Se ci si accorge che, su quattro che ti accompagnano, uno parla e tre si guardano intorno, allora non hai sbagliato treno. Stai proprio visitando (come mi è successo con una classe del liceo) il Senato della Repubblica italiana.
Lo stesso rapporto (uno a quattro) ti apparirà più volte durante la tua visita, ad ogni ingresso, ad ogni portone, ad ogni giro di corridoio. Sono tanti i portieri per presidiare ogni uscio che per farti passare devono farsi di lato, comprimendosi contro gli stipiti delle porte. Ma il vero portiere è al bagno e i tre che vedi sono uno il vice-portiere, l’altro il portiere onorario e il terzo è il sostituto procuratore di portineria.
Ma dove la matematica delle frazioni senatoriali attinge davvero al sublime, passando da 1:4 a 1:12, è dentro l’aula stessa, e cioè col leggendario servizio di stenotipia del Senato. O camionista, che guidi per 14 ore di seguito senza mai fermarti sperando che la stradale non ti becchi, tieniti forte al volante e ascolta: ogni stenografo del Senato lavora al massimo per 5 minuti di seguito, passati i quali egli “perde la concentrazione” e viene immediatamente sostituito da un altro.
Lo stenotipista che lascia il posto per “persa concentrazione” deve recarsi immediatamente in un ufficio particolare, dove mette su carta i 5 minuti che ha registrato e aggiunge la punteggiatura. Questo processo richiede i restanti 55 minuti, per un totale di 60. Dunque, per fare un’ora di seduta ci vogliono esattamente 12 stenotipisti.
La guida ci ha spiegato che questi 5 minuti non sono una quantità a caso. Un attento studio ha dimostrato che oltre i 5 minuti lo stenografo “perde la concentrazione” e comincia a sbagliare le parole. Dovete proprio accettarlo, amici miei: un pilota da caccia può volare per ore senza stancarsi, ma lo stenografo del Senato dopo 5 minuti non è più buono e va sostituito.
P.S. Sapete a quanto ammonta lo stipendio di uno degli stenografi di Palazzo Madama? Qualcosina come 290 mila euro.
(Fonte La Nazione – Michele Andreoli)
Razza stracciona. Uomini e storie di un’Italia che ha perso la rotta. La catastrofe dell’Italia non è solo colpa di una classe politica avida e incapace. C’è un pezzo altrettanto importante di classe dirigente corresponsabile dell’andazzo di questo Paese e di tutti i suoi difetti. Sono gli imprenditori che se la prendono sempre con lo Stato, ma sarebbero nessuno senza politica e contributi pubblici. I manager che guadagnano milioni mentre riempiono l’Italia di cassintegrati. I banchieri che negano il credito alle piccole imprese e intascano “bonus” sempre più alti, in barba alla crisi.