La “Buona Scuola” di Renzi continua a far danni. Secondo il rapporto “(Non) Tutti a mensa!” stilato da Save the Children, in Italia la mensa non è presente in tutte le scuole. Il 40% degli istituti principali ne è sprovvisto. Percentuale che sale in alcune regioni del Sud, per esempio in Puglia (53%), Campania (51%), Sicilia (49%) mentre al Nord, la mensa manca in circa un terzo delle istituzioni scolastiche principali (per esempio in Veneto, 32%; Liguria, 29%; Lombardia, 27%; Piemonte, 27%).
Ma pure dove c’è presenta grandi differenze sia per ciò che riguarda i criteri di accesso sia dal punto di vista della qualità. Nel 90% dei casi il servizio è affidato a ditte esterne di ristorazione e per il 65% dei comuni il servizio viene effettuato esclusivamente con pasti trasportati da cucine esterne. Molti i comuni del Sud Italia (ad eccezione di Cagliari) che usufruiscono esclusivamente di servizi di refezione con pasti trasportati dall’esterno e non tutti hanno attivato la Commissione Mensa in tutte le scuole, e la predisposizione dei menù sulla base dei LARN (Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Nutrienti).
Inoltre in più della metà (25) dei comuni monitorati, l’accesso a rette agevolate e a riduzioni è limitato ai soli residenti. In 6 comuni non è prevista alcuna esenzione dal pagamento neanche per le famiglie più povere. Ancora oggi alcuni comuni (7) escludono i bambini dal servizio mensa se i genitori non sono in grado di pagare: una situazione di rivalsa che tende a penalizzare profondamente i minori.
Nei 45 comuni capoluogo monitorati, le tariffe variano notevolmente, con rette minime che vanno dagli 0,35 euro al giorno di Salerno ai 5,5 di Bergamo e tariffe massime che vanno dai 2,3 euro di Catania ai 7,7 euro di Ferrara. Considerando, per esempio, una famiglia di classe “medio-alta” con ISEE 25.000 euro e un figlio, la tariffa più economica risulta essere Catania con una retta giornaliera di 2,3 euro, mentre quella più cara Livorno con una retta di 6,715 euro. Secondo il rapporto, inoltre, 15 Comuni superano la soglia di 5 euro per pasto (100 euro al mese), con Palermo che, nonostante sia in una regione caratterizzata da un basso costo della vita e uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Italia, ha una tariffa di 6 euro a pasto. Effettuando un’analoga simulazione rispetto a una famiglia in situazione di povertà con ISEE di 5000 euro e tre figli, ugualmente si registrano notevoli differenze, a partire dal diritto o meno all’esonero dal pagamento della retta: i comuni di Bolzano, Catania, Padova, Rimini, Salerno e Trento non garantiscono in nessun caso l’esenzione, con le maggiori criticità a Rimini e Padova le cui tariffe mensili sono rispettivamente di 40 e 53,2 euro.
In Italia oltre 2,5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 14 anni usufruiscono del servizio mensa, e ognuno, in media, consuma 2.000 pasti durante il ciclo scolastico obbligatorio, dati che sottolineano il ruolo chiave della scuola nelle abitudini alimentari dei minori e su cui è inevitabile fare attenzione.
Il diritto ad una mensa scolastica di qualità per tutti i bambini, pur non essendo direttamente citato tra i diritti garantiti a livello internazionale, è comunque indirettamente tutelato sia sotto forma di diritto alla salute che di accesso all’istruzione. Nella “Buona Scuola” di Renzi si parla di tante cose ma non si affrontano i principi di diritti e uguaglianza. E le mense ne sono un esempio.
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