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Marco Pannella uno di noi

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Marco Pannella dalla mezzanotte del 10 dicembre è in sciopero della fame e della sete. Dalle 7 della mattina del 19 dicembre, al 9° giorno di sciopero totale, ha accettato la terapia infusiva per salvare la lotta, ma ha deciso di continuare ad astenersi dal mangiare e dal bere. Più volte ha precisato le ragioni della sua azione nonviolenta, Pannella propone una lista di personalità che si presenti al voto nel nome della giustizia, della legalità e dell’amnistia:

L’obiettivo è sempre quello: ottenere che lo Stato italiano interrompa la flagranza tecnicamente criminale in termini di diritto internazionale e della “ex” Costituzione italiana. Mentre continuano ad arrivare conferme dalla giurisdizione europea, abbiamo fornito lo strumento perché questo possa accadere formalmente in dieci giorni. Come episodio enorme, storico, dopo 30 anni di tradimento ed illegalità”.  “I nostri sono gli stessi motivi di fondo che nel 1976 indussero un elenco illustre, senza precedenti, ad aderire all’appello che riuscimmo a pubblicare a pagamento sulle pagine de La Repubblica che, provocando alcune tribune politiche di riparazione prima del voto, permise agli italiani di giudicare per la prima volta le nostre ragioni e battaglie. (…) Io continuo assolutamente nello sciopero totale di fame e della sete, vedremo se arriveranno nomi vitali come nel 1976, perché quelli urgono. Servono personalità che dicano “sono pronto ad essere candidato”  nelle liste “Amnistia, Giustizia, Libertà”.

L’Appello è rivolto a: Enzo Boschi, Adriano Celentano, Dolcenera, Filippo Facci, Mattia Feltri, Corrado Formigli, Laura Guerra, Claudia Fusani, Jacopo Iacoboni, J-Ax (Jaxofficial), Tommaso Labate, Maria Latella, Gad Lerner, Andrea Managò, Stefano Menichini, Enrico Mentana, David Parenzo, Alba Parietti, Pina Picierno, Nicola Porro, Fabrizio Roncone, Vasco Rossi, Alessandro Sallusti, Paola Saluzzi, Piero Sansonetti, Roberto Saviano, Salvo Sottile, Sud Sound System, Ricky Tognazzi, Gaia Tortora, Oliviero Toscani, Claudio Velardi, Andrea Vianello, Guido Vitiello, Nathania Zevi.

I numeri che raccontano il vergognoso sistema carcerario italiano sono impressionanti. Al 31 dicembre 2011 erano detenute nelle carceri italiane 66.897 persone, con una riduzione dell’1,6% rispetto al 2010. Il numero di detenuti presenti è di gran lunga superiore alla capienza regolamentare, fissata a 45.700 posti. Negli ultimi 11 anni l’ammontare della popolazione detenuta ha subito un incremento del 25,8%. La maggior parte dei detenuti entrati nelle carceri nel 2011 (76.982) è in attesa di giudizio, mentre soltanto il 10% circa ha una condanna definitiva. Il 25% di questi torna in libertà entro una settimana. Il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli” (detenzioni brevi) riguarda quasi esclusivamente gli imputati (il 98%). Le violazioni della normativa sugli stupefacenti rappresentano la tipologia più diffusa di reati per i detenuti presenti (27.459). Seguono i reati contro il patrimonio, per i quali si contano 17.285 detenuti che hanno commesso rapine e 13.109 furto.

Il problema del sovraffollamento rende l’impatto con il carcere molto duro. La media in Italia è pari a 146 detenuti su 100 posti letto: la situazione peggiore si registra in Puglia (182 detenuti presenti ogni 100 posti disponibili), la migliore in Trentino Alto Adige (72). Il problema del sovraffollamento è minore per le detenute.

La passione e il coraggio di Pannella nel difendere in maniera anche estrema le sue idee è ammirevole. Marco Pannella sta mettendo in gioco il proprio corpo e la propria vita per dei diritti fondamentali dell’uomo. Dalla battaglia per la legalizzazione dell’aborto, per l’antiproibizionismo, per la solidarietà e la tolleranza verso gli immigrati tutte hanno come scopo difendere la dignità delle persone.

L’amnistia che propone Pannella, pur essendo il minimo risarcimento dovuto da parte di un Parlamento cieco e sordo, difficilmente vedrà la luce. Possiamo approvare o meno il metodo utilizzato da Pannella per richiamare l’attenzione sull’urgenza di una amnistia che svuoti almeno in parte le carceri italiane. Quello che però e giusto sottolineare e il degrado allucinante che il nostro Paese sta vivendo. Pannella con queste forme estreme di protesta riesce ad attirare l’attenzione su di un problema che da troppo tempo nessuno vuole risolvere.

Perchè l’Amnistia serve a tutti i cittadini, anche a quelli liberi

Cos’è l’Amnistia?

La definizione di Amnistia nell’ordinamento giuridico italiano è “provvedimento generale di clemenza, previsto nell’articolo 79 della Costituzione italiana, con cui si estinguono dei reati”. Consiste nella rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire determinati reati. Di conseguenza è come se determinati, singoli reati non fossero stati mai commessi, perché non esistono più come violazione in senso penale delle legge.

Come?

È il Parlamento che deve emanare una Amnistia sotto forma di legge. Formulando tale legge il Parlamento dovrà scegliere determinati reati da depenalizzare perché non si agisce estinguendo la pena (come per l’indulto), ma si agisce estinguendo il reato. Il Parlamento può usarla come strumento polivalente quando, per ragioni politiche o sociali, interviene la necessità di sfoltire la straripante popolazione carceraria, ma non è detto che attraverso un provvedimento di amnistia persone pericolose per la collettività possano riacquistare la libertà. L’ultimo provvedimento di amnistia in Italia risale al 1990.

Come è possibile parlare di Amnistia di fronte alle notizie di violenza e omicidi che ci propongono continuamente i mass media?

Proporre l’adozione di un’amnistia legale non significa stare dalla parte dei violenti. L’amnistia è quella che noi identifichiamo come soluzione per arrivare a una giustizia certa che tuteli soprattutto le vittime. Questo grazie alla sua ricaduta sul lavoro dei magistrati: l’amnistia estingue alcuni reati determinati esplicitamente dal legislatore, magari quelli non violenti come il reato di “clandestinità” introdotto con la legge “Bossi-Fini” o quelli legati all’equiparazione delle droghe leggere a quelle pesanti introdotti con la legge “Fini-Giovanardi”, consentendo così alla magistratura di svolgere il proprio lavoro occupandosi dei “reati veri” – che in questo modo non cadranno più in prescrizione – e non intasando la macchina della giustizia.

Perché l’amnistia serve a tutti i cittadini e non solo ai carcerati?

Una Giustizia che funzioni serve a tutti i cittadini. Se un cittadino non può contare sul sistema della giustizia del proprio Paese, vengono meno le basi dello stato di diritto, quindi le basi della democrazia. In Italia ci sono 9 milioni di processi pendenti, la durata di ognuno è irragionevole – come ci dice anche l’Europa. Le nostre carceri sono più che sovraffollate perché ospitano 66.685 detenuti a fronte di una capienza di poco più di 45.000: il 40% di loro è in attesa di giudizio e almeno 13.000 di questi verranno riconosciuti innocenti o estranei ai fatti.

Di più: a causa della macchina della giustizia inceppata ogni anno 180 mila processi vanno in prescrizione. I colpevoli scamperanno la pena perché hanno potuto pagarsi buoni avvocati che prolungassero la causa quel tanto necessario a far “scadere il reato”.

Ancora di più: far ripartire il sistema della Giustizia, significa anche agire sui 6 milioni di processi civili arretrati che costano al nostro Paese 96 miliardi di euro in termini di mancata ricchezza (quasi l’1% del Pil italiano). Il centro Studi di Confindustria nel 2011 ha stimato che smaltire l’enorme mole di pratiche accumulate frutterebbe alla nostra economia il 4,9% del Pil, ma basterebbe abbatterne il tempo di risoluzione anche del 10% per guadagnare ogni anno lo 0,8% di Pil.

Come si collega l’Amnistia alla riforma della giustizia?

Bisogna ristabilire la certezza del diritto. Bisogna far ripartire la macchina della giustizia attraverso una grande riforma. Ma qualsiasi sia la direzione di questa riforma occorre ripartire dalla legalità, dal rispetto delle leggi, soprattutto da parte dello Stato stesso. Per questo è necessario fare tabula rasa con un provvedimento di Amnistia, perché lo Stato possa rispettare le sue stesse leggi e riguadagnare di credibilità e rispetto nei confronti dei suoi cittadini e del resto del mondo. L’amnistia realizzerebbe immediatamente quanto ci viene chiesto da norme e condanne europee: non si tratterebbe di un “gesto di clemenza”, ma di un atto per ristabilire la legalità costituzionale nei tribunali e nelle carceri di un Paese in cui essa viene sistematicamente violata. Per questo motivo, da anni ormai i Radicali conducono una serie di battaglie per promuovere l’amnistia propedeutica a una grande Riforma della giustizia penale e civile, la cui paralisi penalizza i cittadini e le imprese, scoraggia gli investimenti esteri e comporta costi enormi per la società e l’economia nazionale.

Perché si dice che la giustizia europea tratta l’Italia come un criminale abituale?

L’Italia è lo Stato europeo con il maggior numero di condanne per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: oltre duemila sentenze della Cedu, soprattutto per irragionevole durata dei processi e per le condizioni delle nostre carceri; è lo Stato con il maggior numero di sentenze della Corte di Strasburgo non eseguite, con il maggior numero di condanne per irragionevole durata dei processi, con il più alto tasso di sovraffollamento delle carceri dopo la Serbia. Siamo stati dichiarati dall’Europa colpevoli di tortura a causa del trattamento subito dai detenuti nelle nostre carceri. E per questo lo Stato italiano verrà chiamato a risarcire i danni morali e materiali di coloro che ha torturato con il denaro pubblico. Quello che non ha investito per riformare la giustizia in toto e anche per rendere le sue carceri dei luoghi di riabilitazione come prevede la Costituzione.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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