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Monetizzare le vite dei cittadini

internet spy

“Il lusso c’è già, solo che non è distribuito in modo uniforme. Questa, almeno, è la tesi di Hal Varian, capo economista di Google. La “regola Varian” dice che per prevedere il futuro basta guardare cosa i ricchi hanno già e calcolare che le classi medie lo avranno tra cinque anni e i poveri tra dieci.

Secondo Varian questo vale per la storia di molte tecnologie, dalla radio agli smartphone. Quali sono le cose che i ricchi hanno oggi e i poveri avranno tra dieci anni? Varian scommette sugli assistenti personali. Anziché camerieri e autisti, avremo automobili che si guidano da sole, robot che fanno le pulizie e app onniscienti in grado di monitorarci, informarci e avvisarci in tempo reale. Secondo Varian “questi assistenti digitali saranno così utili che tutti ne vorranno uno, e tutti gli allarmi sulla privacy che si sentono oggi sembreranno antiquati e infondati”.

Google Now, uno di questi assistenti virtuali, controlla le email, le ricerche e gli spostamenti e ci ricorda le prossime riunioni o i prossimi viaggi, mentre verifica pazientemente le condizioni meteo e il traffico in tempo reale. L’accostamento tra camerieri e app può sembrare ragionevole, ma in realtà è fuorviante. Quando assumiamo un assistente personale, la transazione è semplice e diretta: paghiamo la persona per i servizi prestati (il più delle volte in contanti) e finisce lì. Si potrebbe sostenere che la stessa logica vale per gli assistenti virtuali: cediamo a Google i nostri dati al posto dei contanti e in cambio abbiamo un servizio. Ma nessuno si aspetta che un assistente personale faccia una copia di tutte le nostre lettere e dei nostri documenti per lucrarci sopra. Per gli assistenti virtuali, invece, questa è l’unica ragion d’essere. In realtà veniamo fregati due volte: la prima quando cediamo i nostri dati in cambio di servizi relativamente banali, la seconda quando quegli stessi dati vengono usati per organizzare la nostra esistenza in modo assai poco trasparente e desiderabile. Questo secondo aspetto, che considera i dati come unità di scambio, non è stato ancora pienamente compreso. Ma, di fatto, è la capacità di sfruttare i dati per modellare il nostro futuro a trasformare le informazioni in uno strumento di dominio.

Mentre il denaro è anonimo, i dati non sono altro che una rappresentazione della vita sociale. Google Now funziona solo se l’azienda che lo gestisce riesce a portare grossi pezzi della nostra esistenza (comunicazioni, viaggi, letture) sotto il suo grande ombrello. Una volta acquisite, queste informazioni possono essere monetizzate. Nulla di tutto questo succede ai ricchi quando assumono un assistente. In quel caso l’equilibrio di potere è chiaro: è il padrone che domina il servo, e non il contrario, come nel caso di Google Now e dei poveri. In un certo senso sono i poveri i veri assistenti virtuali di Google, perché aiutano l’azienda ad accumulare dati che poi vengono monetizzati.

Varian non si pone una domanda ovvia: perché ai ricchi serve un assistente personale? Forse perché vogliono più tempo libero. Ma anche con i gadget di Google i poveri non avranno mai lo stesso tempo libero dei ricchi. Le applicazioni ci fanno risparmiare tempo, peccato che poi lo passiamo a lavorare per pagare un’assicurazione più costosa o lo usiamo per mandare un’altra email di lavoro o per compilare i moduli di un sistema burocratico digitalizzato.

Facebook, il principale concorrente di Google, usa lo stesso trucco con la connettività. Il progetto Internet.org, lanciato in America Latina, nel sud est asiatico e in Africa, dovrebbe aumentare l’accesso a internet nei paesi emergenti e in via di sviluppo. Ma è un accesso molto particolare: Facebook e pochi altri siti sono gratuiti, mentre per qualsiasi altra cosa gli utenti devono pagare. Così le persone che possono permettersi di usare servizi non collegati a Facebook sarebbero pochissime. Ecco di nuovo la regola Varian. A prima vista, i poveri accedono a quello che i ricchi hanno già: il collegamento a internet. Ma i ricchi pagano in contanti, mentre i poveri pagano con i loro dati, che Facebook monetizzerà per pagare l’intera operazione Internet.org. Non si tratta di beneicenza: a Facebook interessa l’“inclusione digitale” come a uno strozzino interessa l’“inclusione finanziaria”.

Per raggiungere chi si connette grazie a Internet.org, qualsiasi fornitore di servizi (nell’istruzione, nella sanità o nel giornalismo) dovrà collegare le sue app a Facebook. I poveri avranno i servizi che i ricchi hanno già, ma solo coprendo i costi con i loro dati e quello che rivelano della loro vita sociale. La connettività gratuita offerta da Facebook è di fatto un gigantesco derivato che inanzia lo sviluppo della sua infrastruttura. Facebook ofre a questi paesi la connessione in cambio del diritto di monetizzare le vite dei loro cittadini quando questi avranno guadagnato abbastanza.

La regola Varian andrebbe corretta: per prevedere il futuro, basta guardare cosa hanno fatto le aziende petrolifere e le banche negli ultimi due secoli e applicarlo alla Silicon valley, il nuovo fornitore di infrastrutture per tutti i servizi di base. In quel futuro non basteranno gli assistenti virtuali, ci sarà un gran bisogno anche di psicoterapeuti virtuali”. Evgeny Morozov, sociologo, esperto di tecnologia e informazione (da Internazionale N. 1100)

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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