1

Nel mondo si butta via un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo

cibo-sprecato

Lo spreco alimentare è un fenomeno che per lungo tempo è stato estremamente sottostimato. Negli ultimi anni, complici la crisi economica globale, la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli e il crescente allarme per il cambiamento climatico, si è accresciuta l’attenzione su tale problema, nonché sugli sprechi di materie prime e risorse energetiche connessi.

Viviamo in un tempo caratterizzato da forti paradossi in ambito alimentare: la FAO nei rapporti sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo, ricorda come il numero di denutriti sulla Terra si aggiri, da qualche anno, intorno al miliardo di persone e potrebbe subire nuovi incrementi connessi gli effetti provocati dagli sbalzi dei prezzi dei beni alimentari di base sui mercati internazionali. Nell’altra parte del mondo, gli obesi hanno raggiunto numeri analoghi. Ne consegue che oltre 2 miliardi di persone sono mal-nutrite, mangiano troppo o troppo poco con gravi problemi economici, ambientali, sociali e sanitari.

Nel 2011 la FAO ha pubblicato dati sulla perdita di cibo lungo le filiere alimentari mondiali e sul cibo letteralmente “buttato via” da noi abitanti dei paesi ricchi. I dati non possono che farci riflettere. Ogni anno nel mondo si perdono un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi buttano via una quantità di cibo, stimato in 222 milioni di tonnellate comparabile all’intera produzione alimentare dell’Africa sub-sahariana, calcolata in 230 milioni di tonnellate.

Nei paesi ricchi la maggior quota di sprechi – oltre il 40% dello spreco totale – si concretizza a livello della distribuzione e soprattutto dei consumi ossia quando il cibo è ancora perfettamente consumabile, mentre nei paesi in via di sviluppo le perdite e gli sprechi maggiori si concretizzano a livello agricolo e di prima trasformazione, soprattutto a causa dell’inadeguatezze strutturale della filiera. Nei vari passaggi che vanno dalla produzione al consumo, lo spreco arriva fino al 50% del cibo: pari a circa 179 kg pro capite come media europea, senza contare gli sprechi a livello di produzione agricola o le catture di pesce rigettate in mare. Il tutto, mentre ancora 79 milioni di persone in Europa vivono al di sotto della soglia di povertà, con un 15% dei cittadini che percepisce un reddito inferiore al 60% del reddito medio del paese di residenza. Nell’industria, parte delle perdite è strettamente correlata alla natura del prodotto e risulta necessaria per esempio per trasformare la derrata da agricola ad alimentare. In altri casi invece, lo spreco è connesso all’attività gestionale dell’impresa che vanno dall’organizzazione della produzione e/o commercializzazione all’attività di marketing: si generano sprechi quando il packaging risulta difettato o danneggiato, per cambi di immagine, lancio di nuovi prodotti, prossimità della data di scadenza, residui di promozioni, etc. È stato stimato come il 90% di ciò che viene sprecato potrebbe essere ancora utilmente recuperato e utilizzato per l’alimentazione umana.

Ad oggi quasi la metà della produzione agricola mondiale viene utilizzata come mangime per gli animali che costituiscono la base di carne per l’alimentazione umana; inoltre il consumo medio di carne è previsto possa passare dai 37,4 kg/pro capite/annui ad oltre i 52 kg/pro capite/annui al 2050. La perdita di calorie che risulta dall’alimentare gli animali da carne con prodotti cerealicoli, invece di utilizzare direttamente i cereali come cibo per gli individui, equivale alle necessità di calorie per più di 3,5 miliardi e mezzo di esseri umani.

A livello globale, i prezzi per gli alimenti hanno subito forti spinte al rialzo e continui andamenti imprevedibili, sostenuti dalla crescita della domanda di carne in Asia, di grano in Africa, di biocombustibili in Europa e America del Nord e da altri fattori. In futuro, è poi probabile che il cambiamento climatico possa aggravare tali pressioni, rendendo più difficile la situazione per gli agricoltori e per tutto il genere umano.

Mentre una parte del Pianeta è stretta nella morsa della siccità e dell’avanzare della desertificazione (che colpisce proprio quelle regioni storicamente poco toccate dal problema), sulle pagine di tutti i quotidiani si riportano gli ingenti danni economici provocati all’agricoltura dalle alluvioni, che devastano intere coltivazioni.

Per garantire la salute a lungo termine del Pianeta è necessario e urgente ridurre drasticamente l’impatto negativo delle produzioni alimentari. La ricetta per salvare il Pianeta passa anche nel cambiamento della nostra alimentazione quotidiana, a partire dalla drastica riduzione dei consumi di carne, soprattutto bovina,  evitando i cibi eccessivamente elaborati e trasformati, diversificando il pesce che si acquista(evitando le specie sovrasfruttate) riscoprendo un’alimentazione ricca di vegetali di provenienza locale e di stagione, misure che possono migliorare la nostra salute e al contempo ridurre i costi ambientali del sistema agroalimentare.

Visita la piattaforma One Planet Food

Condividi:

Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.