L’Italia in questi ultimi anni non ha fatto altro che retrocedere, passo dopo passo, statistica dopo statistica. L’Italia alla rovescia, quella che sta agli ultimi posti di ciascuna classifica: disoccupazione, corruzione, evasione, inefficienza della burocrazia, fiducia nel futuro, asili, scuola, università, competitività delle imprese, reti delle infrastrutture, trasporti, banda larga. L’Italia è un malato terminale? Inauguriamo questa nuova rubrica con il tema governabilità.
L’Italia è un paese patologicamente instabile. La durata dei governi è fra le più basse d’Europa, il processo decisionale fra i più lenti, il Parlamento fra i meno produttivi. Attualmente in Italia, ogni formazione politica presente in parlamento tende a votare contro alle proposte di legge di tutti gli avversari (e talvolta anche degli alleati), perciò diventa necessario l’inciucio tra più forze politiche per avere un governo stabile, anche contro il volere degli elettori.
La nascita del problema della governabilità, risale all’inizio degli anni Settanta, nell’ambito dei tumultuosi cambiamenti prodottisi nelle società cosiddette avanzate del mondo industrializzato. Negli ultimi 46 anni ci sono state in media 1,2 crisi di governo l’anno. Più di Libano, Turchia e Pakistan. L’indice è solo di poco inferiore se lo si calcola dal 1990: 1.1 crisi in media all’anno anziché 1.2.
L’unico modo per assicurare un governo stabile per un determinato periodo, è il presidenzialismo. La governabilità si garantisce eleggendo il governo direttamente. Non ci sono alternative che possano garantire la “democrazia”, intesa come partecipazione del popolo alla elezione “certa” dei proprio governati, al “presidenzialismo”.