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L’economia del bene comune, una soluzione per uscire dalla crisi


Secondo un sondaggio della Fondazione Bertelsmann condotto nel mese di luglio 2010 l’88% dai tedeschi ed il 90% dagli austriaci desiderano un “modello economico nuovo”. L’Economia del Bene Comune descrive gli elementi centrali di un paradigma per l’economia piu sociale, più ecologico e piu democratico. L’idea nata in Austria a ottobre 2010 si sta espandendo oltre il paese. Al dogma della “mancanza di alternative” del modello economico attuale si contrappone un’alterativa per il futuro concreta e praticabile, senza peraltro ricadere negli estremi del capitalismo e del comunismo. A fine 2011 quasi 500 imprenditori provenienti da 13 paesi sostengono l’iniziativa. Sono ben 200 le imprese che ad aprile 2012 hanno redatto il Bilancio del Bene Comune, il cuore del modello. “Campi energetici” regionali e gruppi di lavoro si stanno formando in tanti Paesi diversi.

L’economia del bene comune non e né il migliore dei modelli economici né la fine della storia, è solo un possibile passo avanti nel futuro. Si tratta di un processo partecipativo, aperto alle soluzioni, un processo che cerca sinergie con approcci simili. Attraverso l’impegno di numerose persone coraggiose e decise si può fare qualcosa di veramente nuovo. L’applicazione di questo modello richiede motivazione intrinseca e responsabilità individuale, incentivi normativi, un quadro di riferimento politico e formazione alla consapevolezza. Possono partecipare alla costruzione di un ordinamento economico orientato all’Economia del Bene Comune tutti: persone singole, imprese, organizzazioni e comunità.

Di seguito i punti fondamentali, sottoposti a continuo dibattito:

1. L’economia del bene comune si basa sugli stessi valori fondamentali che portano alla riuscita delle nostre relazioni interpersonali: formazione della fiducia, cooperazione, stima, solidarietà e condivisione. Secondo le più recenti scoperte scientifiche, sono le relazioni riuscite ciò che rendono le persone piu felici e più motivate.

2. Il quadro normativo degli incentivi per l’economia inverte i poli: dalla ricerca del profitto e della concorrenza si passa a incentivare la cooperazione e la ricerca del bene comune. Le imprese sono premiate se puntano sull’aiuto reciproco e sulla cooperazione. La «con(tro)concorrenza» è possibile, ma porta con sé degli svantaggi.

3. Il successo economico non sara misurato a lungo con indicatori di scambio (monetario) bensì con indicatori di utilizzo (non monetario). A livello macro (economia del Paese) il PIL come indicatore di successo sarà sostituito dal Prodotto Interno del Bene Comune, a livello micro (le imprese) il bilancio finanziario sarà sostituito dal Bilancio del Bene Comune. Questo diventa il bilancio principale di tutte le imprese. Quanto più le imprese operano e si strutturano socialmente, ecologicamente, democraticamente e solidalmente, tanto maggiori saranno i risultati di bilancio raggiunti. Quanto migliori, sono i risultati del Bilancio del Bene Comune, tanto più grande sarà il Prodotto Interno del Bene Comune.

4. Le imprese con buoni Bilanci del Bene Comune ottengono vantaggi legali: imposte più basse, dazi inferiori, mutui agevolati, precedenza negli appalti pubblici e nei programmi di ricerca, ecc… L’ingresso nel mercato diventa così più facile per attori responsabili, prodotti e servizi etici, ecologici e regionali diventano più economici di quelli non etici, non ecologici e globali.

5. Il bilancio finanziario diventa un bilancio secondario. Il guadagno finanziario si trasforma da fine a mezzo. Serve soltanto a raggiungere il nuovo obiettivo dell’impresa (contributo al bene comune). I profitti di bilancio possono essere utilizzati per: investimenti (con un plusvalore sociale ed ecologico), estinzione di mutui, accumulo in un fondo di riserva in misura limitata, ripartizione dei proventi tra i dipendenti, nonché mutui a tasso zero ad imprese partner. I profitti non possono essere utilizzati per: investimenti sui mercati finanziari (che non esistono più), acquisizioni ostili di altre imprese, ripartizione a persone che non lavorano nell’impresa finanziamenti ai partiti. In controtendenza decade la tassazione dei guadagni dell’impresa.

6. Dato che il guadagno ora è solo un mezzo e non un obiettivo, le imprese possono aspirare alla loro grandezza ottimale. Esse non devono più temere di essere fagocitate e non crescere, per diventare più grandi, più forti o più convenienti di altre. Tutte le imprese sono liberate dall’obbligo alla crescita esasperata e all’acquisizione dei concorrenti.

7. Con la possibilità di adottare senza stress e timore la dimensione ottimale, ci saranno molte piccole imprese in tutti i settori. Dato che non vogliono più crescere per loro, è più facile la cooperazione e solidarietà con altre imprese. Esse possono essere d’aiuto con il proprio sapere, know-how, incarichi, forze lavoro o crediti a tasso zero. Ciò li premierà con un buon risultato di bilancio del bene comune – non a spese di altre imprese, bensì a loro vantaggio. Le imprese costituiscono una comunità di apprendimento in crescita, l’economia diventa un sistema Win-win.

8. Vengono ridotte le differenze di reddito e di patrimonio tra le persone: il reddito massimo, ad esempio, è pari a venti volte il salario minimo stabilito per legge; il patrimonio privato ad es. è limitato a 10 milioni di euro; i diritti di donazione e di successione a 500.000 euro a persona; in famiglie di imprenditori ad es. a 10 milioni di euro per figlio o figlia. Il patrimonio ereditario superiore a questa cifra viene ridistribuito come «dote democratica» a tutti i giovani della generazione successiva. Prevedere un «capitale iniziale» di pari dimensioni significa facilitare il raggiungimento di autentiche pari opportunità. I limiti precisi devono essere individuati in maniera democratica da un’assemblea per l’economia.

9. In caso di grosse imprese, a partire da una certa dimensione ( ad es. 250 occupati) diritti di voto e proprietà vengono dati in parte e per gradi ai dipendenti. La collettività potrebbe essere rappresentata da “Parlamenti regionali dell’economia” votati direttamente. Il governo non deve avere alcun aggancio / alcun diritto di voto sulle imprese pubbliche.

10. Lo stesso vale anche per le «proprietà comuni democratiche», la terza categoria di proprietà a fianco di una maggioranza di (piccole) imprese private e di grandi imprese a proprietà mista. Le «proprietà comuni democratiche» sono aziende a gestione collettiva nell’ambito dell’istruzione, della sanità, del sociale, della mobilità, dell’energia e della comunicazione – la «previdenza esistenziale».

11. Una facoltà comune democratica importante è la «Banca democratica». Come tutte le imprese, è al servizio del bene comune e, come tutte le proprietà comuni democratiche è controllata dal popolo sovrano e non dal governo. I suoi servizi fondamentali sono conti risparmio garantiti, conti correnti gratuiti, crediti a tasso conveniente e crediti sulla fiducia per progetti ecosociali. Lo Stato si finanzia principalmente attraverso crediti della banca centrale. La banca centrale possiede il monopolio monetario e controlla il traffico di capitale, per impedire la fuga di capitali all’estero. Non esisteranno più i mercati finanziari nella forma attuale.

12. Secondo la proposta di John Maynard Keynes si istituisce una cooperazione monetaria globale con un’unità di calcolo globale (“Globo”, “Terra”) per le transazioni finanziarie internazionali. A livello locale valute regionali possono integrare la valuta nazionale. Per tutelarsi da commerci non etici, l’Unione Europea da l’avvio ad una zona di commercio equo e solidale (“La zona del Bene Comune”), in cui valgono gli stessi standard oppure la quota di dazi si orienta al bilancio del bene comune delle imprese produttrici. L’obiettivo a lungo termine è una zona del Bene Comune globale con trattato ONU.

13. Alla natura è riconosciuto un valore proprio, in modo che non possa diventare un bene privato. Chi ha bisogno di un pezzo di terra per abitare, produrre o per coltivarla, può usare gratuitamente una superficie limitata. L’utilizzo è condizionato a investimenti ecologici e utilizzo concreto. In tal modo si pone fine ad accumulo di territorio, grosse proprietà terriere e speculazione immobiliare. Viene meno la tassazione del patrimonio immobiliare.

14. La crescita economica non è più un obiettivo, l’obiettivo al contrario è la riduzione dell’impronta ecologica delle persone, Imprese e Stati per arrivare ad un livello globale sostenibile. L’imperativo categorico viene ampliato alla dimensione ecologica. La nostra libertà di scegliere uno stile di vita desiderato finisce là dove impedisce la libertà di altre persone a scegliersi lo stesso stile di vita o anche solo di condurre una vita dignitosa. Privati e imprese vengono stimolati a misurare la propria impronta ecologica e a ridurla ad un livello globale giusto e sostenibile.

15. L’orario di lavoro retribuito viene ridotto gradualmente a 30-33 ore a settimana, come desidera già oggi la maggioranza della popolazione. In tal modo si liberano delle ore per altri ambiti fondamentali di attività: attività relazionale e di sostegno (bambini, malati, anziani), attività per se stessi (sviluppo della personalità, arte, giardinaggio, relax) e attività politica e per la collettività. In seguito a questa suddivisione equilibrata dei tempi lo stile di vita diventerebbe meno consumistico, più sufficiente ed ecologicamente sostenibile.

16. Ogni dieci anni di lavoro è previsto un «anno sabbatico», finanziato attraverso un «reddito base» a fondo perduto. Durante questo periodo le persone possono dedicarsi ad attività liberamente scelte. Questa misura rappresenta un decongestionamento del 10% del mercato di lavoro – una percentuale pari all’attuale tasso di disoccupazione nei paesi dell’Unione Europea.

17. Il sistema democratico rappresentativo viene integrato dalla democrazia diretta e dalla democrazia partecipativa. Il popolo sovrano deve poter correggere i suoi rappresentanti, deliberare direttamente alcune leggi, modificare la costituzione e controllare gli ambiti dei servizi essenziali (rete ferroviaria, posta, banche). In una vera democrazia gli interessi dei rappresentanti e del popolo sovrano sono identici – la premessa necessaria a tutto ciò sono degli ampi diritti di partecipazione e di controllo per il popolo sovrano.

18. Tutti i 20 punti fondamentali dell’Economia del Bene Comune devono maturare nel corso di un ampio processo democratico, grazie ad un dibattito intenso, prima di essere trasformati in leggi da un’assemblea per l’economia ad elezione diretta. Il risultato è sottoposto al voto del popolo sovrano. Ciò che viene accettato è inserito nella costituzione e può essere nuovamente modificato solo dal popolo sovrano stesso. Per approfondire il processo democratico vengono convocate ulteriori assemblee: assemblea educativa, assemblea dei media, assemblea della democrazia.

19. Per far conoscere e praticare i valori dell’economia del bene comune fin dall’infanzia, si introducono le seguenti materie di insegnamento: educazione ai sentimenti, educazione ai valori, educazione alla comunicazione, studi di genere, educazione alla democrazia, esperienza della natura/ dell’ambiente non antropizzato. Ciò presuppone una forma diversa di scuola e altri programmi e materie scolastiche; ad es. lezioni sui sentimenti, la comunicazione, la lezione di democrazia, la lezione dei valori, la lezione dell’esperienza della natura, ecc.

20. Dato che nell’economia del bene comune il successo economico avrà un significato completamente diverso da oggi, saranno necessarie qualità dirigenziali completamente diverse: non si cercheranno più dirigenti “più razionali”, più egoisti e meno attenti agli altri, bensì persone responsabili e competenti dal punto di vista sociale, con capacità di condivisione dei sentimenti e di empatia, dotate di un modo di pensare e di sentire sociale ed ecologico, che vadano oltre l’interesse egoistico. Essi saranno i nuovi modelli.

Ulteriori informazioni: www.economia-del-bene-comune.it


L’economia del bene comune. Un modello economico che ha futuro. I periodi di crisi sono eventi drammatici e infelici, ma proprio in queste circostanze spesso si generano idee e concetti nuovi. “L’economia del bene comune” descrive un modello economico alternativo, concreto e applicabile. Il progetto vuole essere una forma di economia di mercato nella quale le motivazioni e gli obiettivi delle aziende private sono sovvertiti: dall’orientamento al puro profitto e alla competizione, alla ricerca del bene comune e della cooperazione. Con un quadro di riferimento meno disumanizzante e più sostenibile, che si impernia sui valori che contribuiscono a rendere appaganti le relazioni interpersonali: fiducia, responsabilità, supporto reciproco e collaborazione.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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