccomandazione, ha sottolineato: “I deputati hanno votato per creare diverse forme di incentivi finanziari per demolire le navi in maniera sicura creando un fondo finanziato dall’industria stessa”. È importante menzionare la considerevole capacità potenziale in Europa e nei paesi membri dell’OCSE. Secondo uno studio elaborato dalla Commissione europea nel 2007, si potrebbe mobilitare una capacità fino a 1 milione di LDT/anno negli Stati membri e fino a 600.000 LDT/anno in Turchia, a fronte di una capacità allora pari a 200.000 LDT/anno nell’UE e a 50.000 LDT/anno in Turchia. La domanda prevista è compresa tra 1,6 e 2 milioni di LDT/anno. Una capacità di riciclaggio sicuro ed ecologicamente corretto di oltre 1 milione di LDT potrebbe essere istituita in alcuni paesi non appartenenti all’OCSE. La causa principale della continua demolizione della maggior parte delle navi in condizioni inimmaginabili è un chiaro fallimento del mercato: i costi sanitari e ambientali sono completamente esternalizzati, creando un incentivo perverso per gli armatori a vendere le navi alle imprese di riciclaggio che applicano le norme più permissive. Il PE chiede quindi la piena applicazione del divieto di esportazione di rifiuti pericolosi anche alle navi che costituiscono un rifiuto, l’esplicito divieto di arenamento, un inventario di materiali pericolosi per tutte le navi che fanno scalo nei porti dell’UE, nonché un Fondo basato su contributi obbligatori provenienti dal settore dei trasporti marittimi al fine di garantire un riciclaggio ecologicamente corretto.