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Metanolo il carburante del futuro

metanolo

Il petrolio e il metano cominciano a scarseggiare e nel futuro prossimo avremo bisogno di un “vettore” per immagazzinare, distribuire e utilizzare energia. Di facile conservazione e distribuzione il metanolo è un ottimo carburante per aerei e autovetture e, oltre a poter essere miscelato alla benzina o trasformato in biodiesel, può soprattutto essere bruciato in impianti esistenti di generazione di energia e utilizzato nelle celle a combustibile.

Il progetto dello STOA, l’organismo di valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche del Parlamento europeo, esamina gli ostacoli tecnologici, ambientali ed economici alla produzione di metanolo a partire dal biossido di carbonio (CO2), nonché i possibili usi del metanolo nel trasporto stradale in Europa.

I costi e i benefici sono esaminati tenendo conto del ciclo di vita del prodotto, onde comparare le varie materie prime disponibili per la produzione di metanolo e considerare i vantaggi che il metanolo prodotto a partire dalla CO2 potrebbe offrire nella transizione verso un mix di carburanti più diversificato nel settore dei trasporti. Sul medio e sul lungo periodo una simile scelta può rivelarsi vantaggiosa, consentendo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili tradizionali e di accrescere la sicurezza dell’approvvigionamento.

È chiaro, tuttavia, che per fare della CO2 una materia prima efficiente e competitiva, interessante non solo per il settore dei trasporti ma anche per altri comparti, occorre impegnarsi a fondo e con costanza nella ricerca in tale ambito. La competitività del metanolo prodotto a partire dalla CO2 dipenderà in gran parte da come le future politiche sapranno inquadrare in modo efficiente vari problemi e fattori fondamentali, vale a dire:

  • La priorità accordata nel quadro della politica dei trasporti alle considerazioni di natura ambientale, prima fra tutte quella della riduzione della CO2, e alle questioni legate alla sicurezza dell’approvvigionamento.
  • Le incertezze negli sviluppi tecnologici futuri nel settore dei trasporti e la necessità di evitare investimenti incagliati sul medio e sul lungo periodo.
  • La necessità di abbattere i costi della cattura della CO2 e di incentivarne i possibili usi, anche per la produzione di metanolo.
  • Le prospettive di un miglioramento significativo nella competitività delle celle a combustibile alimentate a metanolo nel contesto di un libero mercato.
  • L’opportunità di promuovere soluzioni diversificate per le varie flotte di trasporto, tenendo conto che è molto probabile che i vari settori del comparto dei trasporti si trovino a competere per i carburanti.

Poiché al momento non è chiaro quali carburanti alternativi e quali tecnologie per il gruppo propulsore avranno la meglio sul mercato, l’idea di creare pari condizioni per tutte le tecnologie, così come proposto dai sostenitori dell’Open Fuel Standard Act negli Stati Uniti, risulta allettante. Una simile soluzione obbligherebbe, infatti, l’industria automobilistica a lanciare sul mercato un numero considerevole di veicoli, alimentati a gas naturale, a idrogeno, a biodiesel e a metanolo, nonché, tra gli altri, veicoli flex fuel o elettrici plug-in. I fautori di tale soluzione sostengono che una simile normativa lascerebbe la scelta del tipo di veicolo e del carburante al consumatore finale.

Per quanto i produttori di metanolo statunitensi la appoggino, occorre considerare alcuni aspetti negativi di tale iniziativa politica. Sia l’idrogeno sia il metanolo prodotti a partire dalla CO2 sono ancora ben lungi dall’essere competitivi ed è, pertanto, improbabile che riescano a conquistare quote di mercato significative nei prossimi decenni, a meno che il prezzo della benzina e del diesel convenzionale non aumentino drasticamente. Delle norme aperte, inoltre, rischierebbero di aggravare il dilemma legato alla produzione alternativa di cibo e di carburanti (“food or fuel”) suscitato dalla prima generazione di biocarburanti, le biocoltivazioni, nonché di inasprire la competizione per i terreni e per le risorse idriche.

Un altro elemento critico di una tale strategia è quello di assicurare che i clienti siano debitamente informati dei vantaggi e degli svantaggi presentati dai vari carburanti in termini di rendimento (km/l) e di impatto ambientale, tra l’altro di emissioni di CO2, in modo tale da poter compiere una scelta informata. Questo aspetto ha implicazioni tutt’altro che trascurabili per la definizione di una politica in materia, considerato che al momento mancano dati quantificati per confrontare i diversi carburanti e il rendimento dei veicoli. Persino i valori relativi alle emissioni di CO2 prodotte dai veicoli e dai carburanti già presenti sul mercato che sono stati indicati dalle case automobilistiche sono stati contestati in varie occasioni (ICCT 2012). La possibilità di determinare i valori corretti, però, si ripercuote direttamente sugli acquisti e sui calcoli operati dai consumatori, dal momento che spesso le emissioni di CO2 sono impiegate dalle autorità come parametro per stabilire le imposte sulla proprietà del veicolo.

Se l’Europa dovesse decidere di definire norme molto chiare per la concorrenza tra i diversi tipi di carburante e le varie tecnologie impiegate per i veicoli, sulla base di un’analisi esaustiva e comparabile del ciclo di vita “dal pozzo alle ruote” e di considerazioni relative alla sicurezza dell’approvvigionamento, andrebbe in tal modo a favorire il riciclo della CO2. Scegliere un simile approccio significherebbe anche riconoscere la CO2 come una materia prima importante per il futuro e dar vita a una potente industria della cattura e dell’utilizzo del carbonio (CCU), sulla scorta di quanto fatto dalla Cina, una volta che i costi della cattura della CO2 saranno stati portati a livelli competitivi (secondo le stime, circa 20€/t di CO2 catturata) e che il bilancio ambientale ed energetico della produzione di metanolo a partire dalla CO2 sarà stato considerevolmente migliorato.

Il vantaggio della strategia delineata risiede nella possibilità di valutare altri potenziali mercati per la CO2 catturata, al di là del trasporto stradale, e, per la tecnologia europea, di conquistarsi il primato sul mercato. La strategia presenta, tuttavia, anche dei rischi, vale a dire la necessità di investimenti ingenti e protratti nella ricerca e nello sviluppo, in particolare per identificare e convalidare alternative per ottenere valore dalla CO2, e le incertezze legate al tempo necessario per dei prodotti competitivi prodotti a partire dalla CO2 di arrivare sul mercato.

In alcune circostanze molto particolari, come nel caso dell’Islanda, dove i prezzi dell’elettricità sono molto bassi, il metanolo prodotto a partire dalla CO2 è già competitivo rispetto alla benzina. I costi di produzione del metanolo a partire dalla CO2, comunque, possono essere abbattuti anche in altro modo, per esempio destinando l’elettricità prodotta dai parchi eolici che non può essere evacuata nella rete o l’energia solare generata in regioni isolate ma molto assolate alla produzione di idrogeno e di metanolo. La prossimità della fonte di emissioni di CO2 al sito di produzione dell’idrogeno e del metanolo, inoltre, può contribuire a evitare gli ingenti costi legati al trasporto dei due tipi di gas.

In sostanza una simile strategia offre un potenziale interessante, quello di creare un’economia circolare e una simbiosi industriale, che potrebbero essere sperimentate in siti dimostrativi su ampia scala. Tale strategia dipende in larga misura dalla sistematica esplorazione di nicchie di mercato per il metanolo, tra cui per esempio le cosiddette applicazioni premium, come la dotazione di veicoli usati per incarichi di difesa oppure l’alimentazione di navi commerciali, ma anche, al di là del settore dei trasporti, nell’elettronica di consumo e nell’industria del petrolio e del gas.

L’opzione politica illustrata combinerebbe, pertanto, delle strategie intelligenti intese a ridurre il costo del metanolo prodotto a partire dalla CO2 con il sostegno a innovazioni di mercato che richiedono l’impiego di celle a combustibile a metanolo, coniugando così una domanda in crescita con un’offerta maggiore. Il vantaggio offerto da una simile strategia è quello di limitare gli investimenti necessari inizialmente e di assicurare una maggiore indipendenza dagli sviluppi nel settore dei trasporti, il che consentirebbe di attendere i tempi necessari per ridurre il costo del metanolo prodotto dalla CO2 e migliorare le tecnologie impiegate per le celle a combustibile. Le misure da adottarsi dovrebbero, comunque, rispettare le regole del libero mercato e potrebbero, pertanto, risultare di difficile applicazione.

Una strategia di transizione più complessiva che voglia ridurre la dipendenza dai prodotti derivati dal petrolio nel settore europeo dei trasporti dovrà necessariamente esaminare tutti i modelli di trasporto e tutti i carburanti, nonché i comportamenti di mobilità. Il rischio di un aggravarsi della penuria di combustibili fossili e della dipendenza dell’intero settore dei trasporti europeo da questi ultimi impone di considerare attentamente tutte le potenziali materie prime alternative, ivi compresa la CO2 catturata dai gas di combustione.

I principali scenari di riferimento partono dall’assunto che il prezzo del petrolio e del carbone raddoppierà tra il 2010 e il 2050 in termini reali, mentre il prezzo del gas naturale dovrebbe subire un aumento leggermente inferiore.

Secondo Eurostat (2013), il contributo complessivo del settore della benzina impiegata per i trasporti stradali alla domanda di energia è diminuito dal 1990, in particolare a seguito della recente crisi. Il principale aumento di lungo periodo della domanda di carburanti è riconducibile, invece, ai veicoli stradali alimentati a diesel e all’aviazione. Per quanto concerne il primo settore, il dimetiletere (DME) sembra essere un sostituto valido, mentre il settore dell’aviazione, ora soggetto anch’esso agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, sta ancora esaminando attentamente i carburanti alternativi. Alcune imprese all’avanguardia, come la Clean Tech Aviation, stanno promuovendo strategie basate su miscele analoghe a quelle sperimentate nel settore dei trasporti stradali, impiegando anche metanolo prodotto a partire da fonti rinnovabili.

Se i veicoli flex fuel dovessero riuscire ad accrescere considerevolmente l’uso del metanolo nei trasporti privati, favorendo così il riciclo di quantità maggiori di CO2 (nell’ordine dei 100 milioni di tonnellate), potrebbero aiutare l’intero settore dei trasporti a far meglio fronte all’aumento della domanda e dei prezzi dei carburanti. Gli effetti positivi in termini di sicurezza dell’approvvigionamento sarebbero, però, ancora maggiori se la CO2 fosse riciclata analogamente anche in altri settori (quello del diesel stradale, dei trasporti marittimi e, eventualmente, parte di quello dell’aviazione).

L’opzione politica presentata implica, fondamentalmente, che sia dato un prezzo alla sicurezza energetica, definito valutando gli effetti macroeconomici diretti e indiretti dell’aumento dei prezzi dei trasporti in Europa. L’aumento dei prezzi dei carburanti comporta un aumento del livello dei prezzi di tutte le merci e pregiudica la competitività delle imprese orientate all’esportazione, nonché delle economie regionali e dei gruppi di consumatori vulnerabili. Dare un prezzo alla sicurezza energetica non esime, comunque, dal trovare processi di conversione più efficienti per i carburanti alternativi, ivi compresi l’idrogeno e il metanolo, né dal promuovere un impiego migliore per tutte le fonti energetiche, anche della CO2 riciclata, in modo tale che l’energia rimanga accessibile a tutti gli attori economici.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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