L’ex premier britannica Margaret Thatcher che aveva 87 anni si è spenta questa mattina nella sua suite all’Hotel Ritz colpita da un ictus. Fu la prima e unica donna che abbia mai guidato un tra i maggiori partiti britannici, dato che rimane vero ancora oggi. Fu la prima donna a ricoprire il ruolo di primo ministro nel mondo anglofono e quello più longevo sul piano politico di entrambi i sessi dal suffragio universale. “Vivere al di là dei propri mezzi porta alla dipendenza invece che all’indipendenza, e la dipendenza conduce al degrado. Ciò era vero per le nazioni”, sosteneva la Thatcher, “quanto per gli individui“. La Thatcher fu coraggiosa e preveggente. Nel 1988, nel suo famose discorso di Brugge, dileggiato da tutti i leader europei, mise in guardia quell’Europa che stava diventando “un club dalla ristretta visione e che si guarda l’ombelico, … ossificato in una mania da iper-regolamentazione”. Per lei, l’Europa era molto più dell’Unione Europea. Includeva tutti i paesi a Est, allora in battaglia per sbarazzarsi del comunismo. Il suo pro-americanismo si fece avanti. Disse che “la comunità atlantica – quell’Europa su entrambi i lati dell’Atlantico – che è la nostra più nobile eredità e la nostra più grande forza”. Il suo commento più controverso fu il suo attacco tanto contro lo stalismo quanto contro l’iper-statalismo: “Non abbiamo ancora fatto ritirare le frontiere dello Stato in Gran Bretagna, e ce lo vediamo re-imporre da loro a un livello europeo con un super-Stato europeo che esercita una nuova forma di dominio da Bruxelles”. Si oppose strenuamente all’unione economica e monetaria europea. Per molti un mito, per tanti un esempio, per altri un odiosa esperienza, per tutti è la Lady di Ferro.
Margaret Hilda Roberts Thatcher, nasce il 13 ottobre del 1925, a Grantham (Lincolnshire) figlia di un droghiere e di una sarta, consegue la laurea in chimica ad Oxford, ed esercita nel campo della ricerca dal 1947 al 1951, nel 1953 implementa i suoi studi divenendo avvocato fiscalista.
La sua trafila nella destra britannica, nel partito conservatore gli storici Tory, nel 1959 la vede eletta alla camera dei comuni di Westminster per Finchley distretto a nord di Londra, protagonista tesa a scalare le gerarchie del partito negli anni dell’opposizione dal 1964 al 1970 (governo Laburista con Wilson Premier), nel 1970 sale agli onori della opinione pubblica divenendo ministro per l’istruzione nel governo conservatore di Healt, ruolo che gli vale l’appellativo non certo lusinghiero di ladra di latte (Milk snatcher) in virtù dei tagli alle razioni di latte per le scuole materne.
Dal 1974 al 1979 in Gran Bretagna sono nuovamente i laburisti con Wilson prima e Callaghan poi a risiedere al n.10 di Downing Street, sono anni di recessione economica, di sindacalismo feroce, di malessere sociale, inflazione stabilmente a doppia cifra, disoccupazione alle stelle, nel 1976 il paese vive una sorta di bancarotta virtuale, un collasso nel valore della sterlina conduce il governo a richiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale a fronte di pesanti garanzie. (L’aliquota maggiore sulla tassazione da reddito stava al 98% nel 1979, scendendo al 40% nel 1988).
Dopo essere diventata leader dei Conservatori britannici nel 1975, divenendo leader dell’opposizione alla camera dei comuni, e conseguentemente candidato Primo Ministro alle politiche del maggio 1979.
La Thatcher aprì una nuovo e controverso fronte nella Guerra Fredda con l’Unione Sovietica. Mise in discussione l’allora popolare idea di “deténte”, distensione. Il comunismo sovietico, sosteneva la Thatcher, non può essere conciliato. Doveva essere rovesciato – rimettendo in sesto la forza militare difensiva della Nato e dando voce alla resistenza dei repressi nel blocco sovietico, promettendo loro la promessa della libertà occidentale. Non molti leader europei le davano ragione in Occidente all’epoca, ad eccezione di Ronald Reagan, all’epoca solo un ex-governatore con il sogno di correre per diventare presidente. Dopo che la Thatcher ebbe dato un paio di energici discorsi, il quotidiano dell’Armata Rossa “Stella Rossa” la cristallizzò come “The Iron Lady”, la Lady di ferro. Così facendo, il giornale sovietico operava un paragone satirico con Otto Von Bismark, il “Cancelliere di ferro” della Germania del XIX° secolo, dando di lei un’immagine rigida e severa.
Ma Margaret Thatcher subito vide nell’insulto un’opportunità. Non esiste niente di meglio che essere temuta dai propri avversari. “Iron”, ferro significa forte. Per una donna essere subito attaccata in questo modo significava che aveva fatto pieno ingresso, prima ancora di essere divenuta primo ministro, sul palco della politica mondiale. Così indosso il suo più elegante abito da sera (rosso) e fece un discorso nel quale accoglieva in suo nome titolo. Dal quel momento in poi – e lo sarebbe rimasta – era la ‘Iron Lady’, Lady di ferro.
Inverno 78-79, cumuli di immondizia straripano per strada, elettricità razionata tre giorni a settimana, settimana lavorativa ridotta a tre giorni, Inghilterra debitrice dell’International Monetary Fund, gli inglesi sembrano rassegnati a restare “l’uomo malato d’Europa“.
Giugno 1979, Margaret Thatcher, vince le elezioni con uno scarto di 43 seggi e dichiara ecumenica: “Dove regna discordia, mi si lasci portare armonia, dove regna disperazione, mi si lasci portare speranza.“
I primi 3 anni sono disastrosi il prodotto interno lordo inglese crolla dell’11%, il paese è ancora annichilito, socialmente in conflitto, ma nell’aprile del 1982 accade l’impensabile, quando un distaccamento militare argentino atterra sulle isole Falkland, sgominando facilmente la simbolica presenza dei 16 Royal Marines, incaricati di difendere uno dei relitti dell’impero coloniale del regno.
Questa guerra mai-dichiarata durò 72 giorni e causò circa 1000 morti (236 inglesi e 655 argentini), molti dei quali innocenti coscritti gettati in mezzo alla battaglia dalla junta argentina. La guerra ha avuto un costo di almeno 2 miliardi di dollari. Da un punto di vista politico, questa stessa guerra andò a sostegno della rielezione di Margaret Thatcher e affossò quella di Leopoldo Galtieri, che fu successivamente costretto a dimettersi , un primo passo sulla strada del ripristino della democrazia in Argentina.
Margareth Thatcher, ricorda nelle proprie memorie: “Chi si trova in guerra, non si può far distrarre da complicazioni diplomatiche, deve superarle con ferrea volontà.“ Attribuendosi così il successo sulle pastoie burocratiche che il foreign office, molto più cauto di lei, continuamente le procurava.
Alle politiche del 1983 sull’onda del successo Falkland che fomentò l’orgoglio nazionale britannico, vinse per la seconda volta trionfalmente le elezioni. Il 12 ottobre 1984 L’IRA fa esplodere una bomba nel Grand Hotel di Brighton, in Inghilterra, in cui è in corso il congresso del Partito Conservatore. L’attentato, che costa la vita a cinque persone, manca il suo obbiettivo: Margaret Thatcher, la quale a poche ore dal drammatico evento non rinuncia dimostrando tutta la sua grinta, il suo nerbo (non a casa il soprannome Lady di ferro) a prendere la parola allo stesso congresso.
Il suo secondo mandato spinge sull’accelleratore per le riforme, dando vita a una delle più importanti svolte nella storia economica dell’Occidente: quella della vittoria del privato sul pubblico, dell’individualismo sul pansindacalismo, della meritocrazia sull’egualitarismo. Quando iniziò la sua opera, era sola contro tutti.
- Avviò un processo di privatizzazioni, poi imitato in tutto il mondo, e per ciò venne indicata al generale ludibrio dalla dominante cultura di sinistra.
- Combattè la sua storica battaglia contro il sindacato dei minatori per ridimensionare lo strapotere delle Trade Unions, e per ciò venne vilipesa come la nemica numero uno delle classi lavoratrici.
- Quando decise di vendere tutte le case di proprietà pubblica ai rispettivi inquilini, fu denunciata perché dilapidava il patrimonio nazionale.
In un periodo storico dove vigeva uno statalismo dilagante, il suo assunto che le funzioni dello Stato in una moderna società democratica e liberale devono essere drasticamente ridotte, viene oggi ripetuto quasi pappagallescamente da pressochè tutti i governi. Il suo successo è indicato del resto anche dalla diffusione del termine “thatcherismo” per indicare la strada del liberismo.
Risvegliò nei suoi concittadini il loro senso alla responsabilità individuale, mettendo fine alle stravaganze di uno stato assistenziale che, quando nacque, aveva preso l’impegno di assistere tutti “dalla culla alla tomba”.
Il suo primo grande scontro fu con i sindacati, allora legati a doppio filo al partito laburista, custodi implacabili quanto ottusi di anacronistici privilegi e principali responsabili del declino industriale della Gran Bretagna. Scioperare era la regola (nel 1979, la Gran Bretagna perse 29,5 milioni di giorni lavorativi in scioperi, già nel 1986, la cifra era scesa a 1,9 milioni), più o meno come lo era in quell’epoca in Italia: si scioperava per la paga, per l’orario, per solidarietà con altre categorie, per risolvere contrasti tra una Union e l’altra: negli anni Sessanta, per esempio, tutti i cantieri navali rimasero fermi per settimane a causa di uno scontro tra fabbri e falegnami su chi doveva fare i buchi per le viti che univano le parti metalliche delle navi a quelle di legno. Margaret Thatcher mise fine a tutto questo con una legge che dichiarava lo sciopero illegale se non veniva previamente approvato a voto segreto dalla maggioranza dei lavoratori e rendeva i capi sindacali civilmente responsabili dei danni provocati da agitazioni non conformi alle regole. Ma, soprattutto, mostrò la sua determinazione nella vertenza per la chiusura delle miniere di carbone che ormai da moltissimo tempo operavano in perdita e, da grande risorsa quale erano state fino al 1950, si erano trasformate in una palla al piede dell’economia. Il leader del sindacato dei minatori Arthur Scargill, demagogo marxista vecchio stile, saltò sulle barricate e proclamò che mai e poi mai avrebbe tollerato un simile sopruso in nome del mercato. La lotta fu senza esclusione di colpi, con il governo che impose per oltre un anno severe restrizioni al consumo di carbone a tutta la nazione e il sindacato che non esitò (anche se la cosa si seppe molto dopo) a farsi finanziare dalla Libia per poter continuare a pagare un sussidio agli scioperanti. Perfino nel partito conservatore ci fu chi espresse una certa simpatia per i minatori. Ma Maggie sapeva che su quello sciopero si giocava tutto, e fu inflessibile: alla fine gli scioperanti, regione dopo regione, cedettero, e la regola che lo Stato non era più disponibile a sussidiare aziende non suscettibili di risanamento fu affermata una volta per sempre. Da allora, non solo il potere delle Trade Unions nelle imprese è stato tagliato, ma le nuove generazioni di lavoratori hanno cominciato a rendersi conto che con il sindacato si perdeva, e nella loro stragrande maggioranza hanno cessato di iscriversi, celebri quanto drammatiche gli scontri tra la polizia a cavallo e i minatori.
Una volta riformate le relazioni industriali, con un notevole rafforzamento del management nei confronti della base, la Thatcher avviò, con la vendita di British Telecom nel 1994, il primo grande programma europeo di privatizzazioni. Alla British Telecom seguirono in rapida successione British Gas, British Airways, la Jaguar, la Rover e buona parte delle aziende di pubblico servizio, comprese alcune ferrovie (ma non le poste, che nel Regno Unito funzionano benissimo e fanno perfino un consistente utile). Il risultati che ne seguirono furono: una consistente riduzione del debito pubblico, restituire efficienza e competitività a imprese che rappresentavano più del dieci per cento del PIL, davano lavoro a un milione e mezzo di persone e dominavano i settori vitali dei trasporti, dell’energia, delle comunicazioni, dell’acciaio e della cantieristica navale.
Prima che arrivasse il ciclone Maggie, in queste imprese si annidavano i germi del parassitismo pubblico, con la sua mancanza di incentivi a lavorare sodo, ad applicare gli ultimi ritrovati tecnologici, insomma ad aumentare la produttività. Oggi British Telecom e British Airways, liberate dalla zavorra di centinaia di dirigenti privi di iniziativa e di decine di migliaia di dipendenti in esubero, sono tra le aziende più efficienti del mondo nei rispettivi settori, diventando addirittura un punto di riferimento per i concorrenti.
Le privatizzazioni non sono state, naturalmente, indolori, e hanno portato con sé problemi legali, di personale e di funzionalità in abbondanza. Si creò una piccola classe di azionisti, il governo spinse verso il mercato mobiliare anche in virtù dei prezzi estremamente competivi da esso fissati. Si capì e in quel senso l’inghilterra si mosse che si era passati ad una economia di servizi, ad un terziario avanzato, il cosiddetto Big Bang della City, cioè la totale liberalizzazione dei mercati finanziari che ha dato a Londra un vantaggio pressoché incolmabile sulle altre piazze. Una consistente riduzione fiscale, fardello insostenibile per famiglie ed imprese, disincentivo agli investimenti, al consumo, al risparmio, da qui un consistente taglio sul modello dell’amico Reagan negli USA.
Certo, la cura Thatcher ha anche il suo rovescio, che i suoi innumerevoli avversari si sono sempre affannati a mettere in luce. Su alcune sue privatizzazioni non mancò chi tra i suoi stessi compagni di partito definì il tutto come vendita dell’argenteria di famiglia, l’accusa mossa al thatcherismo fu quella di essere indifferente alle disuguaglianze, o addirittura approvarle.
Nel 1987, la Lady di Ferro si impone nuovamente alle elezioni politiche, e segna un record, il terzo mandato per un primo ministro nel XX secolo. Sono anni dove si parla sempre più intensamente di un Europa unita, forte, la Germania è pronta a riunificarsi, cosa che la Thatcher ha sempre osteggiato, si getta a livello europeo le basi per il trattato di Maastricht che delineerà l’ attuale UE. Il forte euroscetticismo della lady di ferro, gli valse non poche antipatie all’interno del suo stesso partito, il quale negli immediati anni antecedenti l’Europa in teoria sempre più coesa, temeva di cascare in un isolazionismo improduttivo. Ma la situazione nel corso del 1990 si rese insostenibile a causa dell’introduzione di una tassa (la Poll Tax, tributo che un individuo doveva versare indipendentemente dal suo reddito, dai beni posseduti, e dalle tasse pagate) ritenuta iniqua e regressiva che accese focolai di rivolta nelle strade e nelle piazze di tutta la city e non solo, (a 15 anni di distanza è bene dire che la poll tax riprende il cosiddetto sistema di tassazione della Flat tax in vigore nei paesi ex-comunisti, che li vede protagonisti di una costante e consistente crescita economica.)
Dopo undici anni al potere, la Thatcher lasciò il suo potere contro la sua volontà (e senza sconfitta elettorale) nel Novembre del 1990, vittima di un colpo di mano da parte dei membri del suo partito. Dopo di che, per un po’ di tempo, la sua reputazione si eclissò parzialmente. La caduta del muro di Berlino riscattò la sua politica contro il comunismo, ma allo stesso tempo la fece sembrare obsoleta. Benché le sue politiche economiche, finanziarie e sindacali prepararono il campo al boom sul finire del XX° secolo e l’inizio del XXI° secolo, il suo stile era ormai finito.
Nel 2002, la Lady di ferro si ritira definitivamente dalla vita pubblica. In pensione scrisse memorie di grande successo in due volumi e una forte campagna per conto della Fondazione Thatcher, che ha cercato di promuovere i suoi valori – il libero mercato e le libertà anglosassone – in tutto il mondo.